UN GAY TRA UN ETERO E UN BISEX

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progettogayforum
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UN GAY TRA UN ETERO E UN BISEX

Messaggio da progettogayforum » sabato 26 aprile 2014, 19:21

Quando ero bambino credevo nelle favole, credevo che per ottenere qualsiasi cosa bastasse volerla profondamente, col crescere ho imparato sulla mia pelle che le favole sono un modo per evitare a un bambino un contatto troppo traumatico con la realtà. Quando ero piccolo, non ero un principino azzurro e forse somigliavo più a un ranocchio che a un principe, ma a un ranocchio grassottello, perché ero così! Ce ne ho messo di fatica per accettarmi, ma non come gay, quello è venuto dopo e non è stato per niente un problema, ma per accettarmi come ciccione.

Adesso rivedo le foto di quando ero bambino: proprio una palla di lardo attirata inesorabilmente da torte e merendine di tutti i tipi. Del periodo prima dell’adolescenza ricordo soprattutto i colloqui con la psicologa e con la dietista, il terrore di quando mi prendevano il sangue per le analisi e l’ossessione della bilancia, non capivo perché mia madre la considerasse una cosa così fondamentale. Non me ne fregava niente di essere ciccione e non capivo perché invece gli altri se ne preoccupassero tanto. Odiavo mia madre quando mi nascondeva le cose da mangiare, mi spiava e chiudeva a chiave il frigorifero.

Alle elementari, in una scuola di suore, i compagni erano educati e nessuno mi prendeva in giro e così l’essere ciccione non mi procurava proprio nessun problema. I guai sono cominciati in prima media. Appena entrato mi hanno appioppato il primo nomignolo: Ciccio! All’inizio non capivo perché, poi piano piano ho capito. L’ambiente della scuola era pessimo. I professori faticavano molto a farsi rispettare, li prendevamo in giro e ridevamo come matti e loro cercavano di tenerci buoni come potevano, quello di matematica ci minacciava di caricarci di compiti, quella di Italiano di farci fare riassunti lunghissimi.

Ginnastica ce la faceva una professoressa giovane che ci faceva vedere lei prima come si facevano gli esercizi, ma lei li sapeva fare, noi no! Alle prime lezioni di ginnastica mi sono sentito per la prima volta emarginato. Alle elementari in pratica ginnastica non si faceva, ma alle medie sì e si cominciava con una corsa che non finiva mai. La professoressa mi faceva fare solo due giri, poi gli altri li faceva continuare e a me e a un altro ci metteva a fare stiramento sdraiati per terra e l’altro era pure cicciotto, non proprio come me ma quasi. La prof. non ci faceva stancare, poi ho capito che dato che ero troppo ciccione avrei potuto avere dei problemi e la prof. ci stava attenta. Quando i miei sono andati al colloquio con la prof. hanno chiesto se non fosse il caso di chiedere l’esonero e la prof. ha detto che chiedere l’esonero sarebbe stato certamente un errore e che anzi avrei dovuto frequentare regolarmente una palestra.

Nella prima settimana di scuola media avevo imparato una lunghissima serie di parolacce di cui non sapevo minimamente il significato. In pratica in brevissimo tempo le prese in giro dei compagni, ma anche le spinte e le botte, si sono concentrate tutte su due ragazzini, uno ero io: “Ciccio” e poi c’era “Recchia”, un ragazzino esile e biondo che veniva sistematicamente messo in mezzo e preso a botte. Io non capivo perché lo chiamassero Recchia e pensavo che fosse perché aveva le orecchie grandi, ma in realtà non erano grandi, ci ho messo un paio d’anni ad arrivare a capire il vero perché. In seconda media i miei compagni, o almeno qualcuno di loro, devono aver cominciato a capire qualcosa in più del sesso, fatto sta che, anche se io non capivo il perché, abbracciavano Recchia dal di dietro e lo tenevano stretto e Reacchia cercava di divincolarsi di scappare via, se non ci riusciva reagiva urlando e qualche volta si metteva a piangere e allora lo sfottevano proprio, pretendevano che si sedesse sulle gambe degli altri compagni e qualcuno cercava di mettergli la mano in mezzo alla gambe, è a qual punto che ho cominciato ad avere una prima vaga idea di che cosa fosse la sessualità.

