Come una barca in un mare in tempesta

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
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barbara
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da barbara » sabato 16 marzo 2013, 10:00

Caro Landon, ho letto con molta partecipazione il tuo aggiornamento. A volte è proprio utile fare questi bilanci , anche per renderci conto dei passi in avanti che abbiamo compiuto. Sono contenta che tu senta di accettarti maggiormente rispetto a un tempo. E' un po' come essere fedeli a ciò che siamo veramente. Credo sia fra tutte la cosa più importante poter essere noi stessi almeno con noi stessi.
Certo ciò non risolve i problemi che derivano dal giudizio degli altri . Per difenderti da questo rischio sei costretto a chiuderti o a limitarti molto nel comunicare , e questo è uno stress molto forte per chi lo vive.
Specialmente se di carattere si è una persona che ama appassionarsi alle cose , questa limitazione può essere vissuta con grande sofferenza.
Dall'esterno, per come ho osservato la tua presenza nel forum, vedendo tutto ciò che hai scritto e la tua voglia di partecipare , credo che questa condizione in cui vivi sia proprio l'esatto opposto di come ti verrebbe spontaneo fare , se tu potessi scegliere. Almeno qui nel forum ti poni all'esatto contrario di una persona poco attiva e motivata , e forse è proprio il non poterlo fare fuori che ti pesa così tanto.
A volte quando ci si sente così bloccati può essere d'aiuto incontrare altri ragazzi del forum e sperimentare quella libertà nel comunicare che da tempo non si prova.
Spero che comunque in un modo o nell'altro al più preso tu possa trovare una soluzione e che tu possa trovare qualcuno che si meriti la tua fiducia . Credo anche che i tuoi amici perdano molto nel non poter avere con te un rapporto profondo perchè sei un ragazzo che ha molto da dare. :)

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Landon
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Landon » sabato 16 marzo 2013, 16:05

Machilosa ha scritto:A volte invidio chi ha una fede
A me,invece,qualche volta capita il contrario. Penso al fatto che,se non avessi mai avuto una fede,avrei vissuto con meno problemi,favorendo l'accetazione in un periodo breve. Nonostante tutto non reputo d'avere una forte fede....anzi,purtroppo in questo periodo mi sento distante da Dio come non mai.

[quote"Machilosa"]La cristianità ormai è piena di persone che si esprimono a favore degli omosessuali[/quote]

Sì,anche questo è vero. Ultimamente ho capito che l'accettazione non può dipendere da fonti esterne ma unicamente da me stesso. Un piccolo esercizio che mi ha aiutato profondamente è stato quello di provare ad isolarmi mentalmente dal mondo esterno. E mi sono chiesto: se fossi vissuto in un'epoca storica futura,ipotizzando una tolleranza maggiore,avrei avuto problemi nell'accettarmi? La risposta è ovviamente negativa. Questo mi ha fatto capire quanto l'influenza esterna possa condizionare la stima che si ripone in se stessi. Occore ripartire da noi stessi,ascoltando le nostre necessità,per poter andare avanti.
barbara ha scritto:credo che questa condizione in cui vivi sia proprio l'esatto opposto di come ti verrebbe spontaneo fare , se tu potessi scegliere.
Sì,hai colto pienamente il problema. Non posso definire il rapporto con i miei amici negativo perché,nonostante tutto,condivido con loro momenti veramente felici. In un modo o nell'altro,chi più e chi meno,hanno provato,talvolta anche goffamente,a lanciare segnali di apertura nei confronti degli omosessuali. La mia decisione,però,rimane quella di tenere tutto per me. Si potrebbe dire che sia io a cercarmi tutto questo ma,in questo periodo,ritengo che sia la decisione migliore. Non voglio essere trattato con un filo di compassione né,tantomeno,voglio essere giudicato per il mio orientamento sessuale. Io voglio essere giudicato per il rapporto che ho con gli altri. Non sempre è facile andare avanti ma ho capito che,abbandonando il vittimismo,si possono ottenere dei risultati mai immaginati ;)

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candido
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da candido » sabato 16 marzo 2013, 16:42

Ciao Landon :)
Non dico più che "mi rivedo molto nella tua situazione",credo sia la frase più usata in ogni topic,in primis da me :lol: Certo che le situazioni,le sensazioni comuni,le parole che usi spesso le sento così mie che la cosa mi fa paura :lol: Anche sulla questione della religione ritrovo alcuni punti in comune.

