STUDIOSI DEL SESSO E MATRIMONI SBAGLIATI

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STUDIOSI DEL SESSO E MATRIMONI SBAGLIATI

Messaggio da progettogayforum » giovedì 12 gennaio 2023, 20:17

Negli Archives de l'anthropologie criminelle (tomo 21 ; 1906) — Pagine 474-479 ho trovato un interessantissimo articolo di Marc André Raffalovich, un autore di cui ho tradotto tre volumi per la Biblioteca di Progetto Gay. In questo articolo Raffalovich si sofferma su alcuni elementi della biografia di Sir Richard Burton, dedotti da una biografia, all’epoca (siamo nel 1906) da poco pubblicata ad opera di M. T. Wright.

Per capirci subito dobbiamo tenere presente che Richard Francis Burton (1821-1890) prima ufficiale dell’esercito britannico e poi esploratore e viaggiatore per conto della Royal Geographical Society, poliglotta, scopritore del lago Tanganica, ispiratore di illustri esploratori come Livingstone e Stanley, e alla fine, dal 1872 al 1890, anche Console Britannico a Trieste, che allora apparteneva all’Impero d’Austria, è universalmente conosciuto come traduttore delle Mille e una notte. La sua versione delle Mille è una notte, veramente monumentale, è arricchita di un apparato di note estesissimo, un autentico patrimonio etnografico che permette al lettore di penetrare a fondo la cultura de popoli dai quali le Mille e una notte provengono.

Burton, che oltre che un grande esploratore e stato anche un sommo orientalista, è però noto nel mondo omosessuale per i suoi studi sulla sodomia in Asia e in Africa e per la sua teoria, secondo la quale ci sarebbe una zona, la zona sodomitica appunto, in cui la sodomia sarebbe endemica, mentre fuori da quell’area la sodomia sarebbe sporadica. La teoria è oggettivamente bizzarra, ma ebbe una certa risonanza. Indubbiamente un merito importante di Richard Burton fu quello di diffondere la conoscenza di opere erotiche molto importanti delle letterature orientali specialmente tra il pubblico di lingua inglese, anche se, comunque si tratta di letteratura che al tempo veniva considerata nettamente pornografica e per questo non poteva essere venduta nelle librerie ma poteva essere diffusa riservatamente ai soli sottoscrittori maggiorenni. In ogni caso si trattava di letteratura, e nel caso di Burton anche di etnografia, riservata ad un pubblico nettamente di nicchia dato l’alto costo delle edizioni destinate di fatto solo ad amatori con notevoli disponibilità economiche. Nel 1974 uscì un film di Pier Paolo Pasolini, “Il Fiore delle Mille e una notte”. Il film, costruito su un testo chiaramente erotico, fa parte della cosiddetta Trilogia della vita, di cui fanno parte anche il Decameron del ‘71 e i racconti di Canterbury del ’72, ma le Mille e una notte hanno ben poco a che fare con l’omosessualità.

All’epoca di Burton cominciava a diffondersi in Europa, fuori dal pubblico ristrettissimo degli orientalisti, anche un altro testo erotico di tradizione orientale, questa volta araba, “Il Giardino Profumato delle delizie sensuali” opera erotica del XV secolo, databile tra il 1410 e il 1434, di Muhammad ibn Muhammad al-Nefzawi un medico e poeta nato nell’attuale Tunisia. Il testo si articolava in 21 capitoli. All’epoca di Burton erano noti in Europa solo i primi 20 e si riteneva che il ventunesimo, che si presumeva trattare di omosessualità, fosse molto più corposo degli altri 20 messi insieme.

In realtà il ventunesimo capitolo, il cui titolo suona più o meno così: “I benefici delle uova e delle bevande sessualmente stimolanti”, contiene raccomandazioni relative ai cibi afrodisiaci e il racconto di una serie di sfide paradossali legate alla sessualità, ma sempre sessualità etero, come un uomo che deve deflorare 80 vergini senza eiaculare, un altro che deve fare sesso con una donna per 50 giorni di seguito, un altro che deve rimanere in erezione davanti alle donne per 30 giorni e trenta notti di seguito, ecc. ecc.. Ovviamente tutto questo non ha nulla a che vedere con l’omosessualità, ma il famoso ventunesimo capitolo, del quale non si sapeva nulla, era diventato una specie di santo graal dell’erotismo omosessuale, anche se di fatto non aveva niente a che vedere con l’omosessualità.

