GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Che cosa significa essere gay
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GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da progettogayforum » lunedì 27 marzo 2017, 11:04

Partiamo dall’analisi di alcuni brani di mail di ragazzi gay.

1) “Cercarmi un ragazzo è diventata la mia ossessione. Vivo di chat, di messaggi, di attese snervanti, e quando qualcosa si realizza alla fine non è mai la persona giusta. Se mi piace veramente è etero spaccato, se è gay ha qualche stranezza, qualche fissa sua particolare, o si nasconde alla famiglia, ecc. ecc.. Non ce la faccio più ad andare avanti, in pratica adesso vivo da mesi per trovarmi un ragazzo e non sto combinando più niente altro. Con l’università ho perso più di un anno, ma non me ne importa niente, perché adesso il mio problema non è quello…”

2) “I miei genitori sono ottusi, fanno discorsi assurdi e omofobi, io con loro devo recitare la parte dell’etero e devo pure frequentare delle ragazze, che per me sono solo amiche e spesso nemmeno quello, ma per loro tra quelle c’è la mia ragazza e fanno di tutto per capire qual è. Ma io non ce la faccio più a fingere e poi con mio fratello le incomprensioni sono all’ordine del giorno, lui mi dà consigli fraterni su come gestire i rapporti con le ragazze e si immischia di cose che non lo riguardano … e poi la privacy del PC. Mio fratello ha un PC senza password e c’è parecchio porno etero e lui nemmeno lo cancella, perché è etero e quindi va bene. Sul mio PC c’è la password e i file più delicati sono depositati in un sito e non nel computer… insomma faccio la vita della spia russa. Penso spesso a che cosa potrebbe succedere se i miei capissero e in ogni caso perché dovrei fingere tutta la vita?”

3) “Il mio ragazzo, quando scrivo questa espressione mi sento strano. Io vorrei che fosse il mio ragazzo, ma lui lo è veramente? Non basta mica andare a letto insieme per essere una coppia, ma lui pensa che basti. Io a lui ci tengo e mi sento pure stupido perché penso che lui nemmeno ci fa caso. Non lo conosco nemmeno a fondo, penso che ci siano tante cose sue di cui non mi parlerebbe mai mentre io di me gli ho detto tutto. Non so se il nostro rapporto potrà continuare, mi sento incompreso e geloso e la vivo proprio male. Certe volte mi sveglio la notte, lo vedo che dorme vicino a me ma lo sento come un estraneo.”

I tre brani di mail che ho riportato riguardano tre situazioni di stress affettivo tipiche dei ragazzi gay. Si potrebbe obiettare che situazioni per alcuni aspetti analoghe si ritrovano anche tra i ragazzi etero, in particolare per quanto riguarda il punto 3. Resta però il fatto che per un ragazzo gay, che si trova a vivere in un ambiente familiare o sociale omofobo, trovarsi un ragazzo, dichiarare la propria omosessualità in famiglia o gestire un rapporto difficile col partner presenta complicazioni specifiche, tipiche dei gay, connesse con l’idea ancora molto diffusa che l’omosessualità sia un disvalore. In altri termini, un ragazzo gay, oltre i problemi relazionali che incontra, deve affrontare anche l’omofobia diffusa.

Qual è il risultato di tutto questo? È presto detto: il ragazzo gay finisce per concentrarsi totalmente sui problemi “gay”, sugli squilibri affettivi, sull’omofobia, sulle difficoltà nei rapporti di coppia, col risultato di trascurare tutto il resto.

I modelli standard di comportamento postulano dei modelli altrettanto standard di equilibrio: il bravo ragazzo etero deve studiare, per laurearsi presto bene e per poter lavorare professionalmente per molti anni, deve avere una ragazza, deve sposarla, deve avere figli da lei, deve collaborare con la moglie nella crescita dei figli, prima di un sereno declino, in coppia, tra figli e nipoti.

In questo modello c’è “anche” una storia d’amore ma ci sono tante altre cose ugualmente indispensabili e solo l’equilibrio tra tutte le componenti si traduce nel benessere individuale.

Ovviamente quando qualcuna delle componenti del modello etero scricchiola o viene meno si manifestano forme di disagio, per le quali però è possibile una compensazione all’interno del modello, è come se le componenti del modello etero avessero tutte un valore più o meno equivalente e come se l’espansione di una di esse potesse compensare o vicariare automaticamente le carenze di altre componenti.

Il problema dei ragazzi gay, sta nel fatto che non esiste nessun modello gay, cioè nessun modello gay socialmente accettato, e che ciascuno è chiamato a conformare un proprio modello gay, fortemente dipendente dalle circostanze e dell’ambiente.

Può sembrare paradossale ma tra gli etero, la presenza di un modello sociale profondamente interiorizzato, riduce la variabilità dei comportamenti e spinge verso una sostanziale uniformità. È vero che negli ultimi decenni si è assistito ad una diversificazione di modelli etero, ma nonostante tutto, la forza attrattiva del percorso classico, attraverso meccanismi di gratificazione-sanzione, resta comunque molto forte, almeno a livello di principio.

I ragazzi gay, spesso, tendono ad assimilare, trasponendolo nella loro dimensione, il modello etero, ma la trasposizione resta un’operazione analogica di difficile gestione, perché per i gay i meccanismi di gratificazione-sanzione che sostengono a livello sociale il modello etero non sono applicabili.

