Come una barca in un mare in tempesta

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
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Landon
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Landon » sabato 9 novembre 2013, 23:39

Sono passati un po’ di mesi dall’ultima volta in cui ho scritto e, prima di aggiornarvi, vorrei ringraziare ognuno di voi per i consigli dati. Non vi ho risposto semplicemente perché ho avuto la necessità di riflettere sulle vostre parole e la risposta si trova nel testo che segue.

Dove eravamo rimasti? Alla fine del liceo. Non appena concluso questa esperienza mi sentivo profondamente stanco sia fisicamente sia emotivamente. Fu infatti un anno decisamente pesante. L’estate fu un periodo di ricognizione se così possiamo definirlo. Una fase di transizione, insomma, fra l’esperienza liceale appena conclusa e quella universitaria. Decisi di risolvere alla radice alcuni problemi che mi portavo dietro, anche inconsciamente, da moltissimi anni. Finalmente feci un prelievo del sangue che costantemente rimandavo per paura. Erano circa 12 anni che non ne facevo uno! Presi la decisione e prenotai. Tutto bene fino al giorno stesso in cui dovevo farle. Ero nervoso, agitato e tremavo dalla paura. Ho sempre avuto una sorta di fobia per le analisi del sangue. Una volta concluso il prelievo, però, mi sono girato ed ho detto all’infermiera: già finito? Non avevo sentito quasi nulla. Ho fatto questo esempio banale per far comprendere un altro concetto: siamo noi stessi che ci diamo dei limiti mentali oltre i quali ci sembra di non poter andare. Ci si dice fra sé e sé di non essere bravi quanto gli altri, di non essere all’altezza della situazione e via dicendo. Così, però, facciamo solamente del male a noi stessi. Cominciai a fare del volontariato. In estate ebbi molto tempo libero e, dunque, decisi di fare qualcosa per occupare il tempo. Andai come volontario sia in un gattile sia in una biblioteca. Trascorsi così un bel po’ di tempo. Forse risulterà un po’ utilitaristica come visione ma, dovendo essere sincero, il mio reale obiettivo era conoscere un ragazzo. Non lo nego poiché, altrimenti, sarei falso! Volevo socializzare con nuove persone, sperando in un utopico incontro con un ragazzo. Trascorsi così la mia estate oltre che leggendo qualche libro, vedendo film ed uscendo con gli amici. Arrivò la fine di agosto ed io partii per una vacanza all’estero in Europa. Il soggiorno fu breve ma fu qualcosa di bello, veramente! La vita era completamente differente rispetto alla ristrettezza mentale italiana. Ho trovato, tralasciando il solito discorso che lì le cose funzionano realmente, anche un clima fra le persone del tutto differente. Dal punto di vista gay, poi, capitava di vedere qualche coppia tenersi per mano. Baci non ne vidi ma rimasi colpito da due uomini che facevano una passeggiata con il loro bambino. In Italia qualcosa di simile sarebbe stato impensabile! Beh, per essere sincero, ho guardato molto anche i tanti bei ragazzi che lì c’erano! Insomma l’occhio vuole la sua parte  Mi sentivo perfettamente in sintonia con il mondo esterno non perché ci fosse qualcosa di così eclatante ma semplicemente per la quotidianità. In fondo che cosa cerchiamo noi omosessuali se non vivere serenamente la nostra quotidianità? Ma passai il mio viaggio pensando ad un’eventualità che mi tormentava: fare coming out con la mia migliore amica. Era da circa metà agosto che ci pensavo. Ad essere sincero non riesco nemmeno ad individuare la causa scatenante di questa presa di posizione. Programmai di portare a termine la mia scelta circa a metà settembre ovvero dopo il mio ritorno in Italia. Diciamo che, nella mia mente, tutto risultava essere così semplice. Insomma dovevo solamente dire: “ Sono omosessuale”. Tutto qui. Sono solamente due parole. Eppure, giorno dopo giorno cominciarono a materializzarsi le mie paure e le mie resistenze. Tanto più trascorreva il tempo tanto meno ero sicuro di voler fare realmente CO. Valutando a posteriori il tutto comprendo che non fosse arrivato il momento giusto. Per essere più dettagliato riporto le mie paure su questo tema. Conosco la mia migliore amica dai tempi delle scuole medie e posso affermare con molta sicurezza che lei non sia omofoba, anzi. Ha sempre difeso gli omosessuali, si è sempre schierata a favore dei matrimoni gay ma anche delle adozioni. Non ha mai utilizzato parole offensive nei nostri confronti ed è sempre stata rispettosa . Vi starete chiedendo: perché allora, se tutto sembrava essere così perfetto, hai preferito non fare coming out? La risposta è un po’ complessa. Da un lato cominciarono a manifestarsi timori quali quello di poterla perdere definitivamente mentre, dall’altro, esiste una ragione ben più profonda. Mia cugina si trova nello stesso liceo di sua sorella. Io temevo che, nel caso in cui io le avessi detto di me, lei potesse, involontariamente, comunicarlo alla sorella la quale avrebbe potuto spargere la voce e, a quel punto, mia cugina sarebbe potuta venirne a conoscenza. Conosco mia cugina ed è una ragazza molto riservata quindi, in linea teorica, non mi avrebbe creato troppi problemi ma poi pensai: e se lei lo dicesse ai miei genitori? Sarebbe stata una vera e propria tragedia. Cominciai a pensare al peggio nel caso in cui tale ipotesi si fosse verificata. Analizzando adesso il tutto forse penso d’avere anche un po’ esagerato con le mie paure ma utilizzai questo ragionamento come motivazione per evitare il CO. Adesso capisco il perché di tutta questa paura: semplicemente non ero pronto a compiere questo grande passo. Eppure in me coesistevano, e lo fanno tuttora, due aspetti contrastanti: il