RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Che cosa significa essere gay
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RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da progettogayforum » sabato 20 luglio 2013, 15:35

Questo post è stato costruito esclusivamente sulla base dell’esperienza maturata in Progetto Gay, si tratta di un punto di vista oggettivamente limitato che si concentra soprattutto su ragazzi gay non dichiarati, l’età media di questi ragazzi è intorno al 26 anni, partendo dai 16/17 per arrivare fino ai 40 e oltre.

L’oggetto dell’indagine è il benessere individuale, cerchiamo cioè di capire che cosa può oggettivamente contribuire al benessere individuale e quali sono i fattori che a questo fine hanno maggior peso.

Ancora oggi, anche se in misura minore rispetto al passato, la consapevolezza di essere gay non è traumatica di per sé ma perché si ipotizza che essere gay comporti una condizione di separazione sostanziale, anche se non sempre di esclusione oggettiva, dall’ambiente familiare e sociale. In altre parole, un ragazzo gay si sente fuori dall’ambiente della famiglia e del gruppo dei pari, da qui deriva l’importanza che si annette al coming out che si presume essere la chiave di volta per un pieno inserimento nell’ambiente sociale e familiare di un ragazzo in quanto gay. Un ragazzo gay si auto-colpevolizza del fatto di non dichiararsi coi suoi genitori e coi suoi amici e individua le cause della marginalizzazione nella poca chiarezza che ha usato nei confronti degli amici e della famiglia. Il non dichiararsi, specialmente in contesti che spingono verso il coming out è vissuto con sensi di colpa, come una forma di inganno perpetrato ai danni di familiari e amici. Alla base di questo discorso c’è un postulato che spesso, alla prova dei fatti, si dimostra completamente sbagliato, si assume cioè che la famiglia e gli amici siano all’altezza di capire e di accettare in modo autentico la situazione. In ambienti assolutamente impreparati, il coming out può creare situazioni di disagio ancora più marcato perché la reazione non è un palese rifiuto ma un rifiuto mascherato accompagnato spesso, da parte dei genitori, da sensi di colpa per non essere stati in grado di crescere “bene” il figlio. La punizione per questa presunta colpa consiste nel doversi tenere il figlio così com’è e nel cercare di volergli bene “nonostante tutto”. Atteggiamenti simili, per i ragazzi che hanno fatto coming out in famiglia si rivelano distruttivi molto più del senso di generica solitudine e di non inserimento precedente il coming out. Anche con gli amici, salvo rarissime eccezioni, si arriva presto alla consapevolezza che il coming out non porta a una vera integrazione ma a una integrazione “in quanto gay”, cioè il cartellino identificativo marca oggettivamente una differenza incolmabile. Dopo il coming out, spesso, la situazione diventa peggiore di prima e la sensazione di marginalità e di solitudine si acuisce.

Superata la fase della ricerca dell’integrazione familiare e sociale comincia la ricerca delle soluzioni orientata sulla realtà gay. Ci si rende conto che con altri ragazzi gay è possibile un dialogo di un altro livello ma spesso l’idea di un dialogo più diretto e immediato si sovrappone alla ricerca a sfondo sessuale.

Bisogna fare ogni sforzo per rappresentare le cose in termini realistici cercando di evitare le mistiche dell’affettività gay. Intendo dire che non solo la ricerca a fini sessuali non deve essere sottovalutata ma che ci si deve rendere conto che si tratta di un elemento fondamentale per la crescita e per la stabilità emotiva di qualunque persona. La sovrapposizione e l’integrazione della ricerca affettiva e della ricerca sessuale non ha nulla di patologico e ci si dovrebbe stupire, se mai, dell’eccesso di sublimazione per un verso e dell’eccesso di aridità affettiva dall’altro.

