IPOCRISIA E MORALISMO DOPO LA CONDANNA DI OSCAR WILDE

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IPOCRISIA E MORALISMO DOPO LA CONDANNA DI OSCAR WILDE

Messaggio da progettogayforum » giovedì 29 dicembre 2016, 15:54

Riporto qui di seguito, in mia traduzione, due lettere di lord Alfred Douglas ai giornali, che completano il discorso sul processo contro Oscar Wilde, contenuto in “Uranismo e Unisessualità” di Raffalovich. Si tratta di due documenti molto diversi.

La prima lettera, inviata al Giornale di Le Havre, esprime lo sconcerto di lord Alfred non tanto per le offese delle quali era stato fatto oggetto, quanto per il fatto che altre bravissime persone del tutto innocenti erano state coinvolte dal giornale in pettegolezzi che potevano rovinare loro la vita. Lord Alfred aveva preso in affitto uno yacht con due marinai, coi quali aveva fatto spesso uscite in mare, come era d’uso per i ricchi villeggianti in città. Uno dei due marinai era stato oggetto di maldicenze e di sospetti da parte del giornale e questo fatto aveva generato la reazione piccata di lord Alfred.

La seconda lettera (il cui originale deve essere stato in Inglese) è un atto di accusa di lord Alfred nei confronti del padre, il marchese di Queensberry, additato dai giornali come tutore della morale e della famiglia e presentato da lord Alfred in una luce completamente diversa. Il padre contestò fortemente una scelta di uno dei suoi figli, lord Sholto Douglas, che aveva permesso alla moglie di firmare un contratto che prevedeva la sua comparsa sulle scene teatrali negli Stati Uniti.

Lord Alfred, fa un elenco delle cifre tornate nella tasche del marchese di Queesnberry, a seguito della revoca della concessione delle rendite ai figli e alla moglie (madre di lord Alfred), revoche motivate tutte pubblicamente dall’indegnità dei figli e della moglie, ma con ogni probabilità anche e soprattutto da ragioni economiche. In buona sostanza il moralismo aveva fruttato a lord Queensberry 41.250 franchi l’anno, una cifra veramente enorme. Lord Alfred invita a porsi domande sulle vere ragioni di sdegni morali così redditizi.

Ma veniamo alle lettere di lord Alfred.
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Lettera di Alfred Douglas a un giornale di Le Havre.

1° Agosto, Boulevard François I° n. 66 – Le Havre

Signori,

Ho appena letto sul vostro giornale le cose insultanti che avete scritto su di me. Per me, che ho già tanto sofferto, non cambia assolutamente nulla se un piccolo giornale di provincia mi accusa di tutti i crimini che si possono immaginare; ma per il mio piccolo marinaio, questo povero innocente, e per i suoi amici, altre brave persone, di cui voi parlate con leggerezza, deve essere molto diverso.

Osservo, Signore, che ho preso in affitto un piccolo yacht e ho assunto un marinaio, e ho anche fatto con questo yacht, con questo marinaio e con uno dei suoi compagni e con molti pescatori di Le Havre, che di solito accompagnano gli stranieri, molte uscite in mare; è questa forse una ragione per insultare e sporcare, non dico me, ma questi altri vostri concittadini.

Per me è anche troppo evidente che tutti hanno il diritto di insultarmi e di ingiuriarmi perché sono l’amico di Oscar Wilde.

Ecco il mio crimine, non il fatto che sono stato suo amico ma che lo sarò fino alla sua morte (e anche dopo, se Dio vorrà). Ebbene, Signore, non fa parte del mio sistema morale abbandonare un amico o rinnegarlo anche se questo amico è in prigione o all’inferno.

Forse mi sbaglio, ma in ogni caso preferisco consultare la mia coscienza che quella del Giornale di Le Havre.

Vogliate gradire, Signore, i miei complimenti e le mie scuse per gli errori che senza dubbio ho commesso in una lingua straniera.

