GIUSEPPE E IL SUO AMICO (BAYARD TAYLOR) CAP. 7

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GIUSEPPE E IL SUO AMICO (BAYARD TAYLOR) CAP. 7

Messaggio da progettogayforum » domenica 4 giugno 2017, 14:48

Avviso il lettore che il VII capitolo del Romanzo di Bayard Taylor, è il penultimo che abbia ad oggetto la vita eterosessuale del protagonista. Nonostante l'impianto molto tradizionale, tipico di un romanzo inglese-americano di metà 800, il lettore omosessuale noterà che compaiono lungo la narrazione degli elementi di perplessità, che vengono rapidamente messi da parte o che sono letti in una chiave che comunque esclude l'ipotesi che l'innamoramento, che ha tutte le apparenze di un innamoramento sincero (dall'una e dall'altra parte), sia un vero innamoramento. Si dice espressamente che nel processo di ampliamento della conoscenza, tipico di persone come il protagonista, l'ultima consapevolezza ad arrivare è la consapevolezza di sé. Il percorso di Giuseppe verso il matrimonio è quello tipico di tanti omosessuali, che non vedono o preferiscono non vedere e farsi forti della condizione di fidanzato e di marito, puntando esclusivamente sui ruoli sociali che il matrimonio comporta o comportava.
L'altro elemento caratteristico di questo capitolo è la "trappola familiare" con la quale il ragazzo inesperto, meglio ancora se ricco, viene catturato in modo irreversibile, attraverso una serie di riti sociali, tanto sacrali, quanto rigidamente formali. Questi meccanismi spingono ancora oggi al matrimonio tanti ragazzi, non solo gay, ma anche etero, assolutamente non convinti del passo che stanno per compiere.
Il capitolo andrebbe letto come "istruzione" rivolta agli omosessuali che credono di trovare nel matrimonio la soluzione dei loro problemi.
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CAPITOLO VII.

LA FAMIGLIA BLESSING.

Nessuno della compagnia sospettava il segreto di Giuseppe. Il modo di fare di Elwood verso di lui la mattina successiva era più caldo e più gentile di prima; il gelo della notte precedente era stato dimenticato e il fidanzamento, che allora sembrava quasi una catena per il suo futuro, gli dava ora un senso di libertà e di forza. Sarebbe andato subito dagli Warriner, se non fosse stato per la paura di tradirsi. Miss. Blessing sarebbe tornata in città tre giorni dopo e un singolo incontro di addio poteva essere considerato una cosa opportuna; così lui controllava la sua impazienza e permetteva che trascorresse un altro giorno.

Quando finalmente arrivò l'ora dell’incontro, Anna Warriner si dimostrò un'efficiente alleata. Le circostanze erano contro di lei, ma lei assicurò comunque agli amanti pochi minuti in cui potevano tenersi per mano a vicenda e dichiararsi di nuovo la loro reciproca gioia, con un senso squisito di libertà nel farlo. Miss Blessing suggerì che non si dovesse dire nulla prima che lei avesse messo al corrente i suoi genitori del fidanzamento; avrebbero potuto esserci alcune ovvie difficoltà da superare; era una cosa inaspettata, e in un primo momento l'idea di vedere lei andare via non sarebbe stata presa bene. Lei avrebbe scritto da lì a pochi giorni e poi Giuseppe sarebbe dovuto venire a fare la conoscenza della sua famiglia.

«Allora» aggiunse, «non avrò paura, quando ti avranno visto una buona volta, tutte le difficoltà svaniranno. Non ci sarà alcun problema con mamma e con mia sorella Clementina, ma mio padre è talvolta un po’ particolare, a causa delle sue relazioni. Non diventare così serio tutto in una volta, è mio dovere, certo, di assicurarti un’accoglienza affettuosa. Devi provare a sentirti già come se avessi due case, come faccio io.»

Giuseppe aspettò con ansia la lettera promessa, che dopo dieci giorni arrivò; era breve, ma soddisfacente. «Non lo crederai, caro Giuseppe,» cominciava lei, «papà non fa nessuna difficoltà! Richiede solo alcune rassicurazioni che tu puoi fornire molto facilmente. Ma, d'altra parte, a loro non piace l'idea di vedermi andare via. A stento posso dirlo senza che sembri una vanteria, ma Clementina non ha mai preso molto gentilmente la pulizia e la gestione della casa, e anche se io ero solo indifferente in quelle cose, penso che a loro mancherò. Mi è venuto in mente proprio quando mamma è venuta vicino a me accanto alla porta, si è messa a piangere e ha detto: "Ora avrò un po’ di riposo!" Puoi immaginare quanto fosse difficile dirglielo, ma lei è una cara e buona madre e so che sarà felice di trovare un figlio in te, come certamente farà. Vieni presto… presto! Loro sono tutti ansiosi di conoscerti.»