Per un ragazzo gay, come per qualunque ragazzo, la sessualità ha un ruolo fondamentale che va capito e valorizzato. Nell’ambito della sessualità, data la difficoltà per un ragazzo gay di trovare la disponibilità sessuale di un altro ragazzo, la masturbazione assume un significato particolarmente importante, specialmente quando risulta di fatto impossibile qualunque esperienza sessuale di coppia. Anche la pornografia, quando non crea vere forme di dipendenza, non andrebbe demonizzata. La scoperta della pornografia online è in genere molto anticipata ed avviane spesso in un periodo concomitate con quello della scoperta della masturbazione. I primi contatti con la pornografia dei preadolescenti sono frenetici, la pornografia diventa in pratica in molti casi una realtà che domina per un po’ tutto l’orizzonte della sessualità, ma nella tarda adolescenza maturano delle esigenze di carattere affettivo che gradualmente portano a una certa svalutazione della pornografia e anche la masturbazione assume una dimensione più tipicamente affettiva, cioè è considerata come parte di un rapporto d’amore. È un fatto che i ragazzi e in particolare i ragazzi gay sono molto selettivi nell’uso della pornografia, cercano video che abbiano per protagonisti ragazzi di pochi e specifici tipi fisici e soprattutto che concretizzino situazioni che si desidererebbe vivere nella realtà. Di fatto la masturbazione con fantasie legate ad esperienze realmente vissute risulta molto più coinvolgente di quella legata alla pornografia proprio perché ha una radice nel vissuto concreto.

Mentre la masturbazione conserva nel tempo un ruolo fondamentale, la pornografia tende a perdere di importanza col passare degli anni e, in una buona percentuale di casi, certamente non marginale, si passa alla fase delle chat erotiche e dei siti di incontri e qui si verifica un fenomeno analogo a quello che si realizza al momento della scoperta della pornografia: ci si rende conto che fare sesso in cam con sconosciuti è facile oltre che non rischioso in termini di prevenzione della malattie. Comincia quindi una fase di ricerca frenetica di contatti sessuali virtuali. All’inizio la cosa è molto coinvolgente, anche se spesso accompagnata da sensi di colpa, poi, col passare del tempo, ci si rende conto che a tutto questo manca qualcosa che viene identificato con la presenza fisica dell’altro, ne consegue il salto verso i siti di incontri, cosa oggettivamente molto più rischiosa sia a livello di pericoli di tipo sociale che a livello di prevenzione della malattie sessualmente trasmesse. Ma anche gli incontri combinati nei siti, salvo rarissime eccezioni, risultano insoddisfacenti, se ne individua spesso la ragione nel fatto che l’altro non è esattamente quello che si andava cercando, così si passa ad una nuova esperienza e poi ad un’altra ancora e così via. I siti di incontri rischiano di essere la stazione di arrivo per molte persone, in parecchi casi però ci si chiede che cosa manca in tutto questo e si arriva finalmente alla risposta corretta: manca una dimensione affettiva vera.

In che cosa si concretizza una relazione affettiva vera? La risposta va cercata tenendo presente la comune sovrapposizione di due concetti: sesso e amore che spesso allontana da una concezione diversa dell’affettività. Intendo dire che l’affettività può certamente essere sessualizzata ma in molti casi si presenta ed è oggettivamente del tutto indipendente dalla sessualità. Un rapporto genuinamente affettivo nasce in modo totalmente spontaneo e soprattutto non è condizionato da nulla, esiste, se esiste, solo per forza propria, al di fuori e spesso contro qualsiasi meccanismo di controllo. È molto comune la visione economicistica dell’affettività (equilibrio di dare e vere, investimento affettivo, convenienza, fallimento affettivo, sono tutte espressioni derivate dal mondo dell’economia). In fondo i modelli di tipo economicistico dominano in molti settori ed è quasi automatico applicarli anche alla vita affettiva, di qui l’idea di matrimonio e in generale di rapporto affettivo come “contratto” in cui ci si vincola ad uno scambio di prestazioni e si offrono determinate garanzie e anche l’idea di rapporto affettivo come possesso dell’altro. In realtà la lettura economicistica dell’affettività è la causa del fallimento di molti matrimoni e di moltissime relazioni di coppia.

