BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Che cosa significa essere gay
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BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da progettogayforum » sabato 19 ottobre 2013, 1:17

Ciao Ragazzi,

vi espongo qui un’idea che mi è stata suggerita e caldamente raccomandata da un ragazzo giovane in chat. In buona sostanza mi è stato chiesto di realizzare un “manuale di omosessualità” cioè, in pratica, un piccolo libro o qualcosa di simile, che possa mettere insieme, in una successione ordinata di capitoli, tutto quello che può essere utile ad un ragazzo che ha bisogno di informazioni affidabili circa l’omosessualità, non dando nulla per scontato e usando un linguaggio quanto più semplice e diretto possibile. Si tratta in sostanza di una forma di orientamento gay strutturato e sistematico, pensato per essere uno strumento concreto di conoscenza della realtà gay da parte di quanti si accostano per la prima volta a questi contenuti.

Ovviamente un lavoro del genere avrebbe molto più senso se i contenuti fossero messi insieme tenendo conto di esperienze di sensibilità diverse. Il testo potrebbe essere diviso in capitoli e sarebbe ovviamente soggetto a continue revisioni al fine di migliorarne i contenuti.

Cercherò domani di scrivere una bozza del primo capitolo “Capire di essere gay”. Il capitolo non tenterà di definire in astratto il concetto di omosessualità ma partirà dai segnali che portano i ragazzi a capire di essere gay, soprattutto riportando esempi molto semplici delle prime manifestazioni della omosessualità, chiarendo via via il significato della terminologia usata e cercando di dedurre proprio da quelle prime manifestazioni un concetto di omosessualità, il concetto deve derivare dall’esempio concreto. La seconda parte del capitolo sarà dedicata ai falsi concetti di omosessualità, cioè ai preconcetti in tema di omosessualità.

Criterio di fondo da seguire nella compilazione del manuale deve essere quello della esemplificazione concreta cioè dell’esempio immediatamente comprensibile inserito nel testo e scritto in corsivo in modo da rendere la trattazione quanto meno teorica possibile. La sintassi dovrà essere semplice, con frasi brevi che non lascino dubbi di interpretazione.

Vorrei chiedere la Vostra collaborazione nella elaborazione di questo lavoro che
penso richiederà non poco tempo e che potrebbe essere un po’ ka sintesi essenziale di quanto è stato possibile riscontrare tramite l’esperienza di Progetto Gay. Pubblicherò via via le bozze dei singoli capitoli sul forum e sarei felice di conoscere il vostro parere e di ricevere consigli.

Vi ringrazio anticipatamente.

barbara
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da barbara » sabato 19 ottobre 2013, 8:34

mi pare un'idea interessante. Per renderlo più scorrevole non si potrebbe inserire frasi di racconti di vita vissuta, così da favorire una maggiore attenzione e identificazione?

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Nemo
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da Nemo » sabato 19 ottobre 2013, 9:22

Che bella idea!! Mi piace molto! :)
Nemo.
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da progettogayforum » sabato 19 ottobre 2013, 12:37

Ok, Vi ringrazio!! Allora aggiungo subito la bozza del primo capitolo.

CAPITOLO 1 – CAPIRE DI ESSERE GAY

Partiamo da un esempio concreto.

Un ragazzo di 12 anni (seconda media) prova per la prima volta l’esperienza dell’ingrossamento spontaneo del pene (erezione) mentre sta nello spogliatoio insieme con i suoi compagni e mentre concentra la sua attenzione su uno dei suoi compagni che si sta spogliando. L’esperienza è gradevole, il ragazzo torna a casa si rimette a pensare al suo compagno, va di nuovo in erezione, la sensazione è di nuovo gradevole e ne segue una lunga manipolazione del pene (masturbazione) al termine della quale il ragazzo avverte una forte contrazione dei testicoli (orgasmo) che provoca la fuoruscita dal pene (eiaculazione) di una sostanza bianca (sperma), immediatamente dopo il ragazzo avverte una forte sensazione di rilassamento, come se tutta la tensione provocata dalla eccitazione sessuale fosse stata scaricata (fase post-orgasmica). Durante tutto il procedimento la fantasia è fissata sull’immagine del compagno nello spogliatoio (fantasia masturbatoria).

Cerchiamo ora di analizzare questo esempio. Si tratta della scoperta della masturbazione, cioè della prima vera esperienza sessuale. In questa esperienza si trovano unite due diverse componenti, una fisica (erezione, masturbazione, orgasmo, eiaculazione, fase post-orgasmica) e una di tipo immaginativo (fantasia masturbatoria).

È usuale chiamare masturbazione anche tutto l’insieme fisico-immaginativo che abbiamo descritto. Durante la masturbazione il ragazzo richiama alla mente le immagini che lo avevano portato spontaneamente all’erezione, perché concentrandosi su quelle immagini (fantasie masturbatorie) si arriva facilmente all’erezione (eccitazione sessuale tramite le fantasie masturbatorie) e l’erezione è più vigorosa e tutto il processo della masturbazione risulta fortemente coinvolgente. Se le fantasie masturbatorie di un ragazzo sono indirizzate verso i ragazzi si dice che la masturbazione è in chiave gay, se sono orientate verso le ragazze si dice che è in chiave etero. Quando le fantasie masturbatorie sono realmente spontanee, esse rappresentano l’indice fondamentale di orientamento sessuale: un ragazzo che si masturba in modo esclusivo e costante con fantasie gay è da considerare un ragazzo gay.

