Il mio coming out: diverso da chi?

La difficoltà di uscire allo scoperto
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littera.litterae
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Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da littera.litterae » venerdì 4 maggio 2012, 18:51

Salve a tutti.

Sono un giovane di ventinove anni della provincia di Venezia. La zona in cui vivo non mi è mai piaciuta e la detesto sempre di più. Non vedo l'ora di poter andare altrove appena qualcosa si sistemerà oltre a ciò che già cerco di fare.

Ho sempre saputo della mia omoaffettività/omosessualità e dalla preadolescenza ho cercato di pormi delle domande quasi nel tentativo di autoanalizzarmi. Io mi sentivo attratto dai ragazzi, eppure tutti mi parlavano di ragazzi che guardano le ragazze e viceversa. Come si spiegava allora il mio caso?
Inoltre fin dalla più tenera età, di fronte al mio comportamento secondo gli altri ambiguo, in famiglia venivano fatte certe battute su chi era "effeminato", su "quegli uomini che si comportavano come le donne". Ricordo che non mi andavano a genio quelle frecciate.

Ho condiviso e condivido tuttora la mia vita quotidiana con il mio fratello gemello, anche lui del mio stesso orientamento sessuale; la vita cominciò a diventare sempre più ardua in seguito alla scomparsa di nostro padre a causa di una sua grave malattia.
Per molto tempo pensai di aver superato quel lutto giacché lui era stato una figura a me ostile e con la quale non c'era stato dialogo, ma, invece, quella perdita ebbe il suo peso proprio perché mi trovavo in una famiglia che non voleva vedere vie d'uscita dalla vita sempre più monotona e grigia, piena di isolamento, abbandono e solitudine.

Erano ormai gli anni del liceo scientifico, i difficili anni in cui il bullismo, già iniziato alla scuola media, era diventato invadente e cominciavo a soffrire di crisi d'ansia e di depressione. L'unica cosa che mi dava la forza di andare avanti era la passione per lo studio e per il sapere nonché la stima provata dagli insegnanti.
A causa del mio crescente disagio intrapresi un percorso psicoterapeutico, ma mi risultava difficile parlare dei reali motivi per cui soffrivo (la famiglia, la vita quotidiana, la solitudine, la cupa tristezza e il mio orientamento sessuale). Ricordo ancora quando posi questa domanda alla psicoterapeuta perché temevo di confidarmi: "Lei dovrà riferire tutto quello che le dirò a mia madre?". Nel frattempo, durante gli anni del liceo provavo simpatia per un mio compagno di classe, ma non ebbi mai il coraggio di dichiararmi se non dopo qualche anno tramite una lettera da me scritta.
Nel mezzo di un periodo di crisi per cui fui portato in ospedale, mi confidai con mia madre: lei momentaneamente mi rassicurò, ma nei giorni successivi cominciò ad agurarsi apertamente che la mia fosse soltanto tanta confusione.
Era il terzo anno di liceo, avevo capito di essere omosessuale e il problema era per me accettarmi, in qualche modo "ufficializzare a me e agli altri il mio modo di essere, di sentirmi" per non dover nascondere nulla.

Alla fine del quarto anno, all'età di diciassette anni fui sincero con me stesso: fu una presa di consapevolezza bellissima e spero di portare quel ricordo sempre con me. Avevo capito, anche se in solitudine, che non dovevo vergognarmi di nulla, che gli altri erano in un modo e io in un altro e basta. Ero un ragazzo che avrebbe guardato i ragazzi anziché le ragazze, in contrapposizione con il modello dilagante nella società e causa di timore, paura e di vite in parte nascoste nella mia zona molto provinciale.

Nel frattempo anche mio fratello aveva fatto coming out, nonostante la sua maggiore apertura con se stesso ma non con il mondo esterno. Lui cominciò a confidarsi con me e io gli dissi che c'erano tanti motivi per cui soffrire ma non quello legato all'orientamento sessuale. Io preferivo sentirmi, dopo tanto tempo, un po' speciale (e non diverso) in contrapposizione a quel rifiuto diffuso che ho sempre temuto.

Quel momento fu un raggio di sole tra le tenebre di prima e che presto si sarebbero fatte avanti in modo sempre più drammatico, quando i nostri familiari, incapaci di eleborare il lutto e la pesantezza del grigiore quotidiano, guardarono solo ai nostri problemi come ad una grave malattia. Di qui in poi, i nostri stati di prostrazione furono interpretati come sintomi patologici e ci affidarono alle mani della peggiore psichiatria.

