Dichiararsi con tutti, fatelo

La difficoltà di uscire allo scoperto
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sam
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da sam » domenica 4 novembre 2012, 18:04

Devo dire che anch io sono d'accordo con Arrofus. Se ci pensate bene non sta dicendo niente di estremo.
E sono d'accordissimo col commento di Barbara. :)

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Tom
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da Tom » domenica 4 novembre 2012, 20:27

Ho letto con attenzione il primo intervento di Arrofus e velocemente i vari messaggi di risposta, quindi forse ripeterò cose già dette da altri utenti.
Oltre al titolo del post (che in generale non condivido) mi ha colpito la tua frase "vi rendete conto se facessimo tutti coming out totale e pubblico?" seguita dalla citazione di Harvey Milk. Non è la prima volta che ascolto questo tipo argomenti ed ogni volta mi viene da pensare al dilemma del prigioniero, un paradosso semplice ma che io ritengo molto profondo avendo riscontrato la sua struttura logica in contesti diversissimi.
Il dilemma è questo: due detenuti vengono arrestati per lo stesso reato e messi in due celle separate. Ciascuno può decidere di confessare o meno il crimine ma senza conoscere la decisione dell'altro. Se confessano entrambi dovranno scontare diciamo sei anni di prigione. Se entrambi non confessano dovranno scontare un solo anno di prigione. Se uno confessa e l'altro no chi ha confessato sarà libero, l'altro detenuto passerà dieci anni in prigione.
Conviene confessare o no? Se io fossi detenuto potrei ragionare nel modo seguente: "se l'altro non confessa, se anche io non confesso avrò un anno ma se confesso sarò libero, quindi in questo caso mi conviene confessare. Se invece l'altro confessa, se io non confesso avrò dieci anni, se confesso anche io solo sei. Indipendentemente dalla decisione dell'altro mi conviene confessare." La situazione è però simmetrica, anche l'altro detentuo farà il mio stesso ragionamento, confessiamo entrambi e staremo sei anni in prigione. Eppure se entrambi avessimo taciuto avremmo scontato un anno soltanto.
Il problema sta nel fatto che le decisioni di confessare o meno vengono prese in modo indipendente e per realizzare il massimo guadagno rimanendo in silenzio entrambi occorre una notevole fiducia reciproca dato che se si decide di non confessare senza avere informazioni sull'altro è un notevole rischio.
A prima vista potrebbe sembrare una situazione artificiosa o una forzatura, in realtà questo paradosso è stato oggetto di intenso studio da parte di persone autorevolissime come il biologo Richard Dawkins, lo studioso di scienze politiche Robert Axelrod e lo psicologo e studioso di teoria dei giochi Anatol Rapoport.
Un esempio comune: la struttura del paradosso è la stessa che si ha quando due stati stipulano accordi per il disarmo e sono in dubbio se rispettare l'accordo oppure se continuare a produrre armi in segreto. La situazione preferibile sarebbe quella di cooperazione in cui entrambi gli stati rispettano l'accordo, difatto però spesso accade che entrambi mantengono le proprie armi (con il rischio di una guerra) perchè ciascuno teme che l'altro non rispetti l'accordo e non vuole assumersi il pesante rischio di essere alla mercè dell'altro stato.
Il paradosso si può generalizzare a casi con tre, quattro o un numero indefinito di personaggi ma in tutte le situazione concrete in cui si manifesta una struttura di questo tipo la cosa importante è cercare di capire se e come le diverse parti possono sfiluppare la fiducia reciproca necessaria a realizzare nell'interesse di tutti la cooperazione. Ovviamente più parti ci sono in gioco, più questo problema diventa difficile e sottile.