Procediamo con l’esemplificazione.

Lo stesso ragazzo di cui abbiamo parlato prima ascolta dai suoi compagni dei racconti di esperienze di masturbazione simili alle sue sotto l’aspetto fisico ma differenti per quanto riguarda le fantasie masturbatorie e si rende conto che i suoi compagni, durante la masturbazione, non concentrano l’attenzione su altri ragazzi ma su ragazze. Tornato a casa il ragazzo prova a masturbarsi concentrando l’attenzione su una ragazza, cioè usando le stesse fantasie masturbatore usate dai suoi compagni, ma quelle fantasie non producono risultato e sono anzi avvertire come qualcosa di estraneo e non eccitante. Il ragazzo torna allora alla masturbazione con fantasie concentrate sul suo compagno e la risposta fisica è rapida e convincente.

Analizziamo ora l’esempio.

Si tratta della prima percezione, da parte di un ragazzo gay, del fatto che la sua sessualità non è simile a quella degli altri ragazzi. La cosa di per sé non creerebbe nessun problema, ma il ragazzo, nel parlare con i suoi compagni avverte con sempre maggiore consapevolezza che la sua sessualità è considerata dagli altri oggetto di scherno e di battute offensive e comincia a connettere al proprio orientamento sessuale le parole gay, frocio, finocchio, checca e simili, che gli altri usano come insulto. Il ragazzo cioè percepisce per la prima volta il disagio di essere gay, che non viene dal fatto di avere una sessualità diversa da quella degli altri ragazzi ma dal disprezzo manifestato dagli altri ragazzi.

Ma procediamo con gli esempi.

Il ragazzo degli esempi precedenti avverte come gradevole la compagnia del ragazzo che è oggetto delle sue fantasie masturbatorie, sta volentieri accanto a quel ragazzo, parla con lui per tutto il tempo possibile, ne apprezza la voce, la presenza fisica e il sorriso e tende a creare un rapporto con quel ragazzo che, all’inizio, ha le caratteristiche tipiche dell’amicizia ma che si discosta dall’amicizia perché quel ragazzo è anche oggetto di fantasie masturbatorie.

Tutto il processo sopra descritto rappresenta un tipico innamoramento gay, nel quale sono presenti due componenti: una affettiva, che consiste nel creare una relazione di affetto con l’altro ragazzo, e l’altra sessuale che consiste nel sentirsi sessualmente coinvolti dall’altro ragazzo cioè nell’assumerlo ad oggetto delle proprie fantasie masturbatorie.

Per gli altri ragazzi, che vivono esperienze simili ma rivolte alle ragazze, l’esito naturale dell’innamoramento consiste nella dichiarazione d’amore alla ragazza di cui sono innamorati, dichiarazione che in genere è presa dalle ragazze come qualcosa di comunque lusinghiero. Il ragazzo gay avverte che, per lui, dichiarare il suo amore verso un altro ragazzo comporta il rischio di essere individuato come gay e quindi di essere bollato con epiteti offensivi da parte dei suoi compagni e dello stesso ragazzo di cui è innamorato. In sostanza il ragazzo gay si rende conto di essere un ragazzo gay in un gruppo di ragazzi che hanno un altro orientamento sessuale e ne conclude istintivamente che, per non essere etichettato come gay dai suoi compagni, dovrà fingere di essere etero.

Fin qui abbiamo presentato un modello molto semplice di presa di coscienza della propria omosessualità applicato ad un 12enne. Nella realtà questo schema può essere complicato da molti fattori perturbatori. Proviamo quindi ad esaminare i più importanti fattori che interferiscono con la presa di coscienza della omosessualità. Consideriamo un esempio.

Un ragazzo di 11/12 anni viene coinvolto in giochi sessuali intimi con una ragazza poco più grande di lui, le prime erezioni non sono realmente spontanee ma sono indotte dal gioco di manipolazione sessuale da parte della ragazza (imprinting etero), che è gratificante soprattutto perché permette al preadolescente di sentirsi grande. Il ragazzo ripeterà per proprio conto la manipolazione del pene e arriverà alla scoperta della masturbazione e, almeno all’apparenza, le sue fantasie masturbatorie saranno legate alle ragazze, ma in questo caso nella masturbazione non si manifesta la sessualità spontanea del ragazzo perché le prime erezioni non sono state spontanee ma sono state indotte da una ragazza attraverso la manipolazione del pene. L’imprinting sessuale, ossia il fatto che le prime esperienze sessuali siano state indotte e quindi non siano il frutto della spontaneità sessuale del ragazzo, può indurre, anche per un periodo di anni, una masturbazione con fantasie legate all’imprinting e non alla sessualità spontanea. A seguito di un imprinting etero, anche in un ragazzo che, se avesse potuto sviluppare spontaneamente la propria sessualità, avrebbe manifestato una sessualità gay, può presentare una masturbazione in chiave etero e questo può durare anche per anni. Dai condizionamenti derivanti dall’imprinting etero un gay prima o poi esce certamente perché alla lunga la sessualità spontanea viene comunque a galla.

