Definizioni

Che cosa significa essere gay
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Blueboy
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Definizioni

Messaggio da Blueboy » martedì 25 gennaio 2011, 13:01

Io sono omosessuale. Io sono bisessuale. Io sono eterosessuale. Definizioni.
"What's in a name?", si chiederebbe il consorte Shakespeare. La stessa rosa emanerebbe lo stesso profumo se chiamata altrimenti; profumo che è suo soltanto, e che non cambierà sotto un nome diverso: cambierà solo se è nella sua natura.
Cosa sono io? L'unica risposta sensata è "ciò che io sono". Tautologica, apparentemente inutile; ma è noto dalla Matematica che ogni equazione risolta correttamente si riduce all'identità. Non stupisce che un sillogismo possa godere della stessa proprietà.
"Io sono omosessuale": cosa significa? Quella parola è soltanto una categoria, astratta e in generale riduttiva se applicata alla contingenza di un individuo, e sa intrappolare al pari di tutte le altre.

La ricerca della propria identità è un percorso fondamentale per l'individuo, e la sua importanza è indiscutibile; tuttavia, per identificare ciò che si è, si utilizzano definizioni. Una definizione è utile e non dannosa fintanto che la si riconosce come tale. Prima viene ciò che esiste, poi la sua descrizione. Può sembrare banale come la tautologia precedente, ma è un concetto la cui ovvietà stessa è causa della sua dimenticanza.
Nella ricerca della propria identità sessuale, in particolare, tralasciando giudizi e pregiudizi innati o instillati, c'è una tendenza ad inserirsi in una categoria che, qualunque essa sia, può rappresentare in un primo momento una sicurezza agli occhi di chi si interroga. "Sono etero, omo o bi?", in genere ci si chiede, anche se qualcuno non contempla neppure la terza possibilità. È una domanda legittima e naturale; ma i pensieri che ne scaturiscono possono ridurre una persona alla paralisi.

Non amo le definizioni, perché ognuno di noi è in continuo movimento e cambiamento; non si tratta di insofferenza: tutto nasce da una semplice constatazione della realtà.
A me piacciono i ragazzi. Provo un'attrazione fortissima nei loro confronti, spesso scaturita dalla sola bellezza esteriore: è un coinvolgimento emotivo potente e profondo che mi caratterizza da sempre e che riguarda tutto un mondo interiore, un sistema di valori e di ideali che fanno parte della mia personalità e di ciò che amo. Le ragazze non le noto neppure, spesso stento a ricordare i loro nomi e i loro volti; nella vita reale mi passano accanto come qualsiasi oggetto indifferente all'attrattiva.
Io dico di essere omosessuale per riassumere tutto questo e molto altro. Lo dico adesso, e già adesso potrebbe non essere vero, come pure in passato è stato falso o scorretto. Talvolta mi è capitato e mi capita tuttora di avere fantasie etero o bisessuali; ma al di là di questo dato di fatto, non sarei proprio in grado di dire che non proverò mai nessun interesse, più o meno duraturo, nei confronti delle ragazze. Credo che nessuno sia in grado, in realtà. Questo può destabilizzare chi trova nelle definizioni la propria certezza, ma se la definizione non calza veramente a pennello sarà la realtà stessa a confonderlo. Ecco come le definizioni possono intrappolare e perfino deviare dalla realtà. Ho provato più volte in modo del tutto spontaneo il disagio causato dal contrasto tra ciò che io sono e ciò che le mie eventuali definizioni rappresentavano. Da qui il desiderio di adeguarmi a ciò che era descritto, la sofferenza nel non vedere conciliazione, la repressione delle mie caratteristiche: tutto questo nell'ambito stesso dell'omosessualità, e non soltanto in contrasto con l'eterosessualità.

Credo che ognuno dovrebbe sentirsi libero, nel viaggio alla scoperta della propria identità (che non è immutabile, e che non deve neppure trovare riscontro in qualche modello), di non imporsi la necessità di una definizione, di un'adesione, di un controllo. Ma anche di una tappa, di un risultato, di un raggiungimento. Ciascun individuo dovrebbe lasciare se stesso libero di sentire, e libero di capire ciò che sente.
      • Blueboy

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Stravinsky
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Re: Definizioni

Messaggio da Stravinsky » martedì 25 gennaio 2011, 22:40

Bellissima riflessione. è da tempo che meditavo di scriverne una simile anche io.

