NON ACCETTARSI COME GAY

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
Rispondi
Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5950
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

NON ACCETTARSI COME GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 15 maggio 2009, 13:28

admin ha scritto:Mi è capitato ieri di parlare in chat con un ragazzo che mi diceva “Io non mi accetterò mai come gay, al massimo, forse, potrò riuscire a tollerarmi, ma ad accettarmi no. Se potessi vorrei essere etero e vivere una vita normale, con una famiglia, dei figli, ma queste cose per me non ci saranno mai perché sono gay”. Questo ragazzo era convinto che almeno il 90% dei ragazzi gay, se potesse, vorrebbe essere etero e insisteva nel dire che per lui la vita era praticamente finita proprio perché “purtroppo” è gay e una vita affettiva “vera” (cioè etero) non l’avrà mai.

Non posso negare che queste affermazioni mi hanno lasciato scosso. Questo post è dedicato al disagio derivato dalla non accettazione dell’essere gay.

Partiamo da una osservazione: un ragazzo che si registra sul forum di Progetto Gay e che parla con me della sua non accettazione dell’identità gay non è affatto un ragazzo che non si accetta. Un gay che non si accetta non si iscriverebbe mai ad un forum gay, ma non solo, non ammetterebbe neppure lontanamente di essere gay. Pur sapendolo negherebbe in primo luogo a se stesso la propria identità.

Ovviamente non posso incontrare su Progetto Gay ragazzi che non si accettano, ma posso incontrarne che non si sono accettati in altri periodi della loro vita e non sono certo una rara eccezione. Dai colloqui con questi ragazzi emerge che nella maggioranza dei casi ci sono comportamenti e reazioni simili tra i ragazzi gay che non si accettano.

Un ragazzo gay che non si accetta:

1) Avverte più o meno consapevolmente delle pulsioni gay e nel contempo le nega, per esempio:
a) Si sente coinvolto in forme di amicizia amorosa ma le interpreta come una semplice amicizia.
b) Ammette al massimo di avere provato in qualche momento un’attrazione “solo fisica” per un ragazzo ma non accetta di sentirsi coinvolto a livello affettivo.

2) Tende o forzare la propria sessualità in direzione etero, se la cosa gli è possibile, fidanzandosi “in modo visibile” con un ragazza a giungendo a fare sesso con lei anche controvoglia; oppure se fare sesso con un ragazza è per lui proprio improponibile, tende a leggere quel rifiuto in un’altra chiave, come “scelta di castità” volontaria per ragioni religiose o per non togliere tempo allo studio o ad altri impegni.

3) Si masturba raramente e lo fa con sensi di colpa perché nella masturbazione emergono immancabilmente le fantasie gay. Classica è l’equazione: “Quando mi masturbo penso ai ragazzi e quindi sono gay, quando non mi masturbo non ci penso e quindi sono etero”.

4) Tende a vedere nella masturbazione la causa dell’essere gay, tolta la quale, anche l’essere gay si risolverà.

5) Parla di sé esclusivamente in chiave etero, rimuovendo automaticamente l’idea di essere gay.

6) Tenta di vaccinarsi preventivamente contro i gay per evitare di innamorarsi. Evita tutte le situazioni che possano metterlo in
condizioni di provare emozioni di carattere sessuale verso i ragazzi (momenti di colloquio a due molto coinvolgente, amicizie maschili strette, ambienti esclusivamente maschili).

7) Non ammette che ci sia un problema di “non accettazione” o lo ammette ma dice che è un “falso problema” e che deriva solo da una interpretazione erronea dei fatti.

Quando un ragazzo si trova in situazioni come quelle sopra descritte la possibilità di un dialogo serio su tematiche legate al’orientamento sessuale è praticamente impossibile. La reazione è automatica e non esiste alcuna possibilità di comunicazione.

Il ragazzo col quale ho parlato non è dunque un ragazzo gay che non si accetta. Il dialogo con lui ha un senso e non è affatto schematico. Parte dal presupposto che è gay anche se questo presupposto è accettato come una specie di menomazione.

