KARL PHILIPP MORITZ OMOSESSUALE SECONDO RAFFALOVICH

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KARL PHILIPP MORITZ OMOSESSUALE SECONDO RAFFALOVICH

Messaggio da progettogayforum » giovedì 26 gennaio 2017, 2:21

Il capitolo di “Uranismo e Unisessualità” che vi presento oggi, tratta di un personaggio decisamente poco noto in Italia, Karl Philipp Moritz (1756- 1793), un letterato tardo illuminista, la cui vita è la dimostrazione di coma la volontà e l’impegno personale possano portare a risultati estremamente importanti, da qualsiasi livello si parta.

Nato nel 1756, in una famiglia di condizione molto modesta, il padre suonava in una banda militare, è allevato seguendo i principi del quietismo e del pietismo, all’età di 12 anni viene mandato a fare l’apprendista presso un artigiano perché impari l’arte del cappellaio; dal 1771, un benefattore lo mette in condizione di poter studiare, studia teologia prima ad Erfurt e poi a Wittemberg. Nel racconto autobiografico “Anton Reiser” racconta della spietatezza dei suoi educatori, che volevano farne un predicatore. Si sente attratto verso il teatro e vuole essere il grande interprete di Shakespeare e di Goethe, ma la cosa non gli riesce, torna agli studi, nel 1779 aderisce alla massoneria e conosce diversi filosofi illuministi. Nel 1784 è nominato professore al Ginnasio di Berlino, si dedica per un po’ al giornalismo, dopo solo due anni, nel 1786, abbandona l’insegnamento; comincia un viaggio in Italia, dove incontra Goethe che gli dà il suo appoggio e lo considera come un fratello minore. Quando rientra a Berlino, ottiene una cattedra di Archeologia ed Estetica all’Accademia Reale di Belle Arti. Per interessamento di Goethe, il duca di Weimar lo nomina "Hofrath" (Gran Consigliere). Non poté purtroppo godersi la fama che si era conquistato, morì di tubercolosi a 35 anni e 9 mesi.

Questo il ritratto ufficiale di Moritz, ma Raffalovich, dalla lettura dell’Anton Reiser e da altri documenti cerca di ricostruire la vita sessuale di Moritz, che risulta essere fortemente condizionata dall’educazione religiosa e dalla totale ignoranza in materia di sessualità. Sulla base di quanto ci è rimasto non possiamo dire con certezza che fosse omosessuale, ma certo il mondo femminile non è mai entrato nei suoi interessi. Va riconosciuto che le amicizie maschili di Moritz, per quanto molto intense, sembrano essere state vissute solo a livello di forte sublimazione. È difficile capire quali esperienze Moritz abbia fatto in Italia, certo è che quel viaggio e l’incontro con Goethe cambiarono profondamente la sua vita.

Per la comprensione del testo di Raffalovich bisogna fornire qualche elemento biografico su Madame Guyon, che viene citata da Raffalovich senza ulteriori specificazioni.

Jeanne-Marie Bouvier de La Motte nasce il 13 aprile 1648, sposa a 16 anni Jacques Guyon ma resta vedova a 28 anni. Si dedica a vita religiosa, e viene a contatto con le idee del quietismo. Nel 1685 Madame Guyon dà alle stampe il suo “Metodo molto breve e facile per pregare” di chiara tendenza quietista. L’Inquisizione romana ha cominciato nel frattempo a perseguire Miguel Molinos (fondatore del quietismo), che sarà costretto all’abiura nel 1687 e sarà condannato al carcere a vita. Madame Guyon temendo di fare la fine di Molinos, cerca aiuto nell’arcivescovo François de Salignac de La Mothe-Fénelon, noto come Fénelon. Le accuse di quietismo formulate contro Madame Guyon furono affidate ad una commissione di cui facevano parte l'arcivescovo Jacques Bénigne Bossuet e lo stesso Fénelon. La commissione stese un documento in 34 articoli sulla vita interiore che Madame Guyon si convinse a sottoscrivere e ad osservare, ma un malinteso con l’arcivescovo Bossuet determinò comunque il suo arresto e fu condotta alla Bastiglia dove rimase per cinque anni. Per questa ragione Raffalovich la chiama “prigioniera d’amore”. Liberata nel 1703, morirà nel 1717.