La frase "Dio è morto", il sentimento nichilista,il senso di vuoto mi fanno pensare ad una cosa sola: in amicizia,e senza nessuno scopo oscuro, ti consiglio se non l'hai già fatto di leggere qualcosa di Nietzsche: Umano,Troppo Umano e Così parlo Zarathustra. Lo stile è piacevole e scorrevole, e la carica che ti dà è notevole.
Io ho iniziato a leggere qualcosa, e devo dire che le sensazioni sono state piacevoli ;)

A presto e in bocca al lupo per tutto :)

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Blackout
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Blackout » domenica 17 marzo 2013, 21:25

Davvero impressionante alcune analogie...rileggendo i tuoi interventi mi è tornato in mente di quando in adolescenza pregavo perchè mi piacessero solo le ragazzine :)
Purtroppo in questa terra del sud il legame con la religione era molto intenso (ora lo è meno visti i tempi) e ricordo come fossero ieri i sensi di colpa e la paura di sentirsi un mostro, un peccatore incallito per quello che mi veniva in mente. Non lo dico con rancore o altro, solo mi impressiona rivivere quel peso dovuto alla religione che sicuramente ha ostacolato non poco in quella età, capire per me cosa volessi davvero. Avendo un carattere debole e impressionabile, non sono riuscito a liberarmene se non da adulto.

E anche dove parli di sentirti arido nei rapporti con gli altri...anche io mi rendo conto che essendomi chiuso a riccio, appaio io quello che vuole stare da solo e a cui non va tanto di parlare, mentre dentro sento questa necessità di rendere più vivi e veri i rapporti che mantengo.

Hai fatto dei ragionamenti e delle considerazioni davvero mature, sono felice per i passi avanti che hai compiuto e speriamo bene, per tutto.
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

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Sciamano
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Sciamano » giovedì 21 marzo 2013, 2:45

Ciao Landon, ci siamo sentiti in chat, ma scrivo qualcosa anche qui, un po' come riepilogo, un po' per altro che può venire.

Trovo opprimente che lo studio debba portare via tanto di quel tempo da compromettere le relazioni sociali, soprattutto chi ha un forte senso del dovere resta colpito. Avevo visto un triangolo tragicomico su Facebook sui vertici c'era: voti alti, vita sociale, dormire la notte; e si potevano scegliere solo 2 cose, infatti la terza diventa impossibile... Questo genere di assurdità credo sia uno dei tanti aspetti deleteri della società in cui viviamo e che mi auguro sia prossima a cambiare radicalmente. Potessi tornare indietro, col senno del poi, sarei a dir poco intrattabile con i miei... creerei tanti di quei problemi che forse mi sbatterebbero fuori di casa dalla disperazione...

Detto questo, lo studio rischia spesso di diventare una fuga, conosco non poche persone (età mia o più grandi) che si sono chiuse nello studio o nel lavoro, ma questo facilmente rischia di sfociare in crolli nervosi, c'è persino il rischio più grave di assecondare ogni cosa a tal punto da finire in contesti che non ci piacciono, e magari non riusciamo più a venirne fuori, in particolare quando è con il lavoro che tentiamo una fuga dalle relazioni col mondo e dalla nostra vita affettiva e sessuale. La fuga nello studio di norma porta giusto all'esaurimento... poi ci si riprende, lo vedo meno grave, ma insomma...

Riguardo la ricerca di qualcosa che ti piace, la tendenza verso l'apatia, e il non essere te stesso con i tuoi amici nell'aspetto più intimo (ti piacciono i ragazzi), sono questioni differenti ma certamente connesse.

Il problema di trovare qualcosa che davvero ci coinvolge, non è facile; e come ti dicevo anche io sono spesso sfociato nell'apatia; col senno del poi, una buona cosa da fare è seguire gli interessi del momento, non rimandarli, e nemmeno lasciarli stare pensando che in fondo non sono poi così importanti... magari li lasceremo, però intanto è una piccola esperienza, o magari grande, che ci lascia dentro qualcosa, non va posticipata. Quando poi passa la voglia... ancor più se ci abituiamo a rimandare sempre i nostri interessi (quel che ho stupidamente fatto io a causa dello studio) rischiamo di "fare a fette la nostra anima", questa è la sensazione...

