UN RAGAZZO GAY E LE SUE PRIME VOLTE

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progettogayforum
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UN RAGAZZO GAY E LE SUE PRIME VOLTE

Messaggio da progettogayforum » martedì 15 dicembre 2020, 15:23

Caro Project,
ho 32 anni, sono dell’88, un anno di ferro (sto scherzando, purtroppo!), quando ne avevo 16 ero il classico ragazzotto che sogna il principe azzurro e che vive di pornografia, lo dico e non me ne vergogno, almeno c’era quello! A 17 anni ho avuto le mie prime esperienze con un ragazzo di un anno più grande, che qui chiamerò Mino, che forse non era il ragazzo dei miei sogni, anzi certamente non era il ragazzo dei miei sogni, ma pensavo che alla fine lui con me ci sarebbe stato. Non era né maleducato né aggressivo, parlavamo spesso al telefono per ore, lui non tagliava mai corto e aspettava che fossi io a chiudere la telefonata. All’inizio non credo che lui avesse capito che tipo di interesse avevo verso di lui. Diciamolo chiaro, io prima di tutto volevo capire com’era fatto, cioè lo volevo vedere nudo e poi avrei voluto sperimentare un po’ di sesso con lui. Lui non mi provocava mai ma mi permetteva di provocarlo, cioè mi permetteva delle forme di contatto fisico, non esattamente sessuale però, che mi piacevano molto e che evidentemente andavano bene anche a lui. Era un po’ quell’atmosfera di confine poco chiara, in cui amicizia e sessualità si mescolano fino a perdere i loro contorni classici. Non sapevo se Mino fosse gay, non parlava di ragazze e questo mi bastava per fare partire la mia fantasia. Io non ne ero innamorato, volevo solo provare con lui qualcosa di sessuale, però non sapevo da che parte cominciare a avevo paura che l’incanto di quella relativa ma concreta intimità potesse finire bruscamente se io avessi fatto un passo di troppo. Non eravamo compagni di scuola, ci eravamo conosciuti tramite amici comuni e le occasioni classiche di stare insieme, tipo per studiare e cose del genere, come succede tra compagni di scuola, tra noi non c’erano. Noi non avevamo niente in comune di istituzionale, ci vedevamo quasi tutti i giorni solo perché la cosa a noi stava bene. Poi lui prende la patente e la sera del 23 Aprile 2005, un sabato sera, mi chiede se sono disposto ad andare con lui due giorni in campeggio il 24 e il 25 Aprile, era un’opportunità rara perché di sabato noi andavamo a scuola. La prima cosa che penso è che quando staremo insieme lui si lascerà andare. L’indomani mattina partiamo. Viaggio bellissimo, 300 Km di fila, poi arriviamo in un campeggio sul mare. Montiamo la tenda, una canadese bassa a due posti, mangiamo qualcosa che avevamo portato da casa, a un certo punto io mi stendo sul materassino e lui mi fa: “Dobbiamo andare al mare!” Non finisce nemmeno di dirlo che si sfila pantaloni e slip e si infila il costume da bagno. A me, a vederlo così, mi stava prendendo quasi un accidente ma lui sembrava proprio non averci fatto caso. Ce l’aveva non proprio duro ma non proprio tranquillo. Io invece ce l’avevo duro e bagnato e quindi non potevo mettermi il costume davanti a lui, non sapevo come uscire dalla situazione imbarazzante, ma è stato lui a risolvere il problema. Mi ha detto: “Io vado, tu vieni quando vuoi!” Mi sono chiesto se avesse capito la situazione, ma non sapevo che risposta darmi. Ho aspettato che passasse la tempesta ormonale, mi sono messo il costume e sono andato anche io al mare. Mino in costume da bagno non era niente