L’arcivescovo Fénelon è l’autore delle Avventure di Telemaco, citate da Raffalovich, accusate di contenere critiche alla politica di Luigi XIV. Sia per il Telemaco che per la questione quietista Fénelon cadde in disgrazia e fu bandito dalla corte.

Ma ora lasciano la parola a Raffalovich.
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K. P. MORITZ

Karl Philipp Moritz, che ha scritto la sua autobiografia fino all'età di vent'anni (Anton Reiser) con una chiarezza veramente moderna, ha sofferto molto nella sua infanzia e durante la sua giovinezza. Il padre e la madre non andavano d’accordo su Madame Guyon, che il padre adorava e la madre temeva.

Anche le riconciliazioni familiari erano celebrate con degli inni di Madame Guyon cantati su melodie gioiose. Il bambino la cui lettura fu per lungo tempo limitata a Madame Guyon e a Telemaco (perché Fenelon era stato un amico della prigioniera d'amore), e che era arrivato anche a confondere Calipso et Mme Guyon, aveva un talento invincibile per l’apprendimento, un desiderio insormontabile di diventare qualcuno. La religione, il quietismo e il pietismo all’inizio gli fecero considerare il pulpito come l'ideale in questo mondo, ma le sofferenze di ogni genere, le mortificazioni imposte dalla carità e dalle persone caritatevoli al bambino sfortunato in collegio e all’università e lo stato di paria sociale al quale lo condannavano la sua povertà mal messa e la durezza del suo entourage, gli fecero cambiare il suo ideale e si credette chiamato ad essere il grande attore, l’interprete di Shakespeare e di Goethe. Questa fu per molti anni la sua follia, nata non dal suo talento, ma dal suo desiderio di essere qualcuno in un mondo così freddo e anche sprezzante. Finì per diventare professore e famoso. A trent'anni si recò in Italia dove Goethe lo prese in amicizia, lo curò quando ebbe un incidente al braccio e imparò molto da lui (perché era un uomo molto dotto in metrica ed estetica). - Goethe cercava di renderlo più felice, trovava che sembrasse un fratello più piccolo e maltrattato dal destino ogni volta che il destino aveva sorriso a Goethe. Grazie a Goethe, il duca di Weimar accolse Moritz, e il povero umiliato, che così spesso non aveva avuto nulla da mangiare, finì "Hofrath" (Gran Consigliere) e morì di petto a trentacinque anni e nove mesi. La sua vita sessuale presenta un certo interesse.

L'amore per la domma o per il femminile non compare affatto nella sua autobiografia fino all'età di vent'anni. Al contrario, insiste sulla sua innocenza e la sua ignoranza. A sedici anni aveva scritto il nome dei peccati che temeva, ma non conosceva: la sodomia, il peccato muto [il peccato innominabile], l'abuso di se stessi. La sua ignoranza durò fino a diciannove anni quando vide dei disegni anatomici. Viveva in un mondo completamente immaginario in cui l'amicizia, la religione, gli applausi dalla folla, il successo avevano un ruolo importante, ma non la donna.

Quando fu pubblicato il Werther, si innamorò del libro e dell'autore, avrebbe voluto essere il suo domestico. Werther agì su di lui come Shakespeare che egli allora leggeva tutta la notte ad un caro ed unico amico (amico che, del resto, lo infastidiva raccontandogli i suoi amoretti), ma, questo è curioso, non è la storia l'amore che lo interessa nel Werther. - Lotte e l'amore di Werther lo annoiano. È tutto il resto del libro che adora, lo stile, l'amicizia, il punto di vista rispetto alla natura umana e inanimata. È una chiara evidenza dell'effetto provocato dal Werther sulla gioventù di allora, l’adorazione di questo giovane uomo che non pensa nemmeno all’amore. Comprendiamo meglio il successo del Werther: gli invertiti, gli indifferenti, i complicati di quest’epoca poterono infatuarsi ed entusiasmarsi per le opinioni di Werther,[1] per lo stile dell’opera, senza interessarsi a Lotte.