Connesso alla ricerca degli interessi, dover interagire con amici, famiglia, persone filtrando tutto quel che diciamo non aiuta. L'argomento fidanzamenti / amori / sessualità viene spesso fuori (fino a casi in cui si parla solo di quello...), specie tra giovani, se già qui filtriamo, è un contributo alla chiusura che non tocca solo l'orientamento, ma diventa un modo di fare a tutti i livelli, una chiusura col mondo, anche questo mi è successo. Inoltre, l'amore è uno degli aspetti più coinvolgenti per un adolescente, e anche per gli adulti, filtrare questo dà proprio la sensazione di "filtrare se stessi", non può andare bene.
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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Sciamano
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Sciamano » giovedì 21 marzo 2013, 2:48

Detto questo, uno pensa che dunque io consideri il coming out indispensabile... non è così... mi rendo conto che è una questione molto soggettiva (c'è chi deve dirlo assolutamente perché altrimenti pensa di mentire a tutti o comportarsi scorrettamente, c'è chi non gli interessa minimamente di dirlo a qualcuno, c'è chi ha una paura forte nonostante i genitori magari sono favorevoli all'omosessualità, ecc., e tutto questo si combina con l'effettiva situazione in cui ci troviamo, soprattutto quella familiare e poi l'ambiente scolastico e le amicizie, possono esserci bulli che fanno cose pensanti ai gay o classi in cui magari 2 sono gay e c'è totale apertura, famiglie che quasi ti rinnegherebbero come figlio ad altre in cui c'è solo ignoranza facile da mitigare o addirittura totale accettazione, ecc.). In una realtà tanto complessa è ovvio che non si può formulare una regola che vada bene per tutti (esempi: "se lo dici dopo ti etichettano ed è finita", "il CO devi farlo altrimenti sei represso a vita", "prima l'indipendenza a tutti i costi, poi si dice alla famiglia", ecc.), quindi il massimo che si può fare è offrire confronti di esperienze e poi ognuno trova l'azione che sente più spontanea per il suo contesto ed i suoi sentimenti.

Una cosa che ti avevo detto e la risottolineo bene è che penso sia sbagliato isolarsi da un contesto, cercare di risolvere i problemi dentro se stessi e poi tornare a relazionarsi con gli altri. Questo è un chiaro approccio riduzionista, isolo il problema o la causa, intervengo, poi rimetto insieme i pezzi... Non funziona così con tantissimi fenomeni fisici, tanto meno funziona nelle relazioni umane. Occorre imparare a nuotare dentro l'acqua, non c'è nessuna riflessione che si può fare per risolvere un problema del genere; occorre esperienza pratica e diretta, anche riflettendo, ma le cose devono essere portate avanti insieme.

Riguardo il non voler fare la vittima e considerare che ci sono problemi più gravi, anche questo può tradursi in una fuga. Ricevere colpi e far finta che non fanno male non è un modo per annullare la guerra. In questo frangente consiglio, a chiunque può, di cercare un contesto piacevole, costi quel che costi, occorre cambiare contesto. Pensate che non vi importi nulla di calcio e siete obbligati a stare in un collegio per 5 anni dove tutti sono appassionati di calcio, sarà dura da sopportare... molto dura... hai voglia a cambiare se stessi, fare meditazione trascendentale, o pensare allo studio che poi...... occorre cambiare contesto, non credo ci sia alternativa. Ora il calcio è un esempio scherzoso, ma pensiamo ad un contesto omofobo, ad un lavoro che non piace, ad un posto dove non ci sono ambienti per socializzare tra giovani e anche meno giovani... diventa pesante e ci si sente impotenti.

Quando cerchiamo di cambiare contesto, nel fare questo, noi stiamo anche lavorando su noi stessi, quindi non è solo un fattore esteriore, significa a volte ripartire da zero in un'altra città e non è semplice, si maturano tante cose nel farlo, ma anche decidere di frequentare un certo ambiente e smettere di frequentarne un altro, anche questo può essere molto rilevante. Senza dimenticare che ogni cosa può essere comunque messa di nuovo in discussione e cambiata; per quanto è difficile, e spesso limitata nelle possibilità, l'impresa di arrivare ad un contesto in cui noi siamo felici deve essere realizzata, se poi puntando 100 avremo fatto 60 o 40, intanto ci siamo mossi dal 20.