Il "percorso alla ricerca della propria sessualità" (fa molto film Indiana Jhons) dev'essere assolutamente libero e naturale.
Troppe volte siamo in preda a vere e proprie crisi d'identità del tipo: cosa sono? Cosa mi piace? Cosa provo?

Ma se cercassimo di non interpretarci e di non volerci a tutti i costi comprendere a fondo forse sarebbe meglio. Il famoso Wu-Wei (non agire) del Taoismo: lascia scorrere tutto dentro e fuori di te e capirai.

Con molta naturalità, quindi, si deve arrivare ad una conclusione che non per forza è definitiva. Non per forza implicherà un'etichetta che ti stampi in fronte. Devi solo aspettare di capire cosa provi: ti piacciono i ragazzi? Bene, sei gay e allora? E se di colpo dovessi sentire pulsioni per le ragazze? Oddio la tua etichetta di omosessuale crollerebbe ed ecco la crisi..
Invece no. Il nostro cuore ci indica cosa proviamo, dobbiamo solo adeguarci con serenità. Non porsi troppe domande. Stare in silenzio nella serenità dell'amore.
In fondo: gay, etero e bisessuali...che differenza fa?
Criticare i difetti altrui è rendersi incapaci di accettare le proprie debolezze. Ascoltare l'altro è sentirlo respirare e permettergli di vivere i suoi silenzi. Non giudicate, contemplate. Non rifiutate, guardate. Non disprezzate, ascoltate!

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bracco
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Re: Definizioni

Messaggio da bracco » mercoledì 26 gennaio 2011, 0:39

A me piacciono i ragazzi. Provo un'attrazione fortissima nei loro confronti, spesso scaturita dalla sola bellezza esteriore: è un coinvolgimento emotivo potente e profondo che mi caratterizza da sempre e che riguarda tutto un mondo interiore, un sistema di valori e di ideali che fanno parte della mia personalità e di ciò che amo. Le ragazze non le noto neppure, spesso stento a ricordare i loro nomi e i loro volti; nella vita reale mi passano accanto come qualsiasi oggetto indifferente all'attrattiva.

Quanto mi riscontro caro blueboy in ciò che dici.....

una domanda mi sorge spontanea (aperta a tutti):
come ci si riconosce di essere omosessuali? ovvero ci sono delle caratteristiche comuni in cui ci si può riscontrare come omosessuali (a differenza di etero o bisx)?
da cosa riconosco di essere omsoessuale?
basta solo considerare il fatto sopra citato (non essere attratto dalle ragazze) o c'è anche qualche altra "caratteristica comune" che mi permette di identificarmi o riconoscermi come omosessuale?

(spero essermi espresso in modo comprensibile)

barbara
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Re: Definizioni

Messaggio da barbara » mercoledì 26 gennaio 2011, 10:05

"Le lingue che parliamo influenzano il nostro modo di pensare, quello che proviamo, la nostra visione del mondo e la nostra esistenza……enoi non ce ne accorgiamo neppure".

Lera Boroditsky

ho trovato questa frase che sintetizza le teorie di diversi filosofi e scienziati, secondo le quali il linguaggio non sarebbe semplicemente una conseguenza di come concepiamo le cose, ma a sua volta condizionarebbe il nostro pensiero e dunque le nostre azioni, il nostro modo di vivere. Secondo questa teoria dunque dire di se stessi "sono un omosessuale" , usare questa parola per definirsi crea un pensiero su se stessi che è diverso da quello che si avrebbe usandone un'altra.
Dunque, se queste teorie hanno un fondamento di verità (mi piacerebbe che Sciamano intervenisse a dire la sua su questo punto) la questione che pone Blueboy è importantissima.
Sono curiosa anzi di sapere che ne pensate in proposito.