male, cioè era molto meglio così che completamente vestito. Aveva un bel fisico, peloso al punto giusto e nei punti giusti, alto, scattante, più magro di come sembrava quando era vestito. Tutto sommato era meglio di come me lo ero rappresentato. Abbiamo nuotato insieme, abbiamo giocato nell’acqua ma senza cose sessuali, anche perché io stavo sempre in quasi erezione e dovevo stare attento perché prima o poi dovevamo pure uscire dall’acqua. Lui è uscito per primo senza dirmi niente ed è andato a stendersi sulla sabbia. Io ho aspettato qualche minuto e una volta raggiunta una situazione tranquilla sono uscito anche io e sono andato a sedermi vicino a lui. Cominciavo a pensare con desiderio ma anche con ansia al fatto che prima o poi saremmo tornati in tenda per cambiarci, lo avrei visto di nuovo nudo ma sarei stato nudo anche io. Quando il sole ha cominciato a calare siamo tornati in campeggio e io sono entrato in tenda per primo e ho cominciato a cambiarmi pensando che se avessi fatto tutto molto rapidamente avrei evitato qualsiasi situazione di imbarazzo, ma proprio quando io stavo per rimettermi le mutande lui è entrato, mi ha dato una guardata e mi ha detto: “Posso?” Io gli ho detto: “Certo!” E lui è entrato e si è cambiato davanti a me senza il minimo imbarazzo e anche questa volta non ce l’aveva proprio in stato tranquillo, anzi! Ma non ha fatto commenti né ne ho fatti io. Poi siamo andati al self service del campeggio a prendere qualcosa da mangiare e abbiamo cominciato a fare gli stupidi e siamo andati avanti così fino quasi alle undici, poi ce ne siamo andati in tenda per dormire, cioè io non avevo nessuna voglia di dormire e ho cominciato a provocarlo, lui ha cominciato a ridere e io non gli ho dato tregua e, insomma, alla fine si è lasciato coinvolgere e c’è stato un po’ di sesso, ma lui rideva come un matto e cercava di fare di tutto per tenermi buono perché aveva paura che qualcuno ci sentisse, dato che stavamo in una tenda. Non scendo in dettagli, non è stata proprio una cosa travolgente ma divertente sì. L’indomani mattina mi sono svegliato molto presto, mentre lui era ancora addormentato e ho cominciato ad avere paura delle sue reazioni perché magari, il giorno dopo, ripensando a quello che era successo, avrebbe potuto prendersela a male ma non è successo niente di simile. Quando si è svegliato ha ricominciato a ridere e a dire scemenze come la sera prima e a ripetermi: “Tu sei terribile!” Ma lo diceva scherzando e io ho cominciato a pensare che la sera avremmo dovuto fare il viaggio di rientro e che la nostra esperienza sessuale sarebbe stata l’unica. Quando siamo rientrati a Milano, tutto è ricominciato come prima. Ogni tanto tornava quella frase: “Tu sei proprio terribile!” ma detta sorridendo come era successo in campeggio, in pratica non ci sono mai stati altri riferimenti a quella che io, tra me e me, chiamavo la nostra prima volta. L’estate ci siamo persi di vista perché lui se ne andato all’estero con la famiglia. Ci sentivamo comunque per telefono, ma le telefonate erano sempre più brevi, non formali o distaccate ma solo più brevi. Verso la fine di Agosto mi si squarcia il velo di Maya, cioè in pratica mi cadono le fette di prosciutto dagli occhi. Mino mi chiama al telefono e restiamo a parlare per ore, mi dice che si è innamorato di una ragazza e che si sente molto profondamente coinvolto, ha avuto rapporti sessuali con questa ragazza e dice che è stata una cosa bellissima ma è disperato perché la