Non ci capisco più niente...

L'accettazione dell'identità gay, capire di essere gay
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snoopy
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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da snoopy » giovedì 26 aprile 2018, 2:27

ciao, sono passati 5 mesi dall'ultima volta che si siamo scritti.
La mie idea è che l’immagine di donna e la vicinanza con esse abbia dato modo al mio rapportarmi con la parte non espressa di me, solo il suono della voce femminile e l’appellarsi in tal senso hanno funto da ‘’antistress’’ per il mio stomaco, che si contrae come appunto a trattenere qualcosa, quando mi si identifica come uomo. Come puoi immaginare una giornata passata anche solo a chiacchierare porta la tensione e poi l’ansia a livelli di stanchezza molto difficili da gestire.

Noto che le sensazioni di donna sfociano in occasione di momenti di tenerezza e di calore provati e condivisi (e qui torniamo al tuo discorso) Occasioni durante le quali lo stomaco si rilassa, gli occhi si socchiudono e brillano, accennando un sorriso di abbandono nelle braccia, ultimamente di una lei. La sensazione di essere al sicuro.

E pensa..mi rendo conto che in quei momenti di ''mi lascio andare'' bacio, accarezzo, senso come una donna e quasi sempre sfocia poi nel sesso.
Se dopo invece resta una sensazione comunque bella, ma che poi ''cozza'' con la mia identità esteriore e con il fatto che quella ''lei'' (io) vorrebbe potersi esprimere per quella che è.

Il rapporto di mia madre ( da anni sotto tavor)con mio padre (normativo ed eccessivamente invadente con il quale vivo un rapporto di conflitto odio amore, spesso impotenza davanti alle sue eccessive manifestazioni di controllo anche quando non richieste) in quanto la stessa vive una situazione di ‘’ripudio’’ dell’immagine estetica di mio padre.
 Da circa 30 anni è ‘’ossessionata’’ dall’immagine del viso di mio padre, cosa che le provoca ansia. L'immagine e presenza di mio padre la portano a vivere una condizione di ‘’paura che lui la possa far star male’’, cosi da lei descritta.
Naturalmente condivide con me il tutto.Il rapporto potrei stimarlo ad un 90 (con mia madre) rispetto al 10 che condivido, con difficoltà con mio padre, che piuttosto che ascoltare fa del suo punto di vista l’unica strada percorribile.

Con entrambi non condivido alcun tipo di contatto affettivo ( abbracci, parole calorose, contatto vero e proprio, corporeo intendo. Può secondo te ‘’il rigetto’’ per la figura paterna maschile (con il quale anche io fatico a relazionarmi) che mia madre nutre aver condizionato in qualche modo la mia percezione di me mutando la necessità di evadere dalla mia identità maschile di nascita? 


un abbraccio.

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Help
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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da Help » giovedì 26 aprile 2018, 7:48

Prendi la mia ipotesi per quella che è (magari parlane con lo psicologo).

Credo che il conflitto con la tua identità di genere sia una sorta di fuga dalle responsabilità che credi debba avere un uomo in quanto tale. Ho riletto tutte le tue risposte, e anche alcune risposte alle risposte, e non mi è mai sembrato di percepirti come una donna dentro un uomo, ma come un uomo che usa la donna per fuggire. E se noti lo dici spesso anche tu, l'uomo sente il peso della vita mentre la donna no.

Non mi sembri neanche omosessuale sinceramente, non hai mai parlato di affetto o desiderio sessuale nei confronti di altri uomini.