SenzaPeso
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Re: Definizioni

Messaggio da SenzaPeso » mercoledì 26 gennaio 2011, 16:50

barbara ha scritto:"Le lingue che parliamo influenzano il nostro modo di pensare, quello che proviamo, la nostra visione del mondo e la nostra esistenza……enoi non ce ne accorgiamo neppure".

Lera Boroditsky

ho trovato questa frase che sintetizza le teorie di diversi filosofi e scienziati, secondo le quali il linguaggio non sarebbe semplicemente una conseguenza di come concepiamo le cose, ma a sua volta condizionarebbe il nostro pensiero e dunque le nostre azioni, il nostro modo di vivere. Secondo questa teoria dunque dire di se stessi "sono un omosessuale" , usare questa parola per definirsi crea un pensiero su se stessi che è diverso da quello che si avrebbe usandone un'altra.
Dunque, se queste teorie hanno un fondamento di verità (mi piacerebbe che Sciamano intervenisse a dire la sua su questo punto) la questione che pone Blueboy è importantissima.
Sono curiosa anzi di sapere che ne pensate in proposito.
Ricorda vagamente la legge dell'attrazione delle teorie new age "il nostro pensiero plasma la realtà che viviamo", e in effetti pensiamo a parole.

Comunque Samurai, tu sai che la miglior definizione del tutto e per tutto è BOH.

Felix
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Re: Definizioni

Messaggio da Felix » mercoledì 26 gennaio 2011, 19:39

Panta rei direbbe il buon vecchio Eraclito! (spero di aver scritto bene l'espressione greca e il suo autore :geek: ).

Ho trovato molto interessante questo intervento di blueboy e anche il commento di Barbara. Avrei voglia di commentare subito, ma preferisco rimandare a momenti migliori. Sono alquanto stanco e preferisco lasciar lavorare in me queste cose che ho letto, prima di scrivere sforzandomi di trovare le parole giuste...

Ma ripeto, mi ha colpito molto la riflessione di blueboy
E ti vengo a cercare con la scusa di doverti parlare, perché mi piace ciò che pensi e che dici, perché in te vedo le mie radici.
...
E ti vengo a cercare perché sto bene con te.

Perché sei un essere speciale
ed io avrò cura di te


(F. Battiato, E ti vengo a cercare/La cura)

Alyosha
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Re: Definizioni

Messaggio da Alyosha » mercoledì 26 gennaio 2011, 20:54

E' molto bello il ragionamento che fai, ne ho colto il senso e ne condivido l'importanza. Tuttavia mi pare di dover essere daccordo con Barbara quando dice che il linguaggio porta con sè una visione del mondo. Essere pensare e dire si legano assieme. C'è chi va oltre e parla del nostro mondo come di un mondo linguistico (Filosofia del linguaggio: Frege, Russel, Wittgenstein prima ondata; Searle, Chomsky, Apel, Habermas etc. etc. seconda ondata). Proprio non mi addentro nelle sofisticheria, ma la parola crea un pezzo di realtà che, almeno per te, non esiste prima che tu la dica (in principio era il verbo). L'esempio più usuale è quello dei colori, noi abbiamo una sola parola per dire bianco e in effetti per noi tutti i bianchi sono uguali, gli eschimesi non so neanche quante ne hanno, perché capirai bene che vivendo nella neve è essenziale distinguere i vari tipi di bianco. Il problema è che fino a quando una realtà non la "vedi" non esiste almeno per te (o meglio ti è indifferente il fatto che esista o meno). E se non la dici non è comunicabile e in effetti una cosa che esiste solo per te non esiste affatto. La prova provata è proprio l'idea di omosessualità che non esisteva nel mondo antico come tale (quasi si trattasse di un terzo genere), perché probabilmente non esisteva neanche l'esigenza di definire come tale quel dato insieme di comportamenti. Noi non possiamo tornare indietro a quella data, la storia va solo avanti e con questa categoria dobbiamo fare i conti, anche quando sentiamo che non ci appartiene, proprio perché avendola pronunciata la prima volta "esiste". Il fatto poi che la parola si porti dietro una visione del mondo (quella dell'etro che ci guarda con i suoi occhi) credo sia proprio evidente a tutti noi e non mi ci soffermo proprio. Infondo in qualche modo lo dici anche tu "Ecco come le definizioni possono intrappolare e perfino deviare dalla realtà". Che la realtà esista a prescindere da noi è una posizione filosofica, che non è provabile (come non lo è la tesi contraria, tutto il resto del ragionamento si). Le posizioni originarie che descrivono gli impianti filosofici sono infondo scelte di vita frutto del proprio vissuto e delle proprie convinzioni di fondo. Resta il fatto che è assolutamente indifferente rispetto a me una realtà che se ne sta in se e per se, perché per definizione questa realtà non avrebbe nessun rapporto con me. In definitiva conta il modo in cui io la vedo e lì le definizioni ci accompagnano sin dalla nascita, perché anticipano la comprensione della cosa e la rendono possibile. Scusa i tecnicismi, questo che ti ho appena fatto è davvero un essercizio di pura teoria, divertente quanto vuoi (almeno per me), ma perfettamente inutile, certe cose si vivono con la pancia e salgono dritte al cuore. La filosofia viene sempre dopo
Prima viene ciò che esiste, poi la sua descrizione

