La vita gay

La realtà dei gay, storie ed esperienze di vita gay vissuta
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Alyosha
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La vita gay

Messaggio da Alyosha » mercoledì 26 aprile 2023, 10:13

E' da anni che sono ormai parte di questo "progetto", con alti e bassi che hanno inseguito i miei vissuti interiori. Tanti gli strappi con Project, tanti i conflitti, per uno che come me ha vissuto in un'ambiente familiare nella quale era proprio il conflitto a sciogliere le riserve e spingere verso l'azione. Però tanti di più i momenti di confronto e di apertura. Da project per altro ho imparato che al di là dei modi di ciascuno si può restare nel conflitto e crescere.

Per me che non sono "nato" gay, la cui sessualità è sempre stata ambigua, l'omosessualità è stata scoperta quando avevo 18 anni. Erano gli anni 2000. Nasco in pieno oscurantismo se così possiamo dire e cresco in un mondo in rapida evoluzione. Riscoprirsi gay a 28 anni è stata una possibilità che mi ha concesso la vita e che non è affatto scontata. Fossero stati altri periodi mi sarei certamente sposato con qualcuna delle tante donne, la cui sessualità è ritratta e che proprio per questo familiarizzano sin da subito con personalità più sensibili e contraddittorie.
Il percorso è stato lungo, complesso, laddove per altro ho sempre rifiutato l'etichetta di "gay" e mi sono sempre tenuto ai margini del mondo gay. Ho avuto poche esperienze di passaggio diciamo così. Per me allora frequentare certi ambienti è stata più una sfida che un'esigenza.
Adesso vivo la mia sessualità come fosse una cosa normale, la mia relazione di coppia inserito in un contesto di relazioni amicali che nel tempo mi sono costruito e che accettano tranquillamente la nostra coppia. Per alcuni siamo stati una scoperta, per altri una cosa tra le altre. Do talmente per scontata la cosa che spesso non mi accorgo di essere fonte di disagio per alcuni. Quando partiamo in vacanza o ci presentiamo assieme.
Il pregiudizio verso l'omosessualità è ancora tanto e malcelato. Il fatto che non se ne possa più parlare non vuol dire che non ci sia.

Della mia vita di coppia un po' per scelta, un po' perché è più comodo così non parlo mai, la gente capisce quello che vuol capire. Non mi preoccupo né di confermare, né di negare. Via via che le relazioni si consolidano mi presento per quello che sono. Ho capito che in questo spazio di ambiguità c'è lo spazio per far quello che si vuole senza procedere con continue sfide e provocazioni.
Certo qualche cosa perdo in termini relazionali. La gente sa sempre poco di me, sono sempre molto riservato sulla mia vita personale, che nei fatti non esiste mai e spesso quando ho problemi non ho molta gente con cui parlarne.

La gente da troppe cose per scontate. Credo la prima di tutte sia la "normalità". All'inizio io stesso non capivo condizionato dalle riflessioni pubbliche, perché i gay avessero l'esigenza di mettersi in mostra. Adesso capisco che la vita che vivo è un compromesso, che bisogna farlo, ma capisco anche di vivere ritratto, tante cose non farle e non dirle apertamente per riserbo. Il pudore (non la vergogna) è anche lo spazio dell'intimità e infondo va protetto. Esternare i propri sentimenti è un bisogno esiste una dimensione collettiva della vita di coppia che nel caso dei gay è potentemente deformata, sia in positivo dalla propaganda sia in negativo dal pregiudizio.

Con il mio compagno mi senso una mosca bianca, una coppia che vive un po' arroccata. L'altro giorno sono uscito con i colleghi di lavoro e c'era con noi una coppia gay dichiarata. Due ragazzi rispetto ai quali ho 15 anni in meno. Nel vederli per la prima volta ho sentito il peso dell'età. Sono contento per loro, del fatto che nascono in un contesto oggettivamente più tollerante, nel quale saranno possibili cose che per me erano impensabili. Mi rendo conto di essere volente o nolente figlio del contesto che ha poi fatto crescere i miei pregiudizi e la mia visione del mondo. Capisco che allontanarsi da un modello culturale non è come non averlo mai avuto e che nell'allontanarsi si è comunque figli di quel contesto.

Per la prima volta mi è arrivata dolcezza dove prima avrei percepito effemminatezza e sono molto felice che per fortuna i tempi siano cambiati. Sono consapevole che per quanto questo cambiamento sia pieno di contraddizioni è comunque positivo non solo per i gay, ma per la società che ha accolto questo cambiamento. Mi auguro il meglio per i giovani.

