PADRI E FIGLI GAY

Il dialogo e la comprensione reciproca tra genitori e figli gay, la famiglia come luogo di vera crescita per i ragazzi gay
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progettogayforum
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PADRI E FIGLI GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 17 marzo 2017, 19:56

Caro Project,
sono un ragazzo di 23 anni. Qualche giorno fa sono capitato sul tuo forum e ho cominciato a leggere qua e là, poi ho letto il testo di riferimento Essere Gay e mi è piaciuto molto (non l’ho letto tutto!). Condivido molto quello che dici sul coming out, cioè il fatto che consigli sempre la massima prudenza. L’omofobia esiste, e io lo so molto bene. Ci saranno anche i genitori intelligenti che non creano ostacoli ai figli e che li sostengono, anche se gay, ma ce ne sono certamente molti che su questo punto non ragionano proprio e arrivano ad avere comportamenti violenti verso i figli, e per i motivi più disparati, e anche di questo ho una certa esperienza, aggiungo poi che quelli che ti dovrebbero dare una mano, gli psicologi, spesso, non solo non ti aiutano e non seguono alcun criterio psicologico oggettivo, ma si fanno portare dalle loro personali convinzioni, che non raramente sono del tutto assurde, e così il rimedio è peggiore del male, e anche di questo ho fatto esperienza direttamente. C’è una cosa sulla quale mi sento di insistere ed è il fatto che ci sono molti genitori che non meriterebbero affatto di avere figli e altri che dovrebbero andare loro dallo psicologo. Ma forse è meglio che vengo ai fatti.
Mio padre ormai è vecchio, quando sono nato lui aveva 40 anni ed era un manager affermato (non ho mai capito come avesse fatto ad arrivarci, ma c’era arrivato), si occupava di politica in un partito di sinistra e qualche volta si vedeva pure in televisione, ma questo era il suo aspetto “visibile”. Aveva sposato mia madre anni prima, ma non avevano avuto figli. Da bambino non capivo perché si fossero sposati, perché non sono mai andati d’accordo, poi, crescendo, ho capito che il mio nonno materno, per mio padre, poteva essere una gallina dalle uova d’oro, e che mia madre è stata di fatto oggetto di un matrimonio di interesse. Fin qui non mi scandalizzo troppo, nell’ambiente della mia famiglia si fa, con tutto il codazzo inevitabile di amanti e di tradimenti, comunque, ne me ero fatto una ragione, quello che non potevo tollerare era altro, cioè il fatto che mio padre, una volta chiusa la porta di casa si trasformasse del tutto e cominciasse a vomitare su mia madre e su di me tutto il suo livore e tutte le sue frustrazioni professionali e politiche. Per lui la famiglia era una specie di associazione a delinquere in cui ci deve essere la massima omertà e la massima collaborazione lecita e illecita, e la politica era solo un mezzo per fare le conoscenze giuste al fine di fare quattrini. Ma l’aspetto che mi dava più fastidio era il comportamento di mio padre, fortemente aggressivo ma nello stesso tempo molto contenuto. Mio padre non poteva fare le sue sfuriate contro mia madre, perché lei era la gallina dalle uova d’oro e, quando ero piccolo, non poteva farle neppure verso di me, perché ero un po’ come un’appendice di mia madre, ma poi sono cresciuto e allora non sono stato più considerato come un’appendice di mia madre ma come l’elemento debole della famiglia con il quale ci si può sfogare impunemente. Anche se non ho mai fatto coming out in famiglia, i miei hanno sempre sospettato che fossi gay perché non ho portato mai a casa una ragazza e non ho mai parlato di ragazze. Mia madre, ha cominciato con gli anni a considerarmi come una palla al piede, perché se non ci fossi stato io lei avrebbe potuto divorziare, ma con me appresso le cose avrebbero avuto strascichi penosi sia per mio nonno che per i miei genitori, e così, mia madre si è sostanzialmente disinteressata di me. In presenza di mia madre, mio padre si conteneva, ma quando mia madre non c’era si lasciava andare a dei momenti di collera tale che sembrava un ossesso, e io ho sperato più volte che morisse d’infarto ma non è successo. Quando poi mia madre, senza arrivare alla separazione, se ne è andata a vivere con mio nonno, io sono rimasto a vivere con mio padre e lì è cominciato l’inferno, era instabile, manesco, ma proprio in modo violento e poi aveva un’amante e aveva paura che io lo sputtanassi in pubblico e allora mi minacciava e non solo, una volta mi ha preso a botte in modo furibondo, si infuriava perché io non rispondevo nello stesso modo anche se ero più forte di lui. Poi, dopo la sfuriata mi offriva dei soldi (parecchi) per comprare il mio silenzio. Insomma, questa era la mia vita tra i 18 e i 19 anni, lui ne aveva quasi 60! Un giorno prende il mio smartphone e ci trova dentro delle cose gay, mi offende in modo atroce e cerca di nuovo di alzare le mani, io gli stringo i polsi con la massima forza e non lo mollo, gli viene una specie di attacco isterico, mi dice che non sono suo figlio e mi dice anche che mio padre è un amico di mamma di tanti anni fa e ne fa il nome, e così mi mette ko. Io lo lascio andare, ma voglio arrivare a capire come stanno realmente le cose. Mettere mia madre in mezzo mi sembra una cosa da non fare. Raccolgo dei capelli di mio padre, poi chiedo ad un istituto di genetica di comparare il