Combattere la depressione da non-lavoro

Solitudine, emarginazione, discriminazione, omofobia...
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barbara
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Re: Combattere la depressione da non-lavoro

Messaggio da barbara » domenica 4 marzo 2012, 10:17

Provo a commentare ciò che ha scritto Boy-Com , cercando di rispettare il regolamento. :)
Credo che il tuo intervento, Boy-Com , sia un buon esempio di come si può reagire alla depressione da non lavoro. Una delle cose più importanti, secondo me, è resistere alla tentazione di addossarsi colpe che non si hanno . Vivere da disoccupati è già abbastanza faticoso . Se poi ci si attribuisce l'etichetta di "falliti", se si inizia a rimproversi la scelta di studi, oppure il fatto di non aver lasciato la scuola prima , oppure di non essersi trasferiti altrove eccetera, alla frustrazione si aggiunge il senso di colpa, la vergogna , e tutto diventa più difficile.
Conoscere le radici della disoccupazione, tenersi informati, partecipare a iniziative , comitati, organizzazioni per far sentire la propria voce è senz'altro un modo molto efficace di dare a Cesare quel che è di Cesare per prima cosa. E inoltre è un modo per ottenere più diritti.
Condividere la propria esperienza con altri permette di rendersi conto che si tratta di un problema epocale e collettivo. Di fronte a un'emergenza che non dipende da noi è inutile stracciarsi le vesti e piangere sull'inesistente latte versato . Sarebbe come sentirsi dei falliti perchè si è dei terremotati.
E possibile e comprensibile che ci si possa sentire così, ma ,poichè non è d'aiuto e può solo complicare le cose, è necessario fare tutto il possibile per riuscire a vedere questo problema in modo realistico , per quello che è, al di là dell'emotività.

Calymero
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Re: Combattere la depressione da non-lavoro

Messaggio da Calymero » domenica 4 marzo 2012, 12:21

Ciao Barbara, è interessante questo spunto, con me tocchi un nervo scoperto.
Anch’io sono stato colpito da uno stato depressivo quando ho perso il lavoro e purtroppo ho constatato che il peggio arriva quando, nonostante una laurea costata sacrifici e diversi anni di gavetta alle spalle, dopo aver inviato decine di curriculum, risposto ad innumerevoli annunci, fatto il giro di agenzie e di aziende, ecc. nessuno ti chiama neanche per un lavoro non qualificato, a quel punto subentra una sorta di sensazione di inettitudine ed impotenza di fronte a qualcosa di più grande di te che non sei in grado di contrastare. Almeno a me succedeva che facevo fatica a mandare giù il fatto che nonostante i propri sforzi, intorno a me non si smuovesse niente, ti fa sentire come invisibile.
Forse dipende anche dalla sensibilità delle persone, ma è evidente che essere chiamati per uno o più colloqui e trovare lavoro a stretto giro influisce sulla propria autostima molto di più di non avere successo. Anche se effettivamente non dipende da noi (puoi essere qualificato quanto ti pare, di fatto è il periodo che è nero), forse finiamo col percepirlo inevitabilmente come un fallimento personale, e ovviamente come tu dici associarsi questa etichetta non è di alcun aiuto.
Ora c’è da dire che le difficoltà per inserirsi nel mondo del lavoro spesso prescindono dallo stato di crisi che viviamo attualmente. Per esempio dalle mie parti (centro Italia) è molto diffusa la logica della raccomandazione e del lavoro per conoscenza, e ho visto diverse persone che conosco sistemarsi grazie a questi mezzi. Di fronte ad una situazione del genere le cose si complicano, perché si ha l’impressione di combattere costantemente una guerra ad armi impari. Ma su questo punto non mi soffermo oltre, andrei sicuramente OT.
Si tratta di aspetti assolutamente trasversali, ma se provo a leggerli in chiave gay direi che forse queste sensazioni si acuiscono quando teniamo lontani dalla nostra esistenza i sentimenti e buttiamo buona parte o tutte le nostre energie esclusivamente sul lavoro, dandogli una forte connotazione di obiettivo di autodeterminazione personale. E comunque, molto più semplicemente ed oggettivamente, bisogna pur sempre campare ed ottenere un’indipendenza economica, per cui spesso la si vive come una meta necessaria e propedeutica per raggiungere altri obiettivi personali.
Io adesso un lavoro ce l’ho, non è una soluzione idilliaca poiché non guadagno granché, non mi piace e tendo ad essere sfruttato, ma qui subentra la riflessione di Project: meglio lavorare che non lavorare affatto! Con questi chiari di luna è grasso che cola, anche se non smetto mai di guardarmi intorno.
Come fare per evitare di essere preda di tale depressione quando siamo disoccupati? Prima di tutto, mai demordere: bisogna perseverare con molta pazienza e provare più canali. Per esperienza personale posso dire inoltre che se ci si lascia sopraffare dalla passività, questa richiamerà altra passività, innescando un circolo perverso. Secondo me la cosa importante è quella (per quanto difficile sia) di adoperarsi per non farsi trascinare dalla corrente: evitare di stare a casa sul divano a fissare il vuoto ed aspettare, ma sfruttare il tempo libero che abbiamo insolitamente a disposizione per attività che impegnino il nostro corpo e la nostra mente, di qualunque tipo. Magari anche ricominciare a studiare ed aggiornarsi. Solo dopo aver ritrovato un lavoro che ti fagocita alla grande e non ti dà neanche il tempo di respirare ti rendi conto di quanto prezioso fosse quel tempo a disposizione. Infine, se ci sono le condizioni per farlo, guardare oltre e riflettere eventualmente sul trasferirsi ex-novo in una città o zona che offrano più opportunità di lavoro. Di certo è una soluzione più drastica, ma può essere legata ad un progetto di vita oltre che di lavoro altrove.
A Milano che aria tira? :mrgreen:
Un caro saluto.