Buona giornata

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progettogayforum
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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da progettogayforum » giovedì 26 aprile 2018, 12:04

Caro Snoopy,
anche io sono andato a rileggere l’intera discussione per cercare di farmi un’idea più precisa. Vorrei prendere il discorso da lontano. Premetto che non sono né un medico né uno psicologo, anche se ho letto qualche libro in tema di sessualità. L’affettività all’interno della famiglia è uno degli elementi che contribuiscono a forgiare il carattere dei figli, però, nota bene, in queste cose non c’è mai un rapporto diretto di causa-effetto, nel senso che da A discende necessariamente B, perché le cause sono sempre molteplici e interagiscono tra loro in modi a volte molto difficili da spiegare. La funzione di un padre e di una madre consiste nel favorire il processo di autonomia del figlio, la sua assunzione di responsabilità, la sua indipendenza prima di tutto psicologica. Prima di aprire Progetto Gay avevo un sito che trattava di vita di coppia, e al 99,9% avevo a che fare con coppie etero. Il mio problema più serio, in quell’ambito, era combattere contro i pregiudizi purtroppo molto radicati che minacciavano spesso di distruggere la vita di coppia. Mi trovavo di fronte a coppie costituite per solo motivo di interesse nelle quali il marito se la prendeva con la moglie considerandola anaffettiva e la moglie identificava i comportamenti del marito più con la violenza che con la sessualità, vedevo ragazzi che si dicevano innamorati ma pretendevano di trattare la ragazza come un oggetto di loro proprietà, vedevo rapporti che non erano rapporti d’amore ma di dominio-subordinazione che venivano presentati come rapporti normali di coppia; quando poi si trattava di coppie con figli, il concetto di possesso si estendeva spesso dalla moglie ai figli. Facevo un grande fatica a fare capire a certi uomini che quello che loro chiamano “ordine” è in realtà una forma di violenza che i figli finiranno per pagare perché chi vive in un continuo stato di ansia, dovuto al timore che finisce per sostituire l’amore che ci dovrebbe essere all’interno di una famiglia, resterà condizionato per molto tempo da paure e incertezze. Un altro punto che pochissimi padri capivano era la necessità di giocare coi figli “come volevano i figli”, cioè la necessità di assecondare i bisogni dei figli evitando di imporre comportamenti e di indurre bisogni che non avevano nulla di spontaneo. A che serve tutta questa premessa? A dire che esistono ancora oggi coppie molto male assortite e che ancora oggi, anche nelle coppie bene assortite, i preconcetti in tema di educazione sono fortissimi. Mi capitava di parlare con genitori preoccupati del fatto che il figlio di 10 anni si metteva le scarpe della mamma e non quelle del papà e altre cose del genere. Se i genitori fossero meno complessati e rivolgessero più attenzione ai contatti affettuosi, alla carezza, all’abbraccio, alla tenerezza, invece che ad alzare la voce e ad imporre il loro punto di vista, i figli crescerebbero in un clima che incoraggia l’autonomia e svuota di senso fin dall’origine i falsi problemi. La famiglia non deve essere un luogo in cui un padre deve esercitare un potere, ma un luogo in cui ci si vuole bene. Tanti padri, a parole, sono d’accordo, ma poi nei fatti non fanno che ripetere i modelli di comportamento che hanno visto nei loro genitori o reagire in vario modo a quei modelli, per esempio creandosi vie di fuga come la droga, o vivendo in situazioni