Spero di non esser stato noioso con questa lunga premessa. Se si è omosessuali la decisione se fare un coming out pubblico è secondo me vagamente analoga al dilemma del detenuto. Sono d'accordo con due cose che ha scritto Arrofus: è senza dubbio vero che se tutti gli omosessuali facessero coming out con tutti da un giorno all'altro ne trarremmo un grandissimo vantaggio. Si avrebbe infatti un fortissimo impatto sull'opinione pubblica, praticamente tutti scoprirebbero in modo inaspettato che ci sono diversi omosessuali fra i propri amici, parenti o idoli e questo di certo permetterebbe di abbattere molti pregiudizi e sterotipi sull'omosessualità. Sono poi d'accordo quando scrivi che se nessun omosessuale si fosse rivelato molte delle conquiste attuali non ci sarebbero; non metto in dubbio che un ragazzo serio che decide di rivelare a molte persone di essere omosessuale in piccolissima parte sta facendo qualcosa che è utile anche per me e per tutte le altre persone omosessuali. Come nel dilemma del denuto è vero che la situazione di cooperazione collettiva di cui parli tu è la più auspicabile, ma il problema è che una condizione di coming out globale e assoluto come mi sembra proponi, non è neanche lontanamente pensabile visto il numero elevatissimo di parti coinvolte. Il numero complessivo di persone omosessuali nel mondo è nell'ordine di grandezza di mezzo miliardo ma non solo: sono tutte parti che agiscono, pensano e ragionano quasi del tutto indipendentemente l'uno dall'altro e come ho spiegato sopra è proprio questa mancanza di informazione reciproca che genera la struttura del paradosso del detenuto. Io stesso ho pensato per molti anni di essere una assoluta rarità, di essere uno dei pochissimi omosessuali al mondo, eppure vivo in una famiglia di mentalità assolutamente aperta e in un paese fra i più istruiti... chissà cosa può pensare chi vive in Nauru dove ci sono 14 anni di lavori forzati o in Guyana dove c'è l'ergastolo o in Sudan dove c'è la pena di morte. Non è nemmeno lontamente paragonabile. "Dichiararsi con tutti, fatelo" è uno slogan che potrebbe aver senso, al limite, se riuscissi non so con quale miracolo a recapitare questo messaggio a tutte le persone omosessuali nel mondo e ad esser certo che pochi si tireranno indietro... ma che senso può avere postare una cosa del genere su un forum che per quanto visibile può raggiungere al più qualche decina di migliaia di persone? Slogan di questo sono molto simili a "fatevi martiri e immolatevi per la santa causa" (è un'espressione non mia ma che ritengo adattissima). In molti contesti dire di essere omosessuali può essere assai dannoso e controproducente, abbiamo poi visto da molte esperienze pubblicate sul forum che se fatto senza rifletterci e non valutando le conseguenze può portare diversi problemi. Ok, se io dicessi che sono omosessuale il mio contributo sarebbe una goccia nell'oceano e servirebbe in percentuale infinitesima a sensibilizzare la società sul tema e sui diritti degli omosessuali, ma dall'altra parte personalmente potrei subirne danni notevoli. Se il contesto non è favorevole e non si è pronti a dirlo non ha senso: apporterei un contributo quasi irrilevante per gli altri ma posso fare un pesante danno a me stesso.
Intendiamoci, non sono in assoluto contrario al coming out, ci mancherebbe: sono il primo a incoraggiare in tale direzione chi sente questo bisogno e ha valutato attentamente che parlare della propria omosessualità a persone di fiducia avrebbe più vantaggi che svantaggi. In questo caso il coming out è una scelta che ritengo rispettabilissima. Ma come aveva detto giustamente Alyosha è assolutamente irrealistico aspettarsi che altri ragazzi con un vissuto, una famiglia, un carattere e una sensibilità diversi possano trovarsi bene facendo copia e incolla con le scelte di qualcun altro.
