GIUSEPPE E IL SUO AMICO (BAYARD TAYLOR) CAP. 3

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GIUSEPPE E IL SUO AMICO (BAYARD TAYLOR) CAP. 3

Messaggio da progettogayforum » martedì 16 maggio 2017, 20:44

Nel terzo capitolo si incontrano i primi cedimenti di Giuseppe alla seduzione di Miss Blessing, che si rende conto di avere ormai un potere su di lui. Il lettore omosessuale noterà però che, come accade spesso nei romanzi omosessuali, l’autore si sofferma a rimarcare la “diversità” di Giuseppe; la identifica ovviamente in problemi derivanti dall’educazione, ma in qualche punto l’individuazione delle cause profonde del senso di diversità è lasciata volutamente nel non detto e nell’allusivo. Come sempre, in un testo scritto da un omosessuale (per quanto sposato e ovviamente non dichiarato) per altri lettori omosessuali, il non detto conta più del detto.

CAPITOLO III.

IL LUOGO E LE PERSONE.

La natura di Giuseppe Asten era timida e sensibile, ma non solo per l'abitudine all’introversione. In realtà, dentro di sé non guardava molto al di là dei suoi stati d'animo e delle sue sensazioni, e quindi non riusciva quasi a riconoscere ciò che lo distingueva dalla società in cui avrebbe dovuto muoversi liberamente. Sentiva che gli altri erano diversi e costantemente provava il dolore e l'imbarazzo che gliene veniva, ma le fonti da cui tutto questo derivava erano le ultime che avrebbe immaginato.
La vita di un ragazzo può essere indebolita a causa della crescita, in tutte le sue fibre, dallo stare in stato di allerta tipico di un amore troppo ansioso e dalla guida di una coscienza nutrita in modo troppo delicato. Può essere così addestrato nell’abitudine alla bontà, alla purezza e al dovere, che ogni contatto con il mondo è come un'abrasione sulla delicata superficie della sua anima. Ogni vento lo scuote troppo violentemente, e lui rifugge dagli incontri che danno vigore alla vera virilità e la rafforzano per l'esercizio del bene.
La fervida pietà della madre di Giuseppe fu riscaldata e ammorbidita dalla sua tenerezza verso di lui, e non la sentì mai come un giogo. La sua natura prese istintivamente l'impronta di lei, e lei fu felice di vedere così chiaro un riflesso di se stessa nell’innocente giovane cuore del figlio. Prolungò l’infanzia di Giuseppe, forse senza capirlo, negli anni in cui gli sconvolgimenti della virilità che si avvicinava avrebbero dovuto portare a studi più severi e a sport più vigorosi. La sua morte trasferì la tutela del ragazzo ad altre mani, ma non ne cambiò il carattere. Sua sorella Rachele era altrettanto buona e coscienziosa, forse con una uguale capacità di tenerezza, ma la sua vita sterile aveva frenato l'abitudine ad esprimerla. Giuseppe non poteva fare altro che ammettere che fosse guidata dal più stretto senso del dovere, ma a lui sembrava fredda, severa e sospettosa. C’erano momenti in cui alla mente di Giuseppe si presentava un’alternativa: o consentirle l’assoluto controllo di tutte le sue azioni, o ferirla al cuore affermando una moderata autonomia.
Fu ritenuto fortunato, ma era impossibile per lui conoscere consapevolmente la sua fortuna. I duecento acri della fattoria, che si stendevano dietro le colline morbide che chiudevano la valle ad est, erano di un terreno eccellente come sapeva il vicinato; la scorte erano abbondanti; la casa, il fienile e tutti gli impianti a servizio del luogo erano nella migliore condizione, e lui era il solo proprietario di tutto. L'opera delle sue mani non era necessaria, ma era un modo meccanico di occupare il tempo, un'occupazione forzata del corpo e della mente, che lui seguiva nella vaga speranza che un più