Corte Europea: giusto licenziare chi discrimina l'utente gay

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barbara
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Corte Europea: giusto licenziare chi discrimina l'utente gay

Messaggio da barbara » mercoledì 16 gennaio 2013, 19:33

Il titolo è un po' sintetico ; la notizia è un po' più articolata.
Veniamo ai fatti : Quattro cittadini inglesi hanno fatto appello alla Corte , ritenendo che, per motivi diversi,fosse stata lesa la loro libertà religiosa.
A noi interessano due di questi casi : un'impiegata comunale e uno specialista di terapie sessuali e di coppia.
La prima, Lil­lian Ladele, ad­det­ta ai re­gi­stri pub­bli­ci si era ri­fiu­ta­ta di uf­fi­cia­liz­za­re una relazione omo­ses­sua­le perché con­tra­ria alla sua fede or­to­dos­sa. Invece Gary Mc­Far­la­ne aveva trat­ta­to le coppie gay diversamente da quelle etero nel suo lavoro di coun­sel­lor presso il centro "Relate".
Entrambi i comportamenti , contrari alle leggi britanniche a tutela dei diritti civili, hanno comportato una sanzione per la donna e addirittura il licenziamento del counsellor da parte del datore di lavoro.
Essi si erano quindi rivolti alla Corte Europea ritenendo di essere stati ingiustamente limitati nella manifestazione della loro religione. Ma la Corte Europea ha dato loro torto, ritenendo che l’espressione religiosa non possa in alcun modo ledere i diritti altrui e giustificare comportamenti di fatto discriminatori.
Per quanto riguarda il caso del counsellor Gary McFarlane , la Corte ha ritenuto legittima la decisione del suo datore di lavoro, l’istituzione “Relate” , che a suo tempo licenziò il professionista. McFarlane per i seguenti motivi: in quanto membro del British association for sexual and relationship therapy egli era soggetto al rispetto di un codice etico che gli imponeva di “rispettare l'individualità dei Clienti e colleghi con riguardo a differenze come religione, genere, età, credenze, orientamento, sessualità e disabilità”.
Il codice etico ammoniva anche i propri membri nel vigilare sui propri pregiudizi e stereotipi , evitando impatti nella relazione terapeutica .
Inoltre G. McFarlane si era assunto con il datore di lavoro analogo impegno di non discriminazione nel trattamento dei pazienti, che doveva essere garantito a tutti i pazienti .
Tuttavia emerse che il professionista non era intenzionato a offrire consulenza in merito agli aspetti sessuali delle coppie omosessuali , poiché ciò configgeva con il proprio credo religioso. Pur essendo in grado di garantire la consulenza alla coppia in altri campi , tale limitazione fu considerata dal datore di lavoro incompatibile con le regole contrattuali e con la necessità di garantire un'equa fruizione dei servizi a tutti i clienti.
Come dichiarato da “Relate” : “la sentenza supporta pienamente la nostra opinione che il signor McFarlane era in violazione dei termini concordati con l’azienda e delle condizioni di lavoro. Per Relate, l’intenzione è stata sempre quella di proteggere il diritto che ha ogni cliente di ricevere una terapia in linea con i nostri obiettivi di assistenza e consulenza imparziale ed empatica. Relate rispetta la fede religiosa e la diversità del suo personale, nonché dei propri clienti, indipendentemente dall'età, sesso, razza, disabilità, credenze religiose, stato di relazione o orientamento sessuale.”
La sentenza costituisce un precedente che afferma un principio assai scomodo: un lavoratore non può invocare una sorta di "obiezione di coscienza" quando i propri doveri professionali entrano in conflitto con le proprie convinzioni , limitando il diritto degli utenti a ricevere il servizio per cui è pagato. Secondo la Corte i valori religiosi non sono un motivo più importante di altre convinzioni personali , al punto da influenzare le leggi dello stato e ledere i diritti civili.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che sarebbe bastato esonerare i due dipendenti da certe mansioni, ma allora perchè non esonerare il medico testimone di Geova dalle trasfusioni , il cuoco musulmano dal cucinare maiale in una mensa , il funzionario comunista dall'applicare una legge fatta da un partito di destra o la psicologa femminista dal prendere in terapia un uomo maschilista?
La questione è delicata poichè dirimere sulle libertà non è mai facile. Si tratta inoltre di un caso che farà discutere, tanto più perché applicabile in futuro a situazioni analoghe in tutti gli altri paesi U.E.

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