di continua incertezza. Ti faccio un esempio banale ma significativo: durante un temporale ci sono lampi e tuoni, se all’arrivo del temporale una mamma, davanti al suo bambino, comincia a dire: “Speriamo che il fulmine non ci colpisca! C’è tanta gente che è morta così…” manifestando una forma di panico, il figlio non si libererà mai dalla paura dei lampi e dei tuoni, paura del tutto irrazionale e indotta nel figlio dal comportamento della madre. Se invece, all’arrivo del temporale, il padre spiegherà al figlio che si può capire quanto lontano è caduto un fulmine contando i secondi tra il lampo e l’attivo del tuono, perché la luce e il suono viaggiano a velocità diversa, e si metterà davanti alla finestra col figlio a contare i secondi tra lampo e tuono dopo ogni lampo, il figlio metterà da parte la paura del fulmine e comincerà a considerarlo un fenomeno fisico da capire più che da temere.
Da quello che tu dici, si capisce piuttosto bene che la famiglia nella quale sei cresciuto aveva delle caratterizzazioni poco conciliabili con una buona affettività familiare e questo per i comportamenti di entrambi i genitori che, a vicenda, alimentavano i comportamenti l’uno dell’altra. È ovvio che in questo clima un figlio non cresce nelle condizioni migliori perché gli manca una guida affettiva, e alla fine gli manca una vera sicurezza interiore, ecco che allora cominciano a sorgere i dubbi: gay o etero? identità maschile o femminile? E si innesca così un circolo vizioso di carattere nevrotico. A questi problemi si cerca una risposta chiara e definitiva (risposta che oggettivamente non esiste, perché il problema è mal posto) e la stessa ricerca di risposte diventa una reazione disfunzionale al problema sostanziale della carenza affettiva. Non mi preoccuperei proprio del gay o non gay e nemmeno del maschile o femminile, perché ho conosciuto persone serene e realizzate sia etero che gay che bisex, che trans, ecc. ecc.. Tutte queste cose sono un problema solo perché uno le vede come tali, ma oggettivamente hanno ben poso di problematico. Penserei invece di andare alla radice; se c’è un modo di risolvere il problema può consistere solo nell’uscire dall’ambiente che lo determina, cioè nell’uscire dalla famiglia d’origine, nel tagliare i legami di dipendenza prima di tutto psicologica. Ho visto spesso ragazzi fortemente nevrotici, per reazione ad ambienti familiari e sociali molti problematici, ritrovare la calma e la serenità dopo essersi allontanati dalla famiglia, ma non solo, l’allontanamento dalla famiglia ha permesso a quei ragazzi di recuperare “non a livello di dipendenza ma alla pari” un rapporto con i loro genitori.
Devo dire che non mi intendo molto di problemi di identità di genere e che non finirò mai di ringraziare Isabella Cucciola (di questo forum) per avermi permesso di capire seriamente qualcosa in più, però tra il percepire un’effettiva discordanza di genere, che è una cosa molto chiara e molto netta, sulla quale ci sono ben pochi dubbi, e la pluralità di dubbi che tu manifesti, vedo in realtà delle differenza sostanziali. Quello che si nota è un desiderio di affetto, il resto è costantemente in dubbio tra diverse ipotesi, e, data la tua età, penso che il problema non sia l’identità di genere ma l’ansia che rende problematiche cosa che di per se lo sono solo se vissute in un clima che tende ad alimentare le insicurezze. L’influenza familiare si sente eccome ma proprio nell’alimentare le insicurezze e non nel determinare una diversa identità di genere che mi sembra più una creazione imputabile all’ansia che un fatto oggettivo.