ricco sviluppo della vita potesse realizzarsi in futuro. Ma c'erano momenti in cui i campi sembravano molto desolati, quando gli alberi, radicati nei loro luoghi e crescendo in condizioni che non avevano la possibilità di scegliere o di cambiare, non erano che noiose immagini di lui stesso, quando anche le cime accennate, laggiù nella valle, non riuscivano a toccare la sua fantasia con l'accenno di un mondo più ampio. Il dovere gli disse: «Devi essere pienamente soddisfatto del tuo posto!» Ma la sensazione infelice, sgradevole e inspiegabile di insoddisfazione era un dato di fatto.
Inoltre, a quel tempo, aveva scoperto che certi gusti che possedeva erano altrettante debolezze - se non proprio oggetto di rimprovero – agli occhi dei suoi vicini. La gioia e la tortura di un sistema nervoso più raffinato, l'incapacità di usare frasi grossolane e forti e il suo ritrarsi davanti ad ogni manifestazione di modi maleducati, erano peculiarità che non poteva superare e doveva cercare di nascondere. C'erano uomini di intelligenza robusta nella comunità; ma nessuno di cultura raffinata, attraverso il quale avrebbe potuto misurare e comprendere se stesso; e quindi le stesse qualità, che avrebbero dovuto essere il suo orgoglio, gli procuravano solo un senso di vergogna.
Due ricordi lo perseguitavano, dopo la serata a casa Warriner; e, anche se così diversi, non dovevano essere scollegati. Non c’erano due ragazze che potessero essere più diverse di Lucy Henderson e Miss Julia Blessing; una la conosceva da anni, e l'altra era la conoscenza parziale di una serata; Tuttavia l'immagine di una di esse era rapidamente seguita da quella dell'altra. Quando pensava agli occhi di Lucy, la mano di Miss Julia scivolava furtivamente sulla sua spalla; quando ricordava i riccioli lucidi di quest'ultima, vedeva, accanto ad essi, la guancia debolmente arrossata e la pura e dolce bocca che aveva risvegliato in lui il suo primo desiderio audace.
Per quanto fossero fantasmi, sembravano aver preso possesso della casa, del giardino e dei campi. Mentre Lucy sedeva tranquillamente vicino alla finestra, Miss Julia saltellava leggermente lungo la sala adiacente. Una sollevava un ramo di rosa adagiato sul prato, l'altra strappava da esso il fiore più rosso. Una si appoggiava contro il tronco del vecchio albero di abete, l'altra svolazzava da una parte e dall’altra tra i gruppi di arbusti; ma il verde solitario era meravigliosamente illuminato da queste visioni di rosa e di bianco, e Giuseppe si godeva quella fantasia senza preoccuparsi di pensare che cosa significasse.
La casa era situata su un dolce poggio, vicino all’imbocco di una valle laterale affondata come un fossato tra le colline che racchiudevano i prati intorno al fiume, un quarto di un miglio più lontano. Aveva quasi un centinaio di anni e le sue pareti massicce erano rivestire di mattoni a scacchi, alternativamente rossi e neri, ai quali l'edera si aggrappava con radici tenaci laddove si poteva allungare. I tetti terminavano in ampi camini doppi, tra i quali un camminamento con una ringhiera, pensato come posto di osservazione, ma raramente utilizzato per questo o per qualsiasi altro scopo, poggiava sulla parte alta del tetto. Un basso portico pavimentato in pietra si estendeva lungo la parte anteriore, che era ulteriormente ombreggiato più avanti da due enormi alberi di sicomoro vecchi come la casa stessa. I sempreverdi e gli arbusti ornamentali che occupavano il resto del piccolo prato denotavano il gusto di una generazione successiva. Ad oriente, uno spazio erboso aperto, al centro del quale sorgeva un superbo salice piangente, divideva la casa dal grande fienile di pietra con le sue mangiatoie contrapposte e i suoi "rialzi"; sul lato opposto si trovava il giardino soleggiato, coi vignaioli arbusti che si aggirano lungo le sue mura e una doppia fila di vecchi cespugli alti di bosso, cresciuti come una unica massa solida, che si allungava verso il centro.