A questo punto mi potreste chiedere: “Ma allora perché Raffalovich si è interessato a Burton?” La risposta sta tutta nel matrimonio di Burton. Qualcuno ha messo in dubbio la sua eterosessualità e qualche dubbio sarebbe forse anche motivato. Non so se Burton avesse anche interessi omosessuali, la cosa in fondo è di poca importanza, quello che è certo è che fu un profondo studioso dei costumi sessuali orientali ma sposò una donna cattolica, molto pia. È proprio su questo strano connubio tra un Burton grande studioso della sessualità, molto disinibito, e la moglie Isabella, forse non proprio consapevole degli oggetti di studio appassionato del marito, che Raffalovich costruisce il suo discorso.

Vi lascio ora con la mia traduzione dell’articolo.


RECENSIONE CRITICA
SU RICHARD BURTON

Pochi uomini hanno studiato così ostinatamente la sodomia esotica, asiatica e africana come Sir Richard Burton: studio disinteressato all’inizio e che lo fece soffrire crudelmente, studio appassionato in seguito e che gli portò la ricchezza. Studio infine che, diventato un’idea fissa, condusse a un dramma dopo la sua morte. La documentazione è ancora molto frammentaria e la psicologia non può dedicarsi a questa biografia psicologica il cui interesse sarebbe così vivo. Una nuova vita dell’illustre esploratore dell’Africa, dell’Asia, delle letterature né castrate né vestite ravviva i nostri rimpianti per la nostra ignoranza, e precisa un po’ meglio i contorni di questa strana figura. L’autore, M. T. Wright, non è un raffinato, non è particolarmente dotato per il suo compito, ma è un infaticabile, uno snidatore, e noi gli siamo riconoscenti anche quando ci rende impazienti.

Nel 1845, Burton (nato nel 1821) si trovava nelle Indie. Il suo capo, Sir Charles Napier, uomo veramente notevole, orientò, ci viene detto, le curiosità del giovane ufficiale verso le parti non visibili, i meccanismi nascosti della vita indù. Caraci, allora una città di 2.000 abitanti, conservava tre case di prostituzione omosessuale. Napier, che voleva sapere sempre tutto, incaricò ovviamente un subordinato abile nel camuffarsi e che, unico tra tutti gli ufficiali inglesi, parlava la lingua del Sind, di fare un’indagine.

Burton, trasformato in mercante, con lunghi capelli, una barba venerabile e la pelle brunita, seppe approfondire tutto, sollevò i veli che separano il vizio orientale da quello europeo e redasse un rapporto ufficiale molto completo - come tutti i rapporti di Burton. Ebbe l’inutile prudenza di porre le sue condizioni: Napier non avrebbe dovuto trasmettere questo rapporto al governo di Bombay. I nemici di Napier erano numerosi e potenti, e i suoi subordinati erano esposti a qualunque rischio. Napier si ritirò nel 1847; probabilmente dimenticò il rapporto di Burton. Questo documento fu spedito a Bombay. Sdegno e stupidità. Si volle congedare Burton. Questo atto di ingiustizia non ebbe luogo, ma lui restò sospetto. Soffrirà per molti anni a causa di questi pettegolezzi governativi, di questo odio contro il genio di Napier.