Landon di sempre che si era ripromesso che sarebbe morto senza che qualcuno sapesse di lui ed il Landon che non riusciva più a nascondersi dietro il nulla e non aspettava altro di, passatemi il termine, “vomitare fuori” tutto quello che aveva passato. Devo dire che mi sentivo quasi impazzire poiché passavo da un giorno di sicurezza circa questo evento ad un giorno di totale insicurezza. Mi informai molto grazie ad alcune discussioni nel forum e lessi una frase che mi fece riflettere notevolmente: il coming out non deve essere vissuto come una forzatura od una prova di coraggio. Semplicemente esso avviene quando i tempi interiori sono maturi. Da un lato volevo forzare anche un po’ la mano ma se poi mi fossi pentito? Se tutti i miei timori si fossero realmente verificati? Se i miei genitori avessero reagito male? Non sarei potuto tornare di certo indietro. Come via di uscita mi dissi che avrei fatto CO solamente quando mia cugina avesse terminato il liceo ovvero a giugno 2014. Spesso mi chiedo se sia il caso magari di aspettare un altro po’ di tempo e di compiere questo passo prima oppure dopo questa data. Fondamentalmente si tratta di quasi un anno in più. In concomitanza di questo, però, mi sono dato altri obiettivi: cercare di dare il maggior numero di esami all’università e quello di prendere la patente di guida. Mentalmente mi posi una domanda: come mi sarei immaginato fra un anno? In base alla risposta che mi sarei dato avrei dovuto agire. Decisi, dunque, di non fare niente ed aspettai l’inizio dell’università anche se un po’ di rammarico rimase per il fatto di dover continuare a mentire ancora e, soprattutto, con lei poiché abbiamo un ottimo rapporto. Sorge spontanea una domanda: non ti fidi di lei realmente allora? Non mi sono dato ancora una risposta soddisfacente a questo. Ciò significherebbe darle fiducia, insomma, nella speranza che tutto possa andare per il meglio. Qui devo fare una precisazione. Ho sempre vissuto la mia omosessualità, eccetto qualche incontro con alcuni di voi del forum, nella completa solitudine perché nessuno sa di me ufficialmente. Utilizzo quest’ultimo termine perché, in realtà, la mia omosessualità è chiara a tutti le persone che mi circondano. È chiarissima alla mia migliore amica, anche se formalmente non mi ha mai chiesto nulla circa il mio orientamento sessuale, che mi chiede ogni tanto il perché non trovi una fidanzata ( quasi per stuzzicarmi un po’), ai miei ex compagni di liceo ed anche ai miei familiari. Sono troppe le coincidenze che si sono verificate. Come è possibile che da qui ad un anno l’argomento omosessualità sia uscito fuori con molta più frequenza? Tralasciando poi le innumerevoli domande che mi sono state rivolte circa la mia titubanza nel fidanzarmi con una ragazza. Rileggendo le prime pagine del mio diario mi viene un po’ da sorridere perché, nella totale confusione nella quale versavo, era chiara la mia omosessualità a tutti quanti eccetto che a me stesso! Alcune persone, però, reagiscono in modi differenti: alcuni ti fanno direttamente la domanda sul tuo orientamento sessuale, altri ti fanno capire d’averti “scoperto” facendo degli espliciti riferimenti all’omosessualità, altri che non ne parlano proprio, altri che fanno finta di non sapere e gli ultimi che non lo hanno capito nemmeno. Dire di me alla mia amica sarebbe equivalso a fare cadere la maschera che io quotidianamente indosso con tutte le persone con le quali entro in contatto per mostrare la mia reale essenza, il vero Landon. Ogni giorno che passa mi accorgo di quanto sia difficile dare fiducia agli altri. Questo mi terrorizza completamente. Sapere di condividere un segreto con un’altra persona da un lato risulta essere confortante perché non si è più da soli ma, dall’altro lato, esiste il rischio che esso non rimanga più tale. Attualmente rimango dell’idea di fare CO verso la metà del prossimo anno anche se non escludo a priori di poterlo fare anche un po’ prima. Dipende da come mi sentirò. Fondamentalmente ho notato in me stesso la voglia di poter abbattere delle barriere che si frappongono fra me e gli altri. Forse non sono ancora del tutto pronto per questa eventualità. Facendo così, però, mi sto autoimponendo un altro anno di solitudine e di bugie. Purtroppo non riesco ancora a vincere completamente tutte le mie resistenze. In realtà ho l’esigenza di confidarmi unicamente con la mia migliore amica. Ma dare il tempo al tempo, forse, non è la risposta più sbagliata. Ho aspettato quasi 20 anni e potrò aspettare ancora un po’. Sono in “work in progress” su questo punto eppure mi viene un sorriso rileggendo le mie parole di un anno fa. All’epoca non mi ponevo proprio questo problema! L’idea che qualcuno sapesse di me mi faceva rabbrividire e ciò era il chiaro segnale del fatto che io non mi fossi ancora accettato. Se adesso mi si chiedesse: ti sei accettato completamente? Probabilmente la risposta sarebbe negativa ma poi nemmeno più di tanto. Non faccio i salti di gioia per la mia omosessualità ma non ne faccio nemmeno più un dramma. Qualcuno potrebbe venire a sapere di me? Ok, l’eventualità mi dà altamente fastidio perché è un qualcosa di mio e come tale deve rimanere ma se dovesse accadere non sarebbe la peggiore tragedia di questo mondo. Sarebbe con tutta evidenza una cosa spiacevole e negativa perché questo mi esporrebbe al giudizio degli altri in maniera esplicita ma, sinceramente, veramente credo che gli altri non mi giudichino anche nascondendomi? Certo che lo fanno ma non posso farci nulla. Mi dà ancora fastidio il giudizio altrui ma cerco di vivere nell’indifferenza reciproca. Ognuno è libero di frequentarmi o meno purché non mi diano fastidio.