ragazza non lo prende seriamente e non vuole rinunciare alla sua libertà, mentre lui è geloso marcio e ci sta malissimo. Mino parla con me perché mi considera un amico vero del quale si può fidare al 100%. È evidente che è etero che la nostra prima volta per lui è stata solo un gioco che nel suo mondo non ha cambiato nulla. Con lui ho fatto sesso una sola volta e lui non ne ha più parlato non perché ha rimosso l’argomento ma proprio perché non gli è più venuto in mente. Quando era in crisi con la ragazza mi chiamava e restava con me al telefono per ore, insomma io dovevo stare a sentire i lamenti amorosi di un ragazzo etero. L’ho fatto, cioè ho continuato a farlo perché lui era convinto che io fossi etero, non gli potevo dire la verità, perché ci sarebbe rimasto malissimo e allora ho cominciato a recitare la parte dell’etero che preferisce tenere le donne a distanza per non farsi coinvolgere troppo! Mino mi diceva che si vedeva che io sapevo come gestire le donne! Pensa, Project, che poi, per un certo periodo mi sono pure complessato perché Mino mi prendeva sul serio e io avevo l’impressione di prenderlo in giro. In pratica lo stavo imbrogliando, per il suo bene, ma lo stavo imbrogliando. All’università si è trovato un’altra ragazza che, diversamente dalla prima, a lui ci teneva veramente, ci ha fatto un figlio e si è sposato a 23 anni, nel 2010, e io sono andato prima al matrimonio e poi al battesimo del bambino, poi però ci siamo persi di vista quasi del tutto. In pratica la mia storia, se la vogliamo chiamare così, con Mino è durata quasi cinque anni. A 22 anni ero arrivato ad una conclusione: se di un ragazzo non sei certo che è gay è meglio che lo lasci perdere fin dall’inizio. Mino era un bravissimo ragazzo ma era etero e doveva andare per la sua strada, ormai avevo capito che un gay deve tenersi alla larga dagli etero. Con Mino ho mantenuto un buon rapporto che dura tuttora, anche se molto alla lontana, ma è ormai una specie di residuato archeologico di un’altra età.
Già dal 2007, all’università, avevo cominciato a guardarmi intorno, dato che con Mino era evidente che non avrei potuto costruire nulla che avesse un senso per me. Di bei ragazzi all’università ce n’erano tanti e proprio belli, ma io, dopo l’esperienza con Mino, non volevo fare la seconda edizione, e poi all’università si pensava a studiare e di discorsi che permettessero di capire se un ragazzo era gay o no non ne sentivi proprio. Io stavo molto in guardia e sempre col radar acceso. Un paio di volte mi sono detto: “Potrebbe essere lui!” ma poi sono stato smentito dai fatti. Io stavo attento a non scoprirmi e penso che gli altri gay facessero lo stesso, probabilmente però il mio modo di fare, molto circospetto e prudente, non passava inosservato agli occhi degli altri ragazzi gay. Un giorno mi sono reso conto di essere osservato da uno dei miei colleghi, che non faceva parte, però, del gruppetto dei cosiddetti amici. Era un ragazzo che ogni tanto mi guardava e apparentemente non aveva nessuna ragione, diciamo così, ufficiale per farlo, ma c’era un problema, un terribile problema, questo ragazzo non mi piaceva fisicamente, non mi piaceva proprio. Mino non era il mio principe azzurro, ma tutto sommato non era male, ma Patrizio (nome di fantasia) non mi piaceva per niente. E qui è cominciata una cosa che non mi sarebbe mai venuta in mente prima, ho cominciato a scappare dall’unico ragazzo di cui ero praticamente sicuro non solo che fosse gay ma che fosse pure