I campi appartenenti alla proprietà, che si innalzavano dolcemente e seguivano le ondulazioni delle colline, limitavano il paesaggio su tre lati; ma a sud si trovava una bella vista sulla valle del torrente più grande, con i suoi prati punteggiati di greggi, scorci d'acqua tra gli alberi che li contornavano e case coloniche adagiate tra le ginocchia delle colline più lontane. Era una regione di pace, di riposo e di una tranquilla e sonnolenta bellezza, e c'erano poche fattorie che non fossero le case avite delle famiglie che le avevano possedute. La gente era soddisfatta, perché viveva su un terreno generoso; e se pochi erano notevolmente ricchi, ancora meno erano assolutamente poveri. Avevano un pigro senso di soddisfazione, una sensazione parzialmente consapevole che la loro famiglie si erano sistemate in luoghi piacevoli; erano disciplinati, morali e generalmente onesti, e i loro modelli furono così costantemente riprodotti e fissati, sia per i matrimoni tra di loro che per i rapporti che mantenevano, che ogni variazione di essi era considerata una cosa da sopprimere se possibile. Ogni segno di un gusto insolito, o una visione diversa della vita, eccitava il loro sospetto e la maggior parte di loro non era in grado di discriminare tra pensiero indipendente su questioni morali e sociali e "libero pensiero" nel significato religioso che essi attribuivano la parola. Gli eccitamenti politici, è vero, a volte si abbattevano sul vicinato, ma in una forma mitigata; e le discussioni che poi avvenivano tra vicini di fede opposta erano in genere ripetizioni degli argomenti forniti dai loro rispettivi giornali di contea.
Per colui la cui duplice natura si conformava al modello comune, nel quale, prima della sua nascita, nessun elemento misterioso era stato infuso, perché fosse la base di nuove sensazioni, di nuovi desideri e di nuovi poteri, quella regione era un paradiso di giorni pacifici. Fin da ragazzo, il suo probabile percorso di vita era tracciato: si poteva vedere come giovane uomo, marito, padre e vecchio tranquillo, osservando semplicemente queste varie fasi in altri.
Se invece i suoi sensi non erano affatto pigri, ma acuti; se la sua natura andava al di là delle necessità ordinarie, ed era affamata del gusto di cose più alte; se desiderava mescolarsi in quella vita del mondo, della quale solo una minima parte era nota alla sua comunità originaria; se non contento di accettare la fede meccanica delle menti passive, ardiva ripetere la lunga lotta del genere umano nella sua crescita spirituale e mentale; allora, ecco, quella regione non era un paradiso di giorni pacifici.
Rachele Miller, ora che la serata pericolosa era finita, era abbastanza intelligente per riprendere il suo modo di fare abituale verso suo nipote. La sua curiosità di sapere cosa fosse successo e come Giuseppe fosse stato colpito da quella baldoria, la rendeva attenta a non spaventarlo su quell'argomento con avvertimenti o rimproveri. Lui era sincero e comunicativo, e Rachele trovò, con sua sorpresa, che aveva continuato a pensare molto e non in modo del tutto sgradevole alla serata a casa Warriner durante le sue ore di lavoro a maglia. Il lavoro della fattoria veniva mandato avanti in fretta; Giuseppe era attivo nei campi e decisamente più allegro in casa; e quando annunciò il nuovo appuntamento, con un'aria che sottintendeva che la sua partecipazione era una cosa assolutamente naturale, lei poté solo dire: - «Mi sbaglio molto se questo è l’ultimo. Vacci una volta, e non c’è bisogno di dire dove andrai a finire. Suppongo che la ragazza di città non si tratterrà ancora per molto, - il lavoro agricolo del vicinato ne soffrirebbe -, e quindi intende avere tutto quello che può mentre sta qui.»
