"Ho un problema"

Solitudine, emarginazione, discriminazione, omofobia...
Rispondi
Blood
Messaggi: 41
Iscritto il: venerdì 12 marzo 2010, 23:54

"Ho un problema"

Messaggio da Blood » venerdì 2 maggio 2014, 5:48

"ho un problema"
"dimmi"
"mi è accaduta una cosa"
"che cosa?"
"è grave. Mi è successa."
"parlarne ti potrebbe aiutare, sono qui se vuoi"
"non posso mi dispiace. Non voglio pensarci"
"perché non puoi?"
"non posso. Mi dispiace ma di più non posso dire"
"ma raccontare o sfogarti con qualcuno può farti trovare una soluzione"
"non può funzionare io sono diverso"
"ma essere gay non significa essere diversi"
"ma io sono bisex, metà e metà, è diverso. E comunque non centra la mia sessualità. Sono felice così come stanno le cose. Mi sono accettato e mi basta"
"allora cosa non va?"
"non posso dirti di più scusami. non voglio pensarci e nessuno deve sapere"
"..."

--------------------------------------------------------------------------

Premettendo che non è un copia e incolla, questa simil-discussione tra due persone è frutto della mia fantasia.
Potrebbe essere un argomento distorto, forse senza senso, ma è una situazione che con parole o atteggiamenti diversi (alcune volte sono così diversi che può non apparire nemmeno il messaggio di aiuto) mi è capitato di vedere e/o sentire abbastanza spesso.
E' una mia riflessione personale, può essere errata, corretta o inutile. Volevo solo condividerla.

E' uno dei tanti ma pochi momenti ove la propria esperienza personale, il proprio bagaglio culturale sembrano non servire nulla.
Non si trovano risposte e forse ci si inizia a chiedere se la persona che ha chiesto un aiuto vuole delle risposte. E allora se non le vuole perché si è rivolto a qualcuno? E' una ricerca di aiuto e spera di trovare una soluzione attraverso l'altra persona? Spera forse che l'altra persona faccia una ricerca approfondita sul problema, lo capisca e trovi una soluzione al posto suo? Se le cose stanno così allora vuol dire che si sente impotente, che ha bisogno di una mano, ma perché rifiutarla? Forse affrontare il problema è troppo difficile, meglio fare finta di nulla. Ma come far finta di nulla se ci pensi sempre? E se non ci pensi hai la sensazione che qualcosa ti rincorra. Ti guardi attorno e vedi tante mani, non sai quale prendere e non sai cosa potrebbe accadere. Ma ciò vuol dire fermarsi, non volere cambiamenti, ma continui a muoverti lasciando delle briciole, sperando che qualcuno le segua. Ma sai bene che nessuno può seguirle, non le hai lasciate ordinate, non indicano una strada, dicono solo che sei passato.
L'unica cosa che sembra fare è chiudere quell'IO che ogni tanto, come un rubinetto che perde, tende a far scivolare qualcosa. E più passa il tempo più vede lontano quel momento, quel problema, eppure più passa il tempo più inizia a pensare che non ci sarà mai soluzione.

SALUTI
BLOOD


P.S. Potrei aver sbagliato sezione. Chiedo pardon nel caso fosse così.

875
Messaggi: 390
Iscritto il: lunedì 27 febbraio 2012, 4:37

Re: "Ho un problema"

Messaggio da 875 » venerdì 2 maggio 2014, 8:50

X
Ultima modifica di 875 il domenica 26 gennaio 2020, 19:51, modificato 1 volta in totale.

barbara
Utenti Storici
Messaggi: 2864
Iscritto il: mercoledì 14 aprile 2010, 9:22

Re: "Ho un problema"