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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da barbara » giovedì 26 aprile 2018, 23:43

ciao Snoopy, leggendoti mi sono chiesta che immagine tu abbia della donna , visto che abbini il femminile alla sensibilità, al l'insicurezza, alla scarsa autonomia, all'infanzia perfino. Mi chiedo se ci siano in te delle categorie culturali che ti impediscono di essere il tipo di uomo che sei, cioè un uomo emotivo, magari spesso confuso e desideroso di sentirsi coccolato e confortato. un uomo gentile e generoso in amore. nel nostro paese purtroppo capita ancora di sentire definire mascolina una donna che sa il fatto suo . credo sia una limitazione non solo per le donne ma anche per gli uomini volere attribuire a un sesso o all altro delle peculiarità che hanno più a che fare col temperamento e con la psicologia di ognuno. Non so se queste mie osservazioni possono C 'entrare con la tua storia , ma sono proprio evocate da alcune tue frasi che mi hanno colpito. Spero che questo confronto ti sia utile.

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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da progettogayforum » venerdì 27 aprile 2018, 1:51

A conferma del discorso di Barbara, riporto in traduzione mia una parte di un articolo molto interessante.

“È raro trovare una teoria dell'omosessualità che non attinga alle credenze di genere che contengono idee culturali implicite sulle qualità "essenziali" di uomini e donne. I "veri uomini" e le "vere donne " sono potenti miti culturali con cui tutti devono lottare. Le persone esprimono le credenze di genere, le proprie e quelle della cultura in cui vivono, nel linguaggio corrente, in quanto annettano indirettamente o esplicitamente e assegnano significati di genere a ciò che essi e gli altri fanno, pensano e sentono. Le credenze di genere toccano quasi ogni aspetto della vita quotidiana, comprese preoccupazioni quotidiane come quali scarpe si dovrebbero indossare o domande "più profonde" sulla mascolinità, per esempio se gli uomini debbano meno piangere o dormire apertamente con altri uomini. Le convinzioni di genere alla base di domande su quale carriera una donna dovrebbe perseguire e, a un altro livello di discorso, su che cosa significherebbe se una professionista donna dovesse rinunciare all’allevamento dei figli o dovesse intraprendere una carriera più aggressivamente di un uomo.
Le credenze di genere sono in genere basate su coppie di genere. La più antica e conosciuta è la coppia maschio / femmina. Tuttavia c'è anche la coppia ottocentesca di omosessualità / eterosessualità (o gay / etero nel XX secolo) e la coppia emergente del XXI secolo di transgender / cisgender. Va notato che le copie di genere non sono limitate all'utilizzo popolare. Molti studi scientifici sull'omosessualità contengono anche credenze binarie implicite (e spesso esplicite) di genere. Ad esempio, l' ipotesi intersessuale dell'omosessualità sostiene che il cervello di individui omosessuali esibisce caratteristiche che sarebbero considerate più tipiche dell'altro sesso. La credenza di genere essenzialista implicita nelle ipotesi intersessuali è che l'attrazione per le donne è un tratto maschile, che nel caso di Sigmund Freud, per esempio, ha portato alla sua teoria che le lesbiche hanno una psicologia maschile. Allo stesso modo, i ricercatori biologi presumono che gli omosessuali abbiano cervelli che assomigliano più da vicino a quelli delle donne o sono destinatari di frammenti extra dei cromosomi X (femminili) della loro madre.
Le credenze di genere di solito consentono solo l'esistenza di due sessi. Per mantenere questo binomio di genere, la maggior parte delle culture ha tradizionalmente insistito sul fatto che ogni individuo sia assegnato alla categoria di uomo o donna alla nascita e che gli individui si conformino successivamente alla categoria a cui sono stati assegnati. Le categorie di "uomo" e "donna" sono considerate reciprocamente esclusive, sebbene vi siano delle eccezioni, come nel Simposio di Platone e in alcune culture dei nativi americani. (Vedi anche Fausto-Sterling per le critiche attente di uno scienziato alle coppie di genere). Queste convinzioni sono alla base delle teorie della metà del XX secolo secondo cui i bambini nati con genitali anomali dovevano immediatamente subire interventi chirurgici non necessari per ridurre le ansie dei loro genitori sul fatto che fossero maschi o femmine.
Le rigide credenze di genere di solito prosperano nelle comunità fondamentaliste religiose in cui qualsiasi informazione o spiegazione alternativa che possa sfidare ipotesi implicite ed esplicite comunemente accettate non è gradita. Nell'ambito del genere e della sessualità, non è insolito imbattersi in un'altra forma di pensiero binario: "i racconti di moralità" centrati sul fatto che certi tipi di pensieri, sentimenti o comportamenti siano "buoni o cattivi". La coppia buono / cattivo non è limitata alla sola religione, poiché il linguaggio della moralità si trova ovunque, ad esempio, nelle teorie sulle "cause" dell'omosessualità. In assenza di certezza circa l'eziologia dell'omosessualità, le credenze binarie di genere e le loro basi morali associate spesso giocano un ruolo nelle teorie sulle cause e / o sui significati dell'omosessualità. Quando si riconoscono le forme narrative di queste teorie, alcuni dei giudizi e delle credenze morali incorporate in ciascuna di esse diventano più chiari.”
[Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4695779/]

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Re: Non ci capisco più niente...