Affronterò brevemente il problema religione. Su questo tema non ho fatto passi avanti sostanziali. Ho introiettato per troppi anni un dogmatismo così forte che solamente adesso riesco ad accorgermene. Devo dire che attualmente sto vivendo una fase “poco riflessiva” in merito. Non ci penso più tanto ad essere onesti. Continuo a credere in Dio e prego per conto mio ma finisce lì. Non ho più quel rapporto diretto rispetto a quando andavo a messa ma, sinceramente, non lo rimpiango minimamente. Avevo anche valutato l’ipotesi di rivolgermi a qualche Chiesa valdese oppure protestante ma poi non mi sono più informato a sufficienza. In questo periodo mi sento un po’ distaccato in tema di religione e spero che prima o poi tutto ciò finisca. Ogni volta, però, che sento parlare di religione o di cattolicesimo comincio ad agitarmi. Preferisco, per il momento, mettere in stand by questo aspetto nella speranza, in futuro, di risolvere anche questo nodo. Forse il tempo mi indicherà la via migliore per me stesso.

Concludo il mio chilometrico post con l’argomento ragazzo che, in realtà, è il problema che mi crea maggiori sofferenze. Quest’estate ho vissuto in una completa “ fase frenetica”. Non appena incontravo un ragazzo mi chiedo: sarà gay? Solo adesso mi rendo conto che tutto ciò fosse un’ossessione. Perché voglio un ragazzo? La risposta convenzionale che mi riesco a dare risulta essere quella di voler condividere una parte della mia vita con un’altra persona. La risposta reale che nascondo anche a me stesso, invece? Per “scaricare” le mie paure, aspettative e desideri su di lui. Così non va bene. Ad essere sinceri non nego che a 20 anni io senta l’esigenza d’avere un contatto fisico, che non significa unicamente rapporto sessuale perché non è una cosa fondamentale per me, ovvero poter abbracciare qualcuno, poterlo baciare e poter ricevere semplici coccole. Sento la necessità d’affetto in sostanza. Mi manca il poter stringere un ragazzo mano nella mano e via dicendo. Purtroppo la realtà è questa e poco tempo fa ho preso la decisione di iscrivermi su gayspace. Breve premessa: da un lato ero curioso di sapere come fossero fatti questi fantomatici siti perché ne avevo sempre sentito parlare ma non ne avevo mai avuto un’esperienza diretta. Forse sono stato un po’ ingenuo poiché realmente pensavo che lì finalmente avrei incontrato il “ragazzo ideale per me”. Non ho messo la mia fotografia né altri dati. Ho chattato con alcuni ragazzi. In particolare modo sono rimasto un po’ male per il fatto che uno di essi si sia spacciato per ventenne quando in realtà ne aveva solamente diciassette. Sono rimasto come un cretino infatti. Dopo questo ho deciso non di cancellarmi ma di non cercare più nessuno. Insomma sono stanco di questa ricerca che si è trasformata in un’ossessione per me. Evidentemente il tempo non è ancora maturo per questo. Il punto che mi getta nello sconforto è la seguente domanda: e se io non trovassi mai un ragazzo? Se vivesse tutta la mia vita completamente da solo? Se non cambiasse mai niente per me? Adesso sarò ancora più sincero: sono arrivato all’università per studiare ma anche nella speranza di trovare un ragazzo. Inizialmente cercavo di comprendere se ogni singolo ragazzo che conoscevo potesse essere omosessuale o meno. Nel mio corso sembra che i gay non esistano! Sicuramente sarà una mia impressione ma tutti sono fidanzati oppure parlano di ragazze. È stato l’insieme di tutti questi fattori che mi ha portato su gayspace. Alla fine non è nemmeno il male assoluto ma è difficile poter trovare qualcuno che abbia qualche affinità con me. Se devo essere sincero fino in fondo sino a poco tempo fa ritenevo le persone iscritte a questi siti di incontri poco serie. Adesso anche io sono diventato uno dei tanti che usa questo strumento. Ho rivisto la mia posizione e penso siano tanti i fattori che spingono qualcuno ad utilizzarli. La solitudine in primis. Mi faccio un po’ di rabbia poiché mi chiedo il perché io debba rinunciare a conoscere ragazzi nella realtà. La risposta è che nella vita sociale trovare ragazzi omosessuali non sia così semplice. Molto spesso mi chiedo come sia possibile trovare qualcuno che ci attragga sia fisicamente sia mentalmente aggiungendo il fatto che sia anche gay. Insomma fantascienza. Mi domando: l’amore è un qualcosa da cercare attivamente oppure capita semplicemente senza una logica vera? So che la soluzione migliore sia quello di non cercare l’amore e di rimanere al contempo aperti a possibili nuove esperienze ed amicizie senza rintanarsi in casa. Purtroppo, però, è proprio l’attesa a dilaniarmi. Provo un forte senso di impotenza nel vivere quotidianamente la mia vita in attesa che ciò avvenga. Vorrei con tutto me stesso smettere di pensarci anche se tanto più mi impongo di non farlo tanto più in realtà lo faccio. In questi ultimi giorni ho raggiunto un po’ più di equilibrio. La mia paura è che a forza di non fare nulla non avverrà mai nulla. Ma l’amore è un concetto privo d’una logica che a fatica riesco a stargli dietro. Morale di tutti questi discorsi? Adesso mi dedicherò allo studio cercando di vivere il più serenamente possibile, provando a vivere nel migliore modo possibile questa nuova fase della mia vita con le nuove persone che ho incontrato. L’amore poi se vuole arrivare bene altrimenti pazienza. Non posso far dipendere la mia intera vita da questa ricerca perché mi sono stancato. Non penso che l’amore sia qualcosa da cercare come un lavoro ma un qualcosa in più nella vita d’una persona. Il futuro è impossibile da conoscere e in un certo senso è meglio che sia così. Devo prendere questo periodo come un’occasione per dedicarmi a me stesso anche se in certi momenti temo di potermi chiudermi completamente in me stesso. Concludo con due domande: è naturale vivere con il costante desiderio di trovare un ragazzo oppure non lo è? Come è possibile ridimensionare il peso da attribuirgli?