Messaggio da barbara » venerdì 2 maggio 2014, 9:28

Bentornato Blood! Interessante spunto di riflessione il tuo! Mi sembra che tu ponga due domande : perché ciò accade e cosa fare .
Alla prima non è facile rispondere perché le motivazioni sono differenti da persona a persona e spesso sono anche poco chiare alla persona stessa.
Questo dire e non dire rivela un conflitto fra due istanze opposte, ma quali sono questi opposti?
Posso fare degli esempi:
vorrei sfogarmi, ma penso che non servirà a nulla
vorrei sfogarmi, ma non posso raccontare quello che vivo perché danneggerei qualcuno
vorrei sfogarmi, ma verrei giudicato perché nessuno può capirmi
vorrei sfogarmi , ma penso che se inizio a parlare starò così male a pensare al mio problema che peggiorerei le cose.
Vorrei sfogarmi, ma ci sono altre persone coinvolte che potrebbero prendersela con me
Vorrei sfogarmi , ma sono minorenne e temo che i miei genitori vengano informati.
e via dicendo
Noi diamo un po' per scontato che queste preoccupazioni siano false e che parlare faccia comunque bene. Ma in effetti non è così. Ci sono circostanze in cui parlare non aiuta , magari perché non è il momento oppure perché bisogna trovare la persona giusta per farlo.
Ammettiamo che una persona debba confessare un delitto che ha commesso, come può parlarne con un amico?
Quindi cosa fare? innanzitutto è poco utile fare pressioni perchè l'altro parli. Non serve e anzi fa allontanare l'altro, che potrebbe pentirsi di aver detto anche quella piccola parola in più.
Semmai si può manifestare all'altro la propria disponibilità a parlare quando se la sentirà. Si può anche chiedergli : c'è un altro modo in cui posso aiutarti?
Magari andare insieme a fare una passeggiata parlando del più e del meno è un modo alternativo di aiutarlo che lui può accettare.
Si potrebbe anche cercare di capire meglio cosa significa "nessuno deve sapere", commentando con una domanda del tipo. "pensi che se tu svelassi il tuo segreto ti accadrebbe qualcosa di male?"
Se questo amico è disposto a spiegare di cosa ha paura, gli si potrebbe dare dei suggerimenti differenti. Esempio se la paura è che il segreto venga divulgato, potrebbe parlarne con uno psicologo che è tenuto al segreto professionale. Se la paura è che possa andare incontro a dei guai perché ha fatto qualcosa di sbagliato, allora potrebbe parlarne con un avvocato.
Ad ogni modo penso che se quella persona vi sta dicendo queste cose, è segno che vi stima e che la vostra amicizia gli è di conforto. Non sottovalutate i molti altri modi in cui potete essere di aiuto oltre il parlare.
Spero di aver dato qualche spunto utile per questa bella discussione. :)
A presto Blood ;)

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5950
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: "Ho un problema"

Messaggio da progettogayforum » venerdì 2 maggio 2014, 11:43

Questa è una discussione serissima e ringrazio Blood per averla avviata. Mi è capitato più volte che delle persone mi abbiano cercato ma poi ogni tentativo di dialogo abbia portato solo ad incomprensioni anche pesanti e qualche volta a momenti di aggressività esasperata, in pratica il confronto appariva impossibile o troppo teorico e vago, ance se la tensione si percepiva molto forte, come il senso finale di delusione. Però, poi, nonostante tutto, qualche forma di confronto e magari di scontro e di incomprensione continuava nel tempo e magari ci si diceva addio in modo definitivo sottolineando che non c’era proprio niente da dirsi, anche se poi, a distanza di tempo, il dialogo-scontro riprendeva e mai in forma banale.
Siamo abituati a ragionare in termini di causa e di effetto, ma si tratta di categorie del tutto inappropriate quando si tratta di disagio inespresso, qualsiasi sia la ragione per cui resta inespresso, spesso il cosiddetto problema da risolvere è legato a un malessere complesso che non ha nessuna motivazione in particolare ma deriva da una vita che non è gratificante da molti punti di vista, nessuno dei quali di per sé condizionante, ma il complesso della concause basta a determinare il malessere.
Mi viene spesso in mente che gli animali non parlano e forse non ragionano in termini di causa ed effetto ma percepiscono la presenza e la cura verso di loro da parte di altri animali o di persone. Noi tutti abbiamo alla base qualcosa di irrazionale e di inesprimibile e anche per noi, come per gli animali, la presenza e la cura verso di noi da parte di altri individui (e anche di animali) è capace di attenuare molto gli stati di malessere. Esserci ha un senso anche se non si risolvono i problemi.

Totoro
Messaggi: 114
Iscritto il: martedì 3 luglio 2012, 4:01

Re: "Ho un problema"

Messaggio da Totoro » sabato 3 maggio 2014, 13:53

Boh... nel tuo dialogo immaginato io ci leggo una persona in preda ad una forte emozione che non vuole o può affrontare ed una persona che per sue motivazioni egoiste la vuole a tutti i costi aiutare. Poi ci sta che canno, è una lettura prettamente immaginativa/empatica.