«Infatti, Zia», aggiunse Giuseppe, «Elwood Withers lo ha proposto per primo, e tutti gli altri sono stati d'accordo.»
«Ed abbastanza pronti, non aggiungo altro.»
«Sì, erano pronti», rispose Giuseppe, con un po’ più di fermezza del solito. «Tutti, e non c'era una famiglia rispettabile nel vicinato che non fosse rappresentata.»
Rachele fece uno sforzo e continuò a tacere. La novità avrebbe potuto essere temporanea, e in tal caso sarebbe prudente non farci troppo caso; o avrebbe potuto essere l'inizio di un cambiamento nei comportamenti dei giovani e, in questo caso, Rachele avrebbe avuto bisogno di ulteriori informazioni per opporsi con successo a tutto questo nel caso di Giuseppe.
Sospettava poco quanto la questione sarebbe stata portata rapidamente accanto alla sua porta.
Una settimana dopo si tenne la seconde festa serale ed ebbe ancora più successo della prima. C’erano tutti, e si portavano con sé il ricordo allegro della precedente, e Miss Julia Blessing, non più temuta come un elemento sconosciuto e indagatore, era ancora la vita e l'anima della compagnia. Era sorprendente quanto correttamente ricordasse i nomi e le caratteristiche di tutti coloro che aveva già incontrato, e quanto intelligentemente sembrasse godere dei pettegolezzi del vicinato. Fu notato che il suo abito era volutamente semplice, come per conformarsi ai modi della campagna, ma l'ariosa e graziosa libertà del suo comportamento dava a quell’abito un carattere di eleganza che la distingueva sufficientemente dalle altre ragazze.
Giuseppe sentì che lei lo guardava, come per un innocente istinto naturale, cercando da lui una risposta più delicata e intima di quanto non si aspettava da trovare altrove. Frammenti di frasi, ed espressioni fra parentesi, cadute nel suo vivace discorso, erano sempre seguite da un rapido sguardo che gli diceva: «Abbiamo una sentimento in comune, so che mi capisci». Lui era affascinato, ma l'esperienza era così nuova che era piuttosto sconcertante. Era portato a cogliere gli sguardi apparentemente casuali di lei, ad aspettarli per poi ritrarsi timidamente quando arrivavano, provando nel contempo tutto il desiderio di essere nell'angolo tranquillo, fuori dal cerchio allegro dei quelli che stavano parlando, dove sedeva Lucy Henderson.
Quando finalmente, un cambiamento nei passatempi della serata lo portò al lato di Lucy, lei sembrava seria e preoccupata. Le sue parole mancavano della piacevole immediatezza e dell'autocontrollo che aveva reso la sua compagnia così gradevole per lui. Lei non rivolgeva più il volto verso di lui mentre parlava, e lui notò che gli occhi di Lucy vagavano sulla compagnia con un'espressione particolare, come se stesse cercando di ascoltarli. Gli sembrava anche che Elwood Withers, che si muoveva inquieto per la stanza, stesse guardando qualcuno o aspettando qualcosa.
«Ce l’ho!» gridò improvvisamente Miss Blessing, svolazzando verso Giuseppe e Lucy; «Sarete voi, Mr. Asten!» «Sì», rispose Anna Warriner, seguendola; «Se fosse possibile sarebbe delizioso!»
«Zitta, Anna cara! Lasciamo la questione nel mistero!» sussurrò la signorina Blessing, assumendo un'aria misteriosa; «scivoleremo via e ci metteremo d’accordo, e naturalmente Lucy deve venire con noi.»
