MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Il dialogo e la comprensione reciproca tra genitori e figli gay, la famiglia come luogo di vera crescita per i ragazzi gay
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progettogayforum
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MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da progettogayforum » sabato 10 dicembre 2011, 11:44

Caro Project,
le inviai una mail nell’estate del 2009 (https://sites.google.com/site/progettog ... figlio-gay ), alla quale lei ebbe la gentilezza di rispondere e sempre nell’estate del 2009 avemmo la possibilità di parlare qualche volta su msn. Non le nascondo che con mio figlio l’atmosfera tuttora non è distesa, il discorso è rimasto nel vago e nel non detto e quel che è peggio, penso che lui abbia rinunciato a qualsiasi tentativo di dialogo. Esce la mattina presto per andare all’università e torna la sera tardi, non mangia mai con coi, è sfuggente, se provo a avviare un minimo di conversazione se ne va senza rispondere. Ma questo succede qualsiasi sia l’argomento di conversazione. Con l’università se la è sempre cavata benissimo e dovrebbe essere ormai quasi alla fine ma a noi non dice nulla, nemmeno se ha esami da fare o se li ha fatti. Cioè io non so a che punto sta con gli studi. Prima non era così, un minimo di dialogo c’era, portava a casa i suoi amici, insomma lo sentivamo più vicino, adesso, dopo quel discorso tra detto e non detto (ed è passato tantissimo tempo) si è chiuso ancora di più, tra l’altro questo fatto è motivo di discussione anche con mia moglie che mi dice che non sono stato in grado di fare nulla ma anche lei non ha saputo o potuto fare nulla. Le confesso che provo una sensazione di fallimento a livello familiare che prima non provavo, come se anche io in fondo mi sentissi un estraneo in casa mia. Ho letto diverse volte il forum, e vorrei che mio foglio fosse come uno di quei ragazzi, ma non è così. Forse ho troppe paure, non lo affronto in modo diretto, non ho la credibilità che un padre dovrebbe avere ma mi sento sinceramente a disagio, è un po’ come se mio foglio lo avessi perso e certe volte mi sento proprio male per questo. Adesso siamo quasi a Natale e io sono certo che per Natale mio figlio non sarà con noi, che se ne andrà via senza nemmeno dirci dove va e che tornerà magari due o tre gironi dopo con un muso lungo del quale non capirò mai la ragione. D’altra parte non so come comportarmi, la mattina si alza prima di noi e esce presto io vorrei provare a parlarci, sento i rumori che fa prima di uscire e mi viene in mente che dovrei uscire dalla stanza e dirgli almeno buongiorno, ma non ci riesco perché quando ci ho provato mi ha risposto con un sorriso di sufficienza e quasi di disprezzo. È praticamente come se fosse un estraneo in casa. Non mi chiede più nemmeno soldi e anzi non avrebbe nemmeno bisogno di chiedermeli perché se li potrebbe prendere direttamente senza dirmi nulla (prima lo faceva), ma adesso non tocca più una lira della famiglia, come se fosse un gesto di disprezzo anche quello. Come faccia ad andare avanti non lo so e la cosa mi preoccupa. Ma che cosa gli abbiamo fatto? Lo abbiamo deluso? Ma perché non ce lo dice? Forse l’essere gay non c’entra nulla con tutto questo ma tutto è cominciato con quel mezzo discorso nell’estate 2009, come se da allora le cose avessero preso un’altra piega. Che posso fare? Mi dia un consiglio perché più passa il tempo più questa storia mi fa stare male. Spero di sentirla presto. Se vuole, pubblichi pure questa mail.
M. A.