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Re: La vita gay

Messaggio da progettogayforum » domenica 30 aprile 2023, 8:49

Caro Alyosha,
le cose che scrivi richiederebbero commenti articolati, non dico per esaurire gli argomenti, ma anche soltanto per arrivare a dire la propria. Da vecchio vedo l’identità gay come una realtà che ha permeato la mia vita ma in modi diversissimi da qualsiasi orientamento statisticamente o sociologicamente rilevante. Vengo da una generazione ormai al tramonto, conosco tanti ragazzi gay e vedo che la loro vita, per molti aspetti, è diversissima da quella che è stata la mia più o meno 50 anni fa. Il mondo è cambiato, e oggettivamente, almeno per quanto riguarda i gay, è cambiato in meglio, è certamente più vivibile e meno ossessivamente giudicante rispetto a mezzo secolo fa, però l’essere gay è oggi molto più soggetto alla moda e agli orientamenti del momento, l’essere gay è oggi un fenomeno anche esteriore, cosa che prima non poteva certamente essere perché l’omofobia era tale da sconsigliare ogni coming out e da obbligare in pratica ad una riservatezza senza eccezioni. Incontrare un gay dichiarato era praticamente impossibile, i gay erano il popolo invisibile. Chi si trovava un compagno ci pensava mille volte prima di mettere in crisi la relazione, perché trovarsi un altro compagno rischiava di essere la classica impresa impossibile. I gay si innamoravano dei ragazzi etero, perché altri gay non ne vedevi da nessuna parte.
Oggi si parla di omofobia, ma prima l’argomento omosessualità era tabù, non se ne parlava mai, per trovare qualche notizia, comunque marginale, si doveva ricorrere a passare pomeriggi interi nelle librerie, che offrivano al massimo qualche classico della letteratura, nel quale si poteva trovare qualche elemento anche solo vagamente omosessuale. Ricordo la scoperta di Pasolini e di Sandro Penna. Senza internet e senza telefonini l’isolamento era radicale. Ho aperto Progetto nel 2007, ormai 16 anni fa, e il successo è stato enorme, perché non c’era niente del genere. Progetto era classificato da Alexa, come il terzo sito gay per importanza in Italia. Anche 16 anni fa, senza i social, l’isolamento dei gay era fortissimo. Poi sono arrivati i social e Progetto è diventato un cimelio storico di un’epoca ormai tramontata.
Mantengo rapporti con diversi ragazzi gay, di cui potrei essere nonno o quasi. I loro sentimenti sono gli stessi che ho vissuto anche io, ma i modi di manifestarli e di viverli sono molto diversi, e anche i problemi sono altri problemi. Ai miei tempi il vero problema era trovare un ragazzo gay, allora era impossibile, oggi è facilissimo, ma i social hanno finito per imporre ovunque la loro logica: tutto pubblico! Tutto spettacolo! Il privato non esiste praticamente più. Io non ho mai avuto un social e non ho mai portato Progetto su un social e non me ne sono pentito. Progetto per me è stato uno strumento per crescere e cercare di capire un po’ anche il mondo degli altri, cosa non facile perché gli altri sono altri, cioè sono diversi da te. Poi gli anni passano a ti ritrovi vecchio e vedi avvicinarsi l’uscita di scena definitiva, cominci a combattere con le malattie, coi medici, con le maggiori o minori invalidità e l’essere gay diventa un essere stato gay, perché poi non ci resta più nulla, perché il quotidiano o meglio la sopravvivenza quotidiana prende il sopravvento su tutto. Progetto passerà al dimenticatoio, come tutte le cose del mondo e sarà stato un momento transitorio nello scorrere degli anni. La vecchiaia non mette in crisi solo l’identità gay di una persona, ma proprio il fatto stesso di esistere. I gay, in genere non hanno figli, e questo, se da un lato immiserisce la loro vecchiaia, dall’altro li consola, perché non lasciano a nessuno il compito di andare avanti per il solo fatto che qualcuno ti ha messo al mondo. Non so se sia o meno una consolazione, ma con la vecchiaia vengono meno anche i classici problemi dell’essere gay, perché arrivano quelli della vecchiaia che è una categoria che non fa nessuna distinzione di persone, una specie di livella che spiana e appiattisce qualsiasi differenza.
Con la vecchiaia il corpo deperisce, il che significa che deperisce anche il cervello e inevitabilmente le capacità logiche e critiche si deteriorano. La classica frase consolatoria che si dice ai vecchi: “Sei vecchio, ma sei giovane di spirito!” presuppone che ci sia uno spirito distinto dal corpo. Purtroppo l’esperienza ci porta a prendere atto che anche il cosiddetto spirito invecchia. Che ci resta di gay nella vecchiaia? Mah… ci restano, finché ci restano, le persone che si erano conosciute qualche anno prima, perché conoscerne di nuove diventa sempre più difficile, e poi piano piano, inevitabilmente, ciascuno prende la sua strada. A che cosa serve tutto questo? Il che sarebbe come chiedersi a che cosa serve l’esistenza, beh, proprio non lo so e questa è la risposta che finisco per dare in pratica a tutti i problemi esistenziali. Il mondo va avanti e c’è sempre una nuova generazione pronta a cominciare la sua strada, ma questo significa che all’altro estremo della fila, c’è sempre una generazione che sta uscendo di scena. Ad ogni primavera tutto rifiorisce, ma i fiori non sono quelli dell’anno precedente. È una realtà molto semplice ma dura da accettare.

Alyosha
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Re: La vita gay

Messaggio da Alyosha » domenica 30 aprile 2023, 13:49

C'è sempre una certa compostezza nella tua melanconia che rende romantico per quanto forte il racconto della vecchiai.