interessato a me. Lui non usciva allo scoperto, non si avvicinava proprio, semplicemente mi osservava a distanza e io cercavo di evitarlo ma non era facile perché eravamo in pochi e per evitare Patrizio ho cominciato, diciamo così, la mia vita etero … Project, io non avevo mai fatto fantasie sessuali sulle ragazze e non le ho mai fatte nemmeno dopo, ma pensavo che farmi vedere con una ragazza avrebbe potuto raffreddare gli entusiasmi non dichiarati di Patrizio. E qui ho commesso un errore tremendo. Siccome non mi volevo mettere in competizione coi miei colleghi chiaramente etero, mi sono cercato una ragazza che fosse tra le meno gettonate e anche tra le meno chiacchierate e intraprendenti. Tra i miei colleghi c’era Mary (anche questo è un nome di fantasia), una ragazza passabile, che per un etero potrebbe anche andare bene, poco chiacchierona, cioè poco pettegola, ma con una sua dignità che mi ispirava affidamento, e ho cominciato a parlare con lei ai cambi di lezione, andavamo insieme al bar a fare colazione, insomma, piano piano siamo diventati amici. Lei era molto riservata ma anche molto attenta a quello che le dicevo, sembrava non avere amici e non frequentare nessuno, per me era, tutto sommato, una compagnia gradevole, sia ben chiaro, la cosa era cominciata come sistema per tenere Patrizio a distanza, ma poi aveva avuto un minimo di significato anche per me, penso che la cosa, per lei, fosse molto più importante, ma io allora non mi rendevo conto di queste cose, non capivo quanto il nostro rapporto potesse essere sbilanciato e piano piano la illudevo di avere cominciato una vera storia d’amore. Lei non faceva mai un passo in avanti, mi seguiva ma non prendeva mai l’iniziativa e io mi sentivo incoraggiato. La faccio breve, anche se non è stata affatto una cosa breve. A un certo punto la invito a cena ma la sera della cena mi accorgo che mi sto infilando in una strada senza uscita, capisco che lei è innamorata e non so come liberarmi di lei. Finita la rapida cena, l’esatto contrario di una cenetta romantica, usciamo per fare due passi e le confesso di essere gay. Penso che per lei sia stato come se le fosse caduta una tegola in testa però ha mantenuto il massimo autocontrollo, è rimasta a parlare con me in macchina per un paio d’ore, quando l’ho riaccompagnata a casa, prima di scendere dalla macchina mi ha preso la mano, l’ha stretta fortissimo, e mi ha detto: “Sono contenta di essere tua amica!” Io allora le ho detto chiaro che mi ero avvicinato a lei solo per allontanare Patrizio e tutto il resto, cioè le ho detto proprio la verità e lei mi ha risposto: “Guarda, è la prima volta che un ragazzo mi dice veramente come stanno le cose e questo, al di là di quello che pensi tu, è un segno di rispetto.” In effetti penso che Mary ci abbia sofferto molto, ma tra noi, dopo la serata dell’invito a cena non è crollato nulla, almeno apparentemente, anzi direi che i nostri rapporti sono migliorati, nel senso che tra noi non c’è stato più un gioco delle parti, lei era consapevole che, comunque, io mi sarei cercato un ragazzo e che prima o poi anche la nostra amicizia sarebbe finita, semplicemente perché avremmo seguito strade diverse, questo era in qualche modo inevitabile, ma lei mi diceva: “Però c’è un qui e adesso, al futuro ci penserà il futuro, intanto pensiamo al presente …” Poi ho saputo, per vie traverse, che Patrizio si era messo con un insospettabile del nostro corso, uno del quale avrei giurato che fosse etero al 100%.
