Non avere niente da raccontare

La difficoltà di uscire allo scoperto
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Birdman
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Non avere niente da raccontare

Messaggio da Birdman » sabato 18 novembre 2017, 2:11

Ultimamente pensavo al fatto che molto spesso evito di fare coming out con persone che frequento abitualmente non tanto per questioni di “sicurezza”, quanto per timore di dare la possibilità all'interlocutore di chiedermi altro, mettendomi nell'imbarazzante situazione di dover ammettere la mia inesperienza e totale vuoto di vita affettiva, pur avendo un'età relativamente avanzata.
Di mio non trovo che sia così tremendo il fatto di non aver mai avuto relazioni o di non aver mai avuto rapporti sessuali, semplicemente è andata così e me ne faccio una colpa fino a un certo punto. Però penso sempre che se ne parlassi il mio interlocutore, qualunque esso sia, mi vedrebbe come una specie di alieno, da guardare con un misto di stupore e incredulità. Magari il problema non si porrebbe se dovesse capitarmi di parlarne con persone della mia età o più grandi di me, se presupponiamo una maggior maturità. Ma se dovessi trovarmi a parlarne con ragazzi più giovani di me, che a differenza mia di esperienze ne hanno avute, penso che mi sentirei molto a disagio. In particolare credo che mi imbarazzerebbe e soprattutto mi infastidirebbe vedere una reazione stupita da parte di altri ragazzi gay, ma temo proprio che sia quel che accadrebbe, dato che al giorno d'oggi quasi chiunque riesce ad avere una vita sessuale attiva. Quel che è peggio è che temo di essere visto come lo sfigato della situazione, da prendere in giro e umiliare all'occorrenza.

Il problema più grande resta trovare persone empatiche, etero o gay che siano, ma per la vita che faccio attualmente è altamente improbabile che riesca ad allargare il giro delle mie conoscenze (praticamente assenti), dialogare con qualche prescelto fino al punto da conoscerlo meglio, capire di potermici fidare, quindi raccontargli gli affari miei. Un'impresa.

Infine aggiungerei che ho sempre fatto molta fatica a parlare di queste mie mancanze quelle poche volte che l'ho fatto e con quelle poche persone con cui sono riuscito a farlo, ma non per l'imbarazzo in sé, bensì perché non abituato ad affrontare certi discorsi. Tuttavia sento il bisogno di farlo se voglio uscire dal mio torpore perenne, però è come se non avessi gli strumenti per farlo. Mi è anche capitato di fare CO, forzandomi a farlo, ma senza avere particolare voglia di approfondire il discorso, ma solo perché mi infastidiva essere considerato erroneamente etero: il risultato è stato che mi son trovato ad affrontare una serie di domande personali sulla mia omosessualità, che mi hanno messo in imbarazzo, perché non sapevo assolutamente come affrontare il discorso. Mi ero messo nella condizione di parlarne pur non avendone voglia. Questo perché il CO è anche (giustamente) considerato un modo per farsi conoscere, quindi è anche legittimo aspettarsi da qualcuno che lo faccia un certo desiderio di parlarne. Ma parlare di cosa esattamente nel mio caso? Non essendoci esperienze, non essendoci nulla di gay in concreto nella mia vita, purtroppo, il discorso verterebbe immediatamente sulle problematiche che mi trascino da anni. Insomma non sarebbe un CO gioioso, fatto col desiderio di aprirsi agli altri, ma diventerebbe l'anticamera per uno sfogo di frustrazione, una cosa che farebbe inorridire me ed il povero malcapitato interlocutore. Nella mia mente l'associazione è immediata: coming out = vomitare malessere addosso agli altri.
Già vivo una situazione di quasi totale isolamento a livello di relazioni sociali, e per evitare di avere definitivamente un deserto intorno fino ad ora ho sempre tenuto chiusa la porta del sotterraneo degli orrori.
Il rischio di questo mio atteggiamento è quello di non arrivare mai a rompere il ghiaccio e di condannarmi a rimanere in questa situazione di stallo. E purtroppo le cose andranno sempre peggio continuando così, dato che più passano gli anni, più si accumula il carico di imbarazzo legato al dover svelare le mie mancanze.

Mi piacerebbe sapere da quelli che magari hanno vissuto questo passaggio, in età paragonabile alla mia o superiore, come l'hanno affrontato, se sono riusciti a parlarne con qualcuno, quindi che reazioni hanno visto e in che maniera si è evoluta la situazione dopo averlo fatto.

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Gio92
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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Gio92 » sabato 18 novembre 2017, 17:42

Ciao Birdman, innanzitutto non ricordo la tua età, quindi se me la dici posso avere un metro di paragone.

Io non capisco perchè la vivi come fastidio? Mi riferisco al fatto di non dire di essere gay. Guarda che quello che esponi nel tuo post è assolutamente comune come "problematica".
Sai oggi perchè sono quì sul forum? ero venuto appositamente in questa sezione per cercare qualche post sui rischi del Coming Out . Ho trovato per caso il tuo post appena scritto e sto rispondendo. Io spesso sono tormentato dall'idea, come mi succede ultimamente, che gli altri possano aver capito. Forse sto percorrendo un percorso inverso al tuo.