"I gay, in genere non hanno figli, e questo, se da un lato immiserisce la loro vecchiaia, dall’altro li consola, perché non lasciano a nessuno il compito di andare avanti per il solo fatto che qualcuno ti ha messo al mondo".

In effetti io stesso sono figlio del mio tempo, come scrivevo e allontanarsi da una visione del mondo non è come non averla mai avuta. Una genitorialità gay riesco a concepirla in linea di principio, ma più per gli altri che per me. Mi piacerebbe forse l'affido, ovvero l'idea di occuparmi di chi è stato "scartato" perchè troppo grande, consapevole delle difficoltà cui andrei incontro nel farlo. La frase mi ha colpito perché in effetti mettere al mondo un figlio è un atto considerato naturale, ma di profondo egoismo. Si dice sempre che si farebbe qualsiasi cosa per i figli, ma in realtà metterli al mondo è stato ab origine un gesto egoista. Probabilmente crescere per un po' il figlio di qualche altro, insegnargli a stare al mondo, educarlo in modo diverso ed essere un esempio di cui quell'altro si ricorderà non perché costretto dalla genetica, ma perché legato emotivamente è un modo alternativo di intendere la "genitorialità".

Mi rendo conto che nel dire queste cose occorre scendere a compromessi ma sono assolutamente convinto che la genitorialità non sia qualcosa di scontato, che non tutti i genitori biologici ce l'hanno avuta, che i più fanno figli solo perché considerato "normale" farlo. Resto persuaso che si è genitori anche quando non si hanno figli, perché l'atteggiamento genitoriale è pedagogico, educativo, protettivo e di dialogo continuo. L'apertura generazionale è la vera genitorialità. Per cui temo tu lascerai più "figli" di quelli che avresti mai potuto far partorire a cento donne.

Internet è stato certamente rivoluzionario e ha cambiato il mondo. Come tutte le cose soggette al tempo, ha una sua evoluzione e adesso vedo anche io questa deriva, questa indisponibilità a difendere e forse costruire lo spazio dell'intimità o di quella che oggi chiamiamo "privacy".
Vedo tante cose positive intendiamoci. Molti giovani traggono giovamento dal mettersi al centro del loro teatro nel social di turno, perché da quella posizione hanno un pubblico e possono guardarsi. Tuttavia ritenere che l'omosessualità non sia un problema e ritenere di non avere problemi da affrontare e risolvere sono due cose diverse. In certe relazioni gay vedo molta immaturità, quando non proprio patologie relazionali che meriterebbero di essere indagate con serietà e spirito di responsabilità. In molti invece tendono a credere che lo sono di essere gay sia dichiararsi ed essere accettati dagli altri, come se questo traguardo fosse intanto obbligato di quanto condizione indispensabile per la felicità. Il senso di frustrazione è dietro l'angolo, perché la vita è altro e prima di essere vita "gay" è vita e basta per l'appunto.

Negli anni '70 con un colpo di spugna cancelliamo una patologia e "guariamo" miliardi di persone. Su questo non riflettiamo mai abbastanza. Sulla responsabilità che portano dietro le parole intendo. Gli omosessuali erano considerati "malati di mente" e i comportamenti omosessuali stigmatizzati come "perversioni". Il mondo nuovo è un mondo nel quale l'omosessualità non è mai stata una patologia, nel quale la sessualità è ormai definitivamente sganciata dalla procreazione e che sta già portando cambiamenti evolutivi, dalla genetica, all'intelligenza artificiale stiamo facendo un "salto" di specie profondo e verticale, che per la prima volta fa sentire "vecchio" anche me.

Però come si diceva la "vita gay" infondo è vita e basta. La vita ha questa circolarità crudele di cui parli, per cui si rinnova sulle spalle della morte. Questa visione è molto orientale e poco cristiana, visto che da noi esiste il concento di vita eterna, ma temo più aderente alla realtà. E' esattamente come scrivi tu la gioia di qualcuno è la sofferenza di qualche altro, ma ancora, direi in modo più crudo, la sopravvivenza di qualcuno dipende dalla morte di qualcun altro. "Tutti siamo cibo per qualcuno" e lo saremo anche noi da morti. La vita è tiranna e persevera se stessa sperperando e disseminando sofferenza dietro le sue spalle.
Sono uno di quelli che però continua a credere nell'anima, che conserva questa forma laica di spiritualità. Credo che esista un anima del grande mondo cui ci ricongiungeremo alla fine dei nostri giorni e che nascita e morte siano solo du direzioni di un unico movimento, che per vivere dobbiamo accettare l'idea di morire, per gioire imparare a sopportare la sofferenza. Esiste una spiritualità al di là delle cose, del dato bruto e della materia, capace di dare un orizzonte di senso all'esistenza.

Riconosco di essermi un po' perso nei miei discorsi, ma va bene così. E' sempre un piacere confrontarsi con te. Un abbraccio

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Re: La vita gay

Messaggio da progettogayforum » domenica 30 aprile 2023, 20:34

Ti ringrazio Alyosha, è gratificante vedere che non si è stati del tutto dimenticati, fa veramente piacere!

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