Decisamente più complesse e problematiche sono le situazioni dei ragazzi che sono stati oggetto di violenza o di abuso sessuale. Mi limito a sottolineare che l’abuso sessuale può lasciare su chi lo ha subito conseguenze molto pesanti, in particolare se è stato commesso con violenza fisica o psicologica oppure da uno stretto familiare.

Veniamo ad altri e molto più comuni elementi di disturbo del processo del riconoscersi gay. Partiamo anche qui da un esempio.

Un ragazzo di 8 anni è inserito in un gruppo di amici più grandi e li sente parlare con molto interesse della pornografia in internet. Per lui, a 8 anni, la sessualità genitale è ancora una realtà di là da venire, ma è indotto da quanto ha sentito ad andare a vedere di che cosa si tratta. In questo modo quel ragazzo scopre la pornografia, il che significa, nella stragrande maggioranza dei casi, la pornografia etero, prima di avere la maturità sessuale necessaria per capire il significato reale della sessualità. In questo modo quel ragazzo riceve una forma di pre-orientamento sessuale quasi sempre verso l’eterosessualità, che tende a stabilizzarsi perché fa sentire il ragazzo integrato con il gruppo dei ragazzi più grandi. Con il passare degli anni la tendenza ad imitare la sessualità dei ragazzi più grandi porta quel ragazzo alla scoperta della masturbazione che avviene in un’atmosfera etero e quindi manifesta un orientamento etero. Questo orientamento etero, non spontaneo, ma appunto indotto attraverso il meccanismo descritto, proprio per il fatto che non è spontaneo, potrebbe non coincidere con l’orientamento sessuale spontaneo e quindi, anche in questo caso un ragazzo giovane con una masturbazione esclusiva in chiave etero potrebbe trovarsi, con l’andare del tempo, a dover fare i conti con il successivo emergere di una sessualità spontanea gay.

Veniamo ad un altro punto importante e cioè all’educazione che un ragazzo riceve circa la sessualità, e come al solito prendiamo in considerazione un caso concreto.

Un ragazzo è stato abituato fin dall’infanzia a frequentare ambienti cattolici, in genere la parrocchia. In quell’ambiente si trova bene, la famiglia ha fiducia nei sacerdoti ed è contenta che il figlio frequenti quell’ambiente perché anche i genitori sono cresciuti in quell’ambiente e lo sentono come sicuro e adeguato per la crescita del figlio. Gradualmente quindi, cioè a partire dall’infanzia, quel ragazzo ha assimilato i valori tipici di un ambiente cattolico che sono legati all’idea della famiglia, intesa come padre, madre e figli, vista come centro della vita di un individuo. Questo modello non crea alcun problema al ragazzo prima del suo affacciarsi alla vita sessuale ed è anzi considerato come assolutamente naturale proprio perché, prima di scoprire la sessualità, un ragazzo si individua soltanto nel ruolo di figlio e non si identifica affatto nel possibile ruolo di padre. Ma non solo, un ragazzo assimila come assolutamente naturale l’idea che la sessualità, che ancora non conosce concretamente, sia finalizzata in modo esclusivo alla procreazione e che sia sbagliato qualunque altro uso della sessualità. Quando quel ragazzo scopre la masturbazione e si affaccia all’orizzonte della sessualità reale è portato in modo automatico a reprimerla e a sentirsi in colpa per il fatto di non riuscire a farne a meno cosa che ritiene essere suo assoluto dovere. Fino a questo punto il condizionamento della sessualità operato dall’ambiente religioso è praticamente lo stesso sia per i ragazzi gay che per i ragazzi etero, ma per i ragazzi gay ci sono anche altri problemi. In ambienti religiosi in genere si tende a dare per scontato che tutti i ragazzi siano eterosessuali e l’esistenza della omosessualità è considerata come manifestazione di patologia e di peccato. I sacerdoti che si occupano dei ragazzi più grandi parlano solo di rapporti tra ragazzi e ragazze e questi comportamenti inducono nei ragazzi gay l’idea di allontanare il più possibile da sé l’omosessualità ritenuta un peccato molto grave ma evitabile.

Fremiamoci a riflettere sulla situazione che abbiamo appena descritto.
La chiesa cattolica considera l’eterosessualità come l’unica forma naturale di sessualità e ritiene l’omosessualità una tendenza patologica, contro natura, che deve essere repressa. La chiesa considera peccato grave ogni atto omosessuale, cioè ogni forma di sessualità condivisa con una persona dello stesso sesso e considera anche peccato grave la masturbazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto da diversi decenni l’omosessualità come una variante “normale” (cioè non patologica) della sessualità umana e agli omosessuali è stato riconosciuto in molti stati il diritto di unirsi per formare una famiglia, una famiglia formata da coniugi dello stesso sesso, ai quali, in alcuni stati, è anche concesso il diritto di adottare bambini esattamente come è concesso alle coppie eterosessuali. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto in modo esplicito il valore della masturbazione non solo come elemento fondamentale per la formazione della sessualità in età adolescenziale ma come elemento positivo che produce piacere, accompagna l’intera vita sessuale di un individuo e coinvolge anche persone sposate, che hanno quindi facilmente accenno alla sessualità di coppia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito l’educazione alla masturbazione come elemento delle terapia sessuale finalizzata al benessere della persona sia come singolo che come componente di una coppia.