La città non era così lontana da rendere un viaggio lì un evento insolito per i giovani agricoltori del vicinato. Giuseppe ci era andato spesso per un giorno per curare le sue vendite di merci e di grano, e non trovò alcuna difficoltà nell’inventare una ragione plausibile per il viaggio. Il treno alla stazione ferroviaria più vicina lo trasportò in due o tre ore fino all’inizio di chilometri di marciapiedi caldi e polverosi e lo lasciò libero a cercare il nido di mattoni all'interno del quale il suo amore era protetto.

Eppure ora, quando era così vicino al punto in cui la sua nuova vita sarebbe cominciata, una singolare agitazione prese possesso di lui. Sentiva chiaramente la presenza di due forze, che agivano l'una contro l'altra con potenza quasi uguale, ma senza neutralizzare la loro inquietante influenza. Giuseppe si stava trasformando più velocemente di quando credesse, ma, a una natura come sua, l'ultima conoscenza che arriva è la conoscenza di sé. Un istinto occulto già gli sussurrava che la sua vita da allora sarebbe stata più forte, più indipendente, ma anche più disturbata; e questo era quello che aveva creduto di volere. Se la coscienza di amare e di essere amato non era molto simile nella realtà a come era apparsa alla sua fantasia inconsapevole, era comunque una felicità concreta, e il matrimonio sarebbe stato pertanto la sua naturale conseguenza. Julia si era preparata per introdurlo nella sua famiglia; lui doveva imparare ad accettare i genitori e la sorella di lei come se fossero i suoi genitori e sua sorella; e adesso l'ora e l'opportunità erano a portata di mano.

Che cosa, quindi, colpiva il suo petto quasi come una pressione fisica e misteriosamente si opponeva a ciò che lui doveva fare? Quando raggiunse la strada trasversale in cui, risalendo alcune pizze verso nord, si doveva trovare la casa di Julia, invece di girare, tirò dritto in avanti verso il fiume. La vista dell'acqua, lo scivolare delle vele, la vita vigorosa e il lavoro lungo i moli, lo improvvisamente gli ridiedero forza. Gli uomini stavano camminando su e giù per le passerelle delle navi; le gru di sollevamento oscillavano lentamente sulle sponde, sulle balle e i contenitori che erano stati tirati fuori dalla stive; i carri pesanti sferragliavano muovendosi avanti e indietro: dovunque si girava vedeva un’immagine di forza, di coraggio, di realtà, di lavoro concreto. Gli uomini che andavano e venivano consideravano la vita semplicemente come una successione di fatti, e se questi non si adattavano in modo agevole gli uni agli altri, non si facevano comunque problemi per i bordi ruvidi o li facevano sparire con pochi colpi robusti. Quel che Lucy Henderson aveva detto sull’andare a scuola ritornò alla mente di Giuseppe. Qui c’era una classe in cui sarebbe stato in grado stare per molti giorni tra gli ultimi. Qualcuna di queste robuste figure avrebbe potuto comprendere il turbamento della sua mente? Probabilmente lo avrebbero consigliato di andare alla farmacia più vicina per comprare un paio di pillole blu. Quanto più li osservava, tanto più sentiva il contagio del loro inimmaginabile faccia a faccia con la vita; l'elemento virile in lui, controllato così a lungo, cominciò a dare una vigorosa spinta verso la luce.

«Dopotutto è solo la vecchia vigliaccheria», pensò. «Sto ancora sfuggendo all’incontro con i volti nuovi! Un amante, che presto sarà un marito, e ancora così di una gioventù verde! Non funzionerà mai. Devo imparare a gestire il mio dovere come lo stivatore gestisce un barile, deve prenderlo con entrambe le mani, spingerlo, farlo rotolare e guidarlo, finché il peso diventa un semplice giocattolo: Ecco! – ne prende uno nuovo, ora, come fosse il mio!»

