LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
Rispondi
Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5949
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da progettogayforum » sabato 13 agosto 2022, 12:47

A seguito di recenti contatti tramite Progetto Gay, credo sia utile un approfondimento su una questione specifica e cioè sulla opportunità-necessità di lasciare andare il proprio compagno quando la vita di coppia gay diventa problematica e perde l’entusiasmo iniziale.

Le coppie gay, come tutte le coppie, nascono spesso con entusiasmi illusori che poi, piano piano, si ridimensionano nel confronto con la realtà. L’atmosfera mitica dell’innamoramento, spesso non realmente simmetrico, svanisce lentamente e l’abitudine diventa uno dei collanti più importanti della vita di coppia, se non l’unico. In questa situazione accade spesso che uno dei due partner percepisca per primo che c’è qualcosa che non va, mentre l’altro continua a cullarsi nelle proprie illusioni. Nasce così all’interno della coppia uno stato di tensione perché uno dei due o si sente già fuori dalla coppia o si sente legato al proprio compagno sostanzialmente per abitudine oppure, ancora, vive il legame di coppia come un legame tenuissimo.

I primi segni di queste forme di dissimmetria e di tensione interna alla coppia si manifestano nel diradamento degli incontri, se i due partner non convivono, o nella progressiva formalizzazione dei rapporti, se c’è convivenza. Queste situazioni nuove, che al partner più demotivato appaiono ovvie, sono vissute dall’altro partner come il preludio di un possibile abbandono, che crea ansia e suscita mille interrogativi ai quali, però, il partner più motivato tede a dare tutte le risposte possibili, anche colpevolizzandosi, evitando comunque di prendere in considerazione l’idea che il disagio derivi proprio da un logoramento della vita di coppia. In questo modo, mentre le richieste di maggiore contatto si fanno più frequenti da parte del partner più motivato, le esigenze di autonomia sono percepite in modo sempre più forte dal suo compagno. Uno dei due tende a staccarsi, mentre l’altro tende a rinsaldare il legame di coppia. Ovviamente il dialogo crolla ai livelli minimi e la sensazione di disagio aumenta da entrambe le parti.

Il vocabolario dell’amore e dell’innamoramento si usa spesso per coprire situazioni di possessività o anche, più banalmente, di comodo, in questo modo si dissimulano le vere motivazioni che inducono alla vita di coppia sotto la copertura di un discorso amoroso che appare assai più nobilitante. In queste situazioni il partner possessivo (non parlo qui deliberatamente di partner “più motivato”) cerca di rivendicare e di esercitare il proprio possesso dell’altro oscillando tra atteggiamenti di pretesa e di minaccia e atteggiamenti di vittimismo e di supplica, cose che, in situazioni simili, sono entrambe decisamente inopportune. Alla base di questi atteggiamenti del partner possessivo c’è l’idea, e direi soprattutto la pretesa e l’illusione, di poter gestire il rapporto, perché l’altro è visto come un attore che non può che essere “docile” nelle mani del regista. Le cose ovviamente non stanno così. La vita di coppia è per sua natura una relazione con due protagonisti che devono trovare tra loro un equilibrio dinamico, l’esatto contrario dell’abitudine; quando, per qualsiasi causa, questo equilibrio si rompe bisogna prenderne atto e tentare di rafforzare il rapporto è comunque controproducente.

L’idea di lasciare andare il proprio partner può sembrare niente altro che accettare il fallimento della relazione. Ovviamente se dietro l’espressione “lasciare andare” si nasconde una potente carica di rancore, una volontà di rivalsa, se non addirittura di vendetta, l’idea di lasciare andare il proprio compagno assume una coloritura sanzionatoria e sostanzialmente negativa, ma non è questo il significato del “lasciare andare il proprio compagno” cui intendo riferirmi. Lasciare andare il proprio compagno significa restituirgli la sua libertà, rimuovendo gli atteggiamenti possessivi e contrattuali, con un gesto di rispetto e di affetto, non certo per privarlo del nostro affetto, ma per fargli capire che il nostro affetto è incondizionato. Un uomo libero ha anche la mente libera ed è più capace di guardarsi dentro. I rapporti veri, importanti, desinati a durare, non sono confermati dalle promesse o dalla presunzione che essi debbano creare vincoli ma dal fatto che si sceglie liberamente di stare insieme e che ci si sente liberi anche nel rapporto di coppia, che dovrebbe essere un rapporto d’amore, non un obbligo. Un rapporto libero, non condizionato, è accettato con un altro spirito, si basa su un senso di tenerezza, di affetto reciproco, di rispetto, di attenzione ai bisogni dell’altro, presuppone un ascolto, una capacità e una volontà di capire l’altro nella complessità della sua personalità e delle sue contraddizioni, presuppone una dimensione affettiva profonda capace di superare le spinte egoistiche. Se un rapporto è autenticamente affettivo può andare incontro a momenti di incertezza, ma quei momenti si superano perché non si vede la vita di coppia come un ambito in cui si deve prevalere quanto piuttosto come il luogo per eccellenza in cui si può avere il piacere di cedere.

