RELAZIONI ETERO DEI GAY E LIBERA SCELTA

Il dialogo e la comprensione reciproca tra genitori e figli gay, la famiglia come luogo di vera crescita per i ragazzi gay
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RELAZIONI ETERO DEI GAY E LIBERA SCELTA

Messaggio da progettogayforum » lunedì 19 gennaio 2015, 19:09

La libertà di scelta e di comportamento è uno dei pilastri della civiltà, ma se la libertà è tutelata dalla Legge (e purtroppo non sempre), spesso la Legge resta lettera morta e i costumi sociali finiscono per prevalere e per condizionare molto pesantemente le scelte individuali. Conquistare un vera libertà di pensiero e di azione è oggettivamente molto difficile in ambienti in cui le attese rispetto ai comportamenti dei membri di un gruppo sono molto forti. La famiglia può essere il primo e purtroppo il fondamentale elemento fragile del sistema di educazione alla libertà. La famiglia è un gruppo di persone che sono unite da vincoli legali e sociali ma non è affatto detto che in essa esistano anche vincoli affettivi o adeguate forme di rispetto dell’individualità altrui. Dire che spetta ai genitori educare i figli, quando gli stessi genitori non sono stati educati alla libertà e al rispetto dell’altro, significa delegare alla famiglia un compito che non è in grado di svolgere. L’equazione “adulto = consapevole delle proprie scelte” è un postulato che spesso non trova alcun riscontro nell’esperienza. Vorrei sottolineare che l’educazione alla libertà non è certo un’educazione formale o scolastica ma si apprende attraverso l’esempio del rispetto del mondo altrui. Ci sono persone di elevatissimo livello culturale che sono pessimi genitori proprio perché totalmente concentrati su alcuni aspetti della loro attività, non si rendono conto dei danni che provocano trascurando tutto il resto e in particolare il rapporto con i figli, e ci sono genitori che hanno livelli minimi di cultura formale ma hanno un senso innato della libertà e del rispetto dell’altro, probabilmente favorito dall’essere vissuti a loro volta in ambienti liberi, e che, quindi tendono a trasmettere messaggi di libertà. Per un ragazzo gay la famiglia può essere un ambiente sereno ma può anche essere una vera prigione, un ambiente, cioè, in cui si resta rinchiusi e in cui si è amati “se e solo se” ci si conforma alle attese della famiglia, attese in rapporto agli studi, alle scelte professionali e ovviamente anche in rapporto alla vita affettiva. Per certi ragazzi sposarsi è un obbligo sociale e una risposta necessaria alle pressioni familiari, così come lo è laurearsi per seguire le tradizioni familiari o mantenere un comportamento adeguato in società. Tuttavia, se è già sgradevole essere costretti a una scelta di studi non graditi o meno graditi perché le attese familiari lo richiedono, come nel caso delle famiglie di professionisti o di imprenditori che si attendono che i più giovani seguano la strada tracciata dai più anziani, è certamente molto più sgradevole subire scelte altrui in campi delicatissimi come quelli relativi alla vita affettiva e alla sessualità. Per i ragazzi etero la scelta della ragazza deve essere sottoposta all’accettazione della famiglia e i ragazzi sanno a priori che alcune ragazze non saranno mai veramente accettate dalle famiglie e altre invece sono particolarmente gradite alle famiglie. Anche se tutto questo non ha oggettivamente nulla a che vedere con la vita affettiva, si riverbera pesantemente sulle scelte affettive dei ragazzi. La fragilità del matrimonio è legata anche al fatto che molti matrimoni sono di fatto scelte obbligate e quindi nascono intrinsecamente fragili. Il campo gay il peso delle aspettative familiari più essere gravissimo e ho visto più volte situazioni al limite del ricatto e anche oggettivamente oltre il limite del ricatto, intese a riportare i ragazzi sulla strada scelta dalla famiglia. Un