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Sciamano
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Re: Definizioni

Messaggio da Sciamano » mercoledì 26 gennaio 2011, 22:33

Ciao Barbara! Ovviamente mi risulta che il linguaggio è uno strumento non solo di comunicazione ma anche di riflessione e gestione del pensiero. Comunque credo che più nello specifico sono i concetti che possediamo ad influenzare il nostro modo di veder le cose, tanti più ne abbiamo, tanto meglio riusciamo a cogliere la realtà, quasi sempre sfumata, a volte un nuovo concetto comporta rivoluzioni profonde del pensiero: la meccanica quantistica per esempio ha dato origine a sfide intellettuali notevoli, questo perché non si lascia inquadrare con concetti di meccanica classica.

Che altro aggiungere? I concetti sono modi di cogliere le cose, è abbastanza evidente che le cose si possono cogliere in molti modi diversi, abituarsi a pensare in modo alternativo, considerare e riflettere all'interno del quadro di una prospettiva che NON condividiamo, sono tutti ottimi esercizi che aiutano ad uscire dal proprio punto di vista, e ad essere di conseguenza anche meno egocentrici.

Conoscere altre lingue è un modo davvero efficace di entrare in contatto con altre prospettive, altre concettualizzazioni, e io devo dire che faccio non poca fatica... non per niente la traduzione risulta assai problematica.

Riguardo le categorie fuorvianti è certo un problema, noi tendiamo a semplificare, un concetto è un'astrazione di alcuni aspetti della realtà, non possiamo coglierli tutti e più allarghiamo le categorie più risultano approssimative. Dividere l'intera umanità in due sole categorie: maschi e femmine, gay e etero, riflessivi e impulsivi, ovviamente è una banalità terribile. Il problema è quando alcuni dicono: le donne sono così... i gay sono così... i filosofi sono così... ecc. Trattano la categoria come un individuo, ovvero attribuiscono agli individui nella categoria tutte le approssimazioni (che diventano pregiudizi) appioppate a quella categoria...

Temo che simili prediche nemmeno servono, dipende dal carattere il modo con cui giudichiamo gli altri.
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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Re: Definizioni

Messaggio da Sciamano » mercoledì 26 gennaio 2011, 22:51

Okda mi ha fatto notare che non ho risposto interamente a Barbara XD Attraverso il linguaggio possiamo dar forma a noi stessi? Mi vien da pensare a quanto la cultura è capace di plasmare gli umani, in modi diversissimi e profondissimi. La cultura è frutto del linguaggio (che la rende trasmissibile), quindi il linguaggio è uno strumento che può plasmare la mente di un uomo, specie quando è bambino e sta crescendo, gli si può dipingere il mondo quasi a piacere... è un potere grosso da parte di chi deve insegnare e mettere in contatto con la realtà chi cresce. Temo che viene gestito malaccio... ma non è certo un problema di facile soluzione... anzi!
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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Re: Definizioni