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progettogayforum
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da progettogayforum » domenica 10 novembre 2013, 3:16

Ciao Landon!
Ho sempre pensato che tu fossi una persona di estremo buon senso e di grande equilibrio e quello che scrivi non fa che essere l’ennesima conferma che è proprio così. Ci sono però delle cose che tu dai per scontate e che probabilmente non lo sono affatto, una in particolare. Tu dai per scontato che tutti quelli che ti conoscono abbiano capito che sei omosessuale, poi dici che all’università ti sei posto mille domande sui ragazzi che hai conosciuto e non sei arrivato ad avere le idee chiare in pratica su nessuno. Tieni presente che se per te il fatto che sei omosessuale ha un significato importante, quasi centrale, per gli altri è un fatto sostanzialmente indifferente e le domande sul tuo conto non se le fanno proprio esattamente per questa ragione. Ti chiedi se gli altri ragazzi sono omosessuali perché lo sei tu, ma se tu fossi etero ti chiederesti al massimo se la ragazza che ti interessa e interessata a te e di domande sulla sessualità degli altri ragazzi non te ne porresti proprio. Sono portato a credere, che nonostante le tue paure, nessuno abbia idee chiare su di te e aggiungo che con ogni probabilità nessuno ha neppure dei dubbi. Quindi quanto alla scelta del CO dire che tanto vale farlo perché gli altri già sanno … beh, oggettivamente, non sta né in cielo né in terra.
Tutto quello che dici sul cercarsi un ragazzo mi sembra estremamente giusto, ma, se almeno un po’ ti conosco, non credo proprio che tu sia il tipo da fase frenetica e registrarsi su un sito di incontri ha ben poco a vedere con la fase frenetica. Non immagini nemmeno in che pasticci si cacciano quelli che sono veramente in fase frenetica, che tra l’altro sono in genere tra i 30/40. Certo che c’è il desiderio di avere un ragazzo! Ci mancherebbe altro!
Sollevi il dubbio che potresti non trovare mai un ragazzo, beh, per quanto ti conosco penso che sia un dubbio assolutamente infondato. Non solo troverai un ragazzo ma lo troverai con la testa sul collo, non ti accontenterai di un ragazzo qualunque, ma troverai un ragazzo che ti vorrà bene veramente, e penso che tu possa dare moltissimo a un ragazzo che ti vuole bene!
Nelle cose che hai scritto mi sono ritrovato tanto … io ci sono passato 45 anni fa … le sensazioni e le reazioni sono proprio le stesse!
IN BOCCA AL LUPO LANDON!!

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Sciamano
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Sciamano » domenica 10 novembre 2013, 6:53

Landon, come già sai, anch'io ho vissuto vicende molto simili alle tue. Tu dici di voler mettere da parte per ora il desiderio di trovare un ragazzo e di concentrarti sullo studio. Se provi gusto per quello che studi (non solo interesse in senso generico, ma proprio piacere), allora puoi farcela.

Questa situazione, che presenta risvolti di vario genere, comuni a molti gay, ovvero desiderio di fare CO con qualcuno (almeno amici stretti), desiderio di affetto scambiato fisicamente, scocciatura per le attese, eccetera, dipende da una precedente repressione. Non si proverebbe questo se in famiglia ci fosse apertura e fin dall'adolescenza uno potesse vivere gli affetti (soprattutto questi) in modo sereno e libero. Metaforicamente, quando prendiamo una bottiglia di acqua frizzante e ci mettiamo ad agitarla con il tappo chiuso, finché c'è il tappo apparentemente sembra acqua liscia, quando lo apriamo, sembra esplodere la bottiglia.

Per trovare serenità occorre placare e rimediare agli effetti della repressione. Per esempio, se il tappo lo apriamo piano piano è decisamente meglio che aprirlo di colpo. Del resto stai già procedendo con piccoli passi e questo credo sia prudente e consigliabile.

Un altro elemento importante è il contesto, purtroppo questo è difficile da cambiare e ci sono approcci di ogni genere: spostarsi in un'altra città; rimanere dove si è, ma frequentare qualcosa di separato dal quotidinano (palestra, nuoto, yoga, luoghi per tornei di carte, ecc.); far accettare alla famiglia le "novità" o dirle apertamente all'università. Questi sono i vari approcci: chi si orienta per cose più caute e sicure, chi preferisce approcci drastici. Tutte le vie possono essere buone o sbagliate, dipende da tante cose per cui è impossibile formulare regole.

Per esperienza personale, pur essendo stato con qualche ragazzo, mi son reso conto che la mia felicità non può dipendere solo da questo, perché diventa una vera e propria dipendenza. La felicità è una forma di "energia psichica" che ci motiva ad intraprendere tutto quello che crediamo ci renda felici: a volte dobbiamo disilluderci, altre volte siamo effettivamente felici.

Ultimamente sto vedendo la felicità come una "corrente di energia" che ha un'origine fondamentalmente misteriosa, certamente un'origine naturale, ma il punto più rilevante è se questa corrente ci attraversa oppure no. La paura per esempio blocca questa corrente, e anche la dipendenza, che diventa una forma di ansia, che si basa sulla paura. Ho la sensazione che una felicità genuina dipenda dalla giusta disposizione interiore alle energie della natura, sia quella del cibo di tipo chimico, sia quella del sole di tipo elettromagnetico, dentro di noi siamo in grado di convertire questa energia in gioia. Non serve nessun motivo mentale, ai bambini riesce meglio e più spontaneamente rispetto agli adulti, perché la loro mente è più libera da paure, preoccupazioni, aspettative, giudizi, specie di quel tipo complesso che la società introietta col tempo attraverso l'educazione, la religione, il lavoro o la carriera...

Ultimamente sto approfondendo questo approccio alla vita e può essere utile per chiunque sviluppi una forma di dipendenza dalla felicità legata a qualsiasi cosa possa andare o venire, o che non sappiamo quando può accadere come noi la vorremmo.
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

barbara
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da barbara » domenica 10 novembre 2013, 19:52

Caro Landon , credo che sarebbe innaturale alla tua età non avere forti pulsioni verso chi ti attrae fisicamente o anche culturalmente . Forse i tuoi coetanei (specie se non ancora fidanzati) non hanno il chiodo fisso delle ragazze? Certo che ce l'hanno! Perché dovrebbe essere diverso per un gay?
Ora il punto è semmai un altro . Ed è la frustrazione legata alla condizione di un ragazzo gay, che gli rende più difficile trovare una risposta a un bisogno che è assolutamente normale,

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IsabellaCucciola
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da IsabellaCucciola » giovedì 14 novembre 2013, 0:06

Ciao Landon, mi rispecchio molto in quello che hai scritto...
Non so se quello che leggerai potrà esserti di aiuto, o creerà più “problemi”...
Landon ha scritto:Il punto che mi getta nello sconforto è la seguente domanda: e se io non trovassi mai un ragazzo? Se vivesse tutta la mia vita completamente da solo? Se non cambiasse mai niente per me? Adesso sarò ancora più sincero: sono arrivato all’università per studiare ma anche nella speranza di trovare un ragazzo. Inizialmente cercavo di comprendere se ogni singolo ragazzo che conoscevo potesse essere omosessuale o meno.