Lasciare andare il proprio compagno è l’esatto contrario della resa dei conti, non è un momento rivendicativo ma un riconoscimento della libertà dell’altro e, in alcuni casi, addirittura del suo diritto di sbagliare. I rapporti di coppia peggiorano quando la possessività domina la scena, quando il discorso non è più un discorso amoroso ma un confronto di posizioni astratte, di assunzioni di principio, direi quasi di filosofie di vita. È in questi momenti che bisogna lasciare andare il proprio compagno, non per allontanarlo ma per lasciarlo libero. Il rancore che purtroppo condiziona molti fallimenti della vita affettiva si misura attraverso la memoria selettiva. Un individuo rancoroso ricorda dell’altro solo i discorsi e gli atteggiamenti negativi, lo aggredisce per porre in risalto le sue contraddizioni, lo rimprovera, lo giudica, non si chiede come stia, che sensazioni stia provando, lo considera come una controparte contro la quale bisogna conseguire una vittoria o segnare un punto, perché la relazione è ridotta ad una partita a scacchi in cui quello che conta è dare scacco matto all’avversario.

Quando si lascia andare il proprio compagno non si sbatte mai la porta ma la si lascia sempre aperta, non si tratta di una chiusura e meno che mai di una chiusura definitiva ma del riconoscimento della libertà dell’altro, la possibilità di tornare indietro è sempre incondizionata. Capita spesso nei momenti di crisi di sentirsi quasi strumentalizzati e manipolati. Quando questo accade è bene chiedersi se abbiamo fatto veramente di tutto per il bene dell’altro o se, in qualche modo abbiamo noi per primi cercato di strumentalizzare e di manipolare il nostro compagno cercando di renderlo più simile a noi. Le analogie tra due persone possono essere profonde ma non sono mai tali da annullare le diversità. L’altro, anche se molto affine, è sempre un altro e ogni tentativo di cambiarlo è in fondo un rifiuto del suo modo di essere, che può essere diversissimo dal nostro, è cioè un giudizio negativo implicitamente espresso sulla sua vita.

Le relazioni di coppia hanno una storia e un’evoluzione, è anche possibile rendersi conto che quello che è apparso come un rapporto di coppia era in realtà qualcosa di completamente diverso. Purtroppo non è facile riconoscere situazioni di questo tipo, ma è proprio in questi casi che restituire la libertà al nostro partner diventa particolarmente urgente. Ci possono essere stati errori da entrambe le parti e andare ciascuno per la propria strada può essere fondamentale e liberatorio per entrambi ma il rispetto dell’altro e delle sue particolarità deve essere assoluto, in particolare nel momento in cui ci si separa. Se un rapporto finisce non è detto che non possa ricominciare in seguito anche sotto un’altra forma. Nei rapporti affettivi le chiusure definitive sono rare anche in situazioni veramente critiche.

In una relazione di coppia, se qualcosa non funziona, la colpa non sta mai da una parte sola. Questo principio di buon senso aiuta a prevenire gli atteggiamenti rivendicativi da giustiziere e a mantenere la porta aperta al futuro, qualunque esso sia.

Alyosha
Utenti Storici
Messaggi: 2474
Iscritto il: mercoledì 20 ottobre 2010, 0:41

Re: LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da Alyosha » domenica 14 agosto 2022, 17:31