Blueboy
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da Blueboy » sabato 10 dicembre 2011, 12:47

Gentile M., sperando che non le dispiaccia mi permetto di darle del tu. Succede qualche volta che i figli manifestino una specie di insofferenza nei confronti del proprio ambiente familiare, sebbene esso sia molto disteso e accogliente, o forse proprio in virtù di questo. Capisco che possa suonare strano e disorientante, ma possono esserci diversi motivi per cui ciò avviene: viene percepito il contrasto tra la calma della famiglia e il tumulto del mondo esterno, al quale il giovane sente comunque di appartenere perché ricco di attrattive e necessario per la crescita, in modo tale che si genera una sorta di disprezzo verso la presunta ottusità della propria casa; oppure l'apparente inadeguatezza della famiglia a rapportarsi con il mondo esterno, che viene così scartata come possibile supporto o trampolino di lancio. In tutto questo l'omosessualità non gioca un ruolo in quanto tale, bensì in quanto elemento di diversità che spinge ad intraprendere un percorso viaggiando su binari completamente diversi e separati rispetto ai precedenti; è più una caratteristica distintiva dell'individuo interessato, che lo fa sentire per primo estraneo a quel mondo cui prima apparteneva. Per molti altri giovani non si tratta di orientamento sessuale ma ad esempio di ideologie politiche, o elementi che comunque assurgono a simbolo della persona stessa che ne fa il proprio vessillo e si accinge a combattere la lotta per la propria affermazione.
Avrai notato che in tutto ciò vi è un tema comune: il contrasto. Da quello che scrivi immagino che tu sia un padre generoso e comprensivo, e che l'ambiente familiare che hai creato sia accogliente e sollecito nei confronti di tuo figlio. La sufficienza o il disprezzo da parte sua nascono probabilmente dal fatto che non ha un'alta considerazione della propria famiglia e che non si riconosce più nelle sue forme. È molto difficile trattare con una persona in questa situazione, perché qualsiasi cosa si possa tentare di fare non sortirà effetti positivi in quanto provenente da una fonte che non viene accettata. Non conosco con dimestichezza la vostra situazione, ma penso che più che alla comunicazione tra voi e vostro figlio dovreste concentrarvi soltanto sulla risoluzione dei problemi pratici più gravi che può incontrare. Credo che lui abbia bisogno di sentirsi libero, completamente sganciato dai vincoli che percepisce come imposti, e sono del parere che la cosa migliore per un individuo che reclama indipendenza in questo modo sia lasciarlo appunto libero, fintanto che questo non intacca gravemente la sua salute o il suo benessere. Libero di non parlare, libero di andarsene, libero di non tornare; questo non significa che voi dobbiate rinunciare a lui, ma so per esperienza che il momento in cui un giovane si riavvicina a qualcosa o qualcuno è proprio quando sa che esso non avanza alcuna pretesa nei suoi confronti: non nel senso che, sentendosi abbandonato, a quel punto cerca di riconquistare ciò che lo rifiuta, bensì nel senso che comprende di poter avere un rapporto disteso con l'entità da parte della quale non avverte più alcuna prepotente ingerenza. Un'ultima nota: in tutto ciò è molto importante la percezione di tuo figlio, e non la realtà dei fatti, per cui in generale non c'è un modo giusto o uno sbagliato di comportarsi, piuttosto ci sono comportamenti percepiti come positivi o negativi. Vi consiglio di continuare ad essere amorevoli nei confronti di vostro figlio, ascoltando le sue richieste e agevolando la sua realizzazione, cercando di non apparire troppo invadenti in questo (anche una semplice offerta di dialogo o di aiuto può essere arbitrariamente interpretata come un tentativo di controllare la sua vita) e di tenere sempre aperta la vostra disponibilità nei suoi confronti. Probabilmente quando avrà bisogno sarà lui stesso a riavvicinarsi, perciò propongo un atteggiamento non di offerta attiva, bensì di apertura alle sue possibili richieste di aiuto.

Spero di aver offerto un valido punto di vista a te e a tua moglie; vi ricordo che siete una coppia, e nelle difficoltà ciascuno di voi avrà sempre l'altro su cui contare. Se desiderate continuare il dialogo o scrivere le vostre impressioni, siete i benvenuti qui sul forum.
      • Blueboy

Alyosha
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da Alyosha » sabato 10 dicembre 2011, 13:02