mio DNA con quello di mio padre e il risultato smentisce del tutto mio padre: io sono figlio suo! Mi chiedo: se aveva qualche dubbio, perché non ha fatto fare anche lui in test? Evidentemente lui sapeva benissimo di essere mio padre, ma questo testimonia che forse non ci stava troppo con la testa o che per farmi male mi avrebbe rinfacciato qualunque cosa. In quel periodo io ho cominciato ad avere problemi nevrotici di instabilità. Avevo appena cominciato l’università ma non mi ci trovavo bene, rapporti coi colleghi praticamente nulli, capacità di concentrarmi nello studio del tutto insufficiente, senso di frustrazione, stati malinconici profondi, insomma uno scivolamento verso la depressione. Decido di cercarmi uno psicologo per avere un po’ di sostegno. Esperienza deludente, mi fa parlare per una decina di minuti, io parlo di casa mia e di quello che succede lì, ma lui ascolta poco, poi accenno all’omosessualità e lì parte in quarta, il problema è quello! Mi dice che devo farmi prescrivere dei tranquillanti dal mio medico di base e aggiunge che ci vorrà tempo e pazienza. Ci salutiamo, mi vuole dare un appuntamento, gli rispondo che starò all’estero per un po’ e mi farò risentire al mio ritorno, che però è una balla per tagliare corto, pago e non mi dà la ricevuta fiscale. Torno a casa, sono deluso, vado dal mio medico di base e gli chiedo il nome di uno psicologo di sua fiducia, mi dà il biglietto da visita di una signora. Torno a casa, la chiamo e mi dà un appuntamento a breve termine. Il girono dell’appuntamento non so che cosa aspettarmi. È una signora anziana, tra i 65 e i 70, molto tranquilla e soprattutto sorridente, nello studio ci sono solo io, la cosa mi sembra strana, lei lo nota e mi dice che ormai è in pensione da un po’. Lo studio non ha niente di rituale, ci sediamo in poltrona, lei di fronte a me, e mi chiede quale sia il problema. Io ripeto più o meno lo stesso discorso che avevo fatto all’altro psicologo, parlo anche dell’omosessualità ma la signora non dà molto peso alla cosa, finito tutto il discorso le chiedo se l’omosessualità può essere la causa. Mi risponde: “Non credo che c’entri.” Mi fa parlare dei miei rapporti con mio padre e mia madre, gli riferisco dell’aggressività di mio padre e dell’episodio della paternità negata, lei mi chiede se mio padre e mia madre sarebbero disponibili a venire anche loro ad un colloquio, ma io le dico che non lo farebbero mai e che in ogni caso preferisco che il rapporto tra me e la mia psicologa sia di tipo riservato. Mi risponde solo: “Ok.” Mi fa parlare un bel po’, la seduta va avanti per quasi due ore, alla fine le chiedo che cosa ne pensa e se c’è bisogno di prendere farmaci, mi guarda un po’ stupita e mi dice: “Lei non ha nulla di patologico, chiunque in un ambiente come il suo finirebbe per diventare nevrotico.” Poi mi dice che non c’è bisogno di una terapia e che posso chiamarla quando voglio, ma pensa che io possa andare benissimo avanti da solo. Le chiedo quanto le devo ma mi sorride, mi dà la mano e mi congeda dicendomi solo: “Stia tranquillo che non ha niente di cui preoccuparsi.” Questa volta torno a casa molto più forte. La sera torna mio padre, è di umore nero, la sua amante lo ha piantato e ha perso un affare importante. Comincia a urlare e cerca di scaricarsi su di me, io lo blocco e gli dico: “Non ti rendi conto che fai pena?” Ha la faccia tutta rossa, gli intimo di sedersi in poltrona e di stare zitto, lui obbedisce. Vado a prendere l’apparecchio per la pressione, ha 180/100, lo faccio mettere a letto e chiamo in cardiologo di urgenza. Il medico lo vede, gli fa una puntura, poi aspetta qualche minuto per vedere l’effetto. La pressione scende a 140/90, poi il cardiologo dice a mio padre: “Lei poteva avere un infarto, l’abbiamo preso in tempo, ma si deve curare, ha bisogno di esami più approfonditi, l’aspetto domani in ospedale e soprattutto cerchi di stare tranquillo!” Mio padre si spaventa in modo terribile, l’indomani lo accompagno in ospedale, fa degli esami, gli danno delle medicine e gli dicono di tornare a controllo dopo sei mesi. Poi, a casa, parlo molto con mio padre e vengono fuori un sacco di cose di cui non posso parlare qui, alla fine mi dice che forse avrebbe potuto vedere uno psicologo, gli dico che conosco una psicologa molto seria e si fa convincere ad andarci. Chiamo la signora e andiamo insieme al primo incontro. Dopo le presentazioni, mi dice che preferisce parlare da sola con mio padre e io torno a casa. Dopo più di due ore, quando lui rientra è molto più tranquillo e fa una cosa che non mi sarei mai aspettato: mi propone di andare insieme a prendere una pizza, gli chiedo se è un consiglio della psicologa, lui mi sorride e mi ha dice di sì. Così ho cominciato il recupero di mio padre. La sera gli chiedo perché mi rinfacciava così aggressivamente la mia omosessualità e mi risponde che anche lui era gay ma che poi aveva sepolto tutto e si era sposato, soprattutto per motivi di interesse, ma era contento di avere avuto un figlio come me, cioè di avere un figlio gay e di avere un figlio che “lo aveva tirato fuori dal pozzo!”
Adesso io ho un ragazzo e, per quanto possa sembrare strano, non vado mai a casa mia con lui… non gli posso presentare papà, non si sa mai! Vabbe’ questa è una battuta!
Questa mail te la dovevo, Project, ne puoi fare quello che vuoi.

