Io,i miei,il mio presente...

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candido
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Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da candido » martedì 2 aprile 2013, 19:16

[Il post è un po' lungo,perdonatemi]

Gay e famiglia
Ho 23 anni e se c'è buio non chiamo certo più mamma e papà. Ma la famiglia per me è stata importante,un'isola serena dove poter essere me stesso e avere sostegno.
Mi è sembrato scontato,quindi,pensare di dire alla mia famiglia della mia omosessualità,una volta realizzata(7-8 mesi fa).
Lo dissi subito a mia madre ma sbagliai il momento. Realizzare di essere gay mi era costato molto,avevo sofferto molto. E nel mio primo CO feci trasparire questo. L'omosessualità come causa di sofferenza,non certo il più bel messaggio da trasmettere.
Mia madre mi disse allora: ma è proprio necessario che lo sappiano tutti?
Adesso mi dice che dovrei rendere partecipe tutta la mia famiglia,che sarei accettato.
Ha ragione. Ma conosco il tipo di accettazione. L'accettazione legata al fatto che io sia loro figlio. La stessa comprensione che si ha per un figlio delinquente, malato, "sfortunato". L'ennesima eccezione alla loro morale e al loro modo di considerare l'omosessualità.
Ho capito che questo tipo di accettazione non mi serve. E che il bisogno di averli dalla mia parte deriva da un residuo di quel bisogno,infantile,di approvazione. Quello "stai facendo bene" che ti fa sentire nel giusto,che ti dà la forza di continuare.
Da loro non lo potrò mai avere. E forse è ora che non lo cerchi più.
Non riusciranno mai a vedere l'omosessualità nella sua normalità,nella sua naturalezza. Perciò renderli partecipi di tutto questo non ha più senso.Amen.

Cosa voglio?
Volevo una vita di successo. Speravo sempre che sarebbe arrivato il momento in cui avrei avuto una vita perfetta. Spesso senza neppure capire in cosa consistesse quella perfezione.
Dice Nietzsche che dal vaso di Pandora Zeus fece uscire tutti i mali,ma ne conservò uno affinchè l'uomo lo avesse sempre a portata di mano: la Speranza.
Penso si riferisca al fatto che la speranza ti faccia sopportare,tollerare il presente,anche quello che non va bene, illudendoti che il domani sarà migliore. La sofferenza ha un senso se passeggera,temporanea. E se si pensa che poi si starà meglio.
Ho smesso di sperare in una vita perfetta. E vorrei solo vivere la vita che mi ritrovo in maniera tranquilla, senza troppe ansie e preoccupazioni. Viverla per quello che è.
Accettarla per quello che è. Godere di quello che mi può offrire,ora.
Farlo non è facile,ma ci sto provando.

Di cosa ho bisogno?
Ho bisogno di accettazione,la mia.
Ho bisogno degli altri,di chi pensa che l'omosessualità sia normale,a prescindere che io sia gay o meno. Di chi mi vuol bene per quello che sono,e non per quello che credono o vogliono che io sia.
Ho bisogno di obiettivi,concreti,realizzabili. E di una motivazione.
Ho bisogno di vivere.

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Tom
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da Tom » martedì 2 aprile 2013, 21:37

Penso si riferisca al fatto che la speranza ti faccia sopportare, tollerare il presente, anche quello che non va bene, illudendoti che il domani sarà migliore. La sofferenza ha un senso se passeggera, temporanea. E se si pensa che poi si starà meglio.
Tutto il tuo post ma questo passaggio in particolare mi ha fatto ripensare al film di Roberto Faenza "Un giorno questo dolore ti sarà utile" tratto dall'omonimo romanzo di Peter Cameron (che io non ho letto). Penso che il film potrebbe piacerti e che il messaggio insito nel titolo sia molto bello. Lascio il link:

http://download46.com/film/commedia/277 ... liano.html
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(B.Russell)

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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da marc090 » martedì 2 aprile 2013, 22:18

[..]Accettarla per quello che è. Godere di quello che mi può offrire,ora.
Farlo non è facile,ma ci sto provando.
Non è proprio questa la trappola che evidenziavi? Non è proprio questo il risvolto più nero di quella speranza mal corrisposta? Dico.... Perché... sperare che i cambiamenti giungano dal nulla, se non siamo i primi ad attivarci per far si che tali cose accadano? Non è qualcosa di molto pericoloso, attendere che siano i cambiamenti a venirci incontro, così come sono e non attivarci invece, per ottenere quel che vorremmo?