Leggo volentieri questo post. Perché il rapporto con la mia famiglia è tra le cose più problematiche che adesso sto vivendo. Racconto i fatti per come li vivo io e vediamo se può esserti di aiuto. Con mia madre vivo un rapporto complicatissimo che sta diventando quasi angosciante. E' la classica madre chioccia per per anni ho visto come la donna piena di cure, capace di amare con tutta se stessa e vittima di un marito strapieno di difetti. Da poco ho deciso di andare a vivere da solo (vivo in un appartamento che comunque è loro, ma da solo). Da allora è cominciata una guerra subdola che si gioca sui sensi di colpa, i tentativi di mettermi alla porta e giochetti di ogni genere. L'immagine che vuole far passare lei è quella di una mamma che mi ama incondizionatamente. Non credo la mia omosessualità centri nulla, sa di me perché l'ha capito da solo e non m'ha mai posto il problema. Centra molto più la sua paura di perdermi. E' come se non avesse l'idea di rapporti che cambiano. I rapporti restano immutati. Lei ancora "mi da a mangiare" come avessi due anni, prima lo faceva quasi fisicamente forzandomi tutto il tempo, adesso metaforicamente perché la spessa me la fa lei. Non ha idea del fatto che i rapporti possano cambiare perché le esigenze di un 30 enne non sono più quelle di un bambino.
Cosa c'è che non va? Il senso di panico, la paura di essere abbandonata. Ma io sto bene, non sono mai stato meglio. Questa dove vivo la sento come casa mia, non sono più dentro le logiche familiari e l'angoscia che queste veicolavano. Lei lo vede che sto meglio, tutti lo vedono. Ma questo non le interessa veramente ed è lì che improvvisamente non mi pare più la mamma che per amore è disposta a fare tutto. Mi pare più come la persona disposta a fare tutto pur di non lasciarmi andare. Ha una lotta continua con me stesso, perché mi mette addosso sensi di colpa in continuazione.
Lei sa di me ma io e lei della mia omosessualità non abbiamo mai parlato veramente. Non riesco a parlare veramente di niente mai con lei. I discorsi finisco sempre altrove. Finiscono nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni. Lei controlla tutta la famiglia. Controlla quello che facciamo, vestiamo, e forse anche pensiamo. Noi non vivevamo dentro una casa, ma tutti ancora dentro il ventre materno. E' come se non c'avesse mai partorito e fossimo rimasti tutti dentro di lei, perché quella casa è il suo regno il suo mondo e lei stessa.
La cosa più brutta (e penso aprirò un post a parte) è che la sua angoscia, le sue, paure si diffonde in tutta quella casa, la respiri e diventa tua. E' di quelle che voglio liberarmi non le voglio più dentro me è quelle che provavo a "vomitare" quando ero bambino. Il suo cibo quello che mi "forzava" a mangiare. Mio padre in tutto ciò dov'è? Boh me lo chiedo anch'io. E' stato il grande assente, emarginato da una madre troppo presente che ha occupato tutti gli spazzi, lasciandogli solo come appendice il ruolo di mero esecutore della sua volontà.
Perché ti dico tutto questo? Boh per darti la visione di un figlio. Tuo figlio sta bene? Perché se sta bene devi innanzitutto essere felice per lui. Si cresce e si sente il bisogno di avere un propria vita. Ti assicuro che l'omosessualità in questo non centra nulla. E' fisiologico che il figlio crescendo si allontani e che lo faccia magari in corrispondenza di qualche storia importante. Lasciaglielo fare serenamente innanzitutto, perché più si sente "aggredito" e più si difende e più si difende e più si allontana. Prova ad contrattare con lui dei momenti da passare assieme. Un pomeriggio, una mattina o non so cosa. Un momento che sia tutto per voi, potrebbe essere un occasione per rincontrarvi. Tratta tuo figlio però alla pari, non è più un bambino e devi trattarlo da adulto. Ascolta se ha qualcosa da dirti altrimenti sto tempo dedicatelo ad altro. Nel resto del tempo fagli fare la sua vita. Avrebbe bisogno di essere incoraggiato in questo percorso di emancipazione, sapere che i suoi genitori approvano questo suo tentativo e che lo supporteranno se avrà difficoltà. Un ragazzo deve essere aiutato ad andare via di casa nel modo corretto, non incoraggiato per non dire "obbligato" con ricatti morali a restare. E' fisiologico, è naturale e sopratutto SALUTARE per tutti.
Cosa puoi fare tu da padre? Una cosa bella scorretta per tua moglie, ma che ti assicuro funzionerà. SI SUO COMPLICE, vedrai che se lui riesce a separare le due figure genitoriali e fare dei distinguo, qualcosa riuscirai ad ottenere. Se l'atmosfera si rilassa abbastanza (e solo se lo vedi disponibile). Affronta tu l'argomento e usa chiaramente la parola gay. Dilla, perché a che si parla bisogna parlare chiaro. Io so che mio padre sa e so che non gli importa, ma non abbiamo mai parlato, mi vergogno a farlo. E' imbarazzante lo capisco, prenditi il coraggio a due mani e digli chiaramente che lo sai e che non ti importa. E' tuo figlio e lo vedi bellissimo e perfetto così, che capisci che ha bisogno di farsi le sue storie e che quando se la sentirà se ne avrà mai una così importante e se mai ne avrà voglio, potrebbe anche condividere con te certe cose.