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agis
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Re: PADRI E FIGLI GAY

Messaggio da agis » venerdì 17 marzo 2017, 21:22

Un bel tipetto questo paparino (gay?) non c'è che dire :lol:

Al suo cospetto anche l'ironica assenza del mio nei confronti di entrambi i suoi figli (uno gay ed uno straight) direi che giganteggia in senso positivo.

Tuttavia, che l'uomo si dovesse sposare per convenienza e la donna per obbedienza era fatto del tutto scontato un tempo e forse, in maniera più ipocritamente celata, lo è anche adesso. In fin dei conti le parole matrimonio e mercimonio condividono la stessa uscita ed il concetto di "matrimonio d'amore" non è sempre stato così scontato come lo sembrerebbe oggi. Non bisogna tuttavia disperare per i nostri poveri amici "etero" ragazzi ché, qualche volta, per miracolo o per statistica, eccezioni alla regola esistono anche tra di loro ^_^.

marmar77
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Re: PADRI E FIGLI GAY

Messaggio da marmar77 » domenica 21 gennaio 2018, 21:12

La lettura di questa lettera è stata veloce, intensa, coinvolgente..complimenti all'autore che ha saputo descrivere i momenti cardini della sua vita, riuscendo a trasmettere sofferenza e frustrazione per quello che gli è stato negato.
Nonostante tutto, non è mi mai arrivata la sua disperazione..anzi ammiro la sua forza e la maturità con cui ha affrontato e risolto ciò che sembrava ormai perso.
Nonostante le enormi difficoltà, appare infatti con una personalità molto positiva: davvero in gamba!!!
Penso che un messaggio del genere sia fondamentale per chi stia attraversando un periodo negativo: ci fa capire che con lo spirito giusto (e questo dipende soprattutto da noi) e affiancati da persone capaci, possiamo rimediare.
Sono convinto che se vogliamo cambiare certe cose che non vanno, è necessario dare un "colpo di coda" a ciò che ci provoca dolore e questa esperienza lo testimonia chiaramente.
Mi auguro che lo scrivente abbia finalmente trovato la serenità meritata e che la sua esperienza sia fonte di coraggio per chi si sente imprigionato in un loop...
Un caro saluto

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