Posso portare la mia esperienza di vita di coppia, credo oramai abbastanza consolidata e le mie considerazioni per quello che sono. Mai come in questi argomenti è utile calarsi nelle singole prospettive. Convivo con il mio compagno ormai da 9 anni. Un tempo che pare eterno per me che non riuscivo a stare dentro una coppia in modo sereno e stabile. La vita di coppia è fatta di alti e bassi, di momenti di sconforto anche e sopratutto legato a vicende che non centrano con la coppia. Nella mia personale esperienza ho sempre vissuto il mio compagno come un valore aggiunto nella mia vita, un elemento di forza e stabilità che vanno al di là della fase di innamoramento iniziale, che almeno per come la vedo non può durare per sempre.
Non è una coppia perfetta ed è fatta anche di abitudini. In questo non sono troppo d'accordo con quello che scrivi, anche se capisco il senso con cui lo scrivi. Per alcune persone turbolente interiormente, incapaci di stare nei luoghi con tranquillità, perennemente irrequiete l'abitudine è addirittura una conquista. Le mie storie etero, come anche le mie prime storie omo erano piene di imprevisti, colpi di scena, momenti drammatici e tanti comportamenti che si reiteravano. Per certi versi oggi ho un po' di nostalgia per quel modo di viversi i rapporti, che fungevano molto da contenitore ai miei stati emotivi. Però anche potersi annoiare è una conquista. La vita è fatta di abitudini, ognuno di noi ha le sue, compiti che esegue tutti i giorni, interessi che rinnova. Secondo me il punto non è vivere di abitudine, ma quanto quelle abitudini siano compromessi accettabili per la propria stabilità e realizzazione.
Quello che col tempo, almeno per me, viene a mancare è invece una progettualità di coppia. Mi manca molto la possibilità di avere dei figli. Prima nemmeno ci pensavo perché non esisteva nemmeno la possibilità teorica di averli non avendo reazioni sufficientemente stabili. Posso dirti che dove manca la possibilità di progettare un futuro, manca anche un po' la felicità. SI fa fatica a trovare interessi comuni e il rischio è che ognuno senza accorgersene vada per la propria strada, allora si che succede che poi l'abitudine è l'unica cosa che resta e l'affetto risulta più un impedimento alla propria realizzazione che un momento di crescita della coppia.
Non credo sia un caso che chiami questo forum "progetto", perché penso che ciascuno di noi sta in piedi, anche nelle difficoltà, finché ha un progetto e crolla quando non è più in grado di porsi degli obiettivi. Il rischio concreto è che molte coppie gay si arenino in questo scoglio, almeno è il rischio concreto che vedo nella mia.
Ci sono molte coppie etero che vivono senza figli è vero, ma loro hanno almeno il riconoscimento sociale dalla loro. Il riconoscimento delle coppie gay è più una cornice vuota che un fatto sostanziale, più un'affermazione di principio che una cosa vissuta come naturale. Con il mio compagno viaggio molto e sono davvero poche le persone che si porgono in modo naturale di fronte alla coppia gay. Anche quando mantengono un'educazione e un rispetto formale, le vedi impacciate o imbarazzate. Io ormai vivo la mia vita di coppia come una cosa normalissima, delle volte nemmeno ci penso più di essere gay e tante volte non mi rendo conto di quanto sia in salita la vita di coppia per i gay. In modo diverso forse rispetto al passato di clandestinità, però forse più subdolo, ma non per questo meno minaccioso. Manca un po' l'ordinarietà a "proteggere" il rapporto. Per carità le aspettative sociali spesso condizionano in negativo le coppie, cementandole in rapporti logori e tutto il resto, ma la maggior parte delle volte sono un po' come i passamano nelle scale, ti aiutano semplicemente a salire e andare avanti nelle difficoltà.
Mi rendo conto che a lavoro non condivido mai i miei problemi di coppia, che la cerchia degli amici con il tempo si stringe. Per carità ho imparato a restare in questa ambiguità, alcuni sanno di me perché l'ho detto, a tutti gli altri lo faccio capire. Molte volte capita di essere osteggiato per il mio orientamento sessuale. Avevo il privilegio di lavorare in un'azienda molto aperta sul tema, ma adesso che sono nel pubblico mi accorgo come il potere "maschile" ed è cementato da argomenti sessuali. Questo non mi permette quasi mai di entrare a pieno nel gruppo dei pari diciamo così, di restare sempre un po' nella periferia delle relazioni.
Insomma tutto questo per dire che si ok, c'è la coppia con tutti i suoi problemi, ma poi ci sono anche le condizioni oggettive. All'iniziano pesano molto poco, ma più si va avanti e più condizionano il rapporto togliendogli "difese" nei momenti di difficoltà individuali o di coppia, che vuoi o non vuoi arriveranno. Tutto questo senza considera la facilità dei "ruoli" preimpostati dalla società e che ancora persistono come persistono i pregiudizi. Il maschile e il femminile arrivano nella coppi con delle aspettative, che aiutano la vita di coppia.
Insomma in una coppia gay si è un po' da soli e bisogna stare lì a costruirsi ogni giorno al riparo da idealizzazioni e con una fortissima motivazione alla vita in due, che deve esserci alla base come predisposizione, altrimenti difficile andare avanti.
Ho parlato un po' a ruota libera e credo di aver toccato tanti temi in modo rapsodico però insomma, va bene così. Erano un po' le mie riflessioni sul tema.