editore
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da editore » sabato 10 dicembre 2011, 13:30

Non mi chiede più nemmeno soldi ... non tocca più una lira della famiglia, come se fosse un gesto di disprezzo anche quello. Come faccia ad andare avanti non lo so e la cosa mi preoccupa.
Dato che si alza prima dei suoi genitori e rincasa dopo che sono andati a letto, è probabile che suo figlio lavori: lavori per mantenersi autonomamente gli studi e quello di cui necessita per vivere; invece di preoccuparsi, dovrebbe essere fiero di un ragazzo del genere.

Quanto al fatto del perché non comunica più con voi, lei stesso nella vecchia mai ha scritto:
mi sono posto mille domande, mi sono chiesto che cosa ho sbagliato. Capisco che questo discorso per lei possa essere assurdo, ma io avevo in testa tante idee, forse sbagliate, sul fatto che la sessualità dipende dall’educazione e in qualche modo pensavo (e purtroppo non riesco a liberarmi del tutto dal mio pregiudizio) che l’omosessualità sia qualcosa di sbagliato
Evidentemente vostro figlio, per tutto il tempo in cui non vi ha detto niente sulla sua sessualità, ha assorbito dentro di sé il peso di questo clima, il peso dato dal fatto di sentirsi accettato non per quello che si è, ma per l'idea che gli altri hanno di te, mentre se lo sapessero ti considererebbero "sbagliato" o una sorta di fallimento.
Non è difficile spiegarsi come mai molti ragazzi gay sviluppino silenziosamente una sorta di antagonismo verso il proprio ambiente famigliare che percepiscono come ostile verso il reale sé. Molti psicologi da strapazzano invertono le cause con gli effetti, e quindi fanno del conflitto famigliare una causa dell'omosessualità, quando invece è il contrario: è il sentire la propria omosessualità, seppur nascosta, come potenzialmente non accettata, a innescare le basi per il conflitto fra padri e figlio gay, che arrivano a svelarsi solo in seguito, solo una volta superata l'adolescenza e ottenuto il minimo dell'indipendenza economica per andarsene via di casa.

barbara
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da barbara » sabato 10 dicembre 2011, 15:42