Ora, da quei diciassette anni, ne sono passati altri dodici e resta molto da fare perché i danni morali ed esistenziali sono innumerevoli, mancano i mezzi e abbondano i disservizi. Nonostante questo, la voglia di mettermi in gioco c'è ed è tanta.
Spero di poter andare presto altrove, terminare i miei studi che si sono dilungati troppo e conoscere colui con cui condividerò la mia vita.
Non c'è nessun sentimento rivoluzionario nella vita come l'amore. Lo penso davvero.
Ultima modifica di littera.litterae il domenica 10 giugno 2012, 22:03, modificato 2 volte in totale.
littera.litterae

barbara
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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da barbara » sabato 5 maggio 2012, 10:07

Benvenuto littera.litterae, la tua presentazione è molto toccante. Si intuisce la tua sensibilità, ma anche la tua determinazione . Spero che tu possa trovare qui lo spazio di confronto che cerchi . Sono tanti i ragazzi che hanno vissuto esperienze simili alla tua e parecchi di essi vivono proprio in veneto , una regione dove l'influenza della morale cattolica è molto forte. Sicuramente molti di loro si sono riconosciuti nella tua storia, anche se ogni storia è a sé. Ci auguriamo tutti che si possa uscire ben presto dall'omofobia che ancora c'è in buona parte del nostro paese .

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progettogayforum
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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da progettogayforum » sabato 5 maggio 2012, 13:38

Ciao littera.litterae,
mi dispiace di non aver visto ieri questo tuo post perché avrei risposto subito, ma cercherò di rimediare.
Leggere la tua presentazione dà una misura realistica di come vivere in ambiente immerso nella più totale ignoranza possa condizionare in modo pesantissimo la crescita di un ragazzo e di come i falsi problemi possono trasformarsi in veri problemi sempre a causa della totale ignoranza e del pregiudizio. Ho conosciuto ragazzi (una coppia gay) che è andata a vivere e a lavorare in Danimarca e ha ricevuto dallo stato il sussidio-casa per le giovani coppie, quando ho chiesto a quei ragazzi che problemi avesse loro provocato l’essere gay in Danimarca mi hanno risposto che nessuno ci ha mai fatto caso, ma non nel senso che nessuno se ne fosse accorto o che nessuno lo sapesse ma nel senso che lì è scontato che una coppia gay è una coppia a tutti gli effetti e va considerata come tale. Si tratta di culture evolute che ben poco hanno a che vedere con certa mentalità della provincia Italiana in cui, in nome del pregiudizio, si commettono forme di violenza inqualificabili contro le persone e magari nella convinzione di essere nel giusto e di fare del bene. L’ignoranza è sempre stata la prima nemica dei gay. Che fare? Con una famiglia che di fonte a una questione di orientamento sessuale ti manda da uno psichiatra e ti considera un caso patologico c’è poco da fare, l’unica soluzione sensata è andarsene, prendere definitivamente le distanze e cercare di costruire il proprio futuro. È proprio su questo che dovresti concentrarti. Per cacciare via una depressione che in una situazione come la tua ha poco di patologico ed è una reazione ovvia ad una aggressione pesantissima che hai subito per molti anni, la strada maestra consiste nel dedicarsi a cambiare radicalmente la situazione, prima di tutto terminando gli studi e cercando un lavoro che possa assicurarti l’indipendenza economica che il vero presupposto per ottenere anche un’autonomia personale e affettiva. Puoi avere il supporto di tuo fratello ed è una cosa importantissima ma poi penso che dovrai cercare di staccarti anche da lui perché altrimenti l’autonomia sarebbe comunque parziale. È il tempo di girare pagina, di fare punto e a capo, di pensare al concreto, a riconquistare la serenità lavorando sul concreto, cioè sulla base concreta della propria libertà.
BENVENUTO NEL FORUM!!!

star_dust
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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da star_dust » sabato 5 maggio 2012, 16:35

Ciao e benvenuto.
La tua storia presenta aspetti di sofferenza davvero profonda, elementi che purtroppo si ritrovano anche nelle vite di molti altri ragazzi.
Le sensazioni di solitudine e disagio nei confronti di un mondo e un modello sociale in cui non ci si riconosce e in cui non si riesce a trovare una collocazione le ho provate io stesso molte volte.
Una delle cose più tristi, a mio avviso, è che proprio le persone a noi più vicine, da cui ci aspetteremmo un sostegno nei momenti più difficili, siano in realtà quelle che ci fanno soffrire di più, amplificando i problemi invece che provare a capire ed aiutarci a risolverli.