ragazzo che cresce è una persona autonoma che può però non rendersi conto, specialmente se si tratta di ragazzi molto giovani, dei possibili sviluppi di situazioni che si presentano all’inizio come banali ma possono evolvere in modo rapido e inatteso. Molti ragazzi che avvertono l’impraticabilità del coming out familiare, finiscono per manifestare segni di acquiescenza alle aspettative dei genitori e si lasciano coinvolgere in situazioni che pure i ragazzi non hanno cercato spontaneamente. Ho visto spesso genitori che hanno assillato i figli con la classica domanda inopportuna: “Ce l’hai una ragazza?” La domanda cela una buona dose di omofobia e manifesta la paura che il ragazzo possa “non essere normale” (espressione ancora molto usata) o, detto in modo più soft, “abbia qualche problema”. Ho visto famiglie preoccupate dalle amicizie del figlio, chiedere al figlio se i suoi amici hanno la ragazza, e se quando si incontra con gli amici ci sono anche le ragazze. Ho visto genitori, preoccupati per le amicizie molto strette del figlio con un suo compagno. I genitori tendevano a fare notare ripetutamente al figlio che quel tipo di amicizia era un po’ eccessivo e che il ragazzo avrebbe fatto meglio ad uscire con una ragazza. In queste situazioni, un figlio, se ha un’indole ribelle, si salva dall’abbraccio stritolante della famiglia, ma se ha un’indole remissiva finisce per cedere e magari per invitare una sua compagna ad uscire, cosa che per il ragazzo non ha nessuna valenza particolare ma potrebbe creare aspettative nella ragazza e le crea certamente nei genitori, che piano piano incoraggiano il figlio ad andare avanti, gli fanno i complimenti per la ragazza e si manifestano di manica larga nel capire le “esigenze” del ragazzo. Si tratta però di comportamenti che hanno tutti come presupposto il fatto che il ragazzo sia etero e questo presupposto in un caso su 12 o 13 è sbagliato e in questo caso il figlio gay si trova sottoposto ad una pressione asfissiante e profondamente condizionante. L’uscita con la ragazza nasce come “una singola uscita”, poi si passa ad una volta alla settimana, poi a due, e alla fine al fatto che bisogna incontrare la ragazza tutti i giorni ma a questo punto anche la ragazza è entrata in scena e reclama un suo ruolo, vuole essere cercata, fa la gelosa, vuole essere coccolata e il ragazzo piano piano cede a tutte le richieste e finisce per “recitare” la parte dell’innamorato senza essere di fatto innamorato, ma ormai le attese centrare su di lui sono tante e ci sono anche quelle della famiglia della ragazza che parla del ragazzo come del fidanzato della figlia. E ad un certo punto le attese della ragazza entrano anche nel campo sessuale e qui cominciano i guai. Ci sono ragazzi che riescono a sfuggire a questo tipo di trappole prima che sia troppo tardi ma ce ne sono ancora molti che non hanno il coraggio di affrontare le conseguenze negative di un loro rifiuto ad andare avanti e, passo dopo passo, si sentono definitivamente in trappola, obbligati ad una scelta radicale tra continuare a giocare un gioco fatto di bluff, andando avanti con la ragazza in una direzione che sanno essere sbagliata per loro ma che avrebbe comunque la totale approvazione sociale o gettare per aria il tavolo da gioco provocando l’ira della ragazza e delle famiglie ma riguadagnando almeno una relativa libertà. Va aggiunto a tutto questo che la demonizzazione della omosessualità spinge i ragazzi a cercare l’eterosessualità “a tutti i costi” e a forzarsi almeno a provarci con una ragazza e se poi questa forzatura si conclude con un rapporto sessuale, fosse anche non soddisfacente, tanto basterebbe comunque a dirsi: “Ecco! Sono etero! Il problema non c’è più! Perché un gay non riuscirebbe mai a fare l’amore con una donna.” Il ragionamento è del tutto sbagliato, ma a chi sta scappando dalla omosessualità sembra giusto. L’idea