Mi sembra molto difficile esprimere un'opinione precisa conoscendo così poco della tua realtà, M.A. Posso dirti quello che ho capito nel rapporto con i miei figli . Ciò che racconti in parte l'ho provato anch'io, pur non avendo un figlio gay. I ragazzi adolescenti cambiano molto più in fretta di quanto noi ci aspettiamo ; ci appaiono spesso distanti, fuori controllo e perfino egoisti. In realtà sono così concentrati nella fatica di crescere che apesso non si accorgono semplicemente di quello che sta loro intorno. Per chi li vede dall'esterno è difficile sia capire che sopportare . Un genitore vive un mix di emozioni che mette a dura prova la sua pazienza, salvo quando si ricorda di com'era alla loro età e delle frasi che si sentiva dire dai propri genitori (una per tutte: questa casa non è un albergo... :mrgreen: ).
Nel tuo caso c'è una complicazione ulteriore provocata da quel "non detto" che è rimasto fra voi . E' un fantasma che si aggira, alimentato dal silenzio, ma credo che ci sia sempre qualcosa che si può fare per riprendere il filo spezzato di un dialogo ed è importante farlo non solo per noi stessi, ma per i nostri figli.
C'è qualcosa che si può fare dentro di noi (e tu lo stai facendo ) , ed è quello di fare chiarezza e sciogliere i nodi che impediscono quel dialogo da parte nostra. Nel tuo caso, a quando dici, significa affrontare il "problema" dell'omosessualità di tuo figlio e convincerti che non è un problema , ma una sua caratteristica che non lo metterà a repentaglio più di quanto lo sarebbe se fosse eterosessuale.
C'è poi qualcosa che si può fare come coppia di genitori, per condividere questa serenità nell'accettare la realtà di tuo figlio , perchè è molto importante che anche sua madre gli trasmetta che per lei va tutto bene . Un figlio sente se è così o no da tante piccole cose . E' importante che lui non pensi di avervi fatto soffrire e , se l'ha pensato, che capisca che vi è passata e che non è stata colpa sua, ma semmai della vostra impreparazione a un evento del genere.
L'altra cosa importante , come è stato detto, è accettare che ormai è un uomo e non un bambino. Non si smette per questo di essere genitori, ma c'è indubbiamente un tempo vuoto da riempire che può diventare un tormento oppure un'occasione a seconda di come lo si vive. Nel primo caso , oltre a stare male con noi stessi, inevitabilmente inviamo messaggi di rimprovero più o meno consapevoli dai quali i figli si difendono , giustamente, e ne nasce un circolo vizioso molto faticoso per tutti quanti.
Una cosa poi fondamentale è avere la consapevolezza del buon lavoro che abbiamo fatto come genitori . Un conflitto non azzera l'affetto che si è dato , non elimina il legame nè i valori che si sono trasmessi . Dobbiamo pensare che stiamo facendo del nostro meglio, farci forza e dimostrarci solidi anche nella difficoltà. Lo dico soprattutto a te , che sei un padre. Tu sei comunque un modello di riferimento per tuo figlio , e puoi insegnargli col tuo esempio come affrontare le sfide della vita. Anche se non sembra, lui ti osserva e può imparare da te come non perdere la testa, come riconoscere le proprie fragilità senza farsene sommergere, come prendere posizione se e quando serve.
E poi c'è qualcosa che si può fare per spezzare il silenzio. Io non sarei così attendista; non puoi sapere quali malintesi si siano creati , che fantasie si sia fatto tuo figlio sul vostro malessere: mentre tu stai male per la distanza e non sai come dirglielo, lui potrebbe pensare di avervi deluso e sentirsi in colpa. Rispettare l'altro dunque non significa automaticamente restare fuori da una porta chiusa. Ma poichè l'altra persona non se lo aspetta e forse teme il dialogo, quando, e se , si decide di aprire quella porta , dobbiamo farlo quando ci sentiamo abbastanza sicuri di noi stessi da non perdere la calma e avere la pazienza di cercare le parole giuste fino a trovarle. Ti auguro di cuore che tutto si risolva presto . :)

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Telemaco
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da Telemaco » sabato 10 dicembre 2011, 15:51

Concordo molto con quello che dice Blueboy. Ovviamente io non conosco nel dettaglio le vostre dinamiche familiari, signor A.M., tuttavia mi viene da pensare che l'omosessualità c'entri veramente poco.