Sono però contento che nonostante tutte le difficoltà tu sia riuscito a mantenere uno spirito positivo. Un atteggiamento determinato e propositivo è senz'altro fondamentale per innescare quel cambiamento che ti porti a realizzare finalmente la vita che desideri e che meriti.

Un grande in bocca al lupo!

littera.litterae
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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da littera.litterae » domenica 6 maggio 2012, 14:53

Vi ringrazio davvero per le vostre utili risposte che, prima di ogni altra cosa, mi fanno sentire almeno virtualmente meno solo.

Purtroppo qui a casa ultimamente è accaduto di tutto, c'è tensione e nulla di più. Concordo pienamente sul fatto che sia fondamentale cercare di emanciparsi al più presto terminando gli studi e cercando il lavoro.
Devo terminare il corso di laurea specialistica in Filologia e Letteratura italiana (mi sono laureato in Lettere) e, dato che mi è stata riconosciuta momentaneamente l'invalidità civile per la storia vissuta e che si sta protraendo nel presente, oltre a ciò che già faccio serve una minima forma di aiuto dai servizi sociali sul versante abitativo e lavorativo. Penso siano dei passi fondamentale anche per inserirmi nella società, trovando e costruendo legami d'amicizia.

Nel mio "piccolo borgo natio" non c'è proprio nulla ed è saggio non crearsi nessuna aspettativa: sarebbe come dare corda ad illusioni.
Naturalmente ho visto che spostandomi a Venezia (città della mia università, la "Ca' Foscari") o a Padova (città universitaria per eccellenza in cui, inoltre, c'è un circolo arcigay e altre iniziative), sembra davvero di poter respirare un po' di sano ossigeno. Ecco, io guardo a questi posti come riferimenti importanti.
Nella solitudine più totale e nello stato di isolamento in cui mi trovo, spesso credo che a fare la differenza anche in una giornata grigia sia la voce e la presenza di un amico, di un'amica se non di più. Sono relazioni che non ho consociuto, nonostante i miei ventinove anni, e a volte penso di essere troppo in ritardo.

Mi auguro di sbagliarmi e di recuperare almeno in parte il tempo perduto.
E' vero, soffro molto perché mi sento innamorato ma non so di chi. Penso sia la sensazione tipica di chi ha il cuore aperto. Meraviglioso ma struggente.

Saluti
littera.litterae

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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da IsabellaCucciola » domenica 6 maggio 2012, 15:01

Ciao littera.litterae, benvenuto nel Forum. :P
Scusa se quello che troverai scritto non è molto, però posso solo dirti che mi dispiace per tutto il dolore che hai passato che stai ancora passando.
Penso che la vita ti abbia messo di fronte a prove dure da sopportare ma vedo in te la voglia di voler cambiare la tua vita.
Spero che la tua permanenza nel Forum possa aiutarti nel tuo “processo di guarigione” da ferite che di sicuro hanno lasciato segni profondi dentro di te, e spero che tu possa trovare il prima possibile un ragazzo che abbia la fortuna di averti come compagno.

Un abbraccio :) , Isabella
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Nemo
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Re: Il mio coming out: diverso da chi?

Messaggio da Nemo » domenica 6 maggio 2012, 15:28

Ciao littera.litterae, come hanno già detto gli altri utenti la tua storia è simile a quella di altri ragazzi, ad esempio è molto simile alla mia. Anche io fin dalle medie ho conusciuto il bullismo, si erano accorti che io fossi gay ancora prima che me ne rendessi conto io stesso. Informati della situazione i miei genitori mi portavano da vari psicologi, e invece di chiedergli di aiutarmi ad affrontare la situazione per me molto pesante la domanda era sempre se secondo loro fossi davvero gay!!. Fortunatamente crescendo ho risolto il problema bullismo da solo (e anche tutti gli altri problemi), esentando i miei genitori dall'aiutarmi (dato che poi mi sentivo peggio). Cmq dici tu, mancano i servizi, ma qualcosa sembra stia cambiando, spero si andrà sempre più avanti. Sicuramente se dalla provincia di venezia ti trasferissi nel capoluogo, penso che il clima sia un po' diverso. Infine concordo con te riguardo alla rivoluzione che l'amore (come l'amicizia) possano dare, già per solo fatto di essere in due, e ti auguro di trovarlo presto!! :-)
Nemo.
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