Queste domande me le sono fatte anche io tante volte... anni fa molto superficialmente, mentre è da un paio di anni che sto cercando di darmi delle risposte più concrete alle domande che anche tu ti poni e soprattutto a questa che mi pongo io: “Come mi sentirei se avessi veramente un fidanzato?”. La risposta non è così banale come può sembrare a prima vista... Potresti dirmi: “Hai cercato sempre l'amore, e ora che lo hai trovato dovresti essere felice...” Mi sono resa conto, o forse ho voluto essere onesta con me stessa, che ho paura dei ragazzi... sono quella che fa sempre il primo passo, non ho paura di provarci con un ragazzo che mi piace, però mi rendo conto che se questa persona dovesse rispondere in maniera positiva io andrei in crisi...
Un giorno mi sono spinta anche oltre, e mi sono chiesta: “Se avessi veramente un ragazzo te la sentiresti, nel lungo periodo, di andare a vivere con lui?” e mi sono resa conto di una cosa, che io a vivere in coppia non ne sono capace... anni fa il pensiero di poter andare a vivere con la persona che amavo era il mio sogno... adesso mi rendo conto che non ce la farei... il pensiero di tornare a casa e trovare ogni giorno qualcuno, il pensiero di svegliarmi con questa persona, non mi fa piacere... mi fa sentire come se avessi meno libertà... e te lo dice una che per anni ha cercato l'amore, forse, in maniera molto più “compulsiva” (passami il termine) di te...
Ho paura a chiederti di guardare nel profondo di te stesso, anche se delle risposte te le sei già date:
Landon ha scritto:Perché voglio un ragazzo? La risposta convenzionale che mi riesco a dare risulta essere quella di voler condividere una parte della mia vita con un’altra persona. La risposta reale che nascondo anche a me stesso, invece? Per “scaricare” le mie paure, aspettative e desideri su di lui. Così non va bene. Ad essere sinceri non nego che a 20 anni io senta l’esigenza d’avere un contatto fisico, che non significa unicamente rapporto sessuale perché non è una cosa fondamentale per me, ovvero poter abbracciare qualcuno, poterlo baciare e poter ricevere semplici coccole. Sento la necessità d’affetto in sostanza. Mi manca il poter stringere un ragazzo mano nella mano e via dicendo.
Landon ha scritto:Nel mio corso sembra che i gay non esistano! Sicuramente sarà una mia impressione ma tutti sono fidanzati oppure parlano di ragazze.
O forse, più semplicemente, i ragazzi gay che ci sono preferiscono evitare di parlare della loro sessualità...
Landon ha scritto:Mi domando: l’amore è un qualcosa da cercare attivamente oppure capita semplicemente senza una logica vera? So che la soluzione migliore sia quello di non cercare l’amore e di rimanere al contempo aperti a possibili nuove esperienze ed amicizie senza rintanarsi in casa. Purtroppo, però, è proprio l’attesa a dilaniarmi. Provo un forte senso di impotenza nel vivere quotidianamente la mia vita in attesa che ciò avvenga. Vorrei con tutto me stesso smettere di pensarci anche se tanto più mi impongo di non farlo tanto più in realtà lo faccio.
La domanda che ti poni è bella tosta, perché è una di quelle domande a cui è difficile dare una risposta... anche perché molte volte, sia che ti sforzi di trovare l'amore, sia che decidi di non cercarlo, alla fine questo benedetto amore non arriva...
Intanto non continuare a importi di non pensarci, anche perché come vedi non serve a nulla...
L'attesa ti dilania perché rispetto alla controparte etero, la tua sessualità non l'hai vissuta come un ragazzo etero, e non hai vissuto anche neanche la sessualità fisica, che sia ha normalmente quando si hanno 18-20... Tralasciando la parte relativa ai rapporti fisici... tutta la parte relativa ai sentimenti di amore e affetto, che un ragazzo etero si può permettere di provare senza problemi a te è mancata... è ovvio che adesso senti questi bisogni!!!
Per cercare di rispondere alla domanda che ponevi, renditi conto che hai 20 anni, e hai tutta la vita davanti, e soprattutto non sai cosa ti potrà succedere domani... Lo so che come risposta non è il massimo, e forse non è neanche una risposta :oops: ...
Landon ha scritto:Concludo con due domande: è naturale vivere con il costante desiderio di trovare un ragazzo oppure non lo è? Come è possibile ridimensionare il peso da attribuirgli?

Non so dirti se sia “normale”, penso che lo sia se abbiamo bisogno di qualcuno che ci completi... perché è “normale” voler condividere la propria vita e le proprie esperienze... perché l'amore, come rapporto di coppia, fa crescere le persone... o forse, molto più semplicemente, perché senti il bisogno di vivere la tua sessualità...
Per ridimensionare il peso di questo desiderio, bisogna cercare di impiegare il tempo con qualcosa che ci faccia stare bene... Lo so che a scriverlo sembra la classica frasetta trita e ritrita, però ho notato che a volte il fare qualcosa che ci fa stare bene, come un qualsiasi hobby, riesce a far passare in secondo piano questo continuo desiderio...

Non so se ti sono stata utile...

Un fortissimo abbraccio...