Gli insegnamenti della chiesa cattolica in materia di sessualità e in particolare di omosessualità e di masturbazione, non solo non sono universamente condivisi ma sono del tutto incompatibili con quanto la comunità scientifica afferma sugli stessi temi.

L’educazione alla sessualità, conforme ai dettami della chiesa cattolica o di altri gruppi religiosi con atteggiamenti analoghi, favorisce i sensi di colpa e induce alla repressione della sessualità e in particolare della omosessualità, che è vista esclusivamente nella dimensione del peccano e non come un comportamento naturale e spontaneo.

Quali sono per un ragazzo omosessuale le conseguenze di tutto questo? Il ragazzo cerca di forzarsi verso l’eterosessualità e considera l’omosessualità come un vizio da estirpare, cerca di creare un rapporto con una ragazza che lo rassicuri dandogli l’illusione che la sua omosessualità sparirà se lui saprà resistere alle tentazioni e in particolare se eviterà la masturbazione, in questo modo infatti il sentimento verso una ragazza potrà crescere “puro” cioè non contaminato dal sesso. Nel reprimere la masturbazione, che sarebbe inevitabilmente in chiave gay, e nel vivere il rapporto con una ragazza castamente, cioè senza alcuna traccia di sessualità, il ragazzo vede un merito, una vittoria su se stesso e il segno che la sua “eterosessualità” è vero amore e non vizio proprio perché non contaminata dalla masturbazione. In realtà l’apparente innamoramento “puro” verso la ragazza non è affatto un innamoramento proprio perché manca del tutto il coinvolgimento sessuale. Quell’apparente innamoramento permette al ragazzo di illudersi di essere etero, relegando l’omosessualità al rango di vizio marginale che passerà del tutto da sé, con gli anni, quando si andrà verso il matrimonio. Si tratta in buona sostanza di una rimozione del problema della omosessualità che viene negato e minimizzato. In alcuni casi, a partire da questi concetti, quando i primi tentativi di sessualità di coppia con una ragazza hanno successo si arriva addirittura al matrimonio.

Si usa l’espressione imprinting sessuale, in senso stretto, per indicare le prime esperienza sessuali o para-sessuali (nudità, contatto fisico) che inducono, tramite l’eccitazione sessuale, l’orientamento sessuale iniziale della masturbazione in direzione etero o in direzione gay. È abbastanza comune però parlare di imprinting sessuale anche a proposito della scoperta della pornografia e addirittura a proposito delle pressioni educative. Mentre la scoperta della pornografia, in particolare se molto precoce, può effettivamente determinare l’orientamento iniziale della masturbazione, e quindi può costituire un vero imprinting sessuale, le pressioni educative agiscono soprattutto tramite la dissuasione. In genere la rimozione della omosessualità per effetto dell’educazione non porta a una masturbazione in chiave etero ma all’astinenza dalla masturbazione, in questo caso si può parlare di imprinting sessuale solo in modo molto generico.

Qui va chiarito che come un ragazzo che vive un imprinting etero può masturbarsi, per un certo periodo almeno, con fantasie etero, pur non essendo etero, cioè non avendo una sessualità spontanea etero, così un ragazzo gay può arrivare ad avere, in situazioni di particolare coinvolgimento emotivo, rapporti sessuali con una donna. Va tenuto ben presente che il vero orientamento sessuale è l’orientamento sessuale “spontaneo” di una persona, un ragazzo è gay se, senza condizionamenti, la sua sessualità è rivolta ai ragazzi e analogamente un ragazzo è etero se, senza condizionamenti, la sua sessualità è rivolta verso le ragazze, ma questo non vuol dire che un gay, cioè un ragazzo che, senza condizionamenti, orienta la sua sessualità verso i ragazzi non possa, in particolari condizioni, cioè con forti condizionamenti, rispondere a stimoli di tipo eterosessuale. Analogamente un ragazzo etero, pur essendo spontaneamente portato ad una sessualità etero, in alcune particolari situazioni, può anche rispondere a stimoli di tipo omosessuale. È proprio per questa ragione che, in presenza di condizionamenti ambientali forti, quando l’orientamento della masturbazione non coincide con quello della sessualità di coppia, il vero orientamento sessuale è quello che emerge nella masturbazione, perché nella masturbazione il peso dei condizionamenti è enormemente minore e non ci sono attese di un partner da soddisfare. Le fantasie che accompagnano la masturbazione sono, proprio per queste ragioni, l’indice fondamentale dell’orientamento sessuale.