Non si studia affatto il vizio così coscienziosamente senza essere viziosi, diranno i nemici. Da allora entrerà nella leggenda. Sarà creduto capace di qualsiasi enormità. Si racconterà che ha avuto rapporti sessuali con uomini e donne di tutte le razze. E lui ne sarà divertito, stupirà i timidi, mentre sua moglie Isabella, fedele come Penelope (non attenderà 10 anni prima di sposarlo), cattolica pia e romantica, non cesserà di difenderlo accanitamente, di raccomandarlo ai potenti, ai ministri, alla famiglia reale, follemente, e non cesserà di pregare senza sosta per lui. E sempre a questo rapporto scritto per Sir Charles Napier, risalgono, secondo lei, le difficoltà, gli ostacoli alla promozione dell’uomo il cui merito è provato e il cui genio è riconosciuto.

Nel 1853 Burton, ha trentadue anni, Forster Fitzgeralg Arbuthnot ne ha venti. La loro amicizia, già abbozzata, durerà tutta la loro vita; essa sarà per loro di una importanza uguagliata solo dalla sua costanza. Atbuthnot, ricco, tenace, arriverà a una posizione di rilievo nell’amministrazione delle Indie, si sposerà, si stabilirà in Inghilterra, avrà sempre il medesimo entusiasmo verso Burton e la medesima ambizione: rendere le letterature dell’India, della Persia e dell’Arabia accessibili agli Inglesi come quelle di Roma e della Grecia. I libri famosi dell’Oriente devono essere tradotti in Inglese, anche (soprattutto?) quelli erotici!

La Kama Shastra Society è il risultato di questa lunga alleanza. Questa società comprende solo due membri: Burton e Arbuthnot; lord Houghton è stato forse un terzo associato, cosa che non stupirà nessuno che sia al corrente della sua collezione di libri. Da Bénarès (cioè da Stoke Newington, Londra), la società ha pubblicato nel 1883 la Kama Sutra, nel 1885 l’Ananga Ranga, nel 1885-86 Le Mille e una notte, poi la prima versione del Giardino profumato, poi Jami, infine nel 1888 Sadi.

Rehatsek e un Indu, Bhagvanlal Indragi, traducevano, Burton e Arbuthnot correggevano e scrivevano le note e Arbuthnot pagava.

Lo scopo della società era di dissipare l’ignoranza degli Inglesi. Questi libri erotici sono letti da duecento milioni di Orientali. Certamente alcuni signori gravi, calvi, miopi, felicemente sposati, possono leggerli senza pericoli. I signori gravi che li hanno letti potranno apprezzare il valore di questa apologia. Arbuthnot, voleva lui stesso affrettare l’avvento del regno della Legge, predetto da lui nella sua vita inedita di Balzac (M. Wright ne possiede il manoscritto), la distruzione della religione da parte della scienza e da parte della legge con i suoi tre comandamenti: istruirsi, comportarsi bene, non commettere eccessi? Non mi fido di questi entusiasti; mi fanno pensare a quei signori del Comitato di Berlino che, anche loro, sono dei gravi entusiasti. Noi vedremo d’altra parte quale prezzo Burton abbia aggiunto a Ulrichs, il patriarca dell’uranismo tedesco turbolento.

Nel 1854, Burton e Steinhauser (morto nel 1886) avevano progettato una traduzione integrale delle Mille e una notte. Nel mese di novembre del 1881 John Payne (autore di uno stimato Villon) annuncia in Athenæum la sua traduzione delle Notti. Burton, colpito, si affretta a scrivere a questo giornale che lui ha da parecchio tempo cominciato con il suo amico Steinhauser una traduzione completa delle Notti, di questo libro mutilato, divenuto per l’Europa una collezione di racconti di fate, invece di rimanere uno dei tesori dell’antropologia, il caleidoscopio dell’Oriente, talvolta sublime come il libro di Giobbe, talvolta pronto ad abbandonare la morale alta per l’orgia di Petronio e di Apuleio.

Burton dichiara la sua intenzione di tradurre fedelmente ogni parola e di pubblicare (per rispetto del suo editore) a Bruxelles. I suoi amici in massa desiderano sottoscrivere questa edizione, ma, per arrivare al risultato gli servirebbe un anno di lavoro assiduo. È felice del progetto di Payne e lo incoraggia a non omettere nulla. Se lui verrà meno alla pubblicazione integrale delle Notti, Burton dovrà certamente fare stampare la sua versione fedele, devota, superstiziosa! Secondo M. Wright, Burton aveva scritto solo due o tre pagine, ma aveva preso degli appunti da molto tempo, note dalla vita reale o dalla natura. Payne, propone una collaborazione, Burton rifiuta assorbito da un progetto di trasportare dei Cinesi in Africa.