La strada per arrivare alla situazione ottimale di cooperazione reciproca, che in questo contesto significa ad una società ideale in cui dire di essere omosessuali sarà banale come dire di preferire il jazz alla musica barocca o di preferire le vacanze in montagna piuttosto che al mare non è quella di dire "dichiariamoci tutti, chi non lo fa è un traditore". Indurre chi non se la sente a questa scelta è deleterio.
La strada per portare l'Italia agli standrd svedesi (e magari Nauru, Guyana e Sudan agli standard italiani) dovrebbe essere molto più graduale, in modo da evitare inutili martiri e da minimizzare il più possibile i disagi personali. Come ho scritto sopra, è senza dubbio vero che se nessuno avesse avuto il coraggio di dichiararsi non avremmo fatto alcun passo avanti. L'importante è dichiararsi se ci si sente di farlo, è una decisione che va presa autonomamente senza sentirsi forzati. Nell'Italia degli anni '60 forse pochissimi ragazzi avranno avuto il coraggio o si saranno sentiti a loro agio ammettendo di essere omosessuali, saranno stati certamente solo una piccolìssima parte del totale. Anche grazie a loro l'opinione pubblica si è gradualmente sensibilizzata al tema, sono leggermente diminuiti i pregiudizi e negli anni '80 la percentuale di ragazzi disposti a parlare della propria omosessualità sarà stata seppure ancora bassa leggermente maggiore di venti anni prima. Questo a sua volta innesca una reazione a catena che fa si che siano sempre di più le persone che si dichiarano omosessuali, e che sentono di poterlo fare, fra cui anche persone famose, il cinema inizia a parlare dell'argomento e a farlo conoscere a chi non si era mai posto il problema ecc... La situazione anche se molto lentamente penso che è destinata a migliorare da sola*, ed è questa secondo me l'unica evoluzione possibile per arrivare ad una società ideale: lasciare che le persone omosessuali sentano liberamente e scelgano appunto da sole di voler dire la verità. Non bisognerebbe mai seguire controvoglia la corrente di pensiero del coming out collettivo in nome dell'interesse degli altri gay senza valutare i rischi su stessi.
In un post dicevi che riesci a essere tranquillo se qualcuno rivolge a te parole volgari. Questo però non significa che sia così per tutti: dipende dal proprio carattere e dal contesto in cui si vive. Io ad esempio ne soffrirei un po'. Per essere sereni non basta la convinzione razionale di essere nel giusto, occorre anche il supporto, il sostegno e l'approvazione degli altri: non sono cose irrelevanti. Se tu riesci per fortuna a non sentirti toccato da chi ti rivolge parole volgari perchè omosessuale non dipende esclusivamente dalla consapevolezza di essere nel giusto. Dipende anche dal fatto che non sei solo, che hai amici che ti supportano, che c'è questo forum dove puoi confrontarti con altri ragazzi omosessuali, che la società italiana non è del tutto troglodita ma ci sono anche molte persone intelligenti ecc... Se fossi vissuto in Algeria dove c'è una mentalità molto più chiusa forse avresti avuto qualche timore di ricevere offese per strada. Se fossi vissuto in Sudan, lì forse non avresti neppure avuto gli strumenti culturali per maturare la convizione di essere nel giusto.
Pertanto non può che farmi piacere se ti senti sereno a parlare della tua omosessualità agli altri, e se addirittura lo senti necessario. Mi fa piacere perchè se ti senti così è un segno che le cose stanno cambiando in meglio. Ma la scelta del coming out deve essere pianificata, studiata, desiderata e sentita come giusta e autentica: solo in questo caso può apportare un vero miglioramento alla società e a se stessi.