Isabella
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

476
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da 476 » giovedì 14 novembre 2013, 0:34

Caro Landon, qualche tempo fa, in uno dei tuoi post mi sembra che ti chiedessi il perché dell’omosessualità. Purtroppo non sarei in grado di recuperarlo e non ricordo se ti chiedessi il perché esiste l’omosessualità o perché lo è una data persona. Non sono sicuro che le due cose coincidano.
Per quanto riguarda la prima, sicuramente sai delle ricerche delle neuroscienze sulla conformazione e il funzionamento del cervello. Questo spiegherebbe perché Tizio e non Caio ma non credo che abbiano portato a conclusioni affidabili finora. Nel mio campo si è più interessati al perché esiste l’omosessualità e va di moda l’interpretazione evoluzionista: l’omosessualità può essere utile alla propagazione di un certo gene o di un intero patrimonio genetico sacrificando le capacità di procreazione di un individuo per favorire quella di uno o più altri che abbiano un patrimonio genetico simile. Alcuni ritengono che queste idee, ovviamente formulate in maniera molto diversa, possano trovarsi già in Hume, quando parla dei cerchi di empatia che legano gli appartenenti a una stessa famiglia, genitori e figli, fratelli, nipoti, cugini, ecc. Non sono sicuro ma credo che richiedano strutture d’interazione tra le persone particolari e forse non troppo realistiche in contesti moderni. Libri ormai un po' vecchi che riprendono temi di questo tipo sono Wilson: Sociobiology: the new synthesis o Dawkins: The selfish gene. Nella teoria dei giochi applicata all’economia e alla politologia è stato usato da Binmore nei suoi libri su Playing just e Playing fair. Un libro che ho trovato molto interessante è Gibbard, Wise choices, apt feelings che applica queste idee all’esistenza dei sentimenti e delle emozioni. Gibbard ha scritto delle cose bellissime in campi molto diversi, anche se io non sono d’accordo su quelle contenute in questo libro.
A me non piace nessuna di queste teorie. Mi sembra che trapiantino un modo di vedere che è sensato nel campo delle scienze fisico-matematiche a campi in cui è forse improprio. Applicato allo studio del comportamento mi sembra che non lasci nessuno spazio per il libero arbitrio cui invece io tengo, forse perché sono stato abituato a pensare che ci sia o forse solo per ragioni di luciferino orgoglio. (C’è un breve librettino di Pink sul Free will che a me è piaciuto. Forse avrei dovuto mettere questo post nella sezione Libri sul comodino.) Al contrario di molti nel Progetto, addirittura vorrei aver avuto un qualche ruolo nel fatto di essere omosessuale ma questo è certamente eccessivo. D’altra parte sono abbastanza sicuro che se si scoprisse la pillola che mi fa diventare etero, non la prenderei. Va ammesso che fare altrimenti sarebbe un po’, forse molto, patetico alla mia età e non so quale decisione prenderebbero altri. Non so se dico cose sensate, ma cosa vuol dire accettarsi? È un dirsi che c’è chi nasce con gli occhi azzurri e chi con gli occhi verdi? Chi ragiona così, non dovrebbe considerare l’omosessualità altrettanto normale dell’eterosessualità? Se così fosse, perché cambiare anche se lo si potesse? Se non si vuole cambiare, non si vuole essere così? Devo confessare che questo è il massimo spazio che riesco a trovare per il libero arbitrio e non è gran che. Del resto almeno alcuni psicologi ritengono che le motivazioni che diamo per quel che facciamo non sono altro che razionalizzazioni ex post, un tentativo di dare coerenza a quel che si fa che non ha nulla a che vedere con i meccanismi che hanno indotto a un certo comportamento.
Sto dicendo cose piuttosto stupide. Il fatto è che molto prima di accorgermi di essere interessato ed attratto dai ragazzi più che dalle ragazze, mi veniva spontaneo o forse semplicemente mi è sempre piaciuto, mettere in dubbio quello che tutti prendevano come naturale, ovvio, chiedermi il perché, non tanto del come ma del senso, dello scopo, di una cosa o di un fatto. Nella scienza moderna credo che domande di questo tipo siano considerate improprie ed insensate e questo spiega il successo delle teorie a cui ho accennato sopra. Il fatto di avere preferenze difformi dalla maggioranza, in me ha accentuato queste tendenze. Mi ha portato spesso a dubitare di ciò che è ovvio e naturale per gran parte degli altri.
Non è sempre stata una cosa piacevole perché spesso mi ha portato all’isolamento ma nel mio lavoro mi è stata molto utile. Di fronte a una teoria, mi ha spinto non tanto a guardare quello che afferma ma le condizioni cui vincola le affermazioni. Analizzarne il contenuto, spingerle al limite, cercare di vedere cosa va storto e cosa succede quando sono violate mi ha sempre dato sorprese e un grande godimento. Si può partire dalle ipotesi e vedere come si arriva alle conclusioni ma è interessante anche fare la strada opposta: vedere cosa succede se se ne cambia una o, lasciandosi prendere dall’hubris, quali insiemi di ipotesi alternative sono compatibili con le conclusioni a cui si vuole arrivare e vedere se si può dire qualcosa e cosa sui mondi ipotetici alternativi che si possono costruire. Un penalista che ho conosciuto sosteneva che è molto più interessante, nei gialli, partire dal colpevole e andare a ritroso facendo ipotesi su come è stata costruita la trama.
Non sono sicuro che questo atteggiamento abbia a che fare necessariamente con l’omosessualità, anzi quasi certamente non ce l’ha in generale. Sembra che tutti i bambini attraversino la fase dei perché ma quasi tutti la superano. Per me, il sentirmi differente me l’ha impedito e credo che non rinuncerei mai a essere così, costi quel che costi.
Non so bene perché ti scrivo queste cose, sicuramente fuori tempo massimo. Ho avuto l’impressione che all’università ti trovi abbastanza bene. Spero che gli argomenti che studi ti piacciano e ti interessino, indipendentemente dagli esami. Ai miei tempi, quando gli esami erano prevalentemente orali, ritenevo di essere preparato quando, sulle probabili domande, sapevo rispondere in maniera che ritenevo sarebbe stata inaspettata dal docente. Funzionava solo con quelli intelligenti ma, per fortuna, erano la maggioranza (dei docenti, non degli assistenti, quelli erano sempre da evitare, se si poteva).Ti raccomanderei di non sottovalutare l’importanza della semplice amicizia dei tuoi compagni di corso. Averti conosciuto mi ha dato grande piacere. Purtroppo non so dirti nulla sulle cose che ti angosciano di più. Ho avuto i tuoi stessi desideri ma il “vantaggio” di quei tempi era che allora si era convinti che fosse praticamente impossibile realizzarli, al massimo li si leggeva nei romanzi. Se si era fortunati, come ritengo di essere stato io, ci si buttava sul lavoro e, nel mio caso, un lavoro che mi piaceva e che, magari illudendomi un po’, credevo di saper fare piuttosto bene. Era tutto quello che avevo per conservare autostima. Per un po’ mi è quasi bastato, anche perché nonostante tutto non avevo completamente cancellato le speranze, ma ora non sono sicuro che sia stata la scelta migliore e ho qualche rimpianto.
Ho una curiosità. Io non saprei usare una chat e non ho idea di quali possibilità e vincoli ponga. Ma nel Progetto ci sono altri ragazzi più o meno della tua stessa età, che stanno facendo l’università e mi sembra abbiano problemi simili ai tuoi. Vi parlate mai nella chat di Progetto?
Temo che quel che ho scritto non abbia né capo né coda e che non dovrei mandartelo. Scusa la strabordante intromissione.

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Landon
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da Landon » giovedì 1 maggio 2014, 22:49

Buonasera a tutti voi. Precisamente due anni fa mi iscrissi in questo forum. Sembra esserci un abisso fra quel ragazzo ed il me attuale. Ovviamente in senso positivo. A volte il lasciare trascorrere del tempo viene considerato come un qualcosa di negativo per la conseguente paura di un immobilismo.Credo, al contrario, che un periodo di forti riflessioni e pianificazioni non faccia altro che darci uno slancio maggiore per andare avanti. Continuo il discorso da dove mi ero interrotto.

Sono passati sei mesi dal mio ultimo post ma andiamo con ordine. Poco dopo il mio ultimo messaggio, in seguito a delle delusioni incontrate su gayspace, decisi di cancellarmi da quel posto. Avevo avuto l'ulteriore conferma che il momento giusto per avere una relazione con un ragazzo non fosse ancora giunto. Non ho un bel ricordo, ad essere sincero, di quel periodo. Mi misi in gioco ma non andò esattamente come immaginato. A posteriori posso dire che sia stato giusto così. Ormai la vita virtuale aveva radicalmente soppiantato la mia vita reale. Io non esistevo più quale Landon. Esisteva un alter-ego virtuale: vivevo la mia vita come sempre, andando all'università, studiando, uscendo con gli amici, ma con la volontà di giungere alla sera e di chattare con qualcuno, quasi in maniera compulsiva. In un primo momento riuscii a riprendere il controllo della mia vita ma, dopo poco tempo, ossia verso dicembre, le cose peggiorarono fino a degenerare nettamente. Questo periodo andò avanti fino al gennaio 2014. La sera, per chattare, andavo a dormire anche alle 2.00 di mattina, svegliandomi molto tardi. A volte rifiutavo delle proposte d'uscire pur di rimanere in casa. Provo un po' di tristezza nel raccontare tutto ciò anche se ritengo giusto rendervi partecipi di quello che realmente ho vissuto. Trovo scontato che che le cose non andassero bene e, per di più, ogni volta che chattavo con qualcuno, ricevevo soltanto una delusione. Mi dicevo: ma perché succede tutto questo proprio a me? Perché tutti riescono a trovare un ragazzo mentre per me è così difficile? Ignoravo che fosse proprio il mio atteggiamento a far "scappare" gli altri. Giunsi verso i primi giorni di gennaio ad un punto di non ritorno. Ero sempre agitato, non riuscivo a dormire bene e mi ero isolato completamente. Stavo morendo interiormente giorno dopo giorno. Non so cosa mi abbia dato la forza di reagire. Forse il ripetermi, fra me e me: " non può finire così". Ormai, giorno dopo giorno, sembrava sempre più chiaro il mio trovarmi di fronte ad un bivio: riprendere in mano la mia vita oppure lasciarmi andare completamente. Credo che esista una forza interiore celata all'interno d'ognuno di noi la quale ci permette di reagire. Potrei paragonare, esagerando un po', la mia situazione a quella in cui qualcuno stia annegando in un fiume. Sprofonda, sprofonda, sprofonda sempre più in fondo fin quando gli occhi si chiudono. Sembra realmente finita. Eppure dentro di noi sentiamo una forza più grande di qualsiasi cosa che ci dice: basta piangersi addosso! La vita è questa, bisogna reagire. Cominciamo a muovere le braccia, riapriamo gli occhi e risaliamo con una forza che non ci aspettavamo di possedere. Nel giro di poco tempo risaliamo a galla e possiamo nuovamente respirare. Ho utilizzato questa metafora per farvi capire cosa io intedessi per "risalire". Potrei paragonare questa sensazione a quella che io ho provato. Riprendere in mano la propria vita è proprio come tornare a galla. Smisi di parlare con tutte le persone che avevo conosciuto nei mesi precedenti e mi imposi di non utilizzare internet. Ci riuscii. La sera, piuttosto, preferivo vedere un film, ascoltare musica oppure leggere un libro. Non nascondo d'aver letto numerosi libri in quel periodo i quali mi hanno dato un'ulteriore spinta ad andare avanti. Uno su tutti: " Per dieci minuti". In sostanza l'autrice del libro narra la sua storia nella quale, su consiglio della sua psicologa, aveva il dovere di compiere qualcosa di mai fatto prima in vita propria, ogni giorno, per almeno dieci minuti, per la durata complessiva di un mese. Razionalmente ognuno di noi vive con troppa serietà la propria vita. Io avevo bisogno di fare qualcosa che mi desse la forza per andare avanti. E qui arriva la parte che mi piace di più! :)