Più che altro perché secondo me quest'ultimo fatto è la base della Speranza.. La consapevolezza di voler fare qualcosa, di non rinunciare a combattere e di lavorare per se... E sinceramente, penso proprio me la terrei ben stretta.
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
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candido
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da candido » mercoledì 3 aprile 2013, 0:41

@Tom, ti ringrazio per avermi consigliato questo film. Avevo un po' di tempo e l'ho visto stasera. Avevi ragione a pensare che mi sarebbe piaciuto :)
Fa riflettere su cosa sia la normalità,su cosa sia l'amore,su cosa sia la solitudine. O meglio, su cosa si intenda per normalità,amore e solitudine.
Mi fa anche pensare a quanto io in passato abbia provato a scimmiottare la vita degli altri, e quanto ancora mi ossessioni l'idea della normalità. Normalità nel vivere le varie esperienze della vita come anche nel vivere l'omosessualità.
La nonna Nanette in una scena dice che alla fine della propria vita si è sereni se si son fatte 2 cose: aver vissuto pienamente e aver saputo amare.
Ma queste due cose hanno un senso se considerate in base a ciò che noi crediamo che queste cose siano. Ho sempre pensato di non aver conosciuto l'amore. Eppure ora mi rendo conto di averlo toccato,di averlo provato. In una forma che è solo mia. E che per molti potrà anche non sembrare amore.

@Marc,la Speranza che voglio "combattere" è quel volgere passivamente e ciecamente lo sguardo al futuro,immaginandolo roseo e idilliaco, pur di non prendere atto della realtà e combattere quelle situazioni che producono sofferenza. Un voler sopportare il presente con i suoi malesseri e le sue sofferenze in nome di un futuro in cui tutto si immagina "magicamente" risolto. Il che si inquadra perfettamente nella visione cristiana della vita,nella quale son cresciuto,con la sua dicotomia terra-cielo,vita terrena-vita eterna,sofferenze-pace.
Son d'accordo che sia necessario combattere,agire,lavorare per se stessi..ma per farlo bisogna prima accettare il presente e non fuggire da esso sognando un futuro "paradisiaco". Che poi si torni a sperare in una nuova idea di futuro,inteso come frutto del nostro agire e delle nostre ambizioni, credo venga in un secondo tempo.
Un passare da una speranza passiva a una speranza attiva. Ma per farlo ci vuole tempo,Marc. E ancora ho bisogno di tempo.

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marc090
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da marc090 » mercoledì 3 aprile 2013, 15:02

Un passare da una speranza passiva a una speranza attiva. Ma per farlo ci vuole tempo,Marc. E ancora ho bisogno di tempo.
Quello che volevo dire fra le righe Candido, è che non importa il come... ad ognuno il suo, l'importante è farlo, sempre e comunque.. Non parliamo di qualcosa fine a stesso, parliamo di Noi, intesi come persone, intesi come mondo a se (in relazione a tutto il resto :)).. E non credo serva aggiungere altro :)
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
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Landon
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da Landon » mercoledì 3 aprile 2013, 21:35