*Come Arrofus mi fa notare nel post che segue la frase non è chiara e dà l'impressione che io sostenga che la società cambi in positivo senza far nulla o senza alcuno sforzo. Ovviamente non volevo sostenere questo. Nel mio successivo post chiarisco.
Ultima modifica di Tom il lunedì 5 novembre 2012, 16:48, modificato 6 volte in totale.
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arrofus
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da arrofus » domenica 4 novembre 2012, 21:54

Interessante che qualcuno mi dia pienamente ragione.

Riguardo a quello che ha detto Pugsley, che si acchiappa di più, vorrei dire che non è una questione di acchiappare. Penso che essere dichiarati col mondo rende infinitamente più facile conoscere qualcuno come noi in termini di orientamento sessuale, avere con lui un rapporto ordinario, come lo si ha con un amico.
Poi magari può capitare che con quella persona nasca un sentimento diverso dall'amicizia: è proprio come quasi tutti gli eterosessuali formano delle coppie e si innamorano.

Caro Tom,
non posso contraddirti QUASI in nulla, dato che hai parlato di situazioni, scelte, bisogni personali. Voglio dire che:
1-Il mio post è un piccolissimo elemento del processo di miglioramento lento di cui ti parli. Sembrerà una stupidaggine ma quello che mi ha portato a pensarla così ora sono blog, libri, film. Quindi il mio post è la mia piccolissima parte.
2-Sei davvero convinto che valga la pena farsi intimidire, permettere che siano gli altri e definire noi, a definire la nostra vita, per evitare i POTENZIALI temuti svantaggi del coming out? Io credo che sono pochi gli svantaggi superiori a recitare di essere qualcun altro.

L'analogia col dilemma del prigioniero è interessante, ma penso sia un po' fallace: se facciamo coming out non stiamo per essere imprigionati, indipendentemente da cosa faranno gli altri.

Una cosa su cui dissento gravemente è che tu hai detto che pensi che la società è destinata a migliorare DA SOLA: non è assolutamente vero. Migliorerà grazie alle persone che faranno coming out. Anche se non saranno attivisti, il semplice fatto che faranno coming out.

Il mio messaggio è appunto indirizzato a chi legge il forum. Già è qualcosa. Appena mio padre si calmerà metterò un'immagine di copertina su Facebook con un testo in cui manifesto, concisamente, le idee che sto cercando di far passare qua. Non vedo l'ora di farlo.

Concludo ancora una volta dicendo che non sto cercando di forzare nessuno, dato che non potrei mai farlo da dietro un computer. Sto solo condividendo la fermissima convinzione a cui sono arrivato ora, perché sono sicuro che può essere utile a qualcuno così come per me è stato utile leggere blog, libri e vedere film che mi hanno portato a questa convinzione. Che può essere sbagliata, o comunque non applicabile a tutti (non è detto che si sia sempre un giusto e sbagliato).

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Trotty93
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da Trotty93 » domenica 4 novembre 2012, 22:02

Ciao Tom, c'è da dire però che come fa notare Dawkins, sono state messe a confronto centinaia di strategie diverse per un torneo virtuale del dilemma del prigioniero e la strategia vincente è quella chiamata Tit for Tat, che consiste nel dare fiducia alla prima mossa e poi regolarsi sulle mosse dell'avversario: se ci rende la fiducia, possiamo continuare a darla, altrimenti se ci tradisce poi noi tradiamo a quella successiva, e così via.

La situazione italiana attuale è ormai avviata abbastanza bene e salvo alcuni casi (non rarissimi, ok, ma neanche la maggioranza), e salvo i ragazzi alle scuole medie per cui può essere più difficile (ma neanche sempre, qualcosa si sta muovendo anche lì) c'è la possibilità di dichiararsi senza che questo costituisca un problema forte.

E' un circolo virtuoso, più gente si dichiara e più la società recepisce positivamente, e più induce gente a dichiararsi e così via.

Chiaramente negli stati in cui l'omosessualità è perseguita, anche con la pena di morte, non è una strategia pensabile, ma in Italia il problema non si pone certo in questi termini.