Intanto era finita l’università. Per mia fortuna non ci ho messo molto a trovare lavoro in un’azienda di medie dimensioni che si occupa di costruzioni stradali. Non facciamo certo autostrade ma lavoriamo soprattutto per i piccoli comuni di montagna per consolidamento, allargamento e manutenzione straordinaria di strade e piccoli e medi ponti e viadotti. Lavoro in team con un geologo tra i 40 e i 45 anni, molto bravo ma molto professionale e poi sposato e con figli, quindi parecchio lontano dai miei interessi, con una ragazza che si occupa di preventivi, di conti, di subappalti, cioè che fa le valutazioni economiche, pure lei è molto competente ma la vedi in ufficio durante il suo orario e poi non la vedi più. Quelle rare volte che abbiamo fatto una cenetta noi del gruppo non c’è mai venuta, e quindi è fuori giro, poi ci sono altri due ingegneri, uno sui 50, frustratissimo di lavorare con pivellini come me e astiosissimo verso i dirigenti dell’azienda che non gli hanno permesso di arrivare ad un ruolo pari alle sue capacità, ma in realtà, pure se sarebbe capace, è uno scansafatiche che se può ti scarica il lavoro suo. Poi c’è Gaetano, detto Tano, un ragazzo di Benevento, poco più che mio coetaneo, direi decisamente un bel ragazzo, ma con lui ho poca occasione di parlare, anche a livello professionale e proprio nessuna occasione di parlare d’altro. Porta una fedina seria, d’oro, e questo mi spinge a tenerlo fuori dall’elenco dei papabili. Quindi, a prima vista, sul lavoro opportunità zero! E invece no! Perché i lavori non si progettano solo ma si devono pure realizzare e l’azienda ha sei gruppi di operai specializzati per tipologia di lavoro (sbancamento e movimento terra, fondazioni, ponti e viadotti, mantello e arredamento stradale, manutenzione cemento armato, strutture in pietra e metallo). L’azienda fa ruotare le squadre di operai a seconda della fese esecutiva dei progetti. Col passare dei mesi avevo avuto modo di conoscere quasi tutti gli operai delle squadre, almeno delle prime cinque, dato che mandavano quasi sempre me a sovrintendere all’esecuzione del lavori, perché non avevo famiglia ed ero piuttosto contento di andare a lavorare e anche a dormire fuori, ma siccome è piuttosto raro che nelle strade di montagna ci siano ponti in pietra o in metallo non avevo mai conosciuto gli operai della Squadra 6. Un giorno mi mandano in un pese di montagna, in pratica di fondo valle, c’è un attraversamento di un ruscello su un ponte in pietra e l’arco del ponte mi sembra molto ammalorato e non in grado di reggere la strada e quindi chiedo che mi mandino qualcuno della Squadra 6 per avere la valutazione di un tecnico esperto. Due giorni dopo mi arriva Daniele, avrà avuto più o meno la mia età, lo guardavo con tanto d’occhi, era proprio il mio modello di uomo perfetto, tanto che il David di Michelangelo al confronto è proprio brutto. Daniele è bello, sorridente, pieno di entusiasmo, insomma ha tutto quello che ci vuole per farmi prendere una cotta tremenda, ma io non volevo fare la seconda edizione di Mino, e il primo giorno sono stato un po’ sulle mie però trattandolo comunque sempre in modo molto diretto e sciolto. Andiamo a vedere l’arco del ponte a rischio, lui valuta le cose a occhio, non fa calcoli, ma è estremamente pratico del mestiere, molto oltre il livello dei suoi colleghi della altre squadre, mi dice che secondo lui c’è poco da fare, quell’arco non reggerebbe certamente e che bisognerebbe fare delle prove di carico per esserne certi, ma a occhio gli sembrava che non avrebbe retto. La cosa era una bella rogna, perché il ponte si sarebbe dovuto rifare esattamente com’era e non si sarebbe potuto sostituire con un ponte in cemento, che sarebbe stata la soluzione più semplice. Bisognava fermare i lavori e chiedere l’autorizzazione della variante per il lotto che comprendeva il ponte, che però era un lotto nuovo sul quale una vera progettazione non era mai stata fatta. I miei capi non avrebbero certo gradito l’idea e avrebbero storto il naso, e per convincerli ci voleva una relazione tecnica molto puntuale, da presentare anche all’ente locale che si sarebbe dovuto assumere la maggiore spesa. La relazione tecnica da trasmettere al comune doveva essere inappuntabile. La sera sono rimasto fino a tardi a concordare il da farsi con Daniele. Ho contattato il geologo del mio team e mi ha detto che sarebbe venuto subito a fare le prove di sua competenza, ho chiamato Tano e gli ho detto che avrei avuto bisogno di una prova di carico sul ponte e mi ha risposto che sarebbe venuto quanto prima anche lui con tutto il necessario. Abbiamo stabilito di vederci tutti insieme sul cantiere il sabato successivo. Il giorno fissato, sia Tano che il geologo hanno cominciato a lavorare e a raccogliere dati e il lavoro è andato avanti fino alla sera. Alla fine hanno concluso che il ponte non avrebbe retto la strada con i carichi previsti e sarebbe stato necessario fare un nuovo ponte, sempre in pietra ma nuovo, con materiali molto più resistenti e con criteri di tipo moderno. Mi hanno detto che mi avrebbero mandato le perizie tecniche entro un paio di giorni e che io le avrei dovute mandare all’Azienda per vedere che cosa fare col Comune. Quindi, per quanto riguardava la questione dei lavori, Daniele aveva ragione su tutta la linea, ma c’era un’altra cosa che non avevo perso d’occhio durante la giornata e non era tanto la capacità tecnica di Daniele, quanto gli sguardi di intesa e gli scambi di sorrisi tra Tano e Daniele. Tano portava la fedina, sì, però… i conti non mi tornavano proprio. Sia il comportamento di Tano che quello di Daniele mi sembravano sospetti, e molto sospetti. Comunque, nella serata del sabato il geologo, Tano e Daniele sono ripartiti e io sono rimasto sul cantiere per andare avanti con gli altri lavori con gli operai di un’altra squadra. Le questioni tecniche del ponte sono state sbrogliate abbastanza rapidamente. In tempi relativamente brevi abbiamo progettato un nuovo ponte, con tutte le relazioni geologiche e tecniche. Una mattina mi avvisano che verrà il lunedì successivo la Squadra 6 per cominciare i lavori perché la maggior parte dei manufatti in pietra erano stati prefabbricati e il lavoro sarebbe stato tutto sommato abbastanza rapido a livello di strutture portanti. Poi sarebbero intervenute le altre squadre per le parti di loro competenza. Il venerdì mattina torna Daniele, pensavo che ci sarebbe stata la stessa disinvoltura della prima volta ma non succede così, lui non esce fuori dai binari del lavoro. Resta a lavorare ininterrottamente col cellulare aziendale per tutto il venerdì e il sabato, andavano rifatte le spallette, era un lavoro difficile soprattutto perché il posto era molto stretto. Io avrei dovuto controllare il lavoro di Daniele ma lui ne sapeva cento volte più di me. Non ti nascondo, Project, che la situazione mi creava parecchi problemi. Avrei dovuto passare almeno un paio di settimane con Daniele, proprio alloggiando insieme ma l’atmosfera non era come quella della prima volta. Il primo giorno è stato proprio imbarazzante, mi sentivo un completo deficiente, del lavoro ne capiva molto più lui di me e di altro non si riusciva a parlare. Nei giorni successivi abbiamo trovato un equilibrio ma si parlava solo di lavoro, mi chiedevo che cosa fosse successo ma questa domanda me la tenevo per me. Il sabato successivo viene Tano per centinare la nuova arcata, e qui mi si svela l’arcano. Tano e Daniele si isolavano e parlavano spesso in due ma non avevano affatto l’aria di quelli che parlano di lavoro e tra loro c’era uno scambio di contatti fisici (pacche sulle spalle) che non è tipico di persone che si sono viste solo una volta per motivi di lavoro. Non ci ho messo molto a capire perché Daniele si tenesse così a distanza da me. In pratica anche con Daniele le cose erano andate in fumo. Per tutto il tempo che Daniele è rimasto sui lavori abbiamo tenuto entrambi un basso profilo, ma gli ultimo giorni un minimo di comunicazione si è ristabilita, abbiamo cominciato a fidarci di più uno dell’altro, almeno a livello di lavoro, ma gli argomenti personali sono rimasti un tabù.