Ciò che in particolare condivido del discorso di Blueboy ha a che fare col tema del contrasto.
Ho esperienza diretta di miei amici o familiari che vivono in situazioni familiari ottime, in cui il clima è di costante dialogo, comprensione reciproca, disponibilità all'ascolto, totale assenza di costrizioni ed imposizioni di qualsiasi tipo.
Ebbene, per quanto possa apparire paradossale, proprio situazioni così idilliache possono presentare rapporti estremamente difficili genitori-figli.
Un ragazzo adolescente, o anche appena dopo l'adolescenza, in base alle informazioni che gli provengono dall'esterno può addirittura instaurare un clima di profonda diffidenza nei confronti della serenità familiare in cui vive: può facilmente travisarla come una silenziosa volontà di controllo su di lui.
Può capitare che alcuni ragazzi necessitino proprio del conflitto: hanno bisogno del conflitto perchè è da esso che cercano di strutturare la propria identità, della quale hanno poca fiducia, o poca certezza. Si tratta di ragazzi estremamente insicuri, che hanno bisogno di creare artificialmente un clima ostile attorno a sè per potersi sentire coerenti e forti; temono che un clima di dialogo possa significare un cedimento, un'eccessiva esposizione dei propri difetti o punti deboli, temono che l'appoggio della famiglia possa essere interpretato dalla società esterna come un sinonimo di mancata realizzazione personale, di debolezza.
La ricerca di una "fonte esterna" (non-familiare) di conformazione valoriale è assolutamente normale in un adolescente, diventa invece un po' eccessiva quando è messa in atto da un ragazzo non più adolescente che mette in scena questa spasmodica ricerca di fonti extrafamiliari di riferimento nell'equivoco che tali fonti esterne (amici, lavoro, gruppi, associazioni, sport, università) debbano non affiancarsi, ma sostituire radicalmente la famiglia perfino quando essa rappresenta un punto di appoggio valido e accogliente.

Però, anticipo, lei ha dato motivo a suo figlio di pensare che il clima accogliente fosse falso. Dirò in seguito il perchè.

In generale il ragazzo non più adolescente, non riesce ancora a capacitarsi della natura umana dei genitori, non perdona loro nemmeno il più piccolo errore, riversa nei loro confronti ogni singolo possibile fallimento cui pensa di andare incontro perchè è terrorizzato dall'assumersi responsabilità proprie. Tutto questo infatti può celare un vittimismo implicito per rancori sopiti che si manifesta nella volontà di rivendicare ad ogni costo una propria autonomia "psicologica" e "sociale" nei confronti dei genitori, i quali vengono visti dal figlio come tanto disposti al dialogo quanto deboli, colpevoli delle sue difficoltà di cui egli ha un po' fifa per affrontarle assumendosene la diretta responsabilità, e di cui non ha ancora capito che la genesi non dipende sempre dai genitori e dal rapporto che essi hanno instaurato con lui.

Soluzioni concrete? Un tale comportamento sia anche messo in atto appositamente per recidere il legame con la famiglia che viene percepito come troppo stretto nel momento in cui si inizia a sognare una vita indipendente, quindi è anche una situazione abbastanza fisiologica; secondo me la cosa migliore da fare è non smettere col clima di dialogo, ma al contempo essere intransigenti nell'imporre il rispetto di regole di condotta formali: per fare un esempio, i genitori dovrebbero esigere giustificazioni per comportamenti irrazionali del figlio (es. non salutare). Lui non le darà mai, tuttavia sarà costretto a riflettere sul fatto che certi suoi atteggiamenti vengono percepiti come irrazionali proprio perchè sono provocatori.