Con ciò si voltò, ripercorse con determinazione la strada all’indietro, fino alla via trasversale e ci entrò senza fare una pausa all'angolo. Era ancora una lunga passeggiata, e la strada, con le sue case di mattoni uniformi, con le persiane bianche, le tende interne verdi e i gradini di marmo bianco, divenne più silenziosa e monotona. C'era un odore misto di pesce salato, di melassa e di arance guaste in ogni angolo; le domestiche di pelle scura abbassavano i getti del loro tubo dell’acqua mentre lui passava, e le ragazze coi vestiti infangati di cotone stampato si voltavano a guardarlo dagli ingressi di oscuri tunnel che conducevamo nei giardini dietro le case. Un uomo con qualcosa in un carro mandava di tanto in tanto un grido incomprensibile e penetrante; i ragazzini scalzi imprecavano sui marmi del marciapiede; e ogni tanto, un meraviglioso muoversi di tessuti di seta, colorati e luccicanti, gli passava accanto. Ma non si fermò per nessuna di queste cose. Il suo cuore batteva più velocemente, e quella strana resistenza sembrava aumentare all’aumentare del numero delle case, che ora si avvicinavano rapidamente a «quella» casa, che poi arrivò!

C'era un intero blocco di abitazioni strette, a tre piani, con finestre una accanto all’altra e tetti piani. Se Giuseppe avesse avuto familiarità con la città, avrebbe riconosciuto l'aria di raffinatezza a buon mercato che esalava da esse e che diceva, così chiaramente come se le parole fossero state dipinte sulle facciate delle case, «Qui salviamo le apparenze con un piccolo capitale.» Ma non notò nulla, comunque, salvo le scale di marmo e le porte di ingresso, che gli sembravano tutte uguali, fino a quando non arrivò ad una piastra d'ottone con la scritta "B. Blessing". Mentre guardava, una massa di riccioli neri si allontanò dalla finestra. La porta si aprì all'improvviso prima che lui potesse toccare il campanello e due mani poggiate sulle sue lo portarono nella sala minuscola.

Immediatamente la porta si chiuse di nuovo, ma lentamente; poi due braccia cinsero il suo collo e le sue desiderose labbra ricevettero un leggero bacio. «Silenzio!» disse lei; «È delizioso che tu sia arrivato, anche se non ti aspettavamo così presto. Entra nel salotto e prendiamoci un minuto insieme prima di chiamare mamma.» Lei scattò leggermente davanti a lui e alla fine si trovarono seduti fianco a fianco sul divano. «Che cosa può avermi portato alla finestra proprio in quel momento?» sussurrò lei; «Deve essere stato un presentimento.» Il volto di Giuseppe si illuminò di piacere. «E io sono stato a lungo in viaggio», rispose lui. «Cosa penserai di me, Julia? Ero un po’ timoroso.»
«So che eri lo eri, Giuseppe», disse lei. «Sono solo i cuori freddi e insensibili che non si agitano mai.»

I loro occhi si incontrarono e lui osservò, per la prima volta, gli occhi di lei, il loro peculiare grigio pallido, quasi di una chiarezza rossiccia. L'istante successivo le sue lunghe ciglia lentamente calarono e li nascosero per metà; lei si allontanò leggermente da lui e disse: «Vorrei essere bellissima, per te, non me ne sono mai preoccupata prima.»

Senza dargli il tempo di rispondere, lei si alzò e si avvicinò verso la porta, poi guardò indietro, sorrise e scomparve.

