OMOSESSUALI ED EFFEMINATEZZA SECONDO RAFFALOVICH

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OMOSESSUALI ED EFFEMINATEZZA SECONDO RAFFALOVICH

Messaggio da progettogayforum » martedì 11 ottobre 2016, 15:43

Il capitolo di “Uranismo e Unisesusalità” di Raffalovich che Vi presento oggi, come preannunciato, è dedicato all’effeminatezza. Ho già anticipato che qui Raffalovich lascia spazio ai suoi spiriti moralistici e ai suoi pregiudizi misogini e dimostra di non possedere gli strumenti culturali adeguati per affrontare il problema della cosiddetta effeminatezza. In buona sostanza, pur manifestando dubbi sul fatto che la forte effeminatezza sia strettamente correlabile con l’omosessualità, non arriva alla fondamentale distinzione tra questioni di orientamento sessuale e questioni di identità di genere, sovrappone ampiamente le due categorie e sposta il discorso su valutazioni moralistiche improprie.

Nella seconda parte del capitolo, che si stacca in modo sostanziale dal tema dell’effeminatezza, il livello morale cambia nettamente, Raffalovich cita un lungo e interessantissimo brano del Fedro di Platone, sui comportamenti di un amante dominato dalla ricerca del piacere. La citazione riguarda un rapporto tipicamente pederastico, ma in essa si delinea un concetto di moralità della pederastia, che consiste nel favorire la crescita e la libertà di un giovane, agendo per il suo bene e non per la ricerca del piacere.

Dalla citazione di Platone Raffalovich prende lo spunto per una digressione sulla omosessualità “immorale” dell’altra società e sulle sue conseguenze, prima fra tutte il matrimonio degli omosessuali. La descrizione di quegli ambienti e di quei comportamenti mette in evidenza che ciò che Raffalovich considera immorale non è l’omosessualità in sé ma il fatto di viverla senza serietà e senza dignità morale. Ma lasciamo a lui la parola.
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EFFEMINATEZZA

Leggendo le biografie degli invertiti effeminati (che si sentono soprattutto donne di fronte all’uomo, o meglio agli uomini), si è colpiti dalla loro inferiorità morale, dalla loro superficialità e dalla loro mancanza di pudore. I loro vizi sono più vili di quelli degli uranisti maschili. Messalina sembra loro un ideale lubrico e una piccola diva da operetta, quasi il loro ideale sentimentale e artistico. Si vantano di avere i vizi della donna come il suo charm. Vorrebbero vestirsi come una donna, e lo fanno spesso; amano tutte le occasioni in cui possono travestirsi; non disdegnano nemmeno i lavori femminili, gli arazzi, ecc. ecc.. Soffrono della vanità femminile allo stato acuto e cronico.

Si sarebbe tentati di considerarli dei degenerati, e spesso lo sono, ma questa spiegazione non è sempre sufficiente. Sono portato a credere che la loro sessualità invertita e la loro effeminatezza abbiano cause diverse, e che sia la mescolanza di effeminatezza e inversione a produrre un risultato così ripugnante, così desolante.

Il giovane uomo effeminato che si lascia andare all’inversione esagera tutti i suoi difetti perché li crede delle qualità, delle attrattive, della armi di civetteria. Non inventa tutti i suoi atteggiamenti ridicoli, ma ne copia parecchi. Se lo si incoraggia, si pavoneggia, diventa fiero delle sue timidezze e dei suoi nervosismi. Se lo si prende in giro, trattiene la sua inquietudine fino al giorno in cui sarà libero di mostrarla, di metterla in piazza.

È una disgrazia quando un uomo ammira troppo o invidia troppo il ruolo della donna,[1] perché l’uomo non invidia affatto il ruolo della donna virtuosa. L’uranista più maschile, così come l’eterosessuale, ha la sua ora di femminilità: Shakespeare ha ragione a far dire a Rosalinda che le donne e i ragazzi sono bestiame dello stesso colore. C’è un tempo (non sessuale) in cui il giovane uomo ha delle sensazioni, degli slanci, dei pudori tipici di una donna più che di un uomo. I Greci eccellevano nel rappresentare questa verginità maschile, e i Tedeschi l’hanno descritta con adorazione nei loro libri. Nell’uranista maschile, nell’adolescente maschio eterosessuale che vale qualcosa, che ha delle aspirazioni verso quello che c’è di buono o di forte (anche molto relativamente), questo periodo di tempo è molto breve. L’esperienza, lo sviluppo intellettuale e fisico, tutto quello che forgia l’uomo, porta via questo fiore della giovinezza, questo desiderio di essere guidato, di essere un po’ apprezzato, di sentire di valere qualcosa in rapporto a qualcuno che si ammira. Nessun uomo veramente virile ha ignorato sentimenti di questa lievità. Solo che nell’effeminato la vanità personale e femminile arriva a rovinare per la maggior parte del tempo questi slanci. Il giovane uomo desidera di essere qualcosa in rapporto a qualcuno nel quale quello che c’è di più essenziale è il sesso maschile. Nel capitolo sull’infanzia degli uranisti virili abbiamo visto la storia del risveglio di questo istinto in un maschio. Nell’effeminato c’è una esagerazione permanente di questi sentimenti di sacrificio sessuale, di desiderio di essere posseduto.[2] Quando questo desiderio esiste, nella forma sessuale, in un uranista maschile, la violenza del desiderio può essere causata da una virilità precoce che si ignora, che vuole imparare, conoscere, imporsi e che non vede altro mezzo che il concedersi, offrirsi, essere posseduto e iniziato. L’effeminato si lascerà più spesso prendere, il maschile invece si offrirà la prima volta, o le prime volte.

