ORIENTAMENTO SESSUALE E OSSESSIONE DEL NORMALE

Che cosa significa essere gay
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progettogayforum
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ORIENTAMENTO SESSUALE E OSSESSIONE DEL NORMALE

Messaggio da progettogayforum » giovedì 21 settembre 2023, 14:12

In questa ultima settimana ho ricevuto alcune mail da ragazzi che parlavano della loro sessualità concludendo spesso il discorso con l’espressione: “Ma tutto questo è normale?” Questo post mira a chiarire alcuni punti fondamentali relativi al concetto di normalità applicato all’orientamento sessuale.
La sessualità è una realtà antropologica che caratterizza ciascun individuo in modo assolutamente unico e peculiare. Dire che un individuo è gay o etero coglie solo, e molto superficialmente, una caratteristica del suo modo di essere, ma il modo di essere gay o etero di quella persona è assolutamente unico e caratterizza quell’individuo. Se si potessero analizzare e comprendere le motivazioni delle scelte e dei comportamenti di quell’individuo si capirebbe quanto la sessualità sia pervasiva e quanto sia sensibile alle condizioni di vita, alla storia individuale e alle relazioni interpersonali di ciascuno.
Questo discorso comporta di necessità che la definizione di una normalità in materia di sessualità può avere un minimo di senso esclusivamente se si considerano categorie generalissime e ci si limita a prendere in considerazione soltanto i comportamenti esterni visibili, trascurando completamente tutti gli aspetti motivazionali. In altri termini: non solo non ci sono due gay che vivono nello stesso modo la loro omosessualità, come non ci sono due etero che vivono nello stesso modo la loro eterosessualità, ma ci sono persone che hanno una sessualità che non può essere ridotta né sotto l’etichetta gay né sotto quella etero, e tutto questo è assolutamente normale perché è la conseguenza della estrema variabilità individuale del modo di vivere la sessualità.
Il concetto di normalità finisce spesso per essere una gabbia di origine sociale nella quale ci può sembrare di trovare una qualche protezione. Sentirsi normali, o anche gay normali, ci rassicura, ci fa sentire in un gruppo. Per quanto sia paradossale, applicare a se stessi un’etichetta gay o etero ci convince che il nostro modo di vivere la sessualità è quello giusto. Ma i modi di vivere la sessualità sono tanti quanti sono gli individui e l’ossessione della normalità è solo un’espressione della paura del giudizio altrui.
Non bisogna mai dimenticare che i presunti concetti di normalità sessuale che vanno per la maggiore sono spesso non soltanto frutto di preconcetti, ma frutto di un senso di superiorità connesso con ciò che si considera normale. Il numero di femminicidi è molto alto; se si osservano i comportamenti degli uomini che arrivano al femminicidio ci si rende conto che il loro concetto di normalità sessuale tende ad identificare l’amore con il possesso fisico e mentale di un’altra persona e a legittimare anche la violenza e la gelosia ossessiva, che sono in sé dei comportamenti non soltanto patologici, ma penalmente rilevanti. In altri termini, il concetto di normalità è talmente stravolto da legittimare perfino l’omicidio.
In qualunque relazione, anche di semplice amicizia, il rispetto dell’altro e del suo mondo è la condizione minima e irrinunciabile perché si possa creare una dimensione di vero scambio affettivo. Le relazioni basate sulla forza, sulla imposizione, sulla sottomissione del partner non hanno nulla a che vedere con la dimensione affettiva e con la sessualità. Accade purtroppo abbastanza spesso che il senso di dominio e di possesso dell’altro/a siano chiamati impropriamente amore. Amare significa cercare la corrispondenza spontanea del partner, là dove ci sono forzature o forme di costrizione più o meno nascoste manca ogni dimensione affettiva.
Un’altra cosa deve essere sempre tenuta presente: chi ama cerca il bene della persona amata prima del proprio bene. Nei rapporti affettivi veri, profondi, con o senza sesso, la dimensione altruistica è prevalente. Chi in un rapporto di coppia cerca la propria soddisfazione personale e vede l’altro come mezzo per raggiungere quella soddisfazione personale, mantiene un comportamento egoistico e si dimostra incapace di una relazione di autentica condivisione. Non va mai dimenticato che le relazioni di autentica condivisione sono rare e si possono realizzare quando l’interesse affettivo alla costruzione e al mantenimento della relazione è forte e reciproco. E, in ogni caso, l’autentica condivisione non nasce magicamente ma va coltivata nel tempo.