Giuseppe, lasciato da solo, si alzò e camminò morbidamente in su e in giù per la stanza. Ai suoi occhi sembrava un appartamento elegante, anche se piuttosto gelido. La stanza era lunga e stretta, con un piccolo falso camino di marmo bianco (pensato solo per l’aria calda) al centro, un tappeto di tanti colori brillanti sul pavimento, e una carta brillante con mazzetti di lillà sulle pareti. C'era un tavolo centrale, con una letteratura tiepida che si raffreddava sul piano di marmo; un'étagère, con alcune tazze e caraffe non definibili, e un pianoforte verticale, su cui giacevano diversi fogli di musica di Verdi e Balfe. I mobili, non molto abbondanti, erano fasciati di panno giallastro di cotone estivo. C'erano due quadri sulle pareti, i ritratti di un gentiluomo e di una signora, e quando Giuseppe colse per la prima volta lo sguardo fisso poco splendente dei loro occhi, trovò difficile girare lo sguardo altrove. La luce imperfetta che passava attraverso le persiane rivelava un giovane florido, dal volto paffuto, la cui testa era tenuta su da un alto colletto di raso nero. Stava appoggiato a una colonna scanalata, apparentemente fatta di stucco, dietro la quale cadeva una splendida tenda cremisi, sollevata in un angolo per rivelare un frammento di cielo tempestoso. I lunghi riccioli posti sulle tempie, i baffi accuratamente delineati, e l'enorme anello con sigillo al secondo dito della mano che si vedeva, indicavano che una certa "posizione" nella società era posseduta o rivendicata direttamente dalla persona dipinta. Giuseppe non poteva certo avere dubbi che quella fosse una rappresentazione di "B. Blessing", come appariva venti o trenta anni prima. Si voltò verso l'altro quadro. La signora era snella e faceva mostra di essere graziosa, aveva la testa inclinata in modo che i riccioli sul lato sinistro fluissero con studiato disordine sulla sua spalla. La sua faccia era sottile e lunga, con caratteri ben marcati e non spiacevoli. Sulla guancia c’era un colorito un po’ troppo marcato e il sorriso fisso sulla sua bocca stretta si accordava poco con lo sguardo duro e serio degli occhi. Era vestita regalmente di porpora, e il suo braccio bianco nudo - più paffutello e arrotondato di quanto il suo volto avrebbe dato ragione di sospettare - pendeva con una grazia pigra alla fine di un divano.

Giuseppe mosse lo sguardo da un volto all'altro con un curioso interesse, che gli occhi dipinti sembravano anche riflettere, mentre lo seguivano. Loro erano estranei, provenivano da una diversa sfera di vita, ma dovevano diventare, anzi, stavano già diventando una parte della sua stessa vita! La signora lo esaminava attentamente, nonostante il suo sorriso; ma l'indifferenza del gentiluomo, blandamente soddisfatto di se stesso, sembrava confermarlo meno nei suoi propositi. Dei passi nella hall interruppero il suo fantasticare ed ebbe appena il tempo di scivolare al suo posto quando la porta si aprì e Julia entrò, seguita dall'originale di uno dei ritratti. La riconosceva, anche se i riccioli erano scomparsi, i capelli scuri erano spruzzati di grigio, e le linee profonde intorno alla bocca e agli occhi davano ad essi un'espressione di cautela e di malcontento. In un certo senso era diversa dalla figlia: i suoi occhi erano grigi.

Lei piegò la testa con un'aria imponente quando Giuseppe si alzò, passò quindi accanto a Julia, e gli porse la mano con queste parole: «Mr. Asten, sono contenta di vederla, la prego, si sieda.»

Quando tutti furono seduti, lei riprese: «Mi scusi, se comincio col farle una domanda. Deve considerare che la conosco solo attraverso Julia e la sua descrizione non poteva, in queste circostanze, essere molto chiara ... Qual è la sua età?» «Avrò ventitré anni al mio prossimo compleanno», rispose Giuseppe.
«Infatti, sono felice di sentirlo, lei non dimostra più di diciannove anni. Io ho ragione di temere gli innamoramenti molto giovanili e sono quindi rassicurata dal sapere che lei è pienamente un uomo e capace di mettere alla prova i suoi sentimenti. Confido che lei li abbia messi alla prova. Le chiedo di nuovo di scusarmi se la domanda sembra implicare una mancanza di fiducia. L’ansia di una madre, lei sa ...»
Julia congiunse le mani e chinò la testa.
«Sono abbastanza sicuro di me stesso», disse Giuseppe, «e cercherei di rassicurare anche voi, se solo sapessi come farlo.»
«Se lei fosse uno di noi, - della città, voglio dire - potrei giudicare più prontamente. Sono molti anni che sono al di fuori della nostra cerchia selezionata e pertanto non sono così competente come una volta nel giudicare gli uomini in generale. Mentre non potrò mai, senza una ragione più che adeguata, influenzare le mie figlie nelle loro scelte, è mio dovere dirle che Julia è estremamente sensibile per ciò che riguarda i suoi affetti. Una ferita in queste cose sarebbe incurabile per lei. Siamo uguali in questo; io conosco la sua natura attraverso la mia.»