Vorrei che spiegassi meglio il tuo episodio in cui hai dovuto fare CO forzatamente. In che modo è successo? Qualcuno ti ha costretto a fare CO chiedendoti sfacciatamente se sei gay? Se sì, allora è grave (da parte dell'altro, non tua), perchè questa è violenza psicologica , una volta è successo anche a me.

Riguardo alla tua verginità, stai tranquillo che non è un problema nemmeno questo. Io l'ho persa ma ciò non mi ha cambiato la vita, ne arricchito emotivamente, sono state delle scop@te e basta. E' stato comunque eccitante ma ciò non mi rende più "figo" rispetto ai miei coetanei gay e non. Questa è una stronzata sociale che hanno inventato coloro che fanno solo sesso ma non sanno amare, sanno che sono squallidi e quindi si vantano di aver inzuppato il biscotto.
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

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Birdman
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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Birdman » domenica 19 novembre 2017, 2:04

@Gio, innanzitutto un saluto, mi fa piacere rileggerti!
Vengo al punto, mi sto avvicinando ai 30 anni oramai, un'età alla quale onestamente credevo di arrivare in condizioni migliori.
Vorrei precisare qualche aspetto, dato che forse nel post di apertura sono stato poco chiaro: non intendo fare un CO pubblico o raccontare gli affari miei a gente che conosco poco o nulla. Mi sto ponendo il problema in quanto lo vedo piuttosto come un passaggio intermedio necessario per aprirmi ad una vita sociale più appagante, nel senso di crearmi un gruppo di amici con i quali possa sentirmi a mio agio ed è in quest'ottica che mi chiedo come affrontarlo. Ad oggi gli unici che sanno di me sono solo i miei amici più stretti praticamente. Qui mi riaggancio al discorso del CO “forzato”, nel senso che l'ho fatto con un'amica a cui tengo particolarmente e ci tenevo che lo sapesse, però sono stato leggero nel dare prorità allo scioglimento di questo nodo, piuttosto che ascoltarmi e capire se fossi capace di affrontare la situazione. Non mi ha fatto alcuna violenza psicologica, mi ha semplicemente posto delle domande legittime, ma non essendo assolutamente avvezzo a parlarne mi sono sentito a disagio. Ma da parte sua non c'è stata alcuna scorrettezza, come ho detto, è giusto che parlarne porti a delle domande, perché se lo stai dicendo è perché ci tieni a farlo sapere. Sono stato “leggero” verso me stesso, ma alla fine penso che sia stato un bene farlo in ogni caso. Diciamo che l'ho fatto come sfida verso me stesso, volevo spingermi ad affrontarlo quel discorso che tendevo sempre a nascondere. L'ho fatto perché penso che da qualche parte bisogna pur cominciare, se almeno all'inizio non mi forzo a farlo, non riuscirò mai a renderlo un qualcosa di naturale, perché questo dev'essere, per quanto mi riguarda. Voglio essere spontaneo quando parlo di me stesso, ma il problema è che sono ben lontano da quel traguardo.
Degli eventuali rischi del CO ne sono fin troppo consapevole ed essendo (anche eccessivamente) prudente sono sempre stato molto, troppo discreto. Onestamente penso che avrei potuto nascondermi di meno in passato e probabilmente adesso avrei qualche bel ricordo in più. Sono dell'idea che almeno gli amici debbano saperlo, il che mi sembra il minimo che si possa fare. Dover stare attenti quando si parla con degli amici, o peggio fingere, questo sì che sarebbe una violenza psicologica, e reiterata per giunta.
Per quanto riguarda la verginità, diciamo che non la vivo più come una mancanza “grave”, come quando avevo 15 anni. Però resta un qualcosa che mi manca, e non posso ignorare che mi stia ancora privando di una parte di me. Non idealizzo affatto il sesso come possono fare facilmente persone nella mia stessa situazione, perché immagino che sia un'esperienza che come tutte le altre porta vantaggi e svantaggi, ma è pur sempre un pezzo di vita che bisogna esplorare. Tu l'hai esplorato e mi dici che non ti ha cambiato la vita, ma se non l'avessi fatto riusciresti anche solo a pensare di poter dire che non cambia la vita? Posso immaginare che magari sia stato meno coinvolgente emotivamente di quanto ti aspettassi, ma non credo che siano state scopate e basta, sono state tappe del tuo percorso di crescita.
Non mi preoccupo di chi si fa vanto della propria iperattività sessuale, semplicemente mi preoccupo di non ritrovarmi questi esemplari tra i piedi. Il post che ho scritto in pratica nasce anche dalla preoccupazione di trovarmi davanti a persone immature, e purtroppo ne vedo tante nella vita di tutti i giorni. Se voglio avere una vita sociale secondo le regole che decido io, sarò costretto (o meglio mi costringerò) a “buttarmi” in alcuni contesti, perché purtroppo alcuni tentativi bisognerà pur farli ed eventualmente a scontrarmi col genio di turno. Non si può sempre reagire ignorando chi non ci piace, perché le persone non affini a noi sono dovunque. Fino ad oggi sono rimasto solo soprattutto perché ho rifiutato ogni forma di compromesso nelle relazioni sociali e solo adesso mi sto leggermente ammorbidendo. Non dico che debba frequentare solo stronzi, ma almeno vorrei essere in grado di affrontarli, se proprio costretto dalle circostanze.
Per quanto riguarda il tuo modo di intendere il CO, mi sembra (ma forse mi sbaglierò, dato che traggo conclusioni in base a poche righe scritte) che di questo timore di essere “scoperto” tu stia rischiando di farne l'oggetto di una nuova ossessione. Il timore che provi può essere più o meno legittimo a seconda del contesto, dipende da chi sono le persone dalle quali vorresti difenderti e per quale ragione. Se ritieni che possano sapere di te delle persone potenzialmente pericolose in qualche maniera è legittimo preoccuparsi, ma non riesco ad immaginare una situazione di pericolo tale da generare dei pensieri ossessivi a riguardo. Valuta bene la situazione e assicurati di non essere tu ad ingigantirla.