Va sottolineato che, dato che il 92% circa della società è composta da eterosessuali, le pressioni ambientali che spingono verso l’eterosessualità sono molto forti, mentre quelle che spingono verso l’omosessualità sono praticamente nulle. È proprio per questa ragione che ci sono non pochi gay che faticano a riconoscersi gay, anche per lunghi periodi, mentre è molto raro trovare un etero che fatichi a riconoscersi etero.

Circa il 30% dei ragazzi che finiscono per riconoscersi gay in modo esclusivo hanno avuto, prima, dei periodi in cui si sono considerati eterosessuali e alcuni di loro, e non pochissimi, hanno anche avuto rapporti sessuali con una ragazza e anche con più d’una. Quei ragazzi non sono degli eterosessuali che sono diventati omosessuali ma sono degli omosessuali che sono stati indotti ad illudersi di essere eterosessuali dalle pressioni ambientali o da una educazione per nulla rispettosa della spontaneità sessuale delle persone e in genere hanno vissuto periodi anche lunghi e problematici di incertezza circa il loro orientamento sessuale. È significativo il fatto che la maggior parte di questi ragazzi, anche quando ha una ragazza e ha rapporti sessuali con la ragazza, continua a praticare la masturbazione con fantasie gay.

Passiamo ora a trattare degli elementi che possono sembrare ma non sono affatto indici di orientamento sessuale. Prendiamo in considerazione un esempio.

Un ragazzo di 11 anni va a fare nuoto e confronta il suo pene con quello dei suoi coetanei. In questo caso se è vero che c’è un interesse per il pene di altri ragazzi, va chiarito che si tratta soltanto di un elemento di confronto per valutare la propria maturazione sessuale in rapporto a quella di altri ragazzi, lo stesso vale quando si considera il proprio sviluppo fisico, la propria altezza o la propria forza in relazione alle analoghe caratteristiche di altri ragazzi. Tutto questo non ha nulla a che vedere con l’omosessualità.

Passiamo ad un’altra situazione che è messa erroneamente in relazione con l’orientamento sessuale o con l’identità di genere, cioè col sentirsi maschio o femmina.

Un bambino di 5 o 6 anni mette qualche volta le scarpe della mamma, gioca con le bambole e non gioca alla guerra con i coetanei maschi, si trova meglio con le bambine che con gli altri bambini, non ama giocare a pallone ecc. ecc.

Situazioni del genere non sono indici di orientamento sessuale né di identità di genere (sentirsi maschio o sentirsi femmina) ma possono, qualche volta, esprimere forme di disagio ad integrarsi nel gruppo dei pari, spesso causate da un’educazione molto rigida o semplicemente da timidezza. Gli adulti dovrebbero evitare di enfatizzare negativamente questi comportamenti con atteggiamenti meravigliati o preoccupati che possono, questi sì, indurre insicurezze che rischiano di rimanere inespresse e irrisolte.

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Dany
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da Dany » sabato 19 ottobre 2013, 23:18

Bella. Aggiungo al discorso dell' imprinting etero: può essere indotto anche dall'educazione e non solo dalle prime esperienze infantili con le ragazze.
Quello che vuoi veramente non lo avrai mai... semplicemente perchè lo vuoi..

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progettogayforum
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da progettogayforum » domenica 20 ottobre 2013, 0:23

Sì, certo, devo rivedere quella parte per sottolineare che l'impronta educativa può comunque una forzatura imposta alla spontaneità e quindi è sostanzialmente un imprinting. Grazie!

Tozeur
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da Tozeur » domenica 20 ottobre 2013, 16:38

Sarebbe una bella idea e spero di poter dare anche io ed altri utenti un contributo affinché tutto ciò si realizzi. Io mi soffermerei anche sull'accettazione e sullo stare bene con se stessi che penso sia la cosa principale a cui aspiri un ragazzo che non si accetti.
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da derkleineBaum » lunedì 21 ottobre 2013, 12:58

Che bell'idea!
All'inizio non mi era piaciuto il titolo "manuale di omosessualità"... mi veniva da accostargli il sottotitolo "ragazzi se volete essere gay, fate così", dato che in ogni cosa provo a pormi criticamente. Però poi ci ho ripensato, riflettendo su quanto possa essere utile, invece, qualcosa del genere per chi sta vivendo una fase di crisi o di sofferenza (per chi, dunque, si sta guardando intorno alla ricerca di modelli. Credo che in fondo la critica - che poi è anche la propria crescita - si faccia su quelli; non si parte mai dal nulla!). Quest'operazione potrebbe sicuramente offrire uno spiraglio di luce tra i molti modelli stereotipati di omosessualità, che purtroppo ancora ci vengono propinati. Allo stesso tempo però, proprio per sfuggire ad una nuova stereotipizzazione (esiste questa parola??? :), il correttore me la segna!), c'è la raccolta di esperienze reali e punti di vista diversi. Questo mi sembra proprio un gran punto di forza! Spero di poter offrire un mio piccolo contributo!
Comunque la prima parte (fino al paragrafo sull'imprinting etero, che è una cosa che proprio mi manca) descrive proprio le origini della mia vicenda!
Resta con te,
insieme a te ...