Ho scritto tanto e tralascio le questioni religiose. A presto!
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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Landon
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Landon » giovedì 25 aprile 2013, 21:36

Vorrei ringraziare le vostre risposte poiché mi sono state veramente utili in questo periodo.
Un mese fa ero arrivato ad un punto di non sopportazione molto elevato. Ho preso la decisione di dedicarmi ad un hobby al quale ho sempre tenuto ma,per paura dei cambiamenti,non ho mai avuto il coraggio di dedicarmici. In poco tempo ho notato cambiamenti positivi in me stesso; ho incontrato nuove persone e,pian piano,mi sono ambientanto. Scrivo di questo post non per parlare di questo piuttosto del rapporto con i miei genitori e con me stesso. Partiamo dai miei genitori. Voglio loro un enorme bene e sento il loro amore in modo molto forte. Tuttavia mi ostacolano,anche se lo fanno per paura che possa accadermi qualcosa di male, nelle miei decisioni. Non hanno preso con molto entusiasmo la decisione di dedicarmi a questo hobby,specialmente mia madre,ma noto la loro influenza anche nelle banali uscite con gli amici. Se fosse per mia madre dovrei rimanere sempre dentro casa. Non tollera il fatto che io possa uscire da solo ed ogni volta si infuria per questo. Raramente ciò accade ma,quando ne sento la necessità,voglio essere libero di potermi fare una passeggiata in santa pace. Quando esco con i miei amici non mi dice più nulla ma pochi giorni fa,ad esempio,dovevo andare in libreria per acquistare un libro al quale tenevo e lei,tenendomi il muso,ha fatto in tutti i modi affinché io rimanessi a casa. A quel punto,però,pentendomene subito dopo,mi sono arrabbiato. Le ho detto che,a 19 anni,è impossibile che io rimanga arenato nella mia stanza poiché mi sento male con conseguente aumento di ansia e cose così. Non è giusto che si arrabbino per cose veramente di poco conto quando i ragazzi della mia età fanno cose ben peggiori che non voglio elencare. Non mi sembra un crimine andare,anche da solo,in libreria. E' sbagliato volere un po' di tempo per scegliere un libro? Evito di portarmi dietro qualche amico o amica in quanto potrei annoiarli. Poi le ho detto che non sia giusto che mi trasmetta le sue ansie e che mi imponga le sue scelte tramite il senso di colpa. Accade spesso che lei,assumendo atteggiamenti vittimistici,mi faccia sentire in colpa per evitare che io compia determinate scelte. Ho 19 anni e non pretendo di uscire ogni singolo giorno. Piuttosto chiedo solamente un po' di autonomia. A scuola vado bene e non trovo nulla di male nel voler uscire quando ho un attimo di tempo dal momento che,unicamente studiando,mi isolo dal mondo circostante. Questo è un altro problema. Mi sono reso conto della mia difficoltà a relazionarmi con altre persone. Ogni volta in cui mi trovo a contatto con gli altri mi sento a disagio,inadeguato e vorrei tornare immediatamente a casa. Trovo molta fatica nel relazionarmi agli altri. Dopo un po' di tempo,però,prendo confidenza e poi riesco ad essere tranquillo. Ho ipotizzato che queste ansie derivino dall'oppressione che percepisco da parte dei miei genitori. A 19 anni,però, questa situazione non è sostenibile né giusta da sopportare. Non voglio rivolgermi ad uno psicologo che mi aiuti perché,a quel punto per potermi aiutare realmente,dovrei confessare della mia omosessualità. Ciò,però,non intendo farlo. Sto cercando di andare avanti con le mie forze anche se,alcune volte,temo che tutto possa travolgermi. Però capisco che ci voglia pazienza nel trovare un equilibrio. Il fatto è che noto in me stesso una bassa dose di autostima,specialmente in questo periodo. Questo,forse,è dovuto alla non accettazione della mia omosessualità.
Rispetto ad un anno fa non posso lamentarmi; adesso mi sento maggiormente tranquillo ma non del tutto sereno. Confesso che io non abbia risolto alcuni problemi legati all'omosessualità. Finché non risolverò una volta per tutte la questione della religione non andrò molto lontano. Nei periodi di tranquillità questa questione non la pongo e vivo sereno. Nei momenti peggiori tutto risuona nella mia testa e martella la mia mente: l'omosessualità è contronatura,un uomo ed una donna sono complementari mentre due omosessuali non possono esserlo,Dio ha creato l'uomo e la donna ecc...Potrei continuare per ore. Non riesco a venirne a capo perché se,da un lato,tendo a non pensarci tutto ciò riaffiora nella mia mente mentre,se ci penso,non riesco a risolvere nulla. So che non si possa avere una risposta soddisfacente per ogni quesito eppure questo mi tormenta. Perché Dio mi ha voluto omosessuale? E' forse un castigo? Razionalmente riesco a darmi mille ragionamenti,nessuno dei quali mi dà pace. Mi accorgo del mio background culturale religioso e non lo rinnego perché mi ha aiutato,con tutti i suoi pro e contro,ad essere quello che io sono attualmente. Eppure non voglio che la mia vita sia legata al passato. Non è giusto che io stia così male. Quando evito di pensare mi sento bene con me stesso ma,quando la mia mente comincia a pormi delle domande,tutte le angosce mi assalgono. Non ho mai avuto paura di pensare anche se in certi momenti è notevolmente pesante sopportare tutto questo. Anche evitando di fare la vittima mi accorgo di stare male. In quest'ultimo periodo ho evitato d'assumare il ruolo di vittima sacrificale perché lo trovo un atteggiamento non produttivo. Forse,però,questo disagio costituisce un campanello d'allarme.A questo punto vorrei avere un consiglio da voi: cosa posso fare per trovare un equilibrio con me stesso? Alterno periodo di relativa stabilità ad altra di forte tristezza. Non è questo il modo con il quale io voglia vivere la mia vita. Vorrei potere avere la forza necessaria per poter accettare me stesso eppure sento di non averne abbastanza.