D'altra parte, e qui mi ricollego a prima, dopo aver riletto il vecchio intervento, noto che il suo approccio fobico alle confidenze che le aveva fatto suo figlio rende giustificatissima la diffidenza di lui nei suoi confronti. Nel momento in cui suo figlio le aveva parlato di sè e di un aspetto così privato, si aspettava comprensione, aiuto, non paura. Lei invece ha mostrato paura. Ha dimostrato di essere una fonte di problemi, non una fonte di aiuto.
Quindi da questo punto di vista è pienamente condivisibile che suo figlio l'abbia allontanata. Per fortuna lei si è astenuto dal dirgli di andare da uno psicologo, sarebbe stato davvero un disastro se lo avesse fatto. Ma anche solo pensandolo, ha lasciato trasparire angoscia, apprensione, diffidenza; ha fatto capire a suo figlio che non credeva a ciò che lui aveva deciso di confidarle. Nessun figlio ha piacere ad avere rapporti con un genitore che mostra questo genere di reazioni.
Quel "non-detto" fra voi rappresenta un punto dolente che non può rimanere in sospeso. Se lei e sua moglie percepite così tanto la necessità di reinstaurare un clima di fiducia con vostro figlio, allora siate corenti: siete voi che avete reciso il rapporto, e poco conta quanto "formalmente buoni" vi siate dimostrati.
Questa fiducia dovete riguadagnarvela.
Evitare di parlare di un argomento è la tattica perfetta per distruggere ogni clima di collaborazione e per dare via libera a sospetti, sfiducia, diffidenza.
Esitare nel chiedere un'informazione al proprio figlio è la cosa peggiore che un genitore possa fare se vuole ristabilire il dialogo. Io tendo ad escludere che l'omosessualità di per sè sia il motivo di questo vostro allontanamento, però non è detto, signor A.M. che questo suo modo di porsi molto ansiogeno e problematicizzante nei confronti di una cosa che non è un problema, sia stato fortemente controproducente. Lei e sua moglie potreste provare qualche gesto anche piuttosto semplice e banale: perchè per esempio non chiede serenamente a suo figlio se quest'anno andrà in vacanza con i suoi amici o col suo fidanzato? Perchè non proponete di invitare a cena il suo ragazzo? Per normalizzare un rapporto a volte basta prendere un'iniziativa... normale.
# Non basta un giorno di freddo per gelare un fiume profondo.
(Gǔlǎo de zhōngguó yànyǔ)

pavloss
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da pavloss » mercoledì 14 dicembre 2011, 3:43

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unicum86
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da unicum86 » giovedì 15 dicembre 2011, 0:34

Io credo invece che Suo figlio non abbia accettato sé stesso come omosessuale e per questo cerca di evitare che Voi entriate nella sua vita diventando un ostacolo ancora maggiore alla propria accettazione. Io ho uno splendido rapporto con i miei genitori ma so benissimo che loro mi conoscono solo a metà, non sanno (o almeno credo che non lo sappiano anche se mia madre deduca stupida non è) di me e non voglio che lo sappiano, non voglio condividere questa parte di me anche perchè la ritengo una vergogna mia personale. Mi da fastidio chiedermi incessantemente perchè non ho una ragazza o una vita amorosa con una "tipa". Mi è stato rivolto da mio padre anche una frase del tipo "ti stai divertendo?" e lì mi è venuto un disgusto profondo perchè? perchè per me loro non fanno parte di questo ambito privato..

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progettogayforum
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da progettogayforum » giovedì 15 dicembre 2011, 1:50

Unicum, scusa, ma come fai a considerare l'essere gay una vergogna tua personale? Essere gay è un modo di amare e può essere espressione di sentimenti elevatissimi, te lo dico perché lo vedo tutti i giorni. Che tu possa voler mantenere una privacy anche nei confronti della tua famiglia lo capisco benissimo ma non capisco come tu possa considerare l'essere gay una vergogna.

astrazione
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Re: MIO FIGLIO E' GAY E MI ALLONTANA DALLA SUA VITA

Messaggio da astrazione » giovedì 15 dicembre 2011, 16:10

unicum86 ha scritto: Io ho uno splendido rapporto con i miei genitori ma so benissimo che loro mi conoscono solo a metà, non sanno (o almeno credo che non lo sappiano anche se mia madre deduca stupida non è) di me e non voglio che lo sappiano, non voglio condividere questa parte di me anche perchè la ritengo una vergogna mia personale.
Ciao unicum86, mi associo a Project per quanto riguarda il ribadirti che non dovresti vergognarti di quello che sei.
Nemmeno i miei lo sanno, anche se, come nel tuo caso, credo mia madre l'abbia capito.
Dovresti chiederti però se questa sia davvero una vergogna tua personale, o soltanto il timore della vergogna che temi possano provare i tuoi, una volta venissero a sapere di te. Nel mio caso è la seconda.
Ad ogni modo sii sempre fiero di te e soprattutto cerca di renderti conto che non c'è nulla di sbagliato nella tua persona. Non guardare alle cose con gli occhi di chi temi possa giudicarti. Osserva te stesso con gli occhi del cuore. Perchè chi giudica, molto spesso lo fa senza cognizione di causa. Ricordatelo.

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