Le Notti di Payne costavano 236.25 franchi; lui aveva pensato che gli amatori non avrebbero superato i 500 e si era impegnato a non stampare più di 500 copie. Deluse 1.500 persone. Burton offrì di coprire col suo nome una seconda edizione. Questo era assolutamente inammissibile e Payne rifiutò. Burton, che non aveva mai quattrini (il suo consolato di Trieste gli pagava solo 17.500 franchi di stipendio) prese al volo la fortuna. Col consenso generoso di Payne (sembra aver preso la traduzione del suo amico come base per la propria) si mise al lavoro. Mandò da Trieste 20.000 circolari che annunciavano la sua traduzione integrale. Ricevette solo trecento risposte. I Burton, spaventati, fecero ricorso a Payne che fornì loro gli indirizzi necessari. Burton commise allora un errore del tipo di quello del suo precursore: si limitò a mille copie. Ne avrebbe facilmente date via anche il doppio. Intascò soltanto 400.000 franchi; togliendone 150.000 di spese, realizzò un guadagno netto di 230.000 franchi. E fu ricco fino alla sua morte.

Era felice, incantato d’altra parte dall’idea di prendersi la sua rivincita, di lanciare senza paura (erano state prese tutte le precauzioni: i volumi non erano in vendita, i sottoscrittori dovevano essere maggiorenni ecc.). il suo insieme di note etnologiche, erotiche, estetiche, pornografiche (per usare l’epiteto di M. Wright). Se Burton avesse mostrato un po’ di tatto, di misura di austerità nell’oscenità, come un medico legale, non sarebbe stato Burton. Non so quello che la scienza potrà derivare dai suoi tesori; io non credo affatto alla sua zona sodomitica, per esempio, che dal mezzogiorno della Spagna si allarga come una tromba per inglobare l’Africa e l’Asia: sodomia endemica in questa zona, sodomia sporadica al di fuori. Ma lui aveva ancora delle scusanti: la vasta ignoranza, l’ipocrisia monumentale, il pudore intempestivo dei suoi compatrioti, questa occasione di scagliarsi contro tutto questo, di forzare gli Inglesi a vedere i costumi dell’Oriente. Gli riconosco delle scusanti; ma non ne ritrovo nemmeno una per il suo Catulle e i suoi Priapeia, per quello sfruttamento di un commercio osceno.
Arriviamo al giardino profumato, al dramma.

Burton consacrò gli ultimi mesi della sua vita alla traduzione e alle note del Giardino profumato di Nafzâwi, un medico arabo del XV secolo, che visse soprattutto a Tunisi. È - dicono quelli che lo hanno letto - un afrodisiaco, i maomettani lo leggono in questo senso. Il testo più completo si trova nella biblioteca di Algeri. Nel 1850 un ufficiale francese ne tradusse una metà, e 35 esemplari furono autografati ad Algeri nel 1876. Liseux riprodusse questa traduzione in 220 copie e lo stesso anno la Kama Shastra Society ne stampò una versione inglese.

Il Giardino ha 21 capitoli. Il ventunesimo (più esteso degli altri venti messi insieme) si occupa soltanto dei rapporti tra individui dello stesso sesso. Questo capitolo non è mai stato tradotto in una lingua europea. Nafzawi, nonostante le pie apparenze (dato che il Giardino pretende di formare una legittima lussuria) alla lunga, non sfuggì comunque agli scrupoli: il libro si conclude con una quartina che raccomanda ai suoi lettori di pregare che Dio li perdoni, lui come loro.