In buona sostanza il problema del “che fare?” resta alla base di buona parte della vita dei gay giovani. I messaggi che si ricevono da varie fonti (amicizie, internet, ecc.) sono dei tipi più vari e inducono ad intraprendere strade anche molto divergenti. L’adeguamento dei modelli individuali al contesto socio-familiare è molto critico e delicato e il fatto che l’omosessualità è spesso un fatto di natura assolutamente privata, di cui non si può parlare, complica ulteriormente la situazione.

Questo vuol dire che la vita affettiva-sessuale dei ragazzi gay finisce o per essere rimossa e rinviata sine die, o per diventare il fulcro della personalità e per assorbire moltissime energie. Potremmo dire che nei modelli gay (uso volutamente il plurale) le problematiche affettivo-sessuali sono l’elemento dominante al quale tutti gli altri elementi sono subordinati. Alla ricerca della gratificazione affettiva si possono sacrificare gli studi, il lavoro e i rapporti con la famiglia d’origine. I tempi dell’autonomia economica, che è la vera autonomia, posso dilatarsi a dismisura e la vita affettiva-sessuale finisce per assorbire buona parte del tempo mentale del ragazzo gay a danno dell’equilibrio generale. In questo caso, però, è difficile poter operare compensazioni, perché il raggiungimento dell’equilibrio affettivo-sessuale non è certamente facile e senza di esso risulta molto difficile dedicarsi produttivamente ad altre attività.

Riporto qui di seguito un brano di una mail particolarmente significativa.

“… mi sento agitato, project, molto elettrico, e insicuro in certi momenti e in altri momenti provo un senso di depressione profonda, mi sto abbandonando e sento che le cose le sto mandato alla malora, anche quelle importanti, ho perso una marea di tempo con l’università, ho litigato coi miei e loro pensano che non ce ne sia ragione, ma la ragione c’è. Ho mandato a quel paese quasi tutti gli amici che mi raccontavano solo dei loro problemi con le ragazze e avevo l’impressione, con loro, solo di buttare il tempo. Passo giornate intere sulla pornografia o a caccia del contatto giusto, ho fatto qualche tentativo, ma sono stati deprimenti, comincio a pensare che resterò completamente solo, mi sento un fallito, alla mia età dovrei avere un lavoro e invece non ho ancora finito l’università e quello che è peggio è che non me ne importa più niente. Mi ci vorrebbe una spinta positiva, cioè mi ci vorrebbe un ragazzo per uscire da questo stato di cose, devo riuscire a trovare un modo per rimettermi in modo, per cercare di non perdere altro tempo, ma non ci riesco, è come una droga, mi attacco al telefonino e passo ore in chat, ma poi ho la sensazione di avere sol buttato via il tempo. I miei amici etero lavorano praticamente tutti, alcuni sono sposati, non so quanto siano soddisfatti, ma qualche cosa l’hanno fatta. Io sto solo perdendo il mio tempo aspettando la soluzione di cose che non si risolveranno mai. Sono stanco, project, non ne posso proprio più.”

In questa mail si ravvisa quasi una dipendenza dalla ricerca di una soddisfazione affettiva-sessuale, dipendenza che, seguendo i meccanismi tipici di tutte le dipendenze, finisce per dominare il quadro della vita personale e addirittura per identificarsi con essa. Non è un caso che l’identità gay sia percepita come molto più forte dell’identità etero.

Ho cercato di insistere spesso su un concetto molto preciso e cioè sulla centralità dell’autonomia economica per un gay, perché l’autonomia economica permette di superare la necessità della convivenza con la famiglia di origine e di conseguire una libertà sostanziale. Al medesimo tempo bisognerebbe capire che, per un ragazzo gay, la prima cosa non è cercarsi subito un ragazzo, ma crearsi un gruppo di amici seri, cioè affidabili, capaci di rispetto sostanziale, non c’è bisogno che siano amicizie profonde, devono essere soprattutto amicizie stabili, che consentano di superare la solitudine e di mantenere aperto un canale di confronto.

Alla vita di coppia si può pensare certamente quando se ne presentano le condizioni, ma cercare di realizzare i propri desideri affettivi attraverso scorciatoie, che a tutto servono meno che a costruire rapporti affettivi seri, significa mettersi in condizione di non poter uscire dalla dipendenza dalla ricerca affettiva e dai risvolti depressivi che talvolta l’accompagnano.

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agis
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Re: GAY E EQUILIBRIO AFFETTIVO

Messaggio da agis » lunedì 27 marzo 2017, 20:25

Vabbè vabbè project la fluvialità di certi tuoi post sembrerebbe invitare ad un'astensione da commenti ché poi, alla perfine, se ci si dovesse veramente imporre di chiosarli, finiremmo col leggere giusto tu ed io nella migliore delle ipotesi. Ciò detto, però, fa molto piacere veder quando i tuoi scritti sembrano corroborare le mie tesi.
Gay a parte, tu parli di un "equilibrio affettivo" e, su questo, non sembrerebbe potersi trovar molto da obiettare.

Anche però espressioni come:

Equilibrio amicale

o

Equilbrio amoroso

sembrano essere espressioni di tutto senso, un po' come quando il cane miagola ed il gatto abbaia ^_^.

Secondo te per quale motivo un "equilibrio" lo attribuiamo proprio all'affetto? ^_^

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