Julia nascose il suo volto sulla spalla di sua madre, Giuseppe si commosse e inutilmente torturò il suo cervello alla ricerca di una qualche forma di rassicurazione che potesse rimuovere l'ansia materna.
«Su», disse Mrs. Blessing, «Non parliamone più. Vai e porta qui tua sorella!»
«Ci sono degli altri punti, Mr. Asten», continuò lei, «che senza dubbio le saranno già venuti in mente. Mr. Blessing si consulterà con lei in relazione ad essi. Io ho come regola non intromettermi mai nel campo dei suoi compiti. Dato che non l’aspettavamo proprio per oggi, è andato alla Dogana come al solito; ma sarà presto tempo che faccia ritorno. Gli impegni ufficiali, lei capisce, non possono essere rinviati. Se ha mai prestato servizio in una funzione di governo, lei apprezzerà la sua posizione. Talvolta ho desiderato che noi non fossimo identificati con la vita politica; ma, d'altro canto, ci sono delle compensazioni.»

Giuseppe, colpito più dall’atteggiamento sussiegoso della signora Blessing che dalle parole da lei pronunciate, poté solo dire: «Mi auguro che la mia visita non possa interferire in alcun modo con i doveri di Mr. Blessing.»

«Purtroppo», rispose lei, «non possono essere rinviati. Il suo consiglio è più richiesto dall’Esattore che non i suoi servizi particolari. Ma, come ho già detto, conferirà con lei per riguardo al futuro della nostra bambina. La chiamo così, Mr. Asten, perché è la più giovane, e non riesco a capire che è abbastanza grande da lasciarmi. Sì, è la più giovane, ed è la prima ad andarsene. Se si fosse trattato di Clementina, avrei potuto essere più preparata al cambiamento. Ma una madre deve sempre essere pronta a sacrificarsi, quando è in gioco la felicità di un figlio.»
Mrs. Blessing premette delicatamente un piccolo fazzoletto all'angolo di ogni occhio, poi tirò un sospiro e riprese la sua solita calma dignità di portamento. La porta si aprì e Julia rientrò, seguita dalla sorella.
«Questa è la signorina Blessing», disse la madre.
La giovane signorina si inchinò molto formalmente, e con questo avrebbe finito il suo saluto, ma Giuseppe si era già alzato e aveva proteso la mano, lei quindi gli diede le punte di quattro dita flosce, che lui tentò di afferrare e poi lasciò andare.
Clementina era quasi di una testa più alta di sua sorella e ben proporzionata, aveva una piccola bocca petulante, piccoli occhi grigi, una fronte bassa e stretta e capelli castani chiari, le sue palpebre e le guance avevano lo stesso carattere paffuto di suo padre, nel suo ritratto sul muro, ma c'era una floridezza e una brillantezza nella sua carnagione che suggeriva una certa bellezza. Una debole espressione di curiosità passò sul viso di lei, incontrando Giuseppe, ma non pronunciò alcuna parola di benvenuto. Lui guardò Julia, il cui atteggiamento era diventato improvvisamente sottomesso, e fu abbastanza rapido nel percepire una rivalità tra le sorelle. La stolidità del volto di Clementina manifestava quell'indifferenza che è più offensiva della stessa ostilità. A lui non piacque fin dal primo momento.

Giulia rimase modestamente silenziosa, e la conversazione, nonostante la capacità della madre di portarla avanti, non sbocciò. Clementina parlava solo con monosillabi, che lasciava cadere di tanto in tanto con una dolcezza d'argento che sorprese Giuseppe, perché sembrava così in contrasto con il suo volto e il suo atteggiamento. Lui si sentì molto sollevato quando, dopo che più di uno sguardo significativo era stato scambiato con la madre, le due si alzarono e uscirono dalla stanza. Alla porta, Mrs. Blessing disse: «Naturalmente lei rimarrà a prendere un tè di famiglia con noi, Mr. Asten. Darò disposizioni che sia servito subito, dato che probabilmente lei non è abituato ai nostri orari di città.»

Julia alzò gli occhi luminosi dopo che la porta fu chiusa e esclamò: «Beh! Quando mamma dice così, tu puoi essere soddisfatto. Il suo tenere la casa è come le leggi dei Medi e dei Persiani. Probabilmente lei ti è sembrava piuttosto formale, ed è vero che una certa quantità di formalità è diventata naturale per lei; ma questo atteggiamento si fa da parte quando è molto emozionata. Papà deve ancora arrivare, ma sono sicura che starai molto bene con lui; gli uomini facilmente fanno conoscenza tra loro in breve tempo. Temo che Clementina non ti abbia impressionato molto… molto genialmente; lei è, posso confessarlo, un po’ particolare.»