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da progettogayforum » domenica 19 novembre 2017, 11:31

Provo a dire la mia. Pure essendo un vecchio, non ho mai fatto CO pubblico e neppure ho preso in considerazione una eventualità simile, e non perché fosse un’altra epoca (se mi trovassi ad essere giovane adesso, farei esattamente lo stesso) ma per la semplice ragione che, salvo rarissime eccezioni, agli altri non importa nulla di me e meno che mai della mia vita privata. Il CO sul posto di lavoro, o con possibili riflessi sul posto di lavoro, anche qui con rarissime eccezioni, equivale ad una marginalizzazione autoinflitta in nome della chiarezza. Ho amici etero, con i quali vado d’accordo da decenni, ma il nostro privato resta privato e con loro non ho mai parlato di sesso, né ne hanno parlato loro. I nostri rapporti sono su un piano molto diverso, di stima e anche di affetto, ma nel rispetto della totale privacy di ciascuno. Con altri amici etero è stato possibile parlare chiaro, ma si tratta di assolute eccezioni e di persone affidabili al 200%, che conosco da molti anni e che vedo anche abbastanza spesso. Francamente il fatto che i miei amici etero abbiano (abbiano avuto) una vita sessuale tipicamente etero, non solo non mi sconvolge ma mi è assolutamente indifferente, quella è la loro vita privata che con me non ha nulla a che fare. In modo perfettamente analogo penso che, nel migliore dei casi, a chi riceve un coming out da parte di un amico gay, non importi assolutamente nulla di quello che viene a sapere. Voglio dire che dove non c’è rischio perché si tratta di persone serie c’è comunque disinteresse. Quando (molto raramente) qualche amico etero mi ha raccontato qualche sua storia con una donna, storia per lui importante se non addirittura sconvolgente, la mia reazione è stata di ascolto educato ma anche si sostanziale estraneità, in buona sostanza si trattava di realtà per me sconosciute sulle quali non avrei avuto nulla da dire. Quando un gay fa CO con un amico/a etero, pensa che dall’altra parte ci possa essere un qualche interesse a conoscere la “verità”, questo potrebbe essere vero da parte di un’amica donna (etero), perché la sua amicizia potrebbe nascondere una qualche forma di innamoramento, ma un amico uomo (etero) nel migliore del casi resta del tutto indifferente di fronte al CO dell’amico gay. Francamente non capisco la necessità di dover condividere tutto con gli amici, specialmente con gli amici etero, con i quali una dissimmetria sostanziale è ineliminabile. E non capisco nemmeno perché il CO sia considerato fondamentale, perché quando va bene non cambia oggettivamente nulla e quando va male le conseguenze possono essere pesanti anche a distanza di anni.
Seconda questione: le verginità. Francamente condivido quello che dice Gio, penso sia un altro mito del tutto privo di senso. Tra fare sesso (magari con forti coinvolgimenti unilaterali) e costruire una storia d’amore c’è un abisso. I due concetti non hanno niente in comune, anche se spesso le due cose sembrano confondersi. Avere esperienze sessuali è facile, ma dopo le illusioni arrivano le disillusioni e francamente di gente che, dopo un’esperienza sessuale (senza amore) si sia sentita realizzata non ne ho mai vista. Anche tra gli etero c’è il mito della prima volta, ma poi nel 99% dei casi la prima volta si consuma in una banalità totale, proprio perché consumata senza amore, solo per fare un’esperienza. Per non dire, se non si usa la dovuta prudenza, dei possibili rischi per la salute. Non capisco in che cosa uno debba sentirsi condizionato dall’idea di essere vergine, cioè, in parole povere, di non aver buttato via la propria sessualità tanto per fare qualcosa col primo ragazzo disponibile. Il problema vero è trovare l’amore che è una cosa del tutto diversa, che può cambiare profondamente la vita di una persona e ne ho visti esempi concreti, non è una favola, ma è una cosa rara. Questo è il sogno vero di tutti, amare e essere amati per quello che si è.