L’affettività non è totalmente e neppure essenzialmente legata alla vita di coppia, si tratta di un concetto molto più debole, ossia molto meno vincolistico e contrattualizzabile ma nello stesso tempo molto più diffuso e pervasivo, l’affettività è la base della relazionalità umana profonda cioè spontanea e risponde a meccanismi ancestrali volti alla gratificazione reciproca e alla creazione di rapporti deboli ma duraturi sui quali si fonda l’equilibrio dei singoli individui. L’affettività tende ad essere una forza aggregativa debole ma stabile in quando indipendente da fattori esterni e in gran parte anche dalle risposte comportamentali dell’altro. In questo si identifica la gratuità della dimensione affettiva che dà senza chiedere, anche se non è rivolta a tutti ma a un numero abbastanza ridotto di individui che si percepiscono come emotivamente affini.

L’affettività non interviene nei confronti di persone che sono avvertire come un potenziale pericolo per la loro imprevedibilità, ma solo quando il comportamento dell’altro è in qualche modo prevedibile e lo si giudica onesto, cioè guidato solo da categorie affettive e non da altri fini. L’affettività entra in gioco quando c’è il riconoscimento di un’affinità di base nei meccanismi di reazione spontanea. Là dove si avverte qualcosa di dissonante, cioè di estraneo o di non comprensibile, l’affettività non interviene e i meccanismi comunicativi inconsci e subliminali non funzionano, dove invece interviene l’affettività la maggior parte della comunicazione non ha bisogno di verbalizzazione o di concettualizzazioni astratte e ci si capisce essenzialmente attraverso una comunicazione subliminale facilmente decifrata perché il codice comunicativo è sostanzialmente lo stesso. La dimensione affettiva crea una forma di comunione-comunicazione per la quale vengono meno gli schermi difensivi e l’apprendimento di comportamenti, di modi di fare, di dire, di atteggiarsi fisicamente dell’altro è molto facilitato, ma tutto questo resta a livello subliminale.

La relazione tipicamente affettiva è l’amicizia, si tratta di una relazione interpersonale fondamentale e spontanea che non crea vincoli ma è capace di fare svanire la sensazione di marginalità e di non inserimento che tanti ragazzi gay provano. Purtroppo le amicizie si confondono spesso con una specie di tecnica per il soddisfacimento di altre esigenze (il termine “scopamico” ne è un segno evidente), in questo modo l’amicizia viene subordinata ad altro e perde il suo carattere essenziale di assoluta gratuità. Non è comunque detto che l’intervento della sessualità in un rapporto di amicizia sia sempre distruttivo e non sono pochi i rapporti di amicizia che non si perdono comunque dopo che i due partner hanno seguito itinerari divergenti per la loro sessualità. Tuttavia se la cosiddetta amicizia era esclusivamente strumentale ai fini sessuali, quando finisce il rapporto sessuale il rapporto di amicizia evidenzia tutta la sua inconsistenza e svanisce in tempi brevi.

L’amicizia non vincola ma apre una via di comunicazioni tra persone che si percepiscono affini. Naturalmente l’affinità può essere di vario grado, se tale affinità è veramente profonda l’amicizia è veramente salda. In questo senso l’orientamento sessuale ha un suo ruolo molto importante perché l’affinità del vissuto è un elemento fondamentale. Un gay usa un codice di comunicazione che non coincide con quello usato dagli etero, i messaggi sono diversi e più criptici, conta più in non detto del detto, ma un codice del genere per un altro gay e soprattutto per un altro gay affine risulta invece comprensibile e il discorso si sviluppa in profondità anche in assenza di molte parole.