barbara
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Re: Combattere la depressione da non-lavoro

Messaggio da barbara » domenica 4 marzo 2012, 12:27

Bentornato! Hai offerto un sacco di spunti alla discussione , Calymero!
A Milano che aria tira? Una brutta aria, come altrove. Forse qualche opportunità in più perchè ci sono più aziende , ma c'è anche molta più gente che cerca lavoro. Come tu stesso dici, cercare lavoro E' un lavoro. Organizzarsi bene ed essere costanti non è facile ,ma è necessario se si vuole avere qualche chance .

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Sciamano
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Re: Combattere la depressione da non-lavoro

Messaggio da Sciamano » venerdì 9 marzo 2012, 17:31

Avere un lavoro dovrebbe significare occuparsi di un qualche bisogno o problema della società. E' paradossale che si debba sgomitare tanto e lottare tanto, anche per diversi anni, senza trovare lavoro. Si cerca di inserirsi in qualche modo, quando dovrebbe accadere l'opposto: avere un elenco di cose che serve fare in società e scegliere a quale dedicarsi. E' una situazione che si vive in cui passa un forte messaggio implicito: "ci sono troppe persone nella società".

Questo viene avverito come un "sarebbe meglio non essere nati", una persona che è già un po' giù di morale, viene investita da questo senso di eccedenza, andare in depressione lo credo bene che colpisce tanti giovani. Senza contare il problema delle pensioni, il precariato, e cose che a scuola e all'università non sono oggetto di nessuna lezione, una sorta di tabù per evitare di scoraggiare troppo nei confronti della nostra società sempre più piena di problemi.

Per di più, spesso si fa un pessimo orientamento lungo gli studi, fortunatamente molti hanno le idee chiare, ma non pochi non sanno bene cosa fare, e questo si scontra comunque con il dover "prendere quello che c'è", annullando l'individuo ad un essere che deve per lo più sopravvivere in mezzo a tante avversità. E' molto deprimente, non mi piace questa società e purtroppo di mio mi sento molto disadattato, il ché complica l'intero quadro. Conosco almeno altri 4 ragazzi con una situazione molto simile e certamente pesante connessa a questo genere di problemi.
Cercare la felicità rispettando gli altri, sarebbe una grande conquista per l'umanità!

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