E anche il chiedere a tutti di dichiararsi, non lo vedo come un obbligo per cui se non lo fai sei un traditore quanto un'esortazione, uno stimolo con la prospettiva di migliorare sia la propria vita che quella dei gay e della società intera. Esortazione che può essere liberamente recepita oppure no, e che non vale in quei casi estremi in cui non è possibile o quando si è troppo giovani. Quantomeno, io la vedo così (sono l'autore del blog lastessamedaglia.com - tra parentesi, Yin Yang, dal nickname non ti riconosco, chi sei? :) )

Secondo me si può, generalizzando (e quindi sicuramente "perdendo" qualcosa in termini di percorsi individuali unici e irripetibili, ma comunque dicendo qualcosa di valido), bisognerebbe iniziare costruendosi un'identità "gay" potendo contare sul supporto di altri LGBT, tramite forum oppure gruppi associativi. E' una prima fase importantissima, quella del confronto con altri LGBT, per poter acquistare sicurezza di sé. Ma dopo aver "attinto" a questa fonte, bisogna tornare alla vita "vera" rinvigoriti, o si rischia davvero di diventare il "gay" da una parte e il represso dall'altra. Se si ha acquistato sufficiente sicurezza si può procedere ai coming out, che all'inizio saranno carichi di emotività, tensione e quant'altro. Con i genitori poi è un passo importantissimo e forse è un discorso completamente a sé.

Però dopo, quando si ha imparato a fare i coming out e tutto, si può essere tranquillamente sé stessi in tutto e per tutto come un eterosessuale. Questo non significa andare in giro a dire "sono frocio", significa semplicemente che anche con amici di amici che non si conosce, se qualcuna commenta un ragazzo anche tu puoi dire "sì, è carino"; se qualcuno chiede se sei fidanzato, dici "sì, ho il ragazzo"; e via dicendo. Questo non è esibizionismo, né dare troppa importanza all'omosessualità. E' dare il giusto, normale, sano rilievo alla propria componente affettiva. E nasconderlo non è "mi accetto ma sono riservato", a meno che non stai parlando con persone chiaramente omofobe che potrebbero danneggiarti: è sottile omofobia interiorizzata.

---

Aggiungo che in questo modo non vieni visto come "l'amico gay". Vieni visto come l' "amico gay" se l'hai nascosto per anni e poi fai la mega dichiarazione: "sai quella volta pensavo quello, sai poi ero innamorato di quello" etc (cosa che può succedere se sei amico di Tizio da molti anni, prima di aver integrato la componente omosessuale in modo da comportarsi liberamente e tranquillamente); oppure se hai amici omofobi, oppure i (le?) gay-friendly strambi che poi ti chiedono di andare a fare shopping o di vedere centinaia di film gay. Se hai amici equilibrati e di volta in volta nelle occasioni della vita parli loro delle tue questioni sentimentali non sei l'amico gay, sei l'amico. Punto. Come gli etero che parlano delle loro questioni sentimentali agli amici. Ho da poco iniziato l'università e con non-chalance quando è capitato ho detto di avere il fidanzato, dato che ci convivo, e non sono partite neanche discussioni sul "ah quindi sei gay", è stato recepito e accettato normalmente e parlo con amici e amiche delle nostre questioni come loro mi parlano delle loro senza che si faccia caso al fatto che noi siamo due maschi e nel loro caso sono un maschio e una femmina.
La mia valvola di sfogo --> http://www.lastessamedaglia.com

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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da arrofus » domenica 4 novembre 2012, 23:20

Concordo al 100% con Trotty93.

Esempio: tra ieri e oggi l'ho detto a un'amico e un'amica. È stato semplicissimo. Non ne abbiamo nemmeno parlato molto perché l'ho presentato come una cosa naturale. Hanno solo detto che non se lo aspettavano (nessuno lo ha mai pensato di me) e che se serve qualcosa posso contare su di loro.

Questo in preparazione di quando sarò spontaneo come dice Trotty93, ora non posso farlo perché mio padre deve ancora accettare la cosa. Nel frattempo lo sto dicendo agli amici più stretti.