L’adolescente si sbaglia facilmente e se ha lo spirito corrotto dalle letture o dalle conversazioni, crederà di essere donna[3] per temperamento e non per giovinezza, per ignoranza. Se ha carattere impara che prima di tutto è uomo; altrimenti coltiva i suoi errori e le sue qualità femminili con cura, e dato che le chiacchiere, la menzogna, la timidezza, l’affettazione non chiedono di meglio che aumentare, l’effeminato a 23 anni (se ha cominciato da giovane) o a ventiquattro anni, è già vittima di una malattia psicologica.

Le avventure galanti, gli innamorati, le scene di gelosia o di seduzione, le stanchezze dovute ad eccessi sessuali verso i quali gli effeminati e i passivi sono tanto attratti, producono questo stato psicologico e lo aumentano. A meno che non si faccia una riforma radicale, è molto difficile fermare tutte queste cattive abitudini, specialmente perché esse rendono improbabile lo sviluppo del carattere, il perfezionamento della individualità. La civetteria, la galanteria di una ragazza galante non permettono affatto a un giovane uomo di diventare uomo. D’altra parte quelli che si legano a simili giovanotti eleganti dai modi raffinati sono o sensuali, o curiosi, o viziosi, o indifferenti, che cercano solo di divertirsi, cercano di tenerseli per loro o di sbarazzarsene passandoli a qualcuno di loro conoscenza. I più saggi insegnano loro con maggiore o minore successo come ci si può difendere dalle maldicenze troppo irrimediabili, a quale nobile vedova bisogna fare la corte, quali conoscenze coltivare, ecc..

Dopo avere scritto quello che precede, risultato di tristi osservazioni che mi sforzo di non rendere ingiuste o satiriche, ho aperto il Fedro di Platone e ho notato un parallelo sconvolgente tra gli effeminati mondani[4] del XIX secolo e quelli di Atene:

“Chi è dominato dal piacere, schiavo del desiderio, deve necessariamente cercare nello stare accanto a colui che ama il più grande piacere possibile. Ora, uno spirito malato trova il suo piacere nella completa condiscendenza alle sue volontà; tutto ciò che lo porta al di sopra di lui o gli resiste gli è odioso. Dunque l’amante non vedrà mai volentieri in colui che ama uno a lui superiore e nemmeno uno a lui uguale; si darà sempre da fare per abbassarlo al di sotto di lui. L’ignorante è al di sotto del sapiente, come l’ignavo è al di sotto del coraggioso… Tutte queste cause di inferiorità, sia naturali che accidentali, faranno piacere all’amante, se le riscontra nell’oggetto del suo amore; altrimenti cercherà di farle nascere o al momento ne soffrirà. Sarà dunque necessariamente geloso, cercherà di impedire a colui che ama tutte le relazioni che potrebbero essergli utili e potrebbero renderlo più uomo; e in questo modo gli provocherà un grave danno, ma soprattutto gli farà un torto irreparabile derubandolo dell’unico mezzo per accrescere le sue conoscenze e le sue capacità di capire.

Questo mezzo è la divina filosofia, dalla quale l’amate cercherà necessariamente di allontanare il suo beneamato, per paura che lì non impari a disprezzarlo. Farà tutti gli sforzi possibili perché il giovane uomo resti nell’ignoranza assoluta, perché non abbia occhi che per il suo amante e sia per lui in questo modo ancora più gradevole proprio nel far torto a se stesso. Sul piano morale non si potrebbe avere guida peggiore né peggiore compagno… Sul piano fisico, chiediamoci che tipo di cura possa dare un amante a colui che egli possiede, costretto come è a cercare in tutto il gradevole a spese dell’utile. Lo vedrete sempre cercare, al posto di un giovane robusto,[5] qualche giovincello senza vigore, nutrito non alla luce del sole ma nell’ombra, estraneo ai lavori maschili e ai nobili sudori, abituato alle delizie di una vita molle, truccato con colori stranieri, carico di ornamenti per supplire alla mancanza dei veri ornamenti, e che, infine, non ha nulla in tutta la sua condotta e nei suoi costumi che non corrisponda a questo ritratto. Tutto questo è così evidente che non vedo la necessità di ribadirlo: diciamo solamente, per riassumere, che con un corpo così delicato il giovane uomo, esposto ai rischi della guerra o a qualche grande pericolo, non ispirerà che audacia ai suoi nemici, e paura ai suoi amici e al suo amante.”

Questo amante, continua Platone con la sua ammirabile psicologia, che non è invecchiata nemmeno di un’ora, vedrebbe colui che ama “con piacere privato di suo padre e di sua madre, dei suoi parenti e dei suoi amici, che egli considera come dei censori inopportuni e come degli ostacoli al dolce commercio che si compiace di intrattenere. Se questo giovane uomo è padrone di una grande fortuna o di una bella proprietà, non ci sono speranze di sedurlo così facilmente né di trovarlo docile dopo averlo sedotto. Egli vedrà dunque la sua ricchezza con uno sguardo doloroso e sarà vicino a gioire della sua rovina. Infine desidererà di vederlo il più a lungo possibile senza figli, senza moglie, senza casa; perché non si preoccuperà che di prolungare il proprio piacere.”

L’amore di questo amante, “che in ogni istante fa entrare il piacere nel suo cuore attraverso l’udito, la vista, il tatto, attraverso tutti i sensi”, per quanto durerà, sarà nocivo, quando non sarà spiacevole e capace di spingere il giovane uomo a trovare una compensazione attraverso capricci e follie: “Ma quando questo amore sarà finito, non contate più sulla fedeltà dell’amante, egli si dimenticherà perfino delle promesse che accompagnava con tanto di giuramenti e di preghiere, .. Il momento di pagare il conto è venuto, ma lui ha cambiato padrone e vive sotto altre leggi. La ragione e la saggezza hanno rimpiazzato l’amore e la follia; non è più lui: è diventato tutt’altro all’insaputa del giovane uomo che amava teneramente. Costui reclama ancora il prezzo delle sue compiacenze passate: ricordati, dice all’infedele, le tue stesse parole e le tue stesse azioni. Come se parlasse sempre allo stesso uomo! Ma lui senza osare ammettere il suo cambiamento, senza potersi sbarazzare ancora dai sentimenti e delle promesse che ha fatto sotto l’impero della sua folle passione, è già comunque abbastanza padrone i se stesso, abbastanza lucido per non voler ricadere nei medesimi sviamenti e non ridiventare quello che era. Per uscire da questa posizione fastidiosa, si vede obbligato ad abbandonare l’oggetto della sua vecchia passione; poi diventa un fuggitivo. Il giovane uomo imbrogliato perseguita allora il suo vecchio amante con la sua indignazione e le sue imprecazioni, crudelmente punito di avere ignorato fin dal principio che al posto di accordare i suoi favori ad un uomo innamorato e necessariamente folle, avrebbe fatto meglio a riservarli ad un amico saggio e padrone di sé; perché altrimenti sarebbe stato costretto a concedersi ad un infedele, a un capriccioso, a un geloso, pernicioso per le sue fortune, pericoloso per la sua salute ma soprattutto pericoloso per la sua istruzione…”

È nel mondo degli effeminati che lo scambio delle due fantasie e il contatto delle due epidermidi sono soprattutto ricercati, così come la vanità delle buone fortune.

Si sono descritte le serate dei pederasti prostituti ma la letteratura può ancora fare conoscere le cene e i pranzi degli invertiti mondani. Lì si beve alla salute del padrone di casa e del suo ultimo favorito. Ci si incontrano uomini seri, decenti, che le donne di mondo che ostentano una vita austera ascoltano con piacere, e anche attori, musicisti, giovani uomini chic che vanno a ballare a tutti i balli chic, uomini sposati giovani o vecchi. Lì si balla dopo pranzo o dopo cena, ci si trovano tutte le cose ridicole, tutte le vanità e tutte le menzogne. Ci sono uomini eterosessuali che vanno a queste cene per divertirsi, per fare delle conoscenze utili, per raccontare quello che hanno sentito, per andare da qualche parte, per intrufolarsi nelle cose intime altrui.

Vengono invitate anche donne, delle lesbiche belle o repellenti, donne che si si divertono di tutto e fanno finta di non sospettare niente di strano o di nascosto, ma anche, qualche volta, donne del tutto rispettabili, e indulgenti, ma questa non è proprio la stessa situazione. Ci si comporta più o meno come ci si comporterebbe in presenza di un uranista che non scherza sui buoni costumi o di un eterosessuale che non deve fare o proseguire la sua strada.