Burton non poté mai procurarsi il ventunesimo capitolo. Per colmare questa lacuna deprecabile, scrisse voluminose note, tradusse liberamente Numa Numantiuns (Ulrichs, il padre appassionato del movimento uranista tedesco). Molto malato, Burton scriveva dalle cinque e mezza del mattino fino al tramonto e a stento si permetteva di mangiare e di uscire.

Disse al suo medico: “Ho messo tutta la mia vita e tutto il sangue della mia vita nel Giardino profumato, e spero che esso mi farà vivere: è la corona della mia vita”.

“Non avete forse paura, non pensate forse probabile - disse il dott. Baker - che dopo la vostra morte il manoscritto venga distrutto?”

Burton, colpito, scrisse quello stesso giorno ad Arbuthnot, lasciandogli in eredità il Giardino.

Il 19 ottobre 1899, lady Burton era andata a fare la comunione alla messa delle 8.00. Al rientro trovò ser Richard che stava terminando l’ultima pagina del ventesimo capitolo. Lei lo abbracciò e lui le disse: “Domani avrò finito e comincerò la nostra biografia” – “Che felicità!” rispose lei.

Lui andò a fare una passeggiata insieme col medico e salvò un uccellino, - un pettirosso, - che stava annegando nella fontana. L’indomani spirò.

Isabelle Burton quasi impazzì… . Si chiuse dentro con le carte del marito per parecchi giorni, per classificarle e mondarle. Distrusse il suo diario. Non doveva corrispondere al Burton ideale della sua vedova. Sembra aver lasciato il Giardino per ultimo. Questa opera le aveva provocato inquietudine. Mille e cinquecento sottoscrittori ne attendevano la pubblicazione. Lei pensava che un editore le avrebbe dato per quell’opera 150.000 franchi. Si mise a sfogliare i due grossi volumi. Rimase turbata, poi si riprese pensando che quest’opera era destinata solo a dei dotti, a degli orientalisti. Suo marito, d’altra parte, non aveva mai scritto da un punto di vista impuro. Dissezionava una passione come un medico, ne mostrava la sorgente, l’origine, il male e il bene. Lei era a questo punto quando ebbe (come lei assicura) un’allucinazione per tre volte di seguito: vide Burton che le mostrava il manoscritto e le ordinava di bruciarlo.

Lei resistette. “Distruggere un magnum opus, il capolavoro al quale suo marito aveva destinato le sue ultime forze! E poi 150.000 franchi. Ne aveva veramente bisogno, perché i 250.000 franchi erano stati spesi. E in ogni caso un gentiluomo, uno scienziato, un uomo di mondo può scrivere un’opera di cui non comprende le conseguenze negative; solo davanti a Dio lui vede, forse, tutti i peccati e tutti i crimini, che ne deriveranno fino alla fine del mondo. A che cosa gli serviranno i mille e cinquecento sottoscrittori? Lui mi ha amato, ha lavorato per me. Devo io lasciare la sua povera anima in purgatorio fino all’espiazione di tutto il male causato da questo libro? Dei mille e cinquecento sottoscrittori ce ne sono solo quindici veramente al sicuro dal pericolo, quindici scienziati. Gli altri vanno alla ricerca di cose sporche… Quindi sì, io distruggo il suo capolavoro! Lui ci teneva tanto.” Rivide suo marito; obbedì all’allucinazione. Brucia il Giardino, le note, Ulrichs, pagina per pagina.

Nel 1891, lei mandò al Morning Post la sua famosa lettera in cui raccontava quello che aveva fatto. Perché questa pubblicità? Perché i mille e cinquecento sottoscrittori non aspettino più il capolavoro, perché non si possa pubblicare sotto il nome di Burton un’opera che non gli farebbe onore, e forse anche perché lei ha sempre amato le situazioni drammatiche.

Ora ecco dove questo dramma di una coscienza diviene ironico, i Burton non si illudevano forse riguardo all’importanza quasi tragica di questo manoscritto? Il ventunesimo capitolo non era compreso; Ulrichs è accessibile in Tedesco; Burton non ci ha forse dato la misura delle sua scienza nelle note de Le Mille e una notte?

André Raffalovich.

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