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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da progettogayforum » martedì 22 ottobre 2013, 11:12

Ho apportato una modifica al capitolo 1 (che è evidenziata in un altro colore), qui di seguito riporto la bozza del capitolo 2.
________________

CAPITOLO 2 – IL COMING OUT

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, un ragazzo gay che riconosce la sua sessualità come omosessualità avverte immancabilmente che per gli altri la sua sessualità è oggetto di scherno e che il giudizio che gli altri ne danno è negativo. Per un ragazzo gay è quindi automatico cercare di difendersi dall’aggressività degli altri ragazzi verso i gay, avvertita chiaramente almeno a livello verbale, evitando di parlare della propria omosessualità e cercando di conformarsi ai comportamenti generalmente condivisi. Un ragazzo gay quindi non solo non parlerà di ragazzi ma si atteggerà a etero per non essere individuato come gay e per potersi integrare nel gruppo dei pari.

Come già abbiamo accennato, in genere, vedendo i comuni comportamenti di un ragazzo gay non è praticamente possibile capire quale sia il suo orientamento sessuale. I ragazzi gay, quindi possono essere individuati come gay solo se parlano concretamente della loro sessualità ed è proprio per questo che nella grande maggioranza dei casi non si dichiarano gay pubblicamente e non mettono in atto pubblicamente nessun comportamento che possa permettere di identificarli come gay, sono infatti consapevoli del fatto che per non incorrere in reazioni di intolleranza o di omofobia, sia a livello familiare che sociale, bisogna evitare di parlare della propria omosessualità. Siccome spesso anche i discorsi sentiti in famiglia contengono messaggi omofobi, un ragazzo gay si rende conto della necessità di non lasciare trasparire nulla della propria omosessualità neppure in famiglia o meglio soprattutto in famiglia. Ma poiché un ragazzo gay vive e deve continuare a vivere in famiglia, subentra a questo punto la preoccupazione di non lasciare tracce e quindi per esempio di cancellare la cronologia sul computer, di non acquistare libri o giornali che parlino di omosessualità, di cancellare la memoria del cellulare o di mettere in memoria i numeri usando sigle e non i veri nomi degli amici, di evitare di assistere insieme con i genitori a trasmissioni televisive come film o dibattiti sul tema della omosessualità. Nel caso in cui i genitori esercitino una pressione esplicita verso l’eterosessualità con classiche domande come: “Ce l’hai una ragazza?” un ragazzo gay deve elaborare una strategia che gli permetta di eludere la domanda senza dare nell’occhio. Probabilmente, però, il disagio maggiore di un ragazzo gay a causa della omofobia dei genitori consiste nel non poter frequentare i ragazzi che vorrebbe conoscere. Per indicare i ragazzi gay che non si dichiarano si usa l’espressione “essere nell’armadio”, espressione derivata dall’Inglese “in the closet" cioè chiusi nell’armadio e ben protetti.

Per un ragazzo gay, non è comunque facile tenere tutto per sé e non confidarsi assolutamente con nessuno, anzi un ragazzo gay avverte spesso che una sua amica o un suo amico probabilmente non reagirebbero male dopo aver saputo che un loro amico è gay. Il ragazzo gay entra allora in una difficile fase di passaggio in cui le esigenze affettive legate al poter parlare liberamente di sé si scontrano con l’esigenza di evitare di diventare oggetto di scherno e di chiacchiere altrui. Matura così in lui pian piano l’idea di potersi confidare almeno con una persona di cui si fida molto, si usa dire che matura l’idea di fare “coming out” espressione inglese per “venire fuori”. Quasi tutti i ragazzi gay prima o poi arrivano ad un coming out limitato ad una o a pochissime persone scelte con la massima prudenza. Ovviamente se un ragazzo gay non si confida con nessuno e controlla con attenzione tutti i suoi comportamenti, nessuno potrà arrivare a capire che è gay, mentre se si confida anche solo con una persona corre il rischio che la persona che è a conoscenza della sua omosessualità possa diffondere la notizia anche senza rendersene conto. Quando ciò accade ci si trova di fronte a quello che si definisce outing (che si potrebbe tradurre con “essere tirato fuori” ovviamente dall’armadio). Un gay che fa coming out anche con una sola persona corre quindi un rischio di outing, ma se quella persona è una persona seria e affidabile il rischio è minimo anche se non è mai del tutto nullo. Un ragazzo quindi, scegliendo con la massima cura la persona o le persone destinatarie del suo coming out, può minimizzare in modo molto efficace il rischio di outing.

Si usa distinguere i gay in “pubblicamente dichiarati” e “non pubblicamente dichiarati” o brevemente in dichiarati e non dichiarati, sottintendendo il pubblicamente, perché si dà per scontato che tutti i ragazzi gay prima o poi facciano un coming out limitato con persone di cui si fidano totalmente.

Come abbiamo osservato, la stragrande maggioranza dei ragazzi gay non si dichiara pubblicamente, si stima che in Italia i gay pubblicamente dichiarati siano circa il 4% della popolazione gay, in altri paesi le percentuali stimate sono molto variabili in ragione della sanzione sociale nei confronti della omosessualità. Nei paesi in cui l’omosessualità comporta la pena i morte nessuno si dichiara gay, in quelli in cui ai gay sono riconosciuti anche i diritti al matrimonio con persone dello stesso sesso e all’adozione di bambini i gay pubblicamente dichiarati sono certamente una frazione consistente.