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Gio92
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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Gio92 » domenica 19 novembre 2017, 18:55

Mi sono piaciute entrambe le risposte di Birdman e Project che concordo almeno all'80%.
Birdman ha scritto:@Gio, innanzitutto un saluto, mi fa piacere rileggerti!
Vengo al punto, mi sto avvicinando ai 30 anni oramai, un'età alla quale onestamente credevo di arrivare in condizioni migliori.
Anche per me è un piacere rileggerti :)

30 anni.... manco ne avessi 55!! ma dai! e pure a 55 anni c'è gente che magari dopo un divorzio si fa una nuova vita, nascono le famiglie allargate, che oggi sono così diffuse... non sei assolutamente vecchio! io ho 25 anni , qualche annetto meno di te (puoi adottarmi come fratellino minore? :oops: :oops: :3 sto scherzando ahhaha) e posso garantirti che pensavo come te fino ad un paio d'anni fa.
Il punto principale è che poi ho capito che non serve a nulla piangere sulla sofferenza passata, non serve a nulla pensare che è tutto finito solo perchè, almeno nel mio caso, ho avuto un passato tremendo.
Si chiude, si archivia. Senza pensarci. Senza dover ripercorrere il passato per "dargli un senso". Ma è così importante? in alcuni casi si ma comunque anche se lo facciamo non migliora la situazione presente, nè può cambiare i contenuti semantici del passato. Fare punto e a capo è molto più semplice di quello che si pensa.

Non hai avuto una vita sociale ricca come avresti voluto, se ce l'hai è poco viva, forse vorresti qualche amico in più.
Mi sembra un pensiero abbastanza normale, adesso, mettendo da parte il CO, e l'omosessualità in genere, mi pare che tu stia avendo questo pensiero (o almeno è la sensazione che avverto quando leggo le tue righe) "cosa racconto? come faccio? mi sento un po' sfigatello. Non voglio che gli altri se ne accorgano".

Probabilmente posso anche sbagliami ma se è così ti inviterei a guardarti da una prospettiva più neutra, meno giudicante, più amorevole. Secondo quali standard dovresti essere più aperto omosessualmente parlando e non?
Birdman ha scritto:Sono stato “leggero” verso me stesso, ma alla fine penso che sia stato un bene farlo in ogni caso. Diciamo che l'ho fatto come sfida verso me stesso, volevo spingermi ad affrontarlo quel discorso che tendevo sempre a nascondere. L'ho fatto perché penso che da qualche parte bisogna pur cominciare, se almeno all'inizio non mi forzo a farlo, non riuscirò mai a renderlo un qualcosa di naturale, perché questo dev'essere, per quanto mi riguarda. Voglio essere spontaneo quando parlo di me stesso, ma il problema è che sono ben lontano da quel traguardo.
Degli eventuali rischi del CO ne sono fin troppo consapevole ed essendo (anche eccessivamente) prudente sono sempre stato molto, troppo discreto. Onestamente penso che avrei potuto nascondermi di meno in passato e probabilmente adesso avrei qualche bel ricordo in più. Sono dell'idea che almeno gli amici debbano saperlo, il che mi sembra il minimo che si possa fare. Dover stare attenti quando si parla con degli amici, o peggio fingere, questo sì che sarebbe una violenza psicologica, e reiterata per giunta.
Quì il discorso si fa leggermente più complesso e anche molto interessante :) ti spiego;
quel che tu dici è giusto, ed è un desiderio di tutti gli omosessuali, quello di parlare della propria omosessualità in maniera naturale, come un qualcosa che finalmente abbiamo accettato, con cui finalmente abbiamo fatto pace dopo un lungo e faticoso lavoro su noi stessi; ma vorrei tranquillizzarti perchè voglio farti capire che quello è un punto d'arrivo molto alto. E non tutti ci arrivano con lo stesso tempo e gli stessi modi.
Sei stato discreto, hai fatto bene. Questo vale anche per me che pure ogni tanto mi faccio queste paranoie. Gli amici devono saperlo, bene. E' una cosa che ha un suo senso. Però è anche vero, come dice project, che alla fine nell'amicizia, almeno inizialmente, queste cose hanno poco senso.
Puoi scegliere due strade:
1) quello di avere la forza di fare coming out, di sforzarti come hai fatto con quella tua amica, accettando anche il disagio che comporta ma considerando quest'ultimo come obiettivo per emanciparti.
2) leggermente come il punto n 1 ma con modi e tempi più lunghi, tenendo conto proprio del fatto che qualche volta ti sei sentito a disagio e lasciando che il tempo faccia il proprio lavoro, che le amicizie che hai e che farai si consolideranno tantissimo e che naturalmente un giorno potrai svelarti senza forzandoti troppo.

Devi lavorare anche su altri lati di te per rinforzarli e per far sì che ciò che vuoi fare tu, avvenga con naturalezza.
Questi lati magari possono essere ad esempio migliorare la sicurezza personale in altri ambiti della tua vita, che non siano per forza il contesto sociale, nello specifico magari puoi scegliere tu. Ad esempio l'attività fisica, o concedersi dei tempi per se stessi per meditare, stare in pace, aiutano tantissimo a ristabilire equilibri psicologici. Tanto per fare un esempio.
Sembrano banalità ma hanno un senso. A volte sentiamo di non avere competenze su un qualcosa su cui altri sono più allenati perchè non abbiamo lavorato su altri aspetti di noi stessi che possano contribuire ad essere più efficaci anche su queste cose.

Spero vivamente che tu abbia capito ciò che voglio dire perchè questo passaggio è cruciale e importantissimo.