«Ora» riprese, quando i quattro si ritrovarono soli nella sala da pranzo antica, «dobbiamo, innanzitutto spiegare ogni cosa a Mr. Asten. La domanda è, dove ci incontreremo la prossima settimana. I McNaughtons stanno costruendo un'aggiunta (credo che voi la chiamiate così) al loro fienile e un bambino ha il morbillo in un altro posto e da qualche altra parte c’è qualcos'altro che non va, Non possiamo interferire con il corso della natura, ma non dovremmo nemmeno rinunciare a queste affascinanti serate senza fare uno sforzo per proseguirle. La nostra unica speranza e la nostra fiducia è riposta in voi, Mr. Asten.»
Pronunciò queste parole con una ironica solennità, congiungendo le mani e guardandolo in faccia con occhi brillanti, impazienti e ridenti.
«Se dipendesse da me…» disse Joseph. «O, conosco la difficoltà, Mr. Asten!» esclamò lei; «e in realtà, è ingiustificabile che io proponga una cosa del genere. Ma non è possibile - solo possibile - che Miss Miller possa essere persuasa da noi?»
«Julia cara!», esclamò Anna Warriner, «credo che non ci sia niente che tu possa aver paura di intraprendere.»
Joseph non sapeva cosa dire. Voltò lo sguardo prima sull’una poi sull’altra, colorandosi leggermente in volto e pronto a diventare pallido nel momento successivo, mentre cercava di immaginare come sua zia avrebbe ricevuto una proposta così stupefacente.
«Non c'è ragione per cui dovrebbe esserle chiesta una cosa simile» disse Lucy. «Sarebbe un grande fastidio per lei.»
«Davvero?» disse Miss Blessing; «Allora mi dispiace molto! Ho dato un'occhiata al vostro bel posto l'altro giorno mentre stavamo percorrendo la valle: era un quadro perfetto, e ho tanto desiderio di vederlo più da vicino!»
«Perché non venite, allora?» Joseph domandò con impazienza. Le parole di Lucy gli sembravano ottuse e poco amichevoli, anche se sapeva che erano state finalizzate a dargli un aiuto.
«Sarebbe un grande piacere, ma se penso che la zia ne sarebbe infastidita ...» «sono sicuro che sarà felice di fare la vostra conoscenza», disse Giuseppe, con uno sguardo di rimprovero diretto a Lucy.
Miss Blessing notò lo sguardo. «Sono piuttosto sicura», disse scherzosamente, «che sarà molto divertita della mia ignoranza e dalla mia inesperienza. E non credo che Lucy intendesse spaventarmi. Per quanto riguarda la festa, per ora non pensiamoci, ma tu verrai con noi, Lucy, con Anna e con me, per fare una chiacchierata pomeridiana?»
Lucy si sentì obbligata ad accettare una richiesta così amabile, dopo la sua apparente maleducazione. Eppure non poteva forzarsi a fingere un'accettazione di cuore, e Joseph pensò che lei fosse eccezionalmente fredda. Non dubitava affatto che Miss Blessing, la cui calda e impulsiva natura gli sembrava molto simile a quella che avrebbe potuto essere la sua, se avesse osato mostrarla, avrebbe soddisfatto la sua promessa. Né dubitava che tanta innocenza e dolcezza quanta lei ne possedeva avrebbe fatto un'impressione favorevole su sua zia; Ma ritenne preferibile di non informare quest'ultima della possibile visita.

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Re: GIUSEPPE E IL SUO AMICO (BAYARD TAYLOR) CAP. 3

Messaggio da agis » mercoledì 17 maggio 2017, 11:29

progettogayforum ha scritto: Come sempre, in un testo scritto da un omosessuale (per quanto sposato e ovviamente non dichiarato) per altri lettori omosessuali, il non detto conta più del detto.
Seeeh bravo avanti tutta che poi gli esiti del tuo "non detto" li si tocca con mano.
E poi secondo te, anche se non ha avuto figli, come avrà fatto a cavarsela per vent'anni di matrimonio? Giocavano a cirulla tutte le notti? ^_^

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