Più tardi, a quanto pare (secondo le confidenze del suo amico Klichnig), non sfuggirà all’onanismo. Era molto passionale, continua l'amico familiare, ed è rimasto vergine fino all'età di trent'anni quando si recò in Italia. Durante i primi venti anni, quelli che Moritz stesso ha descritto, i dolori, il cibo cattivo, le preoccupazioni, intellettuali e della vanità, erano facilmente in grado di allontanare Moritz dalle soddisfazioni sessuali. Più tardi, con il riposo e più da mangiare e da bere, la sua immaginazione che lo aveva sempre tanto maltrattato, lo portò all’onanismo. Fino a ventotto anni, dice l'amico, l'amicizia e l'affetto per l'amico erano bastati a Moritz, e non aveva amato donne sentimentalmente. Di tanto in tanto aveva pensato di sposarsi, ma le donne che erano associate nella sua mente con il matrimonio, raramente lo occupavano per più di quattro settimane. Per quanto riguarda il piacere fisico, una vergogna naturale, una certa paura e i principi della sua educazione religiosa lo avevano sempre allontanato dalle donne - e Klichnig giura sul suo onore e su quello del suo amico che Moritz arrivò vergine in Italia, quando aveva trent'anni. Klichnig, di otto anni più giovane di lui, era il suo allievo, e vissero insieme per tre anni lavorando, condividendo le loro gioie e le loro fatiche intellettuali, viaggiando insieme, vedendo poca gente. - Verso la fine di quell’epoca, quando il più giovane aveva ventun anni (si stava preparando per l’università) Moritz si innamorò di una donna sposata, amore casto e rispettoso. Il giovane amico furioso per essere abbandonato per un amore finto, perché l'amore di Moritz per la signora era determinato dal dovere, si lamentò talmente che il povero Moritz si trovò infelice e preoccupato sia con l’amata, che con l'amico, ognuno lo tirava verso di sé.

Secondo Moritz, allora l'amicizia era più forte, l’amore più tenero. Il giovane amico si lamentava tanto che un amico disse loro, "Miei buoni amici, se vi conoscessi meno bene, avrei pensato che non si tratta di amicizia tra voi, ma di amore greco ..."

In Italia, da dove Moritz spesso scriveva al suo amico, si innamorò, si dice, di donne, e quando tornò (migliorato da Goethe), volle sposarsi. Fu una cosa difficile, una donna, per esempio, voleva un certificato medico che garantisse che lui non era tisico. Ma si sposò, si separò lo stesso anno, tornò con la moglie l'anno successivo e morì di petto in tre giorni.

La lunga indifferenza Moritz verso le donne non va d’accordo con il suo romanzo alla Werther prima di andare in Italia. Il suo stile, secondo lui, non poté sfuggire all'ossessione del Werther - e il suo amore romantico fu probabilmente in gran parte frutto di immaginazione e di reminiscenze del Werther.

L'Italia ha avuto un ruolo così importante nella vita artistica e sessuale dei letterati e degli artisti tedeschi che si può facilmente immaginare Moritz che impara degli amori che ava trascurato o temuto, ma probabilmente non è mai stato l'uomo che ama le donne, corpo e anima - e i suoi primi trent'anni dedicati all'amicizia, a se stesso e all’immaginazione ne fecero quello che fu - uno dei tanti uomini di talento sui quali la donna non ha avuto nessuna influenza.
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[1] Si veda l’autobiografia di Goethe.

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