«È molto tranquilla», disse Giuseppe, «e molto diversa da te.»
«Ognuno lo nota. E noi sembriamo diverse di carattere, come se tra di noi non ci fosse alcun rapporto. Ma devo dire in favore di Clementina, che lei è al di sopra dell’apprezzamento o del poco apprezzamento personale; lei guarda la gente astrattamente. Tu sei solo un futuro cognato per lei e non credo che lei saprebbe dire se i tuoi capelli sono neri o del bel colore dorato che hai.»

Giuseppe sorrise, non dispiaciuto della delicata lusinga di Julia. «Sono molto più contento», disse, «che tu sia diversa. Non mi piacerebbe che tu, Julia, mi considerassi un'astrazione.»

«Sei molto reale, Joseph, e molto individuale», rispose lei, con uno dei suoi sorrisi più belli.

Neppure dieci minuti dopo, Julia, i cui occhi e le cui orecchie erano acutamente in allerta, nonostante il suo parlare gaio, senza limiti, sentì il clic di un chiavistello, si alzò, si portò l'indice alle labbra, diede a Giuseppe una rapida e significativa occhiata, e si precipitò nel corridoio. Seguì il rumore di un basso chiacchiericcio, e non si poteva certo confondere il profondo e rauco mormorio di una delle voci.

Mr. Blessing, senza la colonna scanalata e la tenda cremisi, era meno formidabile di come Giuseppe se lo era immaginato. Gli anni avevano aggiunto qualcosa al suo corpo e tolto qualcosa ai suoi capelli, ma il suo volto, visto che gli alti titoli non erano più di moda, aveva perso il rigido sussiego e esprimeva la cordialità cronica di un politico popolare. C'era un arrossamento sui bordi dei suoi occhi e una pienezza delle palpebre inferiori, che mostravano anche abitudini politiche.

Tuttavia, nonostante le rughe, il rossore e una generale rugosità e grossolanità delle fattezze, la somiglianza con il ritratto era ancora forte; e Giuseppe, come se la presentazione fosse già stata fatta, gli porse la mano non appena Mr. Blessing entrò nella stanza.

«Molto felice di vedervi, Mr. Asten», disse quest'ultimo. «Un piacere inaspettato, signore.»

Si tolse il guanto dalla mano sinistra, si tolse cappotto e giacca, sistemò il nodo della sua cravatta, tirò più su i pantaloni, fece scorrere le dita attraverso i passanti grigi della cinta, e poi si gettò su una sedia, esclamando: «Dopo gli affari, il piacere, signore, i miei doveri sono finiti per oggi, Mrs. Blessing probabilmente l’ha informata dei miei compiti ufficiali, ma lei non può immaginare la vigilanza necessaria per prevenire l’evasione delle leggi sulle imposte. Noi siamo i cani da guardia del paese, signore.»

«Capisco», disse Giuseppe, «che una posizione ufficiale porti con sé una grande responsabilità.»

«Esatto, signore, e senza retribuzioni adeguate. Maneggiamo milioni e siamo pagati coi centesimi. Se non fosse per la coscienza di servire e risparmiare per la nazione… ma non proseguirò questo argomento. Ora che ci conosciamo un po’, lei può giudicare da sé se le promozioni seguono sempre le capacità. Quello che dobbiamo fare ora è stabilire una comprensione reciproca tra noi, come si dice in politica, preparare una piattaforma, e credo che lei sia d'accordo con me che le circostanze del caso richiedono una gestione franca, da uomo a uomo.»

«Certamente!» rispose Giuseppe: «Chiedo solo che, sebbene io sia un estraneo per lei, lei possa accettare la mia parola finché non avrà i mezzi per verificarla.»

«Posso tranquillamente farlo con lei, signore. I miei contatti - dovrei dire i miei doveri – mi costringono a conoscere molte persone con le quali una cosa del genere non sarebbe sicura. Dimenticheremo la disparità dell'età e dell'esperienza tra noi. Non posso chiederle di immaginarsi nella mia situazione, ma forse possiamo rendere il caso abbastanza chiaro se le dichiaro, senza riserve, quello che sarei pronto a fare io, se le nostre posizioni attuali fossero invertite: Julia, vuoi prenderti cura del tè?» «Sì, papà,» disse lei, e se ne andò fuori dal salotto.