Da quel che ho capito e da come mi scrivi non è proprio un CO generalizzato ma selezionato, e comunque comporta un certo impegno. Poi se ho sbagliato nelle mie ipotesi e non ho capito nulla puoi dirmelo e mandarmi a quel paese facendomi capire meglio i tuoi concetti :mrgreen: :mrgreen:
Birdman ha scritto:Per quanto riguarda la verginità, diciamo che non la vivo più come una mancanza “grave”, come quando avevo 15 anni. Però resta un qualcosa che mi manca, e non posso ignorare che mi stia ancora privando di una parte di me. Non idealizzo affatto il sesso come possono fare facilmente persone nella mia stessa situazione, perché immagino che sia un'esperienza che come tutte le altre porta vantaggi e svantaggi, ma è pur sempre un pezzo di vita che bisogna esplorare. Tu l'hai esplorato e mi dici che non ti ha cambiato la vita, ma se non l'avessi fatto riusciresti anche solo a pensare di poter dire che non cambia la vita? Posso immaginare che magari sia stato meno coinvolgente emotivamente di quanto ti aspettassi, ma non credo che siano state scopate e basta, sono state tappe del tuo percorso di crescita.
Non mi preoccupo di chi si fa vanto della propria iperattività sessuale, semplicemente mi preoccupo di non ritrovarmi questi esemplari tra i piedi. Il post che ho scritto in pratica nasce anche dalla preoccupazione di trovarmi davanti a persone immature, e purtroppo ne vedo tante nella vita di tutti i giorni. Se voglio avere una vita sociale secondo le regole che decido io, sarò costretto (o meglio mi costringerò) a “buttarmi” in alcuni contesti, perché purtroppo alcuni tentativi bisognerà pur farli ed eventualmente a scontrarmi col genio di turno. Non si può sempre reagire ignorando chi non ci piace, perché le persone non affini a noi sono dovunque. Fino ad oggi sono rimasto solo soprattutto perché ho rifiutato ogni forma di compromesso nelle relazioni sociali e solo adesso mi sto leggermente ammorbidendo. Non dico che debba frequentare solo stronzi, ma almeno vorrei essere in grado di affrontarli, se proprio costretto dalle circostanze.
Sicuramente le esperienze che ho avuto sono state tappe del mio percorso di crescita ma quel che ti volevo dire è che non cambia molto dal non farle proprio.
Mi spiego: se analizzo la mia situazione sociale dalla tua, più o meno siamo lì. A me è fatta solo di conoscenti e di qualche persona più fidata ma con cui non abbiamo chissà quale rapporto. Sono in una fase della mia vita in cui le mie priorità principali, che per me sono salvavita ancora oggi, sono la mia salute psicofisica, ovvero la mia serenità mentale e corporea, il rapporto con la mia famiglia che sto aggiustando e concludere il mio percorso terapeutico.
Con gli stronzi ci ho avuto a che fare ogni tanto e ho imparato ad affrontarli.

In tutto questo cosa c'entra la mia sessualità? Cosa c'entra il sesso orale che mi sono divertito a fare e a ricevere qualche volta? Cosa c'entrano le coccole che mi sono fatto con un ragazzo per un mese per poi scoprire che è un paranoico e che non lo contatto io su whatsapp lui non si fa più sentire nemmeno per un "come stai?"? Nulla.
Probabilmente quelle esperienze hanno sbloccato delle parti di me che erano congelate da anni (vuoi per timidezza o altro) ma se io vivo una vita sociale non molto ricca e dall'altro però sto ritrovando la serenità in me stesso che da anni avevo perso e che sto recuperando piano piano , quelle esperienze hanno poco e nulla a che vedere con tutto questo.

Sono collegate le due cose, ovvero prime esperienze sessuali con le tappe della crescita di ognuno ma non in senso così stretto come comunemente si crede. Molti standard ce li poniamo noi secondo modelli sociali, nulla di sbagliato se questo ci fa stare bene, ma se questo ci fa soffrire dobbiamo modificarlo , anche leggermente.
Birdman ha scritto:Per quanto riguarda il tuo modo di intendere il CO, mi sembra (ma forse mi sbaglierò, dato che traggo conclusioni in base a poche righe scritte) che di questo timore di essere “scoperto” tu stia rischiando di farne l'oggetto di una nuova ossessione. Il timore che provi può essere più o meno legittimo a seconda del contesto, dipende da chi sono le persone dalle quali vorresti difenderti e per quale ragione. Se ritieni che possano sapere di te delle persone potenzialmente pericolose in qualche maniera è legittimo preoccuparsi, ma non riesco ad immaginare una situazione di pericolo tale da generare dei pensieri ossessivi a riguardo. Valuta bene la situazione e assicurati di non essere tu ad ingigantirla.
Ne sono più che consapevole del rischio che corro. E spesso mi domando se da un lato mi sono quasi rasserenato sulla mia omosessualità, perchè dall'altro lato ho ancora un po' paura.
Ma me la tengo questa paura. Si dice che "la prudenza non è mai troppa". Non sono così coraggioso come altri gay iperdichiarati e iperstrafottenti sono. Anche io ho le mie debolezze purtroppo. Per quanto possa essermi rafforzato ma l'idea di essere completamente sereno sulla mia omosessualità e di essere completamente sereno riguardo l'ambiente circostante credo non sia così lontana ma nemmeno così vicina. Molto probabilmente tra qualche anno succederà ma per adesso quello che vivo oggi è già tanto :) :)
Se ti va possiamo approfondire in privato questo discorso su me stesso, non voglio invadere questo post.