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5949
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da progettogayforum » lunedì 15 agosto 2022, 12:37

Ringrazio Alyosha per il suo intervento e ho il piacere di salutarlo! Sull’argomento coppia e crisi della coppia gay è praticamente impossibile costruire una teoria, perché le situazioni sono estremamente varie e variabili, sia soggettivamente che oggettivamente. Pochi sono gli elementi che si possono dedurre dall’osservazione. Innanzitutto la vita di coppia gay non è un obiettivo generalizzato o generalizzabile. Ci sono gay che si sentono realizzati nella vita di coppia e cercano di costruirla e ci sono gay, e sono molti, che sono del tutto intolleranti rispetto all’ideale di una vita di coppia nel senso classico di convivenza e monogamia. Conosco coppie gay stabili da molti anni ma vedo anche fallimenti in serie di tentativi di costruire coppie gay. Certo nella maggiore o minore propensione alla coppia gay si mescolano sia fattori soggettivi che fattori di contesto e qui non posso che dare ragione ad Alyosha. I tempi stanno cambiando, ma nonostante le aperture teoriche e i discorsi di principio, l’omofobia esiste nei fatti anche dove meno ci si aspetterebbe di trovarla. Ci sono certamente sia uomini che donne etero che si relazionano senza problemi con i gay e con le coppie gay, ma questo avviene essenzialmente a livello individuale, quando si considera invece la reazione sociale, cioè quella dell’ambiente, purtroppo ci si rende conto che una coppia gay è ancora considerata una cosa a dir poco strana. L’educazione alla sessualità e il superamento dei pregiudizi restano ancora obiettivi lontani e questo rende indubbiamente la situazione più complicata per le coppie gay. Ai miei tempi, dichiararsi come singoli, e ancora più come coppia, esponeva a rischi molto concreti di pesante emarginazione sociale, e le coppie gay, che erano comunque pochissime, non si esponevano certo a livello pubblico. Oggi le coppie gay qualche volta si arrischiano ad esporsi socialmente ma devo dire che non è affatto scontato che il gioco valga la candela. Si dice comunemente che spesso i gay si ghettizzano ma in realtà tendono a difendersi, e spesso si ghettizzano, cioè tendono a difendersi, anche rispetto ad altri gay dai quali potrebbero sentirsi giudicati, classico è il caso della distinzione tra dichiarati e non dichiarati che continua ad esistere, anche se più sfumata, perché l’omofobia continua ad esistere, anche se è un po’ meno visibile. Se è vero che spesso le crisi delle coppie gay dipendono da questioni esterne alle coppie stesse, è pure vero che molti elementi esterni esercitano così fortemente il loro potere di attrazione su certi gay da fare passare la vita affettiva in secondo piano. Mi riferisco in particolare alla carriera, al guadagno, al ruolo sociale, al sesso anaffettivo, all’idea di dominare o di controllare la vita di altre persone, al sentirsi leader, ecc. ecc.. Ho visto ragazzi gay che di fronte ad una offerta di lavoro allettante all’estero non hanno esitato ad abbandonare il loro compagno storico e addirittura altri che hanno preferito chiudere la loro relazione, perché il compagno non era socialmente del livello dei nuovi amici incontrati nel nuovo ambiente di lavoro. Ovviamente ciascuno ha la sua scala di valori e la vita di coppia non solo non è sempre in cima alla lista ma parecchie volte è vista come un freno, una limitazione, un handicap a livello professionale e sociale. I gay non sono santi e sono soggetti alle tentazioni del denaro, del potere e del sesso come tutti gli esseri umani, quando un gay motivato più dalla carriera che da ragioni affettive vede sfasciarsi la sua vita di coppia, molte volte se ne rallegra e attribuisce il fallimento al partner, ma il tempo è galantuomo e rende a Cesare quello che è di Cesare, e accade più di qualche volta che chi si era rallegrato della fine di una relazione può sentirne la mancanza, quando ormai il volgere degli eventi ha reso la situazione irrecuperabile.
Quanto al tema dell’abitudine, beh effettivamente nelle coppie consolidate e stabili l’abitudine può essere rassicurante ma è anche un po’ il segno di una profonda trasformazione interna del rapporto che segue un po’ la curva dell’età. Per certi versi più si va avanti con l’età più si dà un senso positivo all’abitudine e questo sembra quasi ovvio, ma spesso l’abitudine serve a considerare atti dovuti quelli che dovrebbero essere momenti di partecipazione affettiva profonda e che rischiano di sfumare in comportamenti semplicemente ripetitivi. Oggi è facile sentire l’espressione coppia gay applicata a coppie cosiddette libere, aperte, in cui non si presuppone la stretta monogamia. La stessa persona si trova coinvolta in più rapporti di coppia e non si sente vincolata da nessuno di essi se non molto debolmente. Se i modelli di convivenza formalizzata in un rapporto legale, come le unioni civili, non decollano, la ragione non sta tanto nel fatto che questi rapporti sono ancora oggi considerati come un disvalore sociale, o almeno come una stranezza, ma nel fatto che per moltissimi gay, l’idea stessa di accettare un vincolo legale, anche molto labile, come quello delle unioni civili, resta comunque un’idea assai poco gradita.