Recchia mi faceva tenerezza, io non gli facevo mai scherzi stupidi e se vedevo qualcuno che con lui ci provava mi mettevo in mezzo e gli altri si stavano buoni, perché ero molto più grosso di loro. A metà della seconda media Recchia ha cambiato scuola (poi ho capito che non poteva reggere gli atti di bullismo dei miei compagni) ma abbiamo continuato a vederci lo stesso almeno una volta alla settimana, con lui stavo bene, non mi prendeva mai in giro e quando andavo a casa sua i genitori mi facevano trovare sempre qualche cosa da mangiare: la pizza o dei dolcetti.

Quando ero in terza media, Recchia ha cominciato a diventare proprio un bel ragazzo e lì ho cominciato a fantasticare su di lui, mi piaceva moltissimo e praticamente ho cominciato a masturbarmi pensando sempre a Paolo, si chiama così. Immaginavo che lui fosse gay e che fosse innamorato di me, cosa molto improbabile perché lui era bello mentre io ero ancora ciccione, ero cresciuto di altezza ma ero ancora molto pesante. Abbiamo fatto gli esami di terza media in due scuole diverse e poi ci siamo ritrovati insieme al primo liceo scientifico. Mi aveva detto che avrebbe fatto il classico ma poi me lo sono ritrovato nella mia classe, non so se è successo per caso (non credo), ma è successo così.

Abbiamo cominciato a studiare insieme, la cosa funzionava e poi facevo di tutto per non perdere terreno perché passare tutti i pomeriggi con Paolo era come stare in paradiso. La scuola era difficile e si studiava parecchio ma non ci siamo fatti spaventare. Un giorno una nostra compagna viene da me e mi dice che Paolo le ha detto che io sono un ragazzo speciale, la cosa mi fa piacere, proprio tanto. Arriviamo in terza, adesso Paolo è ormai l’idolo della ragazze e pure delle professoresse e io mi sento orgoglioso che mi consideri un amico. Ovviamente lui è il centro di tutti i miei interessi sessuali, ma mi sembra non solo troppo bello per me ma troppo interessato alle ragazze, comunque continuiamo a studiare insieme.

Quando siamo quasi alla fine della quarta, in gita scolastica ci mettono nella stessa stanza d’albergo, parliamo tutta la notte, anche di sesso, e mi racconta di una ragazza che gli piace moltissimo, io lo sto a sentire e cerco di rispondergli come posso, poi lui mi chiede di me e siccome mi fidavo veramente di lui gli dico che penso di essere gay ma non solo, gli dico anche che mi sono innamorato di lui, lui mi guarda perplesso, poi manda rumorosamente fuori tutto il fiato che ha nei polmoni e mi dice: “Vabbe’, succede! Mi dispiace che non ti posso corrispondere perché per me ci cono solo le ragazze, se mai dovessi innamorarmi di un ragazzo, quello saresti tu! Lo so che è una magra consolazione… Tutto come prima?” Io gli rispondo: “Certo!” Ed effettivamente tra noi non è cambiato nulla, se mai i rapporti sono migliorati, mi sentivo libero e felice di avere un amico come Paolo.

Poi a metà della quinta io ho fatto la mia metamorfosi e da bruco cicciotto che ero sono diventato farfalla, ho perso moltissimi chili e, a quello che mi dicono, sono diventato un bel ragazzo, avrei sperato che i ragazzi mi corressero appresso e invece a corrermi appresso erano solo le ragazze. Mi consultavo spesso con Paolo su come fare per tenere le ragazze a distanza perché anche lui aveva lo stesso problema anche se per ragioni completamente diverse.