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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da barbara » venerdì 26 aprile 2013, 17:30

Landon, hai solo diciotto anni eppure stai riuscendo ad andare avanti a trovare motivazioni nuove ,e per di più in un contesto omofobo . Stai iniziando ad accettarti e tutto ciò completamente solo, visto che i tuoi sembrano limitare i tuoi spazi di autonomia, invece di incoraggiarti.
Di questo passo riuscirai sicuramente a trovare ben presto la serenità che cerchi. soprattutto è importante non cedere con i tuoi.
Da uno psicologo ci potresti anche andare, ma non per te, perché magari possa far comprendere ai tuoi che il tuo è un bisogno sacrosanto.
Purtroppo i genitori italiani sono mediamente soffocanti.
Leggi qua e consolati...

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... -54682.htm

Tu comunque non cedere. Tua madre se ne farà una ragione! Prima la convinci meglio è per tutti. Lei compresa.

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Sciamano
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Sciamano » venerdì 26 aprile 2013, 21:14

Lascio due parole in merito ai contrasti con la religione. Per quanto non sei più praticante, la religione lascia una forte idea di fondo: che c'è uno standard, una norma, un modello al quale aderire, tanto più ci si discosta, tanto più si è sbagliati, colpevoli, malati, ecc.

Questa idea va compresa e superata. Io penso che si possa continuare ad avere una visione spirituale del mondo, però anziché aggrapparci a qualche modello (famiglia per esempio... che è tutto fuorché naturale, è molto convenzionale come impostazione, tra l'altro...) è meglio iniziare a vedere ciascuna vita con un suo percorso, e ci sono tanti percorsi differenti. Chiaramente quando uno "cammina", fa esperienza, vive, non è che passa di mossa giusta in mossa giusta, in generale capita di fare tanti errori. E' questo io credo che può allentare la pressione e le domande che senti dentro, ammesso che sia sbagliato, ammesso che ci siano dei comportamenti errati, è inevitabile che quella è la strada che devi percorrere (conoscendoti mi pare che l'opzione etero sia impensabile), quindi sentiti sereno, non importa il giudizio, vivila, ci sono cose ben più gravi che non sarebbero da fare (uccidere, ingannare, distruggere l'ambiente...), direi che non ci sono problemi per l'amore gay :)
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

Lz_90
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Lz_90 » venerdì 26 aprile 2013, 21:30

Ciao Landon,
mi spiace per il disagio che stai provando. Penso che l'ansia che a volte provi sia dovuta come dici anche tu all'eccessiva influenza dei tuoi. Buttarsi nelle cose, anche le più banali, è di grande aiuto in questo senso per cui cercando di stare tranquillo dovresti provare a spiegarglielo. Lo so che è più facile a dirsi che farsi ma devi fargli capire che andare in libreria e incontrare amici a 19 anni è la cosa più normale di sto mondo. Anche i miei mi hanno sempre fatto un sacco di raccomandazioni prima di uscire però poi andavano in fiducia. E stando con gli amici o con le altre persone ho sempre usato la mia testa: decido io se seguire "il branco" a seconda che ritenga giusto o sbagliato quello che fanno (cercando di essere flessibili comunque).

Per quanto riguarda la tristezza che a volte provi devi mettere in conto che un po' fa parte dell'adolescenza e un po' è legata all'omosessualità. Cerca per ora di vivere con serenità trovando qualche hobby e dimostrandoti contento quando incontri gli altri. Lo saprai già, ma da cristiano come te ti dico che la fede e la preghiera nei momenti in cui sei giù (e non solo) dà un grande aiuto.

Questo chiaramente è il mio parere personale. L'importante è saper reagire nei momenti no, dando un calcio alla bassa autostima. ;)

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