In genere tra un gay dichiarato e uno non dichiarato ci sono forti differenze nell’interpretare il concetto stesso di “essere gay”. Queste forti differenze sono però per grandissima parte dovute ai relativi ambienti culturali che possono essere diversissimi. In buona sostanza il dichiararsi o meno è una scelta solo in un modo molto particolare proprio perché il livello di rischiosità del dichiararsi è enormemente variabile da situazione a situazione. Spesso i gay non dichiarati sono portati a pensare che i dichiarati si siano dichiarati per poter avere accesso più facilmente al sesso frequentando ambienti etichettati gay, mentre i gay dichiarati ritengono che i non dichiarati siano in sostanza dei vigliacchi che non hanno il coraggio delle proprie azioni. In entrambi i casi si tratta di pregiudizi che non hanno alcun fondamento proprio perché non si tiene conto che gli ambienti intorno ai ragazzi possono essere diversissimi.

Gli ambienti familiari, prima ancora che sociali, in cui i gay si trovano a vivere sono così radicalmente diversi e così condizionanti circa il fatto di dichiararsi o meno che non ha alcun senso comparare situazioni individuali relative a contesti tra loro non comparabili.

Oggi, in Italia, cioè in un paese in cui l’omofobia è ancora profondamente radicata (basta la vicenda parlamentare della legge anti-omofobia per rendersene conto), salvo situazioni eccezionalmente favorevoli, il coming out generalizzato non è consigliabile. Molti ragazzi sono portati a pensare e talvolta sono anche indotti a pensare dalle associazioni gay che il coming out generalizzato sia un dovere morale, una dimostrazione di coraggio e in qualche modo un atto dovuto. In realtà non bisogna mai dimenticarsi che il coming out è di per sé un atto rischioso. L’omofobia a scuola, all’università e nei posti di lavoro risulta evidente da molti episodi di cronaca, e per di più la maggior parte delle discriminazioni su base omofobica è accuratamente nascosta dietro altre motivazioni proprio per evitare che appaia come discriminazione omofobica. Non va mai dimenticato che il coming out generalizzato è una gesto dal quale non si torna indietro qualunque conseguenza ne possa derivare e quindi è indispensabile riflettere molto attentamente sui rischi a cui si va incontro prima di dichiararsi pubblicamente.

Un tipo particolarissimo di coming out è il coming out coi genitori. A questo proposito molte variabili vanno considerate con la massima attenzione. Bisogna tenere conto che, se e quando arriva, il coming out con i genitori e cronologicamente l’ultimo. I genitori, per quanto possano essere ottimi genitori sotto altri aspetti, possono essere assolutamente impreparati al coming out di un figlio e radicalmente incapaci di valutare le cose in modo realistico perché influenzati da condizionamenti e da preconcetti di vario tipo. Dare per scontata la capacità dei propri genitori di capire e di accettare l’omosessualità del figlio è molto imprudente. Mentre se un coming ot con un amico non viene preso per il verso giusto è possibile interrompere i rapporti con quell’amico, quando è il coming out coi genitori a non essere preso per il verso giusto, la convivenza deve comunque continuare e può diventare decisamente sgradevole. Si registrano ancora situazioni in cui i genitori arrivano a negare ai figli l’assistenza economica durante gli studi (due genitori che avevano un figlio gay che studiava in un’altra città e aveva in affitto un mini-appartamento pagato dai genitori, una volta saputo che il figlio era gay non hanno più pagato l’affitto e hanno costretto il figlio a rinunciare agli studi). In alcuni casi il figlio gay maggiorenne è stato allontanato da casa per separarlo dai fratelli perché i genitori pensavano che potesse essere un pericolo per i fratelli. Le situazioni di rifiuto radicale sono tuttavia rare. Nella maggior parte dei casi, però, al coming out coi genitori segue un clima freddo, l’argomento viene censurato e si fa finta che non sia successo nulla o i genitori si trincerano dietro il classico negazionismo con frasi come: “Vedrai che passerà! È solo una fase”, oppure: “Lo dici solo per provocarmi!” Abbastanza comune è la reazione di medicalizzazione: “Domani cerchiamo un bravo dottore e vediamo se si può fare qualcosa” o il rinvio allo psicologo, in genere uno psicologo indicato dai genitori. In tutte queste situazioni è evidente che i genitori non sono in grado di capire e di accettare e che il coming out è stato una scelta affettata. Spesso il genitore si colpevolizza e attribuisce l’omosessualità del figlio ad un suo errore educativo o considera l’omosessualità del figlio come una specie di condanna conseguente a qualche colpa dello stesso genitore. Talvolta, con l’andare del tempo la situazione migliora e quando i genitori si rendono conto che gli amici gay del figlio sono ragazzi come tutti gli altri e che essere gay non è sinonimo di cacciarsi nei pasticci, finiscono per superare le loro paure e per accettare l’omosessualità del figlio.