Cioè, mi spiego meglio, dato che così ha una nota negativa che non intendo assolutamente. Ribalto la questione, non c'è tanto da capire per quale motivo l'altro non si fa aiutare, ma il motivo per cui si vuole aiutare l'altro. Siccome non esiste una divisione netta, e le nostre motivazioni influenzano in una certa misura l'interlocutore dipendentemente dai casi. Ci sta che un eccessivo desiderio d'essere utili venga recepito come malsana curiosità. E se vedere il proprio aiuto rifiutato ci genera frustrazione, allora c'è da chiedersi non tanto perché sia stato rifiutato quanto perché ci dispiace, e se ci dispiace per la condizione altrui o per la nostra.

Senza voler offendere nessuno, chiedersi perchè l'altro non si fa aiutare è una cosa legittima ma "sciocca". La sola risposta certa è "non lo so" e forse non lo sa neppure lui. Il resto sono solo supposizioni, ed allora sarebbe più utile interpellare il diretto interessato. Chiedersi perchè si vuole aiutare l'altro invece é una domanda a cui si può dare una risposta che non è scontata come sembra.
 


"La capacità di stare da soli è la capacità di amare. Può apparirti paradossalle, ma non lo è. E' una verità esistenziale: solo le persone in grado di stare da sole sono capaci di amare, di condividere, di toccare il nucleo più intimo dell’altra persona, senza possederla, senza diventare dipendenti dall’altro, senza ridurla a un oggetto e senza diventarne assuefatti."

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5950
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: "Ho un problema"

Messaggio da progettogayforum » sabato 3 maggio 2014, 18:24

Quello che scrive Totoro è verissimo e, tra l'altro, perfettamente in linea con il brano che lo stesso Totoro ha adottato come firma.

Blood
Messaggi: 41
Iscritto il: venerdì 12 marzo 2010, 23:54

Re: "Ho un problema"