Ti abbraccio forte
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Birdman » lunedì 27 novembre 2017, 16:17

@Project
ti ringrazio per aver parlato della tua esperienza, era un po' quello che volevo fare aprendo questa discussione.
La necessità di cui parlo non è “ideologica”, ma strettamente personale. Ed è sempre la stessa ragione che mi spinge a scrivere qui. Penso che sia naturale che una persona senta il bisogno di parlare di sé stessa in certe situazioni. Ovviamente ognuno ha il proprio carattere e c'è chi è più portato a farlo, chi meno. Io tendenzialmente prediligo una forma di dialogo che sia il più possible chiara, ovviamente se la persona che ho di fronte merita questa chiarezza, quindi mi riferisco agli amici più stretti. Infatti anche tu mi confermi che con gli amici etero più seri e con i quali hai un rapporto profondo e duraturo, ne è valsa la pena parlarne. E tra amici (quelli più importanti) è giusto farlo. Con gli altri amici etero sono d'accordo sul fatto che non ne valga la pena, in quanto inutile, se non dannoso in certi casi. Però mi resterà sempre un certo disagio nel sapere di omettere, dover glissare su alcuni argomenti, ma nella maggior parte dei casi sarò costretto a farlo come tutti, dovrò farmene una ragione, del resto se il rapporto è superficiale è giusto così. Concordo anche sul fatto che alla gente non importi assolutamente niente di quel che faccio o non faccio, eppure in passato con degli amici mi è capitato di sentir chiedermi se avessi avuto esperienze con ragazze e non essendo capace di fingere, dalle mie risposte imbarazzate credo proprio avessero intuito non tanto una mia eventuale omosessualità, quanto della verginità. E con zii e cugini mi è anche capitato di peggio: in nome del legame di parentela si sono anche presi un livello di confidenza che non intendevo assolutamente dargli. Si sono spinti a un livello tale con le domande da mettermi seriamente in difficoltà, soprattutto perché parliamo di persone profondamente omofobe, con le quali un CO sarebbe sicuramente pericoloso. Ma ogni volta che li incontro devono sempre andare a colpire sul mio punto debole. Poi situazioni di questo tipo non mi sono capitate soltanto in famiglia: nelle comitive di amici etero in passato discorsi su sesso ed esperienze sono capitati ovviamente, e non potevo fare altro che star lì a disagio per tutto il tempo. In quei contesti sarebbe meglio evitare il CO, ed è per questo che sono sempre rimasto nell'ombra. Ma oramai questo atteggiamento di chiusura è diventato fin troppo radicato in me oramai, proprio per via di questi trascorsi. Ma come si fa a tacere per tutta la vita? Non parlarne con nessuno equivale a condannarsi ad una solitudine sostanziale, al netto di rapporti d'amicizia più o meno superficiali, che è esattamente quel che mi è accaduto. Ha senso andare avanti così?
Il fulcro della questione non è tanto parlare con etero a cui non importa niente del mio privato, ma svelarmi ad altri ragazzi gay che conosco o che potrei conoscere, il dubbio sta nel fatto che li veda lontani anni luce da me, e questo mi crea perlessità. Però con loro sì che mi sembra disonesto non dirglielo, ma ho delle remore relative a quel che ho scritto prima.
Sull'ultimo aspetto, ovvero la verginità, onestamente non credo che la mia situazione sia normale, soprattutto perché non è frutto di una scelta volontaria, ma al contrario un effetto dell'eccessivo timore di espormi. Non idealizzo il sesso, ma non ho mai disprezzato la stessa idea dei rapporti occasionali, anche perché non sono affatto propenso ad illudermi quando conosco qualcuno, tutt'altro. All'amore con la A maiuscola neanche ci penso adesso, ho ben altre faccende più importanti di cui occuparmi, visto che il futuro non mi appare proprio roseo attualmente.