Candido,che dire,penso che sia inutile dirti che mi ritrovo quasi pienamente in quello che scrivi.
candido900 ha scritto:conosco il tipo di accettazione. L'accettazione legata al fatto che io sia loro figlio. La stessa comprensione che si ha per un figlio delinquente, malato, "sfortunato".
Io non ho detto nulla ai miei della mia omosessualità anche se penso che qualcuno dubbio possano averlo. Quello che dici è verissimo: anche io non tollererei una sorta "di accettazione" da parte dei propri amici e,specialmente,dei propri familiari. Io voglio essere giudicato per quello che sono e non per quello che mi piace sessualmente. Purtroppo questa affermazione non risulta essere scontata per tutti quanti. Condivido la tua stanchezza nello sperare in un cambiamento di mentalità da parte dei nostri familiari o amici. Sono arrivato alla conclusione che sia giusto non curarmene più troppo in quanto è meglio lavorare su se stessi.
candido900 ha scritto: Speravo sempre che sarebbe arrivato il momento in cui avrei avuto una vita perfetta.
Penso che l'idea di una vita perfetta,fatta unicamente di sorrisi e di gioie,derivi dall'impostazione culturale della nostra società di massa. Tutti noi siamo cresciuti sotto le pubblicità subdole e,in particolare modo,mi riferisco alla Mulino Bianco. Mi ha sempre fatto un po' di inquietudine vedere quella allegra famigliola fare colazione amorevolmente ogni mattina. Come si può inculcare nelle persone queste idee subdole di perfezione? La società nella quale viviamo ci vuole omologati,facendoci tendere alla perfezione che mai raggiungeremo. Solamente liberandoci da queste false idee potremmo vivere con maggiore serenità la nostra vita.
candido900 ha scritto:Ho bisogno di accettazione,la mia.Ho bisogno di obiettivi,concreti,realizzabili. E di una motivazione.
Ho bisogno di vivere.
Forse ti avrò scritto in un altro post questa riflessione ma penso che senza una reale motivazione non si possa vivere. Anche io ho passato un periodo di annichilimento e di "corsa verso il nulla". Mi sono fermato,però. Ho provato ad entrare in contatto con le mie emozioni. Le ho sentite. Quella vaga sensazione d'essere intrappolato nell'apatia mi faceva stare male perché io non sono mai stato una persona così. Penso che sia normale passare dei periodi così ma sentivo il bisogno di riattivarmi. Quanto spesso tendiamo a rimandare cambiamenti necessari ma portatori di grande ansia e destabilizzazione? Io sono una persona alquanto abitudinaria e devo essere,quasi sempre,costretto a cambiare prima d'essere travolto dalla vita. Il cambiamento,però,va accettato come una costante nella nostra vita. Ho preso la decisione,contro il me stesso che trova sempre mille scuse per lamentarsi e,nel concreto,rimanere immobile,di dedicarmi ad un'attività che a me piace particolarmente,della quale mi ero privato anche un po' per paura. E' presto per tirare conclusioni ma penso che sia importante avere un qualcosa,un progetto nel quale credere realmente. Spendere le proprie energie ed il proprio "slancio vitale" in quella direzione. Sì,anche io ho bisogno d'accettazione. Però,forse,ho commesso un errore nella mia analisi di qualche mese fa. (Verso ottobre presi la decisione di chiudermi completamente in me stesso,evitando ogni tipo di cambiamento,per studiare,studiare e studiare. Pensavo che fosse necessario riflettere per me stesso). Il risultato di questa posizione è stato,da un lato positivo perché mi ha permesso di focalizzarmi su me stesso ma,dall'altro,mi ha fatto sprofondare in un'apatia enorme,spegnendo ogni tipo d'energia creativa. Ho analizzato,sviscerato per mesi la mia omosessualità. Inizialmente pensavo che fosse una chiara manifestazione di un rifiuto di Dio. Poi l'ho interpretata come una sfortuna,poi come una variante umana,poi come uno strumento di controllo per evitare il sovraffollamento umano e,infine,adesso la considero come una parte della natura stessa. Se Dio ha deciso di crearmi omosessuale,forse,ci sarà una razionalità in tutto questo che io,in quanto essere finito,non posso comprendere né mai potrò farlo. Adesso non cerco più una spiegazione logico-razionale perché non ne potrei mai avere la certezza assoluta. Forse è errata la concezione secondo la quale per accettarsi basta amare stessi. Forse è necessario anche entrare in relazione con gli altri,avere delle relazioni di amicizia e via dicendo.

Forse ho un po' deviato dall'argomento principale e mi sono concetrato troppo su me stesso ma ci tenevo a dirti che anche io faccio,e facevo,gli stessi pensieri. Il mio consiglio,per quanto blando possa essere,è quello di cercare un qualcosa in cui credere realmente e che possa farci del bene. (Scusami in anticipo per la presenza di errori grammaticali o di sviste ma non ho molto tempo per rivedere tutto il post :) ).

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candido
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da candido » mercoledì 3 aprile 2013, 22:37

Ciao Landon :)
La prima volta che ho provato attrazione per un ragazzo credo sia stato a 11,12 anni. Ma la presa di coscienza è avvenuta recentemente. E come dici tu è stato anche giusto e giustificabile a quel punto il fatto di essersi isolati e di aver voluto enfatizzare e centralizzare la questione dell'omosessualità per poterci capire qualcosa.
Ma al di là di questo,col tempo, vedo che sull'aspetto dell'omosessualità con gli altri,che siano amici o parenti, c'è e rimarrà sempre un muro,una divergenza nel pensiero e nel modo d'approccio. E non dico che la cosa non mi pesi,soprattutto per quegli aspetti di una vita sentimentale che mi manca come anche per quella naturalezza e spontaneità nelle relazioni che non posso avere. Ma mi rendo conto che la vita può essere anche altro,e che focalizzarsi su di un solo aspetto la può appiattire,la può rendere meno interessante. Quindi è tempo di andare avanti,credo.