Finiti i lavori sono tornato nel mio team e lì ho avuto l’ennesima conferma che qualcosa fosse successo tra Tano e Daniele. Tano non faceva più parte del mio team ed era stato sostituito da un ingegnere appena entrato in Azienda, uno sulla quarantina, sposatissimo e con la foto dei figli sulla scrivania. Brava persona, per carità, ma lontanissimo da me. Ho chiesto al geologo dove era stato trasferito Tano e mi ha detto che non lo avevano spostato ma aveva chiesto lui di essere mandato a coordinare la Squadra 6. Il geologo insinuava che se ne fosse andato lì perché “quelli non fanno mai niente mentre qui doveva lavorare”, ma io sospettavo che il motivo fosse completamente diverso. Non avevo modo per verificare la mia ipotesi ma la probabilità di averci visto giusto era molto ma molto alta. Tano e Daniele avevano la base operativa proprio in un’altra zona della città e così non li ho più visti né sentiti per parecchio tempo. L’ingegnere tutto casa e famiglia, nel suo campo era molto bravo e secondo me era un po’ sprecato per fare un lavoro come il nostro, i dirigenti se ne sono accorti e se lo sono portato a livelli un po’ più alti e noi siamo rimasti sotto organico per alcuni mesi. Una mattina arriva il geologo, che era il coordinatore del team, e mi dice che ci hanno mandato un nuovo ingegnere che verrà l’indomani mattina a prendere servizio, ma non ne sa più di tanto. Io gli metto a posto l’ufficio e sono curioso di vedere come sarà il nuovo venuto. L’indomani mi vedo arrivare Daniele! Mi dice che aveva finito gli studi tardi e che aveva cominciato a lavorare prima della laurea, ma che alla fine ce l’aveva fatta anche lui e mentre lo dice gli brillavano gli occhi. Io non so che fare, mi sento frenato, lui mi sorride come per sciogliermi e darmi il La. Io lo abbraccio forte e lui mi restituisce l’abbraccio in modo caloroso, fa così anche con gli altri del team, ma non è proprio esattamente la stessa cosa. Nell’ora di pausa mi dice: “Vieni a mangiare qualcosa con me?” io gli dico subito: “Certo!” e stiamo insieme a parlare in modo gradevolissimo. Mi racconta degli studi e di tante altre cose, ovviamente non parla mai di ragazze e da tutto il suo modo di fare si vede chiaramente che è contento di stare con me. Poi mi parla delle sue traversie di lavoro, mi dice che Tano si era fatto mandare della Squadra 6 e aggiunge “perché tra noi c’era più che una simpatia, … e penso che tu lo abbia capito …” Io gli rispondo: “L’ho capito sì! … e vabbe’ …” Lui mi dice: “Adesso non stiamo più insieme, non è stata una bella esperienza, non ci capivamo proprio, insomma il fatto che lui fosse il coordinatore della Squadra 6 mi ha fatto mettere il turbo negli studi, perché con lui non ci volevo nemmeno lavorare … “ Gli ho chiesto: “Ma nel team nostro ci sei voluto venire tu?” Lui mi ha risposto: “Sì …” e mi ha guardato negli occhi sorridendo. Io gli ho detto: “E hai fatto benissimo!” Questa è stata la mia prima dichiarazione d’amore a un ragazzo gay! Fino qui può sembrare una favola, ma anche se il mio rapporto con Daniele ha avuto alti e bassi, ormai dura da qualche anno e mi sembra consolidato. È un uomo serio e ci vogliamo bene. Al lavoro, i colleghi del team pensano che noi siamo solo amici ma abbiamo in programma di andare a vivere insieme. È lui che mi ha fatto conoscere Progetto Gay e mi ha detto che ti conosce di persona. Ti mando una nostra foto come regalo di Natale! Ovviamente, se vuoi, puoi pubblicare la mail.
Manuel (e Daniele)

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