In situazioni del genere, che non sono rare, si intrecciano elementi significativi di varia natura:

1) In primo luogo si tratta di ragazzi giovani ma non giovanissimi intorno ai 30 anni o anche oltre, che tendono ad addurre l’età come motivo ulteriore di scoraggiamento, con la tipica affermazione “Ma alla mia età ormai non potrò costruire più nulla” espressione che detta da un trentenne non ha alcun significato in termini oggettivi e risulta quasi una giustificazione “poco credibile” dell’immobilismo e della sostanziale rinuncia alla vita affettiva.

2) Questi ragazzi tendono a sottolineare con marcature fortemente negative il loro disagio esistenziale e la loro condizione “inferiore” rispetto ai ragazzi etero coetanei che si sposano e possono avere una vita affettiva e sessuale gratificante. Classico è lo stato di disagio ai matrimoni degli amici e il tentativo di evitare di dover assistere a scene di realizzazione sessuale o affettiva anche nei film.

3) Questi ragazzi non hanno mai vissuto un innamoramento gay nel senso vero del termine e non hanno alcuna esperienza di reciprocità affettiva nemmeno a livello di amicizie, ritengono l’innamoramento una specie di scelta e di atto volontario, al quale, in linea di principio, non hanno rinunciato. Ritengono che un gay non possa essere felice e non possa sentirsi realizzato in termini affettivi e sessuali perché non avrà mai una “vera” famiglia con dei figli e considerano che tra due ragazzi un rapporto affettivo stabile e serio sia impossibile.

La nota dominante in queste situazioni è la paura di essere gay, paura che deriva dalla assoluta mancanza di contatti di qualunque genere con altri ragazzi gay. Un ragazzo gay che non conosce altri gay tende ad identificare i gay con l’immagine che ne forniscono i media e siccome si sente mille miglia lontano da quella immagine è portato a respingere la propria identità gay come inaccettabile. La conoscenza di altri ragazzi gay comporta la presa di coscienza che i ragazzi gay veri non hanno nulla a che vedere con le immagini mediatiche comuni e che con i ragazzi gay veri l’identificazione non solo non è impossibile ma è addirittura spontanea.

Perché dunque un ragazzo che si registra su Progetto Gay viene a dirmi che non si accetta? La risposta è automatica. Lo fa per sentirsi dire che ha torto e per aggiungere una ulteriore conferma ad una verità che in sostanza è stata già da lui perfettamente accettata. In genere quando un ragazzo si sente contraddetto in modo sistematico, prima o poi abbandona la conversazione. In questi casi non succede nulla di simile. Il mio interlocutore non ha alcuna incertezza su quale sarà la mia risposta già prima che io cominci a parlare. Ma non solo, le affermazioni, con il passare del tempo, diventano meno perentorie e piano piano cominciano ad affiorare altre tematiche, decisamente più concrete, si lascia da parte il rifiuto radicale dell’identità gay ed emerge la pura di vivere una forma di refrattarietà affettiva o sessuale, cioè una vera e propria insensibilità affettiva e sessuale. Un ragazzo mi diceva: “Mi sento congelato anche solo quando un amico mi mette un braccio sulle spalle, io penso che non riuscirei mai a stare con un ragazzo”. Non è affatto improbabile che il rifiuto “teorico” dichiarato di essere gay corrisponda ad un timore “reale” di un coinvolgimento affettivo e sessuale per il quale ci si sente del tutto impreparati.

Una osservazione è doverosa. Spesso in chat, in situazioni come quelle descritte, mi sento dire: “Ho un caratteraccio, non ci sarà mai nessuno che voglia stare con me!” Ma frasi del genere non hanno nulla a che vedere con la realtà, perché sono dette da ragazzi che hanno una fortissima carica affettiva anche se terribilmente repressa e che sarebbero non solo certamente capaci di vivere situazioni affettive profondamente coinvolgenti, ma saprebbero dare al loro compagno delle gratificazioni autentiche notevolissime.

Essere gay è difficile, è vero, ma vorrei dire a tutti ragazzi che si sentono scoraggiati e che tendono a pensare che per loro non ci sarà mai amore vero, che la loro affettività profonda e la loro sessualità sono realtà alle quali è assurdo pensare di rinunciare, sono valori assoluti perché sono parti fondamentali della loro persona. Amare ed essere amato, per un gay, è una realtà possibile, né più né meno che per un etero. Le difficoltà ci sono ma con un atteggiamento positivo possono essere superate e allora si capisce che la felicità è possibile.

Rispondi