Prima di chiedersi se un certo comportamento è normale, nel senso di corrispondente a ciò che si presume facciano tutti, bisognerebbe chiedersi se si sta veramente vivendo una relazione affettiva “condivisa” e rispettosa della libertà dell’altro/a. Nel mondo di oggi si parla moltissimo di sesso e non si parla quasi mai d’amore, parola che finisce per diventare impropriamente un sinonimo di sesso, perché si toglie all’amore la caratteristica fondamentale di scambio affettivo profondo, di condivisione di intimità, di colloquio e di confronto onesto su qualsiasi argomento e senza prese di posizione a priori. Se un rapporto affettivo si trasforma in una contesa tra i partner, volti ciascuno ad imporre la propria posizione e il proprio punto di vista, il rapporto affettivo di fatto non esiste più.
Quando siamo sicuri di fronte alla nostra coscienza di agire per il bene dell’altro/a e nel pieno rispetto della sua libertà, non dobbiamo preoccuparci del giudizio di nessuno. Il mondo è pieno di gente pronta a giudicare e a condannare tutto ciò che non comprende. Non è il giudizio o l’approvazione degli altri che può farci stare bene ma solo la certezza di avere agito per il bene del nostro partner e nel pieno rispetto della sua libertà. In questo discorso assume un valore assolutamente fondamentale il parlare chiaro col partner, il dire onestamente quello che si pensa, perché un confronto vero non è mai parziale e non ammette zone d’ombra o riserve mentali di qualsiasi genere. Il non dire la verità al proprio partner, il tenerlo estraneo ai propri pensieri equivale a non considerarlo alla propria altezza, equivale ad illuderlo di essere parte di un confronto onesto e schietto, quando questo confronto onesto e schietto non esiste, si tratta di un vero tradimento del patto di fiducia reciproca sul quale dovrebbe fondarsi un vero rapporto di coppia. Gli opportunismi e l’uso, col proprio partner, di forme di dialogo limitato come quelle che caratterizzano il dialogo tra estranei, indicano chiaramente che non esiste un vero legame di coppia.
La coppia rappresenta una comunione di intenti, un lavorare insieme per costruire una situazione migliore per entrambi i partner. Perché una coppia sia vera e seria non è necessario ipotizzare un legame che duri tutta la vita e nemmeno un legame esclusivo, ma è necessaria l’assoluta onestà da entrambe le parti, l’inganno è la peggiore forma di tradimento perché chi inganna il proprio partner gli presenta un’immagine di sé falsa o parziale, lo illude consapevolmente, gli impedisce una valutazione realistica del rapporto e sostanzialmente lo strumentalizza. Quando all’interno della coppia non c’è onestà reciproca viene meno alla radice i fondamento stesso del rapporto.
Spesso, chi è fuori della coppia non comprende le motivazioni di chi vive la vita di coppia e giudica sulla base di parametri formali sostanzialmente esterni a quella coppia. In questo modo si esercita una indebita pressione sociale sulla coppia che è indotta in modo più o meno consapevole, all’omologazione che consente di evitare il giudizio. Nessuno ha però il diritto di giudicare la vita e i comportamenti di altri, salvo che quei comportamenti ledano le libertà o i diritti di altre persone. L’abitudine a giudicare la vita altrui non è abitudine al giudizio ma abitudine al pregiudizio derivante dall’idea, tipica di chi giudica, di sentirsi misura di tutte le cose e parametro universale di valutazione.
C’è un sistema che consente di tenersi alla larga dai giudizi inopportuni e fuorvianti ed è la tutela della propria privacy. Oggi, purtroppo, c’è la tendenza a socializzare qualsiasi cosa e a mettersi in piazza alla ricerca di un consenso effimero quanto superficiale. Esporsi al giudizio altrui significa dare alla valutazione espressa da persone del tutto estranee ai fatti un significato e un valore che finisce presto per essere condizionante. L’unico consenso di cui si ha bisogno, prima di agire, è quello della propria coscienza, tutto il resto non dovrebbe avere alcun peso.

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