@Gio
Apprezzo che sull'età tu mi abbia voluto tranquillizzare in qualche maniera, ma pensare in termini di “avere ancora tutta la vita davanti” può sembrare quasi una scusa per temporeggiare ulteriormente e continuare ad invecchiare senza crescere. Sarò menagramo, ma secondo me la vita dura poco e spesso anche meno di quanto ci aspettiamo. Arrivare alla vecchiaia è un attimo, quando si ha la fortuna di arrivarci, ed il tempo passa molto velocemente. Determinate tappe vanno raggiunte nelle età appropriate, dopo diventa tutto troppo difficile. Il tempo perduto non si recupera. Diciamo che il pensiero di iniziare ad aprirmi timidamente mi viene proprio perché vorrei segnare un cambio di rotta rispetto al mio passato, che vorrei restasse alle mie spalle una buona volta, e se adesso sto giungendo a questo tipo di riflessioni è proprio perché sento che l'ambiente in cui vivo adesso e le condizioni attuali risultano decisamente migliori rispetto al passato. L'idea di espormi un po' di più (ovviamente non in maniera dissennata come ho specificato prima, ma lo hai capito) è funzionale al mio percorso di crescita, che a questo punto in cui mi trovo adesso, necessita di un'apertura verso l'esterno. Ma per poterlo fare occorre fortificarsi, e credo di aver capito cosa intendi quando dici che occorre lavorare su più aspetti per raggiungere una forza tale da portarmi poi senza troppi sforzi al risultato da me desiderato. Hai ragione quando dici che arrivare ad essere assolutamente naturali nel parlare di sé per un omosessuale sia un traguardo molto elevato, al quale non si arriva facilmente, ma penso anche che sia un'ottima cosa volerci arrivare a quel traguardo ed è proprio quel che voglio fare. E' chiaro che la forza caratteriale risulti un elemento fondamentale in questo ed io non sono mai stato fortissimo, però c'è anche da dire che gli aspetti su cui devo fortificarmi vanno oramai al di là del discorso omosessualità. Infatti ho sconfitto ogni traccia di omofobia interiorizzata, non ho più alcuna barriera mentale che filtri la percezione della mia sessualità e di questo sono felice, infatti posso dire senza problemi di essere arrivato ad un livello di consapevolezza anche più elevato di molti ragazzi che pur avendo una vita sentimentale/sessuale attiva, pur “vivendo da gay” conservano ancora molte delle loro barriere mentali. Oramai sento che l'unico e solo passo da fare sia parlare. Mentre in passato c'era un serio lavoro interiore da fare prima di gettarmi in determinate situazioni, adesso so che quel lavoro l'ho fatto. In teoria sono pronto. Questo problema che ho esposto, ovvero l'eventuale impatto con l'esterno e la capacità di reggerlo da parte mia, è l'ultimo passo da affrontare per sentirmi appagato. Nella mia testa l'aver raggiunto la totale libertà dai pregiudizi che un tempo mi attanagliavano stride col fatto di continuare a restare nell'ombra come ho sempre fatto. Magari l'associazione fra questi due aspetti ti sembrerà forzata da un certo punto di vista e un po' lo è magari, però effettivamente mi sembra strano conciliarli. Tutto ciò che manca effettivamente è riuscire a fortificarmi sotto altri aspetti, ma non è detto che questa fortificazione non passi anche per l'esposizione stessa.
Per quanto riguarda l'assenza di esperienze, sebbene ritenga la mia situazione anomala, come scrivevo a Project, comunque non la ritengo grave, semplicemente mi sembra triste, perché in base ai miei standard speravo di sbloccarmi un po' prima da questo punto di vista. L'unico aspetto che mi destava preoccupazione era l'idea di vedere questo “svantaggio” come un ulteriore ostacolo nel rapporto con gli altri, ma eventualmente per limiti altrui più che miei, anche se sembra più un'esagerazione pensarlo, magari frutto di eccessiva diffidenza, dati i non proprio felici trascorsi.

Per quanto riguarda la tua situazione, potremmo anche parlarne in privato, però ti anticipo che avendo pochissimo tempo da dedicare al forum non potrò essere molto presente (infatti sono riuscito a rispondere dopo una settimana). Non so se e quando entrerò in chat, per cui al momento penso che sia meglio optare per i messaggi privati.
Ti ringrazio per l'intervento che hai scritto, l'ho trovato molto utile e ragionato.

[Vado OT per chiedere a Project se per poter mandare/ricevere messaggi privati bisogna far parte del gruppo messaggisti, sempre che non abbia frainteso la funzione di quel gruppo]

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da progettogayforum » lunedì 27 novembre 2017, 17:59

Ciao Birdman, adesso fai parte del messaggisti.
Quando alle cose che mi hai scritto, beh, sono sostanzialmente d'accordo, forse sarei molto prudente prima di di parlare chiaro. Capisco che possa essere una necessità psicologica individuale, ma il rischio è oggettivo e non va mai sottovalutato.

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Gio92 » martedì 28 novembre 2017, 19:01

Allora, caro Birdman;

Riguardo la tua dimensione temporale io capisco benissimo cosa intendi dire e hai anche ragione;
intorno a certe età dovrebbero essere raggiunte alcune tappe, ma non ho detto "devono" ma "dovrebbero"; perchè di fatto , molto spesso, ci sono talmente tante varianti, talmente tanti problemi che intralciano tutto e viene tutto posticipato.
Io capisco la tua fretta e la tua voglia di metterti in gioco e capisco anche che sei ormai pronto ma vorrei invitarti a capire meglio la tua dimensione di tempo.
Gli standard che ti poni sono abbastanza elevati , fai anche bene e mi sembri molto determinato e questo è eccellente ma devi pur capire che se sei arrivato a 30 anni non come magari volevi ora è inutile colpevolizzarti perchè è vero che le tappe devono essere raggiunte entro certe età ma è pur vero che ci sono dei poveri disgraziati (mi includo anche io) che queste tappe le hanno bruciate per una serie di motivi e con tanta fatica recuperano negli anni successivi.

Magari a te non potrebbe importare piu di tanto perchè potresti pensare "mica dovevo essere sfortunato come te per forza" ma io ad esempio ancora oggi sono indietro per molti aspetti e mi sto recuperando. Il discorso delle età, delle tappe da raggiungere fino a qualche anno fa lo pensavo , come stai facendo adesso tu, adesso non ci penso più, l'ho messo da parte, l'ho archiviato; mi sono detto "ormai è cosi che sono andate le cose, accetto la realtà come mi si è presentata (ovvero una merda totale) ma io oggi, a 25 anni, non più adolescente ma giovane adulto ricomincio come se fossi una nuova persona, come se la mia fosse una nuova vita".