Andare avanti vuol dire sicuramente tornare a studiare. Ma questo diciamocelo,è più un impegno,un dovere,una sorta di responsabilità. E fare solo questo effettivamente annichilisce quasi quanto una prolungata riflessione e apatia.
Bisogna trovare anche altro,qualcosa di creativo,di piacevole,di soddisfacente e sul quale investire le energie. Hai detto di avere intrapreso un'attività che ti soddisfa. Ecco,quella secondo me è la strada giusta :)

La famiglia del Mulino Bianco ha angosciato anche me per anni :lol:
Inevitabilmente si guarda a dei modelli,degli esempi di vita ideale. Ed è indubbio che si corra spesso il rischio di ricadere su modelli omologati,di massa. Con l'illusione di poter conservare la propria individualità facendo qualcosa di simile a quello che fanno gli altri,essendo simili agli altri.
Anch'io non amo i cambiamenti. Amo le abitudini,la terra ferma,le mie certezze.
Ma se messo sull'orlo del baratro inevitabilmente son costretto a muovermi anch'io!
Ma la direzione che si prende credo sia fondamentale. In passato ho fatto tanti cambiamenti,mosso da uno spirito di adattamento e di sopravvivenza,presumo.
Ma ad ogni cambiamento,ad ogni aggiustamento ho avuto sempre la sensazione di lasciare per strada un piccolo pezzetto di me. In nome della normalità,per poter essere un buon figlio,un buono studente,un buon amico,un perfetto "animale sociale".
Via la timidezza,via l'eccessiva sensibilità,via il "vizietto" dell'omosessualità,via interessi e passioni non convenzionali,e dentro tutte le qualità che si addicono ad un perfetto uomo di società:la brillantezza,la cordialità,la falsità,l'ipocrisia,i valori forti e i modi "perbene" e un'immagine pubblica impeccabile,irreprensibile.
Poi però se ti guardi allo specchio,capisci di essere diventato un collage di tanti frammenti,e di questi pochi esprimono realmente te.
Il film che ha consigliato sopra Tom racconta la storia di un ragazzo considerato "disadattato" per i suoi modi e i suoi interessi non convenzionali. Un ragazzo a tratti folle,a tratti sconsiderato,ma di grande umanità. Vale veramente la pena vederlo.

Hai ragione,non basta amare se stessi,come si ama un quadro o una poesia, per accettarsi. Per accettarsi bisogna andare oltre i ruoli sociali e vivere ciò che si è,specialmente in quegli aspetti che potranno non piacere a tutti ma che esprimono ciò che in noi è unico e che definisce la nostra identità.
"Occorre avere un po’ di caos in sé per partorire una stella danzante."
Friedrich Nietzsche

A presto :)

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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da marc090 » giovedì 4 aprile 2013, 11:29

Landon, hai riaperto alcune questioni in me, che non avevo mai considerato... O meglio, mai considerato da quel punto di vista...

Il pericolo atroce, è che parli di una vita fatta di rinunce.. in cui prima ci si sveste dei panni di membro di questa società e poi si da addito al proprio mondo... Però... oltre al fatto che già di per se la società è una mina vagante per l'individualismo, cosa succederebbe se invece perdessi ogni punto di riferimento e ti aggrappassi solo a te stesso... e a quel punto?

E chi lo dice è il primo ad essere un forte individualista, pure egocentrico a seconda di come, ma son tanti i pericoli nascosti dietro questo tipo di atteggiamento...
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da candido » giovedì 4 aprile 2013, 13:44

Marc,anche se non hai rivolto la domanda a me,ma a Landon, permettimi ugualmente di rispondere :)

Il rapporto tra individuo e società mi sembra come quello tra un treno e i binari. Questi ultimi tracciano i vari percorsi percorribili,le varie mete raggiungibili. Il treno può scegliere quale binario percorrere,se cambiare ad uno scambio,se fermarsi o meno.
Potrebbe anche uscire dai binari e provare a muoversi,con difficoltà, sul terreno nudo.
Ma cosa sarebbe un treno senza i binari? Lo si considererebbe ancora un treno anche se stesse abbandonato su di un prato e non potesse più trasportare nulla?