Fino qui ho raccontato tutta la negatività di quel periodo e la tristezza, malinconia che si celavano in me. Fortunatamente non tutto andò male. Ad esempio gli esami universitari andarono bene. Punto in più per la mia autostima. Prima, però, di raccontare il giochino dei dieci minuti, presi una decisione lungimirante con non poca difficoltà: prendere la patente! Era un qualcosa di necessario che continuavo a rimandare continuamente. Avevo paura che non sarei mai stato in grado di guidare una macchina. Beh ovviamente ho vinto io ;) Tornando al gioco dei dieci minuti. Una volta terminato il libro avevo una carica "stupidotta" in me stesso. Mi sentivo come un bambino. Cominciai a giocare. Fra le tante attività mi cimentai nel cucinare, cucire, camminare all'indietro in strada ( sì, l'ho fatto veramente in una strada affollata!!!!!!!), cantare a squarciagola, uscire senza una meta, camminare con una scarpa di un colore ed una di un altro, fare volare un aquilone, una lanterna cinese e così via. Ogni giorno che passava mi dava la speranza per quello successivo. I miei amici rimanevano sbigottiti per ogni attività che io intendessi fare e questo mi dava la carica giusta. Mi dicevo: "se gli altri ritengono qualcosa da folle allora ciò significa che sia qualcosa di veramente utile per me stesso!". Mi viene da ridere adesso ma credo che senza questo rimettermi in gioco sarebbe stato molto più difficile la mia risalita.

Ho volutamente raccontato la mia vita fino a circa i primi giorni di marzo 2014. Nel frattempo sono successe moltissime altre cose degne d'essere riportate ma temo d'aver bisogno di ulteriore tempo per comprenderle meglio. Mi dispiace per voi ma dovrete aspettare ancora un po' :) Concludo il mio aggiornamento chiarendo una questione. Probabilmente mi avrete preso per un maleducato nel mio atteggiamento di non rispondere alle domande che degli utenti che ogni volta rispondono ai miei post. In realtà non rispondo perché mi piace leggere un messaggio alla volta, comprenderne il significato e ragionarci. Non mi vengono vere e proprie risposte da dare. Però mi fa molto piacere ricevere pareri, opinioni sul mio diario. Prometto che aggiornerò un po' più spesso il mio diario :)

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IsabellaCucciola
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da IsabellaCucciola » venerdì 2 maggio 2014, 1:47

Ciao Landon,
dopo aver letto quello che hai scritto mi sono venute in mente alcune riflessioni, che ti riporto molto brevemente, forse saranno ripetitive e magari andranno oltre quello che è il tuo post...
Non so cosa mi abbia dato la forza di reagire. Forse il ripetermi, fra me e me: " non può finire così". Ormai, giorno dopo giorno, sembrava sempre più chiaro il mio trovarmi di fronte ad un bivio: riprendere in mano la mia vita oppure lasciarmi andare completamente. Credo che esista una forza interiore celata all'interno d'ognuno di noi la quale ci permette di reagire. Potrei paragonare, esagerando un po', la mia situazione a quella in cui qualcuno stia annegando in un fiume. Sprofonda, sprofonda, sprofonda sempre più in fondo fin quando gli occhi si chiudono. Sembra realmente finita. Eppure dentro di noi sentiamo una forza più grande di qualsiasi cosa che ci dice: basta piangersi addosso! La vita è questa, bisogna reagire. Cominciamo a muovere le braccia, riapriamo gli occhi e risaliamo con una forza che non ci aspettavamo di possedere. Nel giro di poco tempo risaliamo a galla e possiamo nuovamente respirare.

Molte volte il “reagente chimico” che ci permette di riprendere in mano la nostra vita ci è sconosciuto, e forse è per questo che molte volte le persone fanno fatica a uscire da una situazione... penso che riuscire a uscire da una situazione che ci sta facendo soffrire non sia così facile, anche perché bisogna vedere il contesto in cui si vive. Molte volte l'energia che abbiamo dentro non basta da sola, ma ha bisogno del “reagente” giusto per portare a una reazione... molte volte il piangerci addosso diventa una cosa “familiare” per noi e abbiamo troppa paura del cambiamento... o forse non riusciamo a vederlo il cambiamento, molte volte non riusciamo a vedere il bivio, ma vediamo solo una strada...

Ho trovato in un libro una cosa che mi permetto di riportarti, anche se a quanto hai scritto non dovresti averne bisogno, però le trovo così belle come parole: “A volte il senso di vuoto sarà così profondo che sarete quasi in grado di sentire il vento soffiarvi dentro, là dove dovrebbe esserci il cuore. Abbracciate quel senso di vuoto e sappiate che non sarà sempre così e che soltanto percependolo e stringendo i denti riuscirete a sentirvi riempire con il calore dell'accettazione di sé.”
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da progettogayforum » venerdì 2 maggio 2014, 2:41

E' sempre un piacere sentirti, Landon, le cose che hai scritto fanno parte delle esperienze quasi ineliminabili di un ragazzo gay. Il tuo modo di reagire testimonia il tuo buon senso e la tua capacità di non perderti e di ritrovare in ogni caso la strada. Mi immagino di vederti camminare all'indietro su una strada affollata! Beh, fatta con lo spirito giusto, è una gran bella cosa!

barbara
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Re: Come una barca in un mare in tempesta

Messaggio da barbara » venerdì 2 maggio 2014, 9:37

Che bel racconto che ci hai regalato Landon! Mi viene da pensare che nella vita a volte occorre perderci per ritrovarci. Quello che tu descrivi l'ho vissuto molte volte in modo differente , e posso dire che è stato un viaggio utile, che mi ha permesso di staccarmi da un "me" che non mi piaceva per essere un altro "me". Non so se altri riescano a passare da una fase all'altra della vita in modo razionale, senza eccessi e senza impulsività Io per lo meno non ci riesco. Devo un po' esagerare per ritrovare me stessa. per cui mi ritrovo molto nella tua esperienza. E' anche molto importante avere la consapevolezza che siamo capaci di sapere dove è il nostro limite di "immersione" e di decidere quando è il momento di risalire. E' una capacità molto utile ,perché significa che non devi negarti le esperienze anche un po' folli ma intense , per paura di non saperle padroneggiare.
Penso anche che leggerò quel libro ;)

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