«Se fossi un uomo giovane che viene dalla campagna e avessi guadagnato l’affetto di una giovane donna di - beh, a lei posso dirlo - di una antica famiglia, i cui genitori fossero del tutto ignari della mia discendenza, dei miei mezzi e delle mie prospettive future di vita, considererei mio primo dovere illuminare quei genitori su tutti questi punti. Dovrei tenere presente che la signora deve essere rimossa dalla sfera dei genitori per passare nella mia; e anche che, pur essendo l’affetto di per sé di vitale importanza per lei e per me, i genitori desidererebbero naturalmente confrontare le due sfere per assicurarsi che la loro figlia non debba perdere dei vantaggi materiali nel trasferimento. Capisce che cosa voglio dire?»

«Sono venuto qui», disse Giuseppe, «con la sola intenzione di soddisfarvi - almeno, sono arrivato a sperare che sarò in grado di farlo – per quanto dipende da me. Sarà facile per voi verificare le mie dichiarazioni.»

«Molto bene. Cominceremo quindi, con la questione della Famiglia. Mi capisca, la menziono solo perché, nelle nostre vecchie comunità, la Famiglia è la matrice del carattere, un nome consolidato rappresenta le qualità personali, le virtù, è indifferente per me se il mio antenato originario era un De Belsain (anche se la bellezza e la salute sono sempre state caratteristiche familiari), ma è importante che egli abbia trasmesso certi tratti che, … che forse altri possono descrivere meglio, il nome Asten non è comune; ha infatti un suono piuttosto distinto, ma non conosco la sua derivazione.» Joseph trattenne una tentazione di sorridere e rispose: «Il mio bisnonno venne dall'Inghilterra più di cento anni fa: questo è tutto ciò che so per certo. Ho sentito dire che la famiglia era originariamente danese.»

«Deve considerare la questione, signore: un buon pedigree è una garanzia di buon comportamento. I Danesi, mi hanno detto, erano dello stesso sangue dei Normanni. Ma lasciamo stare queste cose. Julia mi informa che lei è proprietario di una bella fattoria, ma io sono così ignorante dei valori della campagna, e i miei doveri ufficiali mi obbligano a misurare la proprietà con uno standard molto diverso, in realtà, a meno che lei non possa rendermi conto dell'azienda in cifre, io ...»

Fece una pausa, ma Giuseppe era abbastanza pronto con l'intelligenza necessaria. «Possiedo duecento acri», disse, «e una moderata valutazione del luogo sarebbe di centotrenta dollari per un acro. C'è un mutuo di cinquemila dollari sull’immobile, il cui termine non è ancora scaduto; ma ho quasi un importo uguale investito, in questo modo l'azienda rappresenta abbastanza bene quello che possiedo.»

«Mh», mormorò Mr. Blessing, spingendo i pollici nell’apertura della manica del panciotto, «non è molto qui in città, ma devo dire che è una bella proprietà in campagna, senza dubbio rappresenta un certo reddito annuo!»

«È una casa molto confortevole, in primo luogo», disse Giuseppe; «L'azienda dovrebbe produrre, dopo aver fornito quasi tutto il necessario per una famiglia, un reddito annuale tra i mille e i cinquecento dollari, secondo la stagione.»

«Ventiseimila dollari! E al cinque per cento!». Esclamò Mr. Blessing: «Se lei avesse il valore della fattoria in denaro e sapesse come adoperare quel denaro, potrebbe mettersi in tasca il dieci, il quindici e il venti per cento. Molti uomini, con meno di quello per stare a galla, sono diventati milionari in cinque anni. Ma occorre capacità ed esperienza, signore!» «Di entrambe le cose ben più di quanto io possa rivendicare» osservò Giuseppe; «ma quello che c'è del mio reddito è certo: se Julia non fosse tanto appassionata della campagna e già così abituata ai nostri modi, potrei esitare a offrirle una casa così semplice e tranquilla, ma…»

«Oh , lo so!» lo interruppe Mr. Blessing, «Noi abbiamo sentito parlare solo di mucche, magazzini con sorgente e salici fin da quando lei è tornata. Spero per voi che possa durare, perché vedo che voi siete determinati ad adattarvi l’uno all’altra, non ho alcuna intenzione di agire come un genitore ostinato. Lei mi ha conosciuto come uomo, signore: ecco la mia mano, sono sicuro che, come mio genero, lei continuerà a mantenere alta la reputazione della famiglia!»

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