Messaggio da snoopy » venerdì 27 aprile 2018, 3:52

Barbara,
intanto grazie per avermi scritto.
La mia visione delle donne non è univoca, distinguo e tendo a riconoscere una o l'altra caratteristica in una donna o più donne. La mia visione di un uomo con la U maiuscola sinceramente fa per me (e mentre ti scrivo mi rendo conto di quel che dico..facendomi già qualche domanda) fa di un uomo tale. La sensibilità la associo più alla figura femminile es. un uomo dolce e sensibile potrei dire che ha una parte più femminile (cosi direi) oppure una donna più fredda e poco ''avvolgente'' poco sensibile, più ''poche chiacchiere'' la considererei più maschile.
Ho avuto un anno fa una breve relazione del tipo ti corteggio (io dando l'impressione di cui io stesso pensavo di essere) uomo Alfa (fiori in ufficio, proposta di uscire a cena ecc.) una volta usciti, andati a cena in un ristorante molto d'impatto e poi da lei per una serata di sesso (che giuro non avrei mai immaginato ma mi ha ''spiazzato'' lei per prima) ho iniziato a conoscerla e mi sono ritrovato a vivere una pseudo relazione al contrario (il famoso ''specchio'') dove lei mi aveva sotto scacco e lei (totalmente anaffettiva) giocava al bastone e la carota. La cosa ( e ci ho letto tra me e me la riapertura di una ferita di ripudio, di abbandono o di violenza in qualche modo) mi ha generato un ansia che ha poi contribuito ad accrescere le mie sensazioni.
Ansia che in quel periodo già vivevo ma con meno consapevolezza di adesso.
Lei la considero, se pur molto ''femmena'' molto mascolina, perchè poco accogliente e sensibile, poco attenta. Mentre cercavo di spiegarle le mie ansie mi guardava senza rispondere, senza un abbraccio o una carezza ma mi liquidava con una scusa. Davvero (a mio sentire) inquietante. Rabbia.

Amministratore.
Sposo a pieno, condivido e comprendo con reale naturalezza nel leggere le parole dell'articolo.

Il mio problema credetemi è che quando ( credetemi è proprio cosi) mi esprimo o vengo chiamato appellato al maschile ( es. telefonata ''dove sei stat (o) ? sei sicur (o) ? ) mi creano uno stato di tensione alla bocca dello stomaco che tendo a trattenere di proprosito e che si ''sblocca'' solo se sono da solo, senza alcun chicchessia che dialoga con me, solo io. Per non parlare di come racconto le mie giornate, le mie esperienze,..ecc.. Uso di proposito il verbo avere o faccio il giro largo per non dover utilizzare termini che mi identifichino al maschile.
Es. Dove sei stato? Ho fatto un giro in centro..
Es. Sei sicuro? Ho dato una controllata e ti garantisco che è tutto ok.

Da solo diventa tra me e me
Sono stato diventa ho fatto un salto
Mi sono sentito diventa è stata una sensazione..

Ormai è diventato un disagio che chissà da quanto tempo mi tengo dentro senza farci caso. Quando ( pochissime volte) magari in macchina ( direi da solo ma se lo stessi raccontando di persona direi ''quando non c'è nessuno) mi parlo al femminile, quindi invento una storia di me e mi ''appello'' al femminile lo stomaco si rilassa e non ho nessuna difficoltà, mi stanco meno. Sto fuggendo dalla mia identità o la sto scoprendo?

IO..faccio davvero fatica ad accettare tutto questo.
Sta sera dopo mezzora di chiacchierate e due passi in centro stavo crollando dalla stanchezza, avrei raggiunto casa ed una volta li a letto.

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