Messaggio da Blood » martedì 6 maggio 2014, 17:13

Ringrazio tutti voi per aver condiviso la vostra opinione.
Le mie risposte potranno apparire inconcludenti o contraddittorie ma non esiste una risposta esatta a questo argomento solo pareri, che io sto cercando di sfruttare per farne tesoro e riuscire a imparare e migliorare.
(E' un po lungo ._. chiunque si prende la pazienza per leggere beh.. se ne prenda tanta XD)
Allora inizi a cercare qualcuno con cui confidarti perché come persona e carattere è come te e lì le botte in faccia (astratte) finché non la trovi. Poi eccola, si inizia a parlare, ti capisce e scarichi ma c'è qualcosa che non si considera: essere comunque diversi e alla fine diventa un po di gomma il rapporto e allora capisci che è meglio star calmi perché sai di poter saldare l amicizia parlando di mille cose!
Poi comunque le strade si separano, desideri e progetti diversi ma i contatti rimangono e cerchi l aiuto professionale e arriva un aiuto "in parte" ma hai ancora da lavorare e trovi un gruppo con cui lavorare e confrontare questo malessere che colpisce tanti e tutti lo risolvono in modo diverso!
Ma ci sono le situazioni di stallo, dove ancora ti chiedi perché tutto ciò ma riesci a risponderti che è la vita così, non puoi farci niente, chi riesce e chi no, nel suo contesto.
Però non vuoi mollare perché pensi che qualcosa si stabilizzi, che sia un trampolino creato da te che ti fa passare a un piano superiore e poi ti accorgi che mancano altri elementi non poco irrilevanti, insomma qualcosa si è costruito ma sotto c'è il vuoto.
Se non puoi mollare allora non ci si ferma alla frase "la vita è così". Sai che puoi farcela, sai che da qualche parte qualcosa c'è che ti possa aiutare, che esiste una strada da intraprendere, un indizio. Continui a brancolare nel buoio ma la speranza non muore e con te nemmeno la forza. Forse ti pieghi, ti siedi e attendi per un po, ma si è troppo abituati a tentare di trovare una soluzione, "dopo tanta strada perché mai mollare?".
In questo caso il mio pensiero potrebbe essere errato: non sei te che lasci le briciole in cerca di qualcuno che ti trovi, ma sei te in cerca di briciole nella speranza di trovare qualcuno.
Posso fare degli esempi:
vorrei sfogarmi, ma penso che non servirà a nulla
vorrei sfogarmi, ma non posso raccontare quello che vivo perché danneggerei qualcuno
vorrei sfogarmi, ma verrei giudicato perché nessuno può capirmi
vorrei sfogarmi , ma penso che se inizio a parlare starò così male a pensare al mio problema che peggiorerei le cose.
Vorrei sfogarmi, ma ci sono altre persone coinvolte che potrebbero prendersela con me
Vorrei sfogarmi , ma sono minorenne e temo che i miei genitori vengano informati.
e via dicendo
Le tue frasi, il tuo antefatto mi fanno pensare a un'altra frase:
vorrei sfogarmi, ma sono sicuro di sapere cosa dire? Di comprendere?
In questo caso una persona non è alla ricerca di uno che lo segua o lo capisca e nemmeno di qualcuno da seguire, ma ricerca il proprio IO. Una motivazione o una spiegazione. Forse quella persona chiede aiuto e poi si blocca semplicemente perché sa solo che c'è qualcosa che non va. Non comprende e ciò amplia immensamente una visione più tetra e oscura, che non gli permette di vedere al di la di un certo limite, un po come la zona sicura del bambino: tenta di esplorare, di capire e di imparare ma quando si accorge che il luogo è troppo ostico per esso/a ritorna al riparo, nell'unica zone illuminata che conosce.
Quindi cosa fare? innanzitutto è poco utile fare pressioni perchè l'altro parli. Non serve e anzi fa allontanare l'altro, che potrebbe pentirsi di aver detto anche quella piccola parola in più.
Semmai si può manifestare all'altro la propria disponibilità a parlare quando se la sentirà. Si può anche chiedergli : c'è un altro modo in cui posso aiutarti?
Magari andare insieme a fare una passeggiata parlando del più e del meno è un modo alternativo di aiutarlo che lui può accettare.
Ci sarebbe il rischio di riportarlo in uno status di veglia, ove non pensa più alle sue problematiche, se le scorda, interrompendo la ricerca, il che può essere un bene per evitare di cadere in un baratro nero.
Vero che fare pressioni a nulla porta se non far sentire quella persona più soffocata e quindi con la reazione di un allontanamento.
La passeggiata può essere un motivo di relax, di riflessione e soprattutto di CONFORTO.
Siamo abituati a ragionare in termini di causa e di effetto, ma si tratta di categorie del tutto inappropriate quando si tratta di disagio inespresso, qualsiasi sia la ragione per cui resta inespresso, spesso il cosiddetto problema da risolvere è legato a un malessere complesso che non ha nessuna motivazione in particolare ma deriva da una vita che non è gratificante da molti punti di vista, nessuno dei quali di per sé condizionante, ma il complesso della concause basta a determinare il malessere.
Se questo malessere è dovuto a molteplici cause che insieme determinano questo atteggiamento/sentimento perché non tentare di elaborarli frammento per frammento. Che sia impossibile distinguere un "disturbo" da un altro che impedisce l'osservazione e la risoluzione?
Eppure se il problema deriva da una vita non gratificante c'è la causa e anche l'effetto. L'unico problema è trovare il collegamento tra i due.
Mi viene spesso in mente che gli animali non parlano e forse non ragionano in termini di causa ed effetto ma percepiscono la presenza e la cura verso di loro da parte di altri animali o di persone. Noi tutti abbiamo alla base qualcosa di irrazionale e di inesprimibile e anche per noi, come per gli animali, la presenza e la cura verso di noi da parte di altri individui (e anche di animali) è capace di attenuare molto gli stati di malessere.
Apro una parentesi, ma ho sempre avuto un debole per gli animali, il loro sguardo, soprattutto quello dei cani (e ovviamente il mio) mi hanno sempre dato un senso di conforto nei momenti complicati. Hanno un qualcosa, il mio cane ha un qualcosa negli occhi, che forse non ho ancora trovato in nessuno, forse in uno o due persone. Fine della parentesi (un saluto alla mia cagnolina! XD)
Poi ci sta che canno, è una lettura prettamente immaginativa/empatica.
Tutto ciò che ho scritto anche io è una lettura prettamente immaginativa/empatica quindi tranquillo ù.ù
La tua risposta mi ha fatto riflettere poiché scrivendo questo post non ho pensato assolutamente alla controparte, cioè l'ascoltatore o colui che vuole dare una mano.
Nel caso leggerai la mia risposta avrai notato che in parte ho "riciclato" i tuoi pareri nelle righe precedenti per poter comprendere al meglio anche ciò che io ho scritto.
Chiedersi perchè si vuole aiutare l'altro invece é una domanda a cui si può dare una risposta che non è scontata come sembra.
E' molto difficile porsi la domanda stessa perché vorrebbe dire fare una ricerca interiore per niente facile che potrebbe aprire vari cesti chiusi, col rischio che qualcuno potrebbe non portare risposte positive.

SALUTI
BLOOD

Rispondi