Va tenuto presente che vedere i propri genitori parlare in modo tranquillo di omosessualità e magari anche vedere che hanno amici gay, non offre alcuna garanzia in rapporto alla loro capacità di accettare l’omosessualità del figlio. Altro è parlare in generale di omosessualità, considerando l’omosessualità una cosa estranea e lontana, altro è accettare di avere un figlio gay.

Spesso i ragazzi gay, che non si sono dichiarati in modo esplicito con i loro genitori, pensano che i genitori siano comunque arrivati a capire di avere un figlio gay da alcuni loro comportamenti e da alcuni loro discorsi che, secondo loro, sono delle dichiarazioni implicite di omosessualità. Si tratta in genere di presunzioni che non rispondono alla realtà, perché un genitore, di fonte a discorsi non espliciti del figlio mette in campo la cosiddetta interpretazione difensiva, cioè interpreta il discorso implicito secondo la direzione che minimizza i problemi dal suo punto di vista, nel caso specifico il genitore tende ad evitare le interpretazioni che porterebbero ad ipotizzare l’omosessualità del figlio. Classico è l’esempio dell’interpretazione del fatto che il figlio non ha una ragazza:

“Mio figlio non aveva una ragazza però aveva delle amiche e usciva anche con loro, non aveva niente contro le ragazze e anzi le ragazze lo corteggiavano ma lui è sempre stato serissimo e ha messo sempre al primo posto lo studio. Si doveva laureare e non poteva perdere troppo tempo. Studiava tutti i giorni con un amico e poi gli esami li facevano, io ero contenta. Quelle rarissime volte che ho provato a parlargli di ragazze mi ha detto che al momento aveva altri problemi per la testa e che voleva prima finire gli studi. Io in tutto questo discorso non ci vedevo proprio niente di strano. Poi quando mio figlio me lo ha detto io sono proprio caduta dalle nuvole e lui non se lo sapeva spiegare perché pensava che io avessi già capito tutto perché mi aveva fatto dei mezzi discorsi, però io il senso di quei discorsi io non lo avevo capito affatto.”

Un tipo molto particolare di coming out è quello rivolto ad un ragazzo di cui si è innamorati nella presunzione che anche lui sia gay e che possa rispondere con la desideratissima frase: “Sono gay anche io!” Se in linea generale è difficile valutare “prima” le possibili conseguenze del proprio coming out con gli amici e in famiglia, è difficilissimo valutarle se il coming out è rivolto a un ragazzo di cui si è innamorati perché qui il giudizio è facilmente falsato dal fatto che c’è un profondo coinvolgimento affettivo e sessuale che ci induce a vedere le cose come vorremmo che fossero più che come realmente sono. Vorrei sottolineare a questo proposito un aspetto molto particolare, che è chiarito dall’esempio seguente.

“Io e il mio ragazzo abbiamo cominciato a frequentarci solo come amici poi è venuto tutto da sé, lui non mi ha mai detto che era gay né io l’ho detto a lui, non ce n’è stato assolutamente bisogno, la classica domanda: “Ma lui è gay?” non me la sono mai posta e nemmeno lui, meglio io me la sono posta e forse anche lui ma l’idea di arrivare a una forzatura, cioè a forzare la spontaneità per sapere subito, o almeno presto, come stavano le cose non l’abbiamo mai avuta, e poi ci sono due fatti, prima di tutto non lo volevo assolutamente perdere, fosse anche stato solo un amico e poi lui è molto timido e non volevo che ci fosse nessuna forzatura, perché l’avrebbe presa come un “se non sei gay non mi interessi” mentre non era assolutamente così. Io la certezza che lui fosse gay l’ho avuta comunque dal fatto che stare insieme era fondamentale sia per lui che per me, c’è stata una reciprocità totale fin dall’inizio.”

In pratica in coming out verso un ragazzo di cui si è innamorati costituisce un forzare l’altro ad uscire allo scoperto. A parte il fatto che le probabilità di trovarsi di fronte ad un ragazzo etero sono comunque alte, anche quando si presume il contrario, quando il ragazzo è gay, nell’ambito di un rapporto veramente reciproco, non c’è bisogno di nessun coming out esplicito. In queste situazioni infatti non c’è nessun rischio di interpretazioni difensive e se un ragazzo è gay arriva molto facilmente a decodificare i comportamenti dell’altro che vanno nella direzione voluta. Devo sottolineare però che presumere che se l’altro è gay ne verrà certamente un bellissimo rapporto di coppia è decisamente poco realistico, perché il ben noto teorema “gay + gay = amore” non ha niente a che vedere con la realtà.

Tozeur
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Re: BOZZE DI UN MANUALE DI OMOSESSUALITA'

Messaggio da Tozeur » mercoledì 23 ottobre 2013, 20:53

Beh che dire, ci sono diversi punti molto interessanti. è anche bello approfondire un episodio molto frequente nel quale, il ragazzo non dichiarato, fidanzato o meno, è parte di un gruppo in modo marginale perché non può parlare di sé come invece fanno i suoi coetanei/amici. Questo può rendere molto difficile l'instaurarsi di amicizie con persone per paura di aprirsi troppo con chi, magari, non accetterebbe una parte di te.
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