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Tom
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da Tom » domenica 4 novembre 2012, 23:21

Arrofus: hai perfettamente ragione nel dire che la società non cambia da sola ma va cambiata e stimolata. In effetti la mia frase nel precedente post non era chiara, l'ho lasciata in modo che si capisca il riferimento nella tua risposta, ma l'ho riformulata in modo più comprensibile e ho aggiunto una nota. Intendevo dire che noi omosessuali dobbiamo sentire da soli di voler fare coming out senza sentirci forzati in nome di un presunto bene comune, il che non vuol dire non impegnarsi ed accettare tutto passivamente. Io stesso cerco di rispondere su varii siti alle obiezioni e alle idee più assurde sull'omosessualità, penso sia importante; ed anche nella vita di tutti i giorni, anche se non me la sento per nulla di rivelare di essere omosessuale, comunque non nascondo il mio reale pensiero sull'argomento, almeno quando posso farlo senza correre troppi rischi.
La struttura logica del paradosso di cui ho parlato viene comunemente chiamata "dilemma del prigioniero" ma in realtà si presenta in contesti che non hanno nulla a che fare con detenuti, anni di carcere, disarmo e cose simili.
Dawkins per esempio formula il paradosso nella seguente versione. C'è un banchiere e due giocatori. Ogni giocatore ha due carte chiamate cooperazione e defezione. Ciascun giocatore mette sul tavolo una delle due carte contemporaneamente all'altro (quindi nessuno conosce in anticipo la decisione dell'avversario). Se tutti e due hanno giocato cooperazione il banchiere dà 3 euro a entrambi, 1 a entrambi se tutti e due hanno giocato defezione, se uno gioca defezione a l'altro cooperazione dà 5 euro al primo e niente al secondo. Cosa conviene giocare? La risposta è del tutto simile a quella del precedente post.
Certamente non volevo spingere l'analogia del paradosso del prigioniero fino a sostenere che facendo coming out si diventa pirgionieri. Mi interessava solo la logica; l'aspetto che volevo enfatizzare è che la migliore soluzione auspicabile non può essere realizzata se non si è a priori d'accordo a cooperare agendo nell'interesse collettivo o se non si hanno informazioni sulle decisioni altrui. Se mezzo miliardo di persone facesse coming out sarebbe utilissimo, ma non è una strada realizzabile e soprattutto se noi facciamo coming out in un contesto sfavorevole e l'altro mezzo miliardo di persone non lo fa ne subiamo un grande danno (nelle due versioni del paradosso che ho esposto questo corrisponde ai 10 anni di prigione oppure al non vincere neanche un euro).
Trotty93, l'argomento delle strategie fra cui quella "Tit for Tat" (che per altro è proprio di Rapoport) è interessantissimo, solo che parlare di questo non era funzionale all'analogia che volevo sviluppare dato che la questione delle strategie riguarda il dilemma del prigioniero ripetuto: ma il coming out invece è quando di più irreversibile si possa pensare. :D
Spero con tutti questi discorsi di non essermi allontanato troppo dagli argomenti del forum e del post di Arrofus :mrgreen:
Ultima modifica di Tom il lunedì 5 novembre 2012, 4:56, modificato 2 volte in totale.
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barbara
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da barbara » domenica 4 novembre 2012, 23:37

Ma questo ragionamento non vale un po' per tutte le ingiustizie e le prepotenze ? ad esempio per rivendicare i diritti dei lavoratori, per reagire contro la corruzione, contro la mafia ecc.
Ricordo che un tempo , l'espressione che si usava per dire che non era possibile rischiare era "tengo famiglia". Credo che ci si trovi sempre davanti questo dilemma da sciogliere .

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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da arrofus » lunedì 5 novembre 2012, 0:30

Caro Tom,
ok il tuo ragionamento fila. Hai mostrato che ci sono dei rischi. Ma, come dice Barbara, forse si devono correre dei rischi.

Un filosofo molto conosciuto ha detto: non c'è prezzo troppo alto da pagare per il privilegio di appartenere a se stessi.