L’equilibrio affettivo è uno stato psico-fisico di benessere che dà la percezione di essere inseriti in una rete di protezione e di non essere più soli. Questa rete di protezione non è un vincolo e soprattutto non dipende d alcuna altra condizione che non sia l’essere se stessi e scatta solo quando se ne avverte realmente la necessità. La certezza dell’esistenza di questa rete di protezione deriva dal fatto che la presenza dell’atro non si perde, può mancare per un periodo ma non è nel progetto di nessuno dei due partner che debba interrompersi, si tratta di rapporti non necessariamente costanti e spesso sospesi ma comunque reali perché riacquistano la loro concretezza ogni qual volta se ne presenti necessità. Bastano poche parole, un sorriso, la disponibilità che non viene meno, la percezione dell’attenzione dell’altro per garantire che il rapporto di amicizia non si è spezzato.

La costruzione di veri apporti di amicizia con altri ragazzi gay risulta essere la chiave di volta del benessere individuale. Quando una relazione di coppia va in crisi si prova una brutta sensazione di delusione di abbandono, ma se la rete di protezione costituita delle amicizie funziona effettivamente, se cioè si tratta di vere amicizie, la crisi si supera e non è di per sé distruttiva, ben diverso sarebbe invece sentirsi privati in un momento di tutti i rapporti affettivi, perdere tutte le amicizie e dover ricominciare tutto da zero. Un trauma del genere sarebbe effettivamente distruttivo e comprometterebbe in modo pesantissimo la stabilità emotiva di un individuo. Non ci sono affinità formali di nessun genere che possono costituire legami profondi come quelli spontanei emergenti dall’affettività.

Per essere amici non basta certo essere entrambi gay o avere in comune una idealità politica o un credo religioso. Non esiste associazionismo che possa sostituire i rapporti affettivi che hanno un loro perché e un loro meccanismo non assimilabile a nessun altro.

Concludo con una ultima ma fondamentale osservazione: i rapporti affettivi veri, quelli che creano un contatto profondo tre le persone, sono sempre reciproci, non sono il risultato di una atto di volontà e meno che mai di un atto di volontà individuale. La mancanza di reciprocità non è un difetto del rapporto ma è una spia della sua inesistenza. Ma la reciprocità non è reciprocità di comportamenti ma reciprocità di disposizioni affettive, è muto interesse, mutuo rispetto, è percepire l’altro come un proprio pari.

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candido
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Re: RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da candido » sabato 20 luglio 2013, 18:37

Bellissimo post,Project! :) Mi devi aver letto nel pensiero, perchè questo è un tema su cui sto riflettendo molto,ultimamente. La parte dell'affettività poi è magistrale,una sorta di vademecum nelle relazioni(amicali e non).
La mancanza di una rete affettiva sincera e soddisfacente,ancor prima di un rapporto di coppia, mi rendo conto essere causa continua di malessere,insoddisfazione e disagio. Un doppio disagio,direi. Perchè da un lato c'è questa mancanza vera e propria,dall'altro questa mancanza stessa ti porta a percepire anche te stesso in maniera negativa(insoddisfazione del sè,ancor prima che di ciò che hai attorno) e a non permetterti di conoscerti,il che dovrebbe trovare nel rapporto con gli altri sempre una via privilegiata,se non l'unica.
Penso infatti che l'equilibrio di un ragazzo poggi sicuramente sulla rete affettiva/sociale di cui parli,ma che il fulcro di questo equilibrio debba essere se stesso: un equilibrio interiore(e un voler bene a se stessi,piacersi,sapersi coccolare) che si acquisisce,però, sempre in seguito alle esperienze con gli altri(e tra le esperienze come non mettere l'amore,anche esclusivo?). In poche parole,un cane che si morde la coda,perchè mancando le relazioni e la rete di affetti,non si sviluppa e rafforza quella forza interiore(e quel credere in se stessi) che contribuisce enormemente all'equilibrio e al benessere di una persona.
La famiglia,che appunto "dovrebbe" essere la prima rete affettiva,come finalità dovrebbe avere proprio questa cosa,cioè il permettere ai figli di conoscersi e trovare e costruire un proprio benessere. Però spesso non lo fa,ed ecco che si finisce soli,insoddisfatti e senza conoscersi,e nelle relazioni si finisce a cercare un nuovo genitore che colmi le nostre carenze di affetto(che ci ami come noi non sappiamo amarci). La bellezza di un rapporto alla pari non è tanto il fatto che si impari a stare con gli altri e ad amare,ma piuttosto che si impari ad amare(e a rispettare) se stessi. E questo poi lo puoi mettere anche negli altri rapporti,specialmente in quelli di coppia.
In definitiva,penso che questa ricerca di benessere ed equilibrio vada fatta su 2 binari paralleli(e sovrapposti): da un lato,le amicizie(gay),la rete di affetti,gli amori,dall'altro un rapporto più diretto e comunicativo(e dolce) con se stessi,col proprio corpo e con la propria mente.

Tozeur
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Re: RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da Tozeur » sabato 20 luglio 2013, 19:11

Nella vita di un ragazzo gay manca molto spesso un equilibrio. Arriva l'adolescenza e ti ritrovi a fingere di apprezzare le ragazze e le varie foto di donne che ti mostra il tuo amico (quando invece magari hai in testa solo lui), vedi i tuoi compagni di classe sereni e con la propria ragazza e tu invece ti senti un pesce fuor d'acqua, un alieno, ubriaco di malinconia e di lacrime amare. Noto che oggi questo fenomeno è in calo perché spesso è più facile parlarne con un amico/a ma il bullismo non si è placato e si ha il rischio di vivere un OUTING più che un coming out.
Parlando di affetto nella vita di coppia è un concetto molto vario, va oltre la sessualità ed è parte della quotidianità. Si manifesta non solo con i gesti ma anche con le parole, gli sguardi. L'affettività non è solo con colui che si ama ma si può avere anche tra amici, anche qui in diversi modi e può essere appagante anche quella perché spesso un amico è una delle poche persone che ci fa star bene
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moonlight87
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Re: RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da moonlight87 » venerdì 13 settembre 2013, 0:22

Grazie project,

per questo post...non saprei cosa scrivere ora, perchè alcune parti del tuo messaggio mi appartengono/riguardano da vicino...avrei proprio bisogno di parlare con qualcuno...

grazie

davide
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JayDarling
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Re: RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da JayDarling » sabato 4 gennaio 2014, 2:05

Caro Project questo post è bellissimo! Nelle parole che hai scritto, mi ritrovo molto, leggo di quello che sto vivendo, soprattutto nell'ultimo periodo. Mi riferisco in particolare al conflitto e alla necessità di abbattere il muro che mi separa dalle persone a me care, persone, familiari ed amici, alle quali vorrei aprirmi e dire della mia omosessualità.
Al punto in cui sono ora credo sia la scelta giusta, parlo prima di tutto del confidarmi con gli amici, che ritengo pronti ed aperti nell'accettarmi in ogni caso. Un discorso diverso va fatto per i miei genitori, la cui reazione è quella che temo di più!
La parte centrale, quella in cui parli dell'affettività, mi ha davvero colpito!
Grazie per aver scritto questo post!
"Nothing is impossible,
the word itself says:
I'm possible". A. Hepburn

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Re: RAGAZZI GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da progettogayforum » domenica 5 gennaio 2014, 22:38

GRAZIE JayDarling!! In effetti la vita affettiva è la prima esigenza di una persona, serve ad avere un mondo di relazioni sulle quali si può contare, a trovare rispetto, attenzione, ascolto, ci fa capire che possiamo contare realmente per qualcuno. Non capisco quelli che voglio contare al 100%, in effetti contare realmente anche solo al 5% per un'altra persona è una cosa fondamentale. La stragrande maggioranza dei rapporti di amicizia seria non è travolgente, non si tratta dell'amico-amante ma dell'amico "semplice" e queste amicizie durano negli anni.

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