Dopo la maturità Paolo è andato a studiare in un’altra città e in pratica abbiamo perso quasi del tutto i contatti. Io mi sono iscritto a ingegneria sognando di poter incontrare un altro Paolo, ma questa volta gay, e di poter finalmente vivere una storia d’amore con lui. Per me Paolo è stato a tutti i livelli una persona importantissima, non era gay, ok, ma eravamo amici nel senso vero della parola, in pratica sapeva tutto di me e non è cambiato nulla e poi non ha fatto chiacchiere con nessuno. Diciamo che mi ero abituato male, non solo ma avevo in testa il mito del gay che è sempre buono, che rispetta il suo prossimo e cerca una vita affettiva seria. In facoltà siamo pochi, c’è una discreta percentuale di ragazze, quindi il numero di ragazzi è piuttosto basso, diciamo una ventina, di gay ci sono io, qualche altro ce ne dovrebbe pure essere ma ognuno si tiene bene arroccato nella sua privacy, meno gli etero, che però da noi devono pensare soprattutto a studiare più che a stare appresso alle ragazze.

Insomma, mi giro intorno ma di gay nemmeno l’ombra. Faccio amicizia con un ragazzo del mio corso, premetto subito che non aveva niente a che vedere con Paolo, era un ragazzo non brutto, ma per me non era mai stato oggetto non dico di fantasie erotiche ma nemmeno di curiosità. Su di lui non avevo cercato di ottenere notizie come su un altro paio di nostri colleghi, proprio perché sostanzialmente non mi interessava. L’amicizia tra noi nasce per caso e credo che anche a lui di me importasse molto poco, poteva servire per studiare insieme, ma non era nemmeno un gran ché da quel punto di vista. Non do importanza alla cosa, nei periodi prima degli esoneri studiamo insieme qualche sera. Visto da vicino non è brutto e mi dico che siccome un altro Paolo non lo trovo di certo, tanto vale prendere quello che passa il convento, tra noi si crea un po’ più di confidenza e lui comincia a parlare di ragazze, mi dice che ha una ragazza ma che “non gli basta” che ha bisogno anche di “altro”.

Gli chiedo se è innamorato della ragazza e mi dice di sì, il discorso va avanti e dopo un lungo tira e molla mi dice di essere bisessuale, io, data la mia totale inesperienza, mi metto in testa un’equazione sbagliata: “bisessuale = gay” e ci resto pure un po’ male: avevo trovato uno che ci sarebbe anche stato ma non era come Paolo… mi dicevo: “Ma proprio questo doveva essere gay?” (per me gay bisex era in pratica lo stesso) E andavo avanti nella presunzione che il suo mondo fosse esattamente come il mio. Non sapevo che fare, dirgli: “Sono gay” sarebbe stato forse la cosa più giusta da fare ma, francamente, non mi fidavo troppo di lui e poi avevo anche paura che potesse mettersi in testa di starmi appresso, cosa che non ero affatto convinto di volere, anzi più no che sì.

Ho continuato a fare l’amico etero, ma evidentemente lui aveva l’occhio lungo e ha mirato lontano, dove io non credevo che arrivasse. Mi ha fatto conoscere la ragazza, cosa che non mi sarei mai aspettato e ha fatto in modo che ci si frequentasse in tre parecchie volte. Io mi dicevo: “Ma se vuoi uscire con me ok, ma la ragazza che c’entra? Non mi immischiare con cose in cui non ho nulla a che fare!” Ma nel mio ragionamento c’era una falla, piano piano avevo cominciato a dare per scontato che lui avesse capito come stavano le cose anche se io non avevo mai ammesso nulla. Mi dicevo: “Se non è cretino ha capito!” A un certo punto mi sono accorto che la ragazza mi cominciava a considerare un confidente. Mi telefonava per raccontarmi gli affari suoi e in pratica per farmi capire che aveva problemi col ragazzo perché pensava che il ragazzo fosse gay. Le ho chiesto da che cosa lo deducesse e mi ha detto che il ragazzo il mercoledì non c’era mai, io, forse ingenuamente, le ho detto che il mercoledì non veniva mai a lezione e lei ha fatto una smorfia come per dire che se lo aspettava, poi ha chiesto a me se io sapevo qualcosa e mi sono trovato in un imbarazzo terribile, perché io sapevo ma a lei non potevo dire nulla e quindi ho dovuto mentire, ma la cosa non mi piaceva affatto. Insomma io sono diventato il confidente della ragazza, che mi chiamava praticamente tutti i giorni e che il mercoledì mi veniva a trovare alla mensa dell’università per pranzare con me.