di salvarsi dalla omosessualità porta alcuni ragazzi a cadere dalla padella nella brace e a fare passi senza ritorno come il matrimonio che costituiscono una vera palla al piede per un gay, peggio ancora se la ragazza non è consapevole della omosessualità del marito, qui si tratta infatti di un vero inganno fatto ai danni della ragazza solo per salvare la faccia. Quando poi la ragazza, prima del matrimonio, è consapevole del fatto che il ragazzo è omosessuale, spesso, specialmente se è veramente innamorata, scattano in lei dei meccanismi di cura e di tutela nei confronti dei ragazzo, che è ritenuto non seriamente omosessuale perché ha rapporti sessuali con la ragazza e la ragazza pensa di poterlo curare di poterlo riportare sulla buona strada “etero”. In queste situazioni sono spesso determinanti i consigli che vengono da cosiddetti esperti. Ricordo di un prete che indusse al matrimonio un ragazzo gay, convincendo lui e la ragazza che il matrimonio sarebbe stata la migliore “cura della omosessualità”, cosa che puntualmente fu smentita dai fatti. Parlando con ragazze innamorate di ragazzi che avevano detto loro di essere omosessuali ho potuto constatare spessissimo che queste ragazze non hanno la più pallida idea di che cosa sia l’omosessualità e si ritengono certamente in grado di riconvertire il loro ragazzo gay in un etero al 100%, salvo poi a dover fare i conti con la realtà . Le ragazze innamorate (come d’altra parte i ragazzi) perdono il senso dell’oggettività e si proiettano nella persona amata attribuendole i propri sentimenti e quindi attribuiscono al proprio ragazzo sentimenti speculari ai propri. Spesso i ragazzi confessano la loro omosessualità alle ragazze proprio per liberarsi da un rapporto non realmente voluto e si trovano di fronte ad un rapporto che diventa invece sempre più vischioso e meno vivibile perché la ragazza non interpreta la dichiarazione di omosessualità del ragazzo per quello che è, cioè per una richiesta di libertà, ma la interpreta come una richiesta di aiuto per uscire dalla omosessualità. Un ragazzo mi fece leggere parte della sua corrispondenza con la ragazza alla quale aveva confessato di essere gay, ed era un vero dialogo tra sordi, il ragazzo diceva una cosa che era oggettivamente chiara, almeno agli occhi di un gay, e la ragazza la leggeva come una richiesta di aiuto e di maggiore vicinanza, col risultato di esasperare le tensioni del rapporto. E poi, rompere il rapporto con la ragazza significa dover dare spiegazioni anche alle famiglie che, comunque, in molti casi non si aspettano minimamente che il figlio sia gay e, anzi, avendolo visto in coppia con una ragazza, si aspettano il matrimonio a breve e non la rottura dei rapporti. In una situazione del genere è difficile dare spiegazioni credibili e l’unica vera spiegazione rischia di essere presa malissimo con una risposta del tipo: “Ma allora perché ti sei messo con una ragazza?” I genitori nella grande maggioranza dei casi non si rendono conto minimamente di esercitare delle pressioni violente sui figli perché in genere non hanno idee chiare sulla omosessualità e spesso la considerano una dimensione patologica superabile con l’intervento di uno psicologo. È evidente che in casi del genere un ragazzo si trova in grosse difficoltà ma va detto chiaramente che l’approvazione sociale non può in nessun modo compensare la lesione profonda della persona che consegue alla negazione della sua soggettività in nome di una regola sociale. La sessualità non è una scelta e negarla non può che fare grossi danni. I ragazzi gay che si sentono spinti dalla famiglia verso l’idea di avere una ragazza dovrebbero pensare “prima” alle conseguenze di ogni loro gesto, anche del più banale e, se non c’è un rapporto autentico coi genitori, dovrebbero evitare di alimentare attese di qualunque genere.

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