Ormai mi vedo da prospettive cliniche, mediche: "sono a questo punto e devo arrivare a quest'altro punto.". "La dimensione ossessivo compulsiva è quasi scomparsa, mi manca poco, sono quasi guarito".
Ormai me ne fotto degli schemi , delle tappe. Sono state tutte bruciate. La socializzazione a scuola: bruciata. La laurea in tempo : bruciata.
Mi vedo da prospettive completamente diverse, non invidio piu gli altri perchè non hanno avuto problemi che ho avuto io e io non sono migliore degli altri solo perchè ho sofferto di più.
Ognuno ha una sua storia, una sua vita.

Dove sono le tappe ora? Le vedi? Gli standard che ci poniamo spesso sono imposti dalla società o sono molto molto soggettivi e tendiamo a bacchettarci se le cose non vanno come vogliamo e come ci eravamo prefissati.

Ti chiedo scusa se ho esposto la mia situazione passata e attuale e spero che tu non l'abbia nemmeno mai sfiorata. Ma lo faccio per tranquillizzarti ancora di più.
Non stai temporeggiando anzi, e pure se lo stessi facendo? Temporeggiare quasi sempre è positivo: significa prendersi delle pause per riflettere, per migliorarsi ancora di più, per capire meglio cosa è meglio per noi e cosa non lo è.

Le perdite di tempo, come le chiamiamo noi, spesso sono benefiche e noi non lo sappiamo. Siamo abituati a vedere il tempo come qualcosa che ci sfugge e questo in realtà è un autoinganno. Perchè ci fa star male, ci fa andare in ansia e ci fa rallentare ancora di più.

Il processo di invecchiamento fisico comincia dalla nascita, quello emotivo è soggettivo; invecchi comunque, in qualsiasi modo vivi, qualsiasi esperienza vivi.

Sei nel tuo tempo.

Ti abbraccio forte forte.
Non è forte chi non cade, ma chi cade ed ha la forza per rialzarsi!

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 29 novembre 2017, 12:25

Condivido praticamente tutto quello che ha detto Gio.

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Re: Non avere niente da raccontare

Messaggio da Birdman » mercoledì 6 dicembre 2017, 16:41

@Project
Ti ringrazio per l'attivazione.

@Gio
Capisco bene cosa intendi. Effettivamente molti problemi nascono dal fatto di approcciare i problemi con degli schemi mentali inadatti ad affrontarli e di in questo gli standard che ci poniamo, frutto di questi schemi, possono costituire essi stessi un problema. Prima di tutto perché non è detto che siamo in grado di raggiungere gli standard prefissati in assoluto, o comunque non è detto che ci si riesca nei tempi previsti. E poi perché il mancato raggiungimento di questi obiettivi diventa causa di frustrazione, che porta a vivere male tutto il resto.
Il problema dei problemi è capire fin dove ci si possa spingere. Alla fine chi riesce a raggiungere determinati traguardi lo fa perché si conosce e sa dove può arrivare con le risorse che ha a disposizione. Io non lo so dove posso arrivare, non ho mai capito che potenzialità abbia, che risorse mi ritrovo. E da questo credo che dipendano moltissimi dei miei problemi (non solo in questo particolare contesto che ho esposto, ma anche relativamente ad altri aspetti). Per capire i propri limiti -ed imparare a regolarsi per affrontare i problemi- però quasi sempre bisogna osare, uscire dai propri confini e provare ad espanderli. La sola teoria basta fino a un certo punto per capirsi (almeno per quanto mi riguarda). Mi è capitato qualche volta (dico cose banali per tutti, ma più di questo non riesco a fare) di scoprire degli aspetti di me che ignoravo completamente, semplicemente perché mi ero trovato ad affrontare situazioni inaspettate alle quali ho reagito in maniera diversa da come mi sarei aspettato.
In sintesi l'idea era: tentare con una prova empirica – capire se sono adatto ad affrontare la situazione - rivedere i miei schemi e i miei obiettivi tarandomi sulla base della mia reazione alla situazione nuova – provare a raggiungere questi nuovi obiettivi.
Apprezzo il tuo modo di agire (per intenderci non mi offende affatto che tu esponga la tua situazione, anzi mi fa sempre piacere come termine di confronto quando gli altri portano le loro esperienze) perché cerchi di “autoriprogammarti” senza necessariamente gettarti a capofitto in altre situazioni, ma credo che sia un lavoro possibile quando si ha una certa capacità di rielaborazione per poterlo fare, e tu hai dimostrato di riuscirci, io in tanti anni non ho mai capito granché di quello che dovrei fare per migliorare, è un po' questo motivo che mi spinge a chiedermi se non sia il momento di agire, anche solo per tentativi, visto che le mie capacità di pensiero sono molto ridotte, e in fondo sono anche un po' stanco di riflettere e basta. Ho timore di star lì a girarci intorno, ma senza pervenire a chissà quale risultato, come ho fatto per tanti anni. Mi dici che non è stato tempo buttato, forse sì, però la sensazione sgradevole che ho è sempre quella.
Comunque quel che hai esposto lo condivido in toto, semplicemente faccio fatica a raggiungere questo tipo di visione distaccata in questo momento, con l'urgenza che sento di tentare strade nuove.
Ti ringrazio molto

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