A lui alla fine ho dovuto dire come stavano le cose e mi ha confessato che con la ragazza ormai le cose non andavano più bene e che lui forse non era realmente bisex ma gay e che non se la sentiva di andare avanti per forza con la ragazza. Insomma, dopo qualche giorno, un martedì sera mi dice che ha lasciato la ragazza perché non è una cosa per lui, il mercoledì a mensa vedo la ragazza che mi conferma il fatto ma il tempo è pochissimo e decidiamo di rivederci la sera. Andiamo in pizzeria, poi in macchina lei si sfoga con me e si mette a piangere e mi dice una frase che mi mette in allarme: “Io dei gay non ne posso più! Ho bisogno di un uomo vero, io sto bene solo con te!” Io mi sono detto: “Oddio! Vuoi vedere che quello ha tagliato la corda e mi ha scaricato la ragazza!” Ho dovuto fare appello a tutto il mio spirito creativo per spiegare alla ragazza che io ero già impegnato e che la mia ragazza la sentivo tutte le sere su skype. Lei c’è rimasta malissimo anche se, ovviamente non poteva prendersela con me.

Quando ho rivisto lui l’indomani all’università, gli ho chiesto dove se ne andava il mercoledì, perché pensavo che si fosse trovato un ragazzo, e mi ha detto: “Vedo un’altra ragazza!” Io gli ho detto: “Ragazza? Ma non ti sentivi gay?” E mi ha risposto: “Proprio gay gay no.” La sera ho chiamato Paolo e gli ho raccontato tutta la storia e lui mi ha detto che aveva fatto la corte a una ragazza per mesi ma che lei lo teneva a distanza, poi un’amica della ragazza gli ha detto che la ragazza non lo voleva perché pensava che fosse gay! Paolo gay? Solo una che non ragiona può pensare una cosa simile. Poi Paolo mi ha detto: “Mi sa che sarebbe proprio meglio che ci mettessimo insieme!” ed è finito tutto con questa battuta: Paolo!!! Ma perché i ragazzi belli e intelligenti sono sempre etero?!

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marc090
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Re: UN GAY TRA UN ETERO E UN BISEX

Messaggio da marc090 » domenica 27 aprile 2014, 12:46

E' veramente simpatica questa storia... la dice lunga, penso, su tante cose banali che poi, in un modo o nell'altro, finiscono per essere al centro della nostra vita, sia che lo vogliamo, o meno...

E' curioso il finale e forse si, ci sarebbe da riflettere sull'uso improprio, continuo, quasi svilente, di tutte queste etichette, che nulla servono se non a creare dei divisori, o a ridurre persone e sentimenti, a definizioni quantomeno aleatorie.
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
Martin Niemoller


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barbara
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Re: UN GAY TRA UN ETERO E UN BISEX

Messaggio da barbara » lunedì 28 aprile 2014, 19:11

Piace molto anche a me. C'è una leggerezza confortante in questo racconto. Sembra voler comunicare che in fondo le cose della vita possono essere belle o brutte anche in base a come le prendi. O in base a quanto te la prendi...
A volte un po' di umorismo è proprio salutare! :)

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