Ribadisco che non voglio forzare nessuno a bruciare i tempi. Non potrei mai farlo da dietro lo schermo di un PC. Sto solo cercando di aggiungere una piccolissima parte a tutte le cose di cui ha parlato Trotty93, da cui noi LGBT possiamo attingere: libri, film, blog, FORUM. E far intravedere la possibilità concreta di essere davvero sé stessi con tutti.

Non mi credo un missionario ma qualcuno deve farlo, più lo fanno e meglio è, se io non ne avessi lette di cose simili ora non sarei a questo punto, in cui sto molto molto meglio di come stavo 6 mesi fa. Ed ESCLUSIVAMENTE perché ho realizzato nella maniera più compiuta che ho il diritto e la possibilità di essere me stesso (devo ancora attuare questa cosa e affrontare i potenziali pericoli del coming out, causa mio padre, come ho detto).

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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da arrofus » lunedì 5 novembre 2012, 1:53

Ecco la testimonianza di Armistead Maupin:

"Il mio unico rimpianto come gay è di aver represso la mia natura così a lungo. Ho sacrificato la mia giovinezza a causa della persone di cui avevo paura quando avrei potuto essere là fuori insieme a qualcuno che amavo. Non commettete questo errore. La vita è troppo maledettamente breve"

Ecco, questo è uno scrittore nato nel 1944, ha quasi 70 anni. L'esperienza di vita ce l'avrà, è gay come noi, e ha passato la sua giovinezza in un periodo in cui era molto più difficile essere "out of the closet" di quanto lo può essere per noi.

Il suo consiglio di certo non è applicabile a tutti. Ma penso che abbia senso sapere che lui la pensa così.

barbara
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Re: Dichiararsi con tutti, fatelo

Messaggio da barbara » lunedì 5 novembre 2012, 8:59

Risolvere un dilemma , come quello del progioniero o come quello che ti si pone davanti quando devi scegliere se ribellarti apertamente o accettare un sopruso , significa secondo me valutare i rischi è i benefici di entrambe le scelte , ma anche a volte trovare delle vie intermedie che possano soddisfare entrambe le esigenze. La scelta ideologica, di principio , ha senso in quanto ideale a cui tendere, ma, se non ci sono le condizioni per farlo , il risultato potrebbe essere l'opposto di ciò che desideriamo.
Credo che si debba essere anche un po' pratici in tutte queste questioni e andare a vedere situazione per situazione. Milk è certamente da ammirare per il suo coraggio, ma c'è da dire che quando ha deciso di dichiararsi era u uomo,che di professione faceva l'avvocato, se ben ricordo. Si era dunque costruito alcune sicurezze che evidentemente gli hanno permesso , fichè ha vissuto di trasformare la sua scelta personale in un esempio destinato a durare decenni.
La stessa cosa vale se si vuole far valere i propri diritti in tutti gli ambienti.
Andare contro corrente secondo me richiede preparazione ; la disinformazione , l'impulsività rischia di trasformare una scelta in un boomerang e di fornire un esempio negativo . Se un lavoratore si ribella al datore di lavoro senza sapere esattamente in che modo farlo , può ritrovarsi dalla parte del torto senza nemmeno rendersene conto. Non avrà ottenuto nulla, anzi avrà danneggiato se stesso e per di più questo gesto scoraggerà altri dal farlo.
Per questo credo che informarsi sia importante, e non solo sugli esempi da seguire, ma anche sui propri diritti in ogni campo . Se decidi di dichiararti in un ambiente di lavoro, dovresti almeno conoscere bene cosa dicono le leggi del tuo paese a difesa dei tuoi diritti, sarebbe bene che tu fossi iscritto a un sindacato (sempre che tu non lavori in un settore dove l'iscrizione a un sindacato ti renda automaticamente inviso al principale) , sarebbe consigliabile avere un piano B (un altro lavoro) nel caso tu debba lasciare quel posto se le cose vanno male , ecc.
E' bene sapere che ribellarsi è una scelta impegnativa, che non va affrontata con dilettantismo o sull'onda emotiva, ma ponderata e pianificata attentamente.

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