Non parlo delle feste più galanti e più pericolose alle quali si invitano anche persone di classe inferiore.

Si comprende facilmente che i giovani uomini fuorviati in questo mondo con pretese di eleganza, di arte, di musica, di letteratura, non maturano affatto e non tentano affatto l’uranista severo o la donna che desidera guarire. Qualche volta, comunque, un uomo che non vive in questo ambiente, che lo evita, innalza un giovane uomo di merito e lo salva e allora si vede un Vautrin casto e un Lucien de Rubempré che diventa rispettabile. Altre volte una donna si mette in testa di salvare il ragazzo carino che la fa tanto ridere, che canta così bene e che le confida tutti i suoi problemi e le sue disgrazie. Se è una donna di mondo, di buona condizione, se è generosa, se lo aiuta materialmente col suo denaro e coi suoi consigli e se lui soccombe ad un disagio sufficientemente forte, finirà per sposarla e la renderà poco felice. Non vorrà più accompagnarla sempre e dappertutto, si annoierà quando le sta accanto, la trascurerà e dopo un po’ di tempo ci sarà uno di quei tipici rapporti in più: Signora elegante e triste, depressa o dissipata, Signore carino, spendaccione, che si diverte con l’unisessualità. La donna può essere ben felice se ha un figlio o due, perché se non li ha all’inizio della sua vita coniugale è probabile che non ne abbia più l’occasione dopo, dato che più di un invertito, alla lunga, si rifiuta ad ogni intimità.

Una donna molto ricca e gelosa avrà più probabilmente un numero adeguato di figli che la trattenga a casa a fare i suoi doveri. I figli possono essere una garanzia che la donna non farà scandali. E si può essere persuasi che le madri che trascinano davanti ai tribunali un marito unisessuale[6] valgono meno di quanto esse credono.

Ma se la donna guaritrice è anche lei sposata, se è tenera e imprudente, entrerà in un inferno. Immaginatevi una Renée di “La Curée” di Zola, più tenera, meno corrotta, altrettanto mondana, e un Maxime, rimasto in sostanza quello che era in collegio. La situazione è frequente. Le donne si appassionano agli invertiti carini o divertenti, e gli invertiti effeminati fanno soffrire queste donne ancora di più degli eterosessuali, ma hanno una compensazione da offrire loro: ed è che si interessano alle medesime cose. Per un certo mondo è impossibile avere un’intimità più gratificante di quella con un brillante e giovane effeminato, che ha un bel modo di fare, è ricco, carino e di buona famiglia. Le relazioni mondane o semi-mondane tra gli effeminati e le donne vengono fuori più dal romanzo di costume, dagli abbozzi della vita come essa è, che non da questo libro. Non sono state rese banali dalla letteratura inglese, perché i critici non erano uomini degli di mondo o degli osservatori, non le hanno colte nei rari libri che se ne sono occupati, e gli imitatori non sono stati incoraggiati a cominciare e a volgarizzare.

I medici, invece, si sono molto interessati di quello che riguarda gli effeminati e sono stati tentati di prenderli come modello dell’uranismo.

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[1] Alcuni effeminati eterosessuali hanno la mania degli abiti effeminati, vorrebbero portare biancheria meravigliosa e non amano le donne nude.
[2] È praticamente impossibile per il ragazzetto che desidera ardentemente di essere posseduto sapere se desidera essere posseduto per essere in potere di un altro o per imparare a sua volta il mestiere che l’altro conosce. Se desidera uno che lo possieda o un iniziatore.
[3] Il giovane uranista, il cui istinto sessuale lo spinge verso l’uomo più che verso il bambino, può essere votato alla passione della similarità tanto quanto a quella dell’effeminatezza. Vuole sedurre, vuole piacere, vuole essere amato, sceglie una taglia più stretta, si accentua le anche, ammorbidisce la sua camminata, perché crede che sia indispensabile. Una volta fatta luce su questo, l’uranista maschile non si comporterebbe più alla maniera di un eterosessuale. Il vero effeminato si femminilizza per il suo proprio piacere oltre che per quello degli altri, il giovane uranista maschile lo fa soprattutto per cercare un ammiratore. Curioso paradosso, perché più tardi l’effeminato farà di tutto per il pubblico e il maschile invece farà per esso il meno possibile.
[4] Sto parlando del mondo decente, non parlo del mondo basso descritto nelle memorie della polizia.
[5] Soprattutto robusto di carattere, per la virilità, l’indipendenza dell’anima o dell’intelligenza: perché qualcuno di questi “giovincelli”, se non la maggior parte, senza vigore virile nel vero senso della parola, sono giustamente ricercati per il loro vigore fallico.
[6] Come una certa riformatrice inglese.

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