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Lettera di Alfred Douglas al direttore del giornale

Villa Cazo, Capri, dicembre 1895.

Caro Signore,

Vedo, nel giornale del 2 dicembre, un paragrafo nel quale voi dite che mio fratello, lord Sholto Douglas, ha firmato un contratto per sua moglie, che prevedeva che comparisse su una scena americana.

Voi citate il fatto che mio padre, il marchese di Queensberry, è molto contrario a questo contratto. I rapporti in cui mi trovo con mio padre non sono tali che lui mi permetta di scrivergli o di comunicare direttamente con lui; ma potrei io affermare, nelle colonne del vostro giornale, a lui e al mondo in generale, che, se disapprova l’azione di mio fratello, lord Sholto, ha un rimedio molto semplice?

Mio padre è molto ricco e la sua sollecitudine per l’onore della sua famiglia, - una delle più antiche e più nobili d’Europa, - è stata appena manifestata al mondo dalla sua condotta verso di me. Così grande era il suo rispetto dell’onore della sua famiglia e così grande l’amore della virtù e della purezza, che non ha esitato a rovinare per sempre e a cacciare dall’Inghilterra, me, suo figlio.

Ma i suoi nobili sforzi per la virtù e l’onore non si sono fermati a questo punto; il suo cuore paterno già afflitto dalla miseria, dalla disgrazia e dalla rovina di suo figlio, aveva ancora in serbo altre prove da affrontare. E lui ha ritenuto necessario togliere a questo figlio il denaro che gli aveva precedentemente destinato, 350 sterline l’anno.

Dopo di ciò si sarebbe potuto credere che il suo sacrificio fosse completo e che lui avrebbe potuto starsene tranquillo; ma quelli che hanno ragionato così conoscevano solo superficialmente le profondità dell’abnegazione di cui quest’uomo splendido era capace.

Mio fratello, lord Douglas di Hawick, che mi ha appoggiato durante il mio processo e che si è permesso di fare delle rimostranze a mio padre a proposito della rovina che portava su suo figlio, si è visto, anche lui, privato della sua rendita di 500 sterline l’anno.

Mia sorella e mia madre, di cui lui è il marito divorziato, sono state le sue vittime successive. 300 sterline all’anno sono state tolte all’una e 500 all’altra. Questa ultima somma era quanto lui dava a mia madre in più di quello che era obbligato a pagarle per legge.

Pover’uomo! Quanto ha dovuto soffrire! Quanto deve avere sofferto il suo cuore gentile quando ha fatto tornare nelle sue tasche questa somma, 1.650 sterline, o 41.250 franchi all’anno. La storia non offre un caso analogo di un nobile sacrificio di sé per la causa della virtù.

Non dico di Bruto: che ha fatto ammazzare suo figlio perché quello aveva trasgredito una norma la cui sanzione era la morte. Lord Queensberry ha esteso la sua responsabilità morale sulla famiglia intera del suo figlio delinquente.

Ora, ecco quello che propongo: che lord Queensberry assicuri a lord Sholto Douglas la metà del denaro che ha tolto a sua moglie e agli altri suoi figli, e questo premetterebbe a mio fratello di nutrire sua moglie, di vivere come un gentiluomo e di essere completamente indipendente dal teatro americano, mentre lord Queensberry sarebbe ancora più ricco di 825 sterline (29.625 franchi all’anno) rispetto a prima della sua crociata contro di me e contro il mio amico Oscar Wilde.

Se trovate la mia lettera di un interesse sufficiente a farla stampare, siate così gentile di farla tradurre in Francese, perché ho scoperto che la “cortesia” proverbiale della Francia non impedisce ad un giornale come Le Figaro di lamentarsi degli errori fatti da uno straniero che scrive in Francese.

Con tutte le mi scuse per la lunghezza di questa lettera.

Ho l’onore di essere, caro Signore, vostro obedientissimo servitore.

Alfred-Bruce Douglas

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