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5949
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 19 agosto 2022, 1:14

Project, ho letto il tuo post ma lo trovo troppo astratto, troppo razionale, un po’ la pura teoria della vita di coppia. Io ho passato i 40 e ho chiuso da poco una storia durata 15 anni, non ho provato sentimenti di odio ma di liberazione sì. Eppure tutto era cominciato nel migliore dei modi. Project, così, istintivamente, avrei detto che le persone non le conosci mai, ma sarebbe stato un tentativo di attribuire il mio fallimento al mio compagno. Su una cosa hai ragione, la colpa, ammesso che un concetto simile abbia un senso, non sta mai da una parte sola. Lasciare la porta aperta ha un senso quando c’è stata una incomprensione, ma certe volte ti rendi conto che si viaggia proprio in direzioni opposte, non ce n’è una giusta e una sbagliata (anche io ho fatto i miei errori e anche le mie cattiverie), basta dire che i punti di possibile contatto certe volte si riducono col passare del tempo e certi elementi di dissonanza, che all’inizio sembravano facilmente superabili, si dimostrano per quello che sono, cioè problemi insuperabili. Cerca di capirmi, dopo 15 anni di convivenza, il nostro non era un rapporto superficiale, lui adesso mi manca e probabilmente anche io manco un po’ a lui, ma se tornassimo insieme i problemi sarebbero esattamente gli stessi che ci hanno portato a dividerci. Io penso che lui, prima o poi, passerà oltre, cioè si dimenticherà della nostra storia e cercherà di costruirne altre, perché lui è più adatto di me alla vita di coppia, è solo questione di tempo, io penso di avere chiuso in via definitiva con le convivenze, francamente è un’esperienza che non ripeterei. Ci sono stati dei momenti bellissimi, determinati forse dalla novità del sesso vissuto con uno che ti vuole bene, o almeno che ti prende sul serio, perché ci abbiamo creduto in due, ma già dall’inizio i problemi sono stati tanti, volevamo entrambi conservare la nostra libertà, lui non voleva un legame di coppia stabile e io non volevo la convivenza e invece siamo finiti nella convivenza e lui ha continuato ad avere il suo mondo parallelo di cui so poco e niente. Erano cose sulle quali abbiamo discusso tanto e abbiamo finito per accettarle entrambi. Di lui non poso dire niente di male ma adattarci ad una convivenza ormai più forzata che voluta ha creato tensioni molto grosse. Una cosa sola ho imparato, Project, non è un rimprovero verso di te: nessuno può farsi maestro di vita. Le vite sono così diverse una dall’altra che “capire” è veramente una pretesa destinata a produrre solo frustrazione. La decisione di lasciarsi non è una decisione che si prende a cuor leggero, tanto più dopo una lunga convivenza. È un percorso lungo che spesso richiede anni, bisogna valutare il logoramento del rapporto evitando di buttare via tutto troppo facilmente, questo è vero, ma a un certo punto arriva anche il momento di chiudere la porta e la porta si chiude sempre in due.

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5949
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 19 agosto 2022, 2:15

Caro Project, ho cominciato a scrivere e avevo delle idee chiare in mente, ma adesso mi si sono impicciate e non so che dire. Lasciare andare il proprio compagno per restituirgli la sua libertà, è una bella formula ma questo presuppone che la libertà gli sia stata sottratta, magari a fin di bene, ma in genere non succede affatto così. Il nostro partner la sua libertà poteva averla conservata sana ed intera al 100%, oppure nella sostanza ma non a parole, oppure a parole ma non nella sostanza oppure non la voleva proprio, ma non voleva nemmeno il rapporto di coppia. Nei comportamenti di razionale c’è ben poco. Gli argomenti che sembrano lucidi e evidenti ad uno, appaiono ad un altro farneticanti. Io sono arrivato ad una conclusione molto semplice: poiché la vita di coppia si distingue da un’amicizia proprio perché parte da un coinvolgimento sessuale, se si evitasse proprio del tutto di farsi coinvolgere dