AIUTARE UN GAY

La difficoltà di uscire allo scoperto
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progettogayforum
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AIUTARE UN GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 15 maggio 2009, 16:32

admin ha scritto:Ricevo anonimo e pubblico

Ciao Project,
ho visto che nel forum avete parlato spesso di crocerossine e di crocerossini e allora vi racconto la mia esperienza. Innamorarsi di un ragazzo etero è già una palla al piede, perché finché non ne esci ti fa stare male e non ti porta a concludere niente da nessun punto di vista, ma le cose si possono complicare parecchio.
Ho 23 anni, quando ne avevo 21 ero innamorato di un ragazzo veramente molto bello, che ne aveva uno meno di me, Claudio, un ragazzo a posto, almeno così sembrava, allora io frequentavo ambienti cattolici, insomma ci siamo incontrati lì. Se devo essere sincero io ci andavo perché c’erano tanti bei ragazzi, con loro parlavo, eravamo amici, senza storie strane, ma ci stavo bene... I preti non rompevano nemmeno molto. La volta che vedo Claudio resto incantato... proprio affascinato (attenti ragazzi a non farvi mangiare il cervello perché il ragazzo è bello!). faccio di tutto per accostarlo, trovo tutte le occasioni, è educatissimo, comportamenti da manuale, mi tratta in modo gentile, si ferma a parlare con me. Io ero proprio partito, passavo la giornata aspettando il momento in cui l’avrei visto. Andavo in parrocchia tutti i giorni. Per me era naturale pensare che tra me e Claudio ci fosse qualcosa, certe volte rispondeva a certi miei discorsi ambigui in modo non meno ambiguo, e allora uno che fa? Si dice: è quello giusto! Insomma siamo diventati amicissimi senza segreti, tranne uno e avete capito quale, ma lui mi diceva tutto. Un ragazzo che non parlava mai di ragazze... che cosa ne deducete? Pensereste mai che è uno che vive in assoluta castità? Io non riesco a pensare a cose simili, secondo me poteva essere solo un gay non dichiarato. Tutto me lo faceva pensare. Insomma siamo andati avanti così per sei mesi, ma a me non bastava, io lo volevo proprio in tutti i sensi, secondo me lui aveva capito benissimo... quindi fargli un discorso chiaro e dirgli: “Sei bellissimo e mi sono innamorato di te” non doveva essere così difficile. Un pomeriggio ho preso il coraggio a due mani e gli ho detto solo “sono gay”, il resto non ce l’ho fatta proprio a dirglielo, anche perché reazione non è stata per nulla quella che volevo io. Mi ha lasciato parlare senza interrompermi con un atteggiamento molto neutro, alla fine è rimasto molto tempo in silenzio, con una tecnica molto simile a quella che usava don Giuseppe quando parlavamo con lui. Alla fine gli è uscito il fiato e mi ha detto: “Lo so come ti senti... dai, non ti sentire in imbarazzo, mi fa piacere che me lo hai detto... vuol dire che mi consideri un amico...” Un discorso del genere non sapevo se prenderlo bene o malissimo... che cosa poteva significare? Di certo la reazione non era quella che avrei voluto. La faccia di domandargli: “Sei gay?” non l’ho avuta. Una domanda del genere è fondamentale, ma uno lo capisce solo dopo, prima c’è il rispetto, l’attenzione per l’altro e tante altre cose del genere... e in nome di tutte queste stupidaggini tu non chiedi la cosa fondamentale... Non sapevo che cosa sarebbe successo, il dialogo era praticamente finito lì... L’indomani non sono andato in parrocchia, mi sentivo in imbarazzo. Claudio mi chiama... non me l’aspettavo, mi chiede se voglio uscire, gli dico di sì. Ci vediamo, mi dice che alla cosa che gli ho detto ci sta pensando ma ha bisogno di tempo, poi parla d’altro e io non ho il coraggio di riportalo al punto. E’ simpaticissimo con me, scherza, gioca, insomma una cosa molto gradevole, ma ogni tanto mi viene come un flash nella testa: “Claudio è diverso dal solito...” Il cervello parte nella solita direzione: “E’ gay e non ha ancora il coraggio di dirmelo”. Il pomeriggio finisce, tutto sommato più che passabile, torno a casa contento e quello che faccio non ve lo dico. Il giorno appresso è domenica, non possono non andare in parrocchia. Claudio mi saluta in modo molto disinvolto ma c’è la Messa, possibilità di parlare zero, poi c’è la festicciola per i 25 anni di Messa di don Giacomo. Lui si trattiene, io vado... il pomeriggio mi richiama e usciamo: “Mi dice che sta bene vicino a me, che ha pensato tanto a quello che gli ho detto e che pensa che sarò molto contento di lui. Mi chiede di non fargli domande e aggiunge che mi capisce benissimo e che mi è molto vicino “spiritualmente”, la parola mi suona sinistra, ma si corregge: “Ti voglio bene e farei qualunque cosa per te...” Torno a casa, questa volta un po’ stranito, il colloquio, in certi punti sembrava proprio una delle prediche di don Giuseppe, lo stesso modo di esprimersi e anche di atteggiarsi. L’indomani mi chiama ma io gli dico che ho molto da studiare che non posso uscire, in pratica una scusa, lui insiste e io alla fine mollo. Ci deviamo il pomeriggio sul tardi, scelta mia per stare con lui il meno tempo possibile. E’ mieloso, zuccheroso, mi dice che sono un bravo ragazzo, che lui ha fiducia in me, e che sa che non tradirò la sua fiducia, insomma sono cose che mi suonano strane, non me le ha mai dette prima. Gli dico che certe volte con lui mi sento a disagio, lui minimizza, dice che lui invece sta benissimo ed è felice di starmi vicino e di potermi “aiutare”. Questa parola mi fa scattare tutti i circuiti di allarme. Aiutare?! No! Mai! Lo aggredisco verbalmente e gli dico che non ha rispetto per me, ma aggiunge che mi vuole bene e che sa che io “supererò il mio momento di difficoltà” Lo mando garbatamente a quel paese e me ne torno a casa da solo. Mi chiama al cellulare: “Dai non fare così, forse non hai capito...” Chiudo la chiamata, lui richiama e spengo il telefonino. Apro il computer, trovo una sua mail di scuse, ma una cosa che mi fa venire i nervi... mi vuole bene e mi vuole aiutare. Non gli rispondo neppure, dopo venti minuti mi arriva un’altra mail, mi dice “Ho parlato di te con don Giuseppe e mi ha detto che ne puoi venire fuori...”. Provo l’istinto fortissimo di strozzarlo! Mi sfogò a scrivere una mail velenosissima che non gli manderò ma dove scrivo veramente quello che penso, questa è la conclusione: “Ma chi ti credi di essere? Ma come ti permetti? Sei un verme ipocrita che ha una falsa coscienza da fare schifo. Tu aiutare me? Ma sei tu che stai fuori di cervello! La sensazione che provo a ripensare a tutto il tuo comportamento è proprio quella dello schifo profondo! Io pensavo che tu fossi un uomo e invece sei solo un deficiente!”
Dopo questa storia, quando mi è capitato di incontrare qualche ragazzo interessante ho detto sempre, al primo incontro: “Io sono gay e tu?” Se tergiversavano li salutavo subito e in via definitiva. Fidati dei bei musetti e dei ragazzi di buona famiglia! ... sono peggio delle vipere e pensano perfino che quello sbagliato sei tu!

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