L'individualismo è combattuto e allo stesso tempo sostenuto dalla società. E' affermazione di identità,di essere distinto dal resto.
Ma se fossi su un'isola deserta avresti ancora bisogno di definirti un individualista?
E la tua vita in cosa consisterebbe,su quali punti di riferimento poggerebbe?

Un individuo si definisce come tale nella società,nel rapporto con la società. E ogni sforzo,anche il più individualistico ed egoistico, mi sembra sempre indirizzato a trovare un punto di incontro con la società,un equilibrio,uno "stare comodi" all'interno di essa. D'altre parte,l'essermi iscritto a questo Forum in quale direzione va se non in quella di riadattarmi alla società,di ritrovare un ruolo al suo interno?

Chiedi cosa succederebbe se si perdesse ogni punto di riferimento e ci si aggrappasse solo a se stessi(come finire su un'isola deserta,non trovi?).
L'ho fatto,e mi è servito a far chiarezza sulla mia omosessualità. Ma a che serve chiedersi chi ci può piacere se siamo da soli? A che serve scoprirsi amanti della lettura,amanti di uno sport,amanti di attività,manuali e non, se non lo traduciamo e riversiamo nella società,nel fare sociale,se non lo condividiamo con qualcuno?
Queste stesse cose che ti sto scrivendo. Perchè sento il bisogno di dirtele,di scriverle qui e non mi basta semplicemente pensarle e sapere di avercele in testa?
Come scrivevo sù ho anche però provato in passato cosa voglia dire l'omologazione,le rinunce,la ricerca di "normalità" e di sintonia perfetta con la società.
Ti annulli. Ma ti annulli in entrambi casi,sia che ti fondi nella società sia che la rifuggi.

Per questo penso che la forma più alta di individualismo sia affermare se stessi nella società. Affermare non solo gli aspetti che ti accomunano agli altri, ma soprattutto quelli che ti differenziano dagli altri e quelli che senti più tuoi.
Si potrà essere timidi,riservati,omosessuali,sensibili,interessati a cose inusuali nella società?Si potrà essere se stessi nella società? La sfida secondo me è questa.

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Blackout
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Re: Io,i miei,il mio presente...

Messaggio da Blackout » sabato 6 aprile 2013, 10:45

Ciao candido :D

che bello il post non l avevo ancora visto.

Sul c.o. son d accordo...pur avendolo detto, non mi aspettavo nessun tipo di comprensione o cose simili, mi andava solo di farlo per me e stop. Chi non c è dentro difficilmente può capire, sarebbe come chiedermi se so cosa sente una madre per un figlio che sta male...impossibile che lo capisca. Se mai ci si può arrivare facendo comprendere che stati d animo si attraversano per poterli paragonare con quelli provati dagli altri, ma è già una cosa che richiede notevole applicazione da parte di entrambi, quindi manco ci penso :D

Quello della vita di successo è, secondo me, un imprinting sociale che ci viene affibbiato e che sostituisce il vecchio "vita felice" che poi ha poco senso pure quello...
Ho capito che bisogna trovarsi degli obiettivi di fondo (tipo se ti piace qualcosa, provare a lavorare in quel campo per utilizzare così la tua passione) ma per il resto c è poco da programmare.
Hai detto una costa giustissima nell'utimo post: cercare di essere ciò che siamo nella società in cui vogliamo vivere. Ci si può migliorare su certi aspetti ma se si è sensibili o timidi (o entrambi ahah) c è poco da fare, ti restano dentro perciò devi imparare a gestirli (non nasconderli). E poi questa storia dell individualismo...ho sentito così tanto dirmi che devi stare in piedi da solo prima di cercare un rapporto o cose simili...individuo e società non si possono scindere, entrambi hanno senso solo se si intrecciano.
Pertanto cerchiamo di non sacrificare noi stessi sull altare del vivere comune, l abbiamo detto tante volte, non è semplice ma già capire che non ti devi mutilare per vivere bene con gli altri è un grosso passo avanti.
Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te. (P. Coelho)

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