Messaggio da Okda86 » mercoledì 26 gennaio 2011, 23:14

Giacché sono stato nominato, e tanto per far salire il mio contatore messaggi che sembra il Sahara in estate 8-) ho pensato di postare per intero il mio punto di vista. Tuttavia, la pigrizia era troppo forte, perciò, (dopo averlo chiesto all'interessato, ovviamente) ho deciso di postare la conversazione avuta su Sciamano in merito al post di Blueboy e alla risposta di Barbara. Spero non vi annoi leggere i nomi. Sottolineo, inoltre, in preda a un delirio d'onnipotenza, che scrivo meglio di così, ma cosa pretendete dal linguaggio colloquiale di una chat!!!


Okda86 letto, interessante...anche se di fondo mi sembra che appoggi blueboy
e sopratttutto, non mi sembra che tu abbia risposto a Barbara nello specifico...cioè, lei dice: "sarà vero che definendo se stessi in una certa maniera ci si da una forma?" (quasi che non la si abbia già)
Sciamano forse hai ragione è questo che voleva sapere
Okda86 tu non rispondi dicendo: "no, perché la parola non da forma ma tenta di riassumere una realtà senza riuscirci", rispondi invece semplicemente che il linguaggio non è adatto a racchiudere un concetto, e ritorni quindi in ultimo alla tesi di blueboy
Sciamano i concetti del linguaggio non sono adatti a racchiudere la realtà, cmq si è come dici
Sciamano nn saprei se possiamo darci forma con il linguaggio... in parte penso di si, la cultura incide così tanto sugli uomini, la cultura è un prodotto del linguaggio e del pensiero
Okda86 in definitiva, mi sembra che remiate tutti nella stessa direzione, ma Barbara sta tentando di vedere la cosa da un punto di vista troppo...new age, diciamo
Io sostanzialmente penso che l'unica ragione per cui il linguaggio ti da forma è la presa di coscienza cui ti obbliga: se lo dico ad alta voce e lo ammetto, allora diventa vero, se non lo dico resta nella mia testa e la sua realtà è meno concreta. È un comportamento normale nell'uomo che inganna se stesso
Sciamano dipende quanto uno le cose le pensa pur senza dirle
Okda86 le pensiamo per forza: non possiamo fare a meno di categorizzare la realtà, lo testimoniano 4000 anni e più di filosofia. Io, personalmente, sono per la scelta di rientrare in una categoria: etero, bisex, gay, ma sempre tenendo conto le varie sfumature esistenti, senza mai prendere in maniera troppo rigida quell'etichetta, (diventa etichetta proprio se la si prende in maniera rigida)
Un minimo di categorizzazzione, però, ci vuole: cioè, se sei etero, non sarai mai gay.
E con etero e gay intendo concetti generali, ossia: essere coinvolto sentimentalmente e fisicamente da una persona del sesso opposto (o dello stesso sesso). Questa è una divisione che si può fare, poi ci sono tanti casi intermedi: essere
coinvolto fisicamente da un sesso e psicologicamente dall'altro, per es.
Sciamano si si è corretto, le semplificazioni non sono sbagliate, sono solo semplificazioni, quello che evidenziavo è quando uno passa a dire cose del tipo: quando i gay sono in gruppo diventano pericolosi o le donne sono tutte inferiori, i gay sono tutti effeminati (nulla contro gli effeminati)
Okda86 ma lì però il problema non è nell' "etichetta" ma nell'uso sbagliato che se ne fa
Sciamano certo
Okda86 è ovvio che tutti gli afferenti a un gruppo manterrano la loro individualità, l'errore sta proprio nel generalizzare, non nell'identificare il gruppo
Sciamano il problema è che questa scorrettezza noto che nn di rado la si commette volentieri
Okda86 la commettono tutti coloro affetti da "paura del diverso" e non riguarda naturalmente solo i gay (basta sentire i discorsi delle vecchiette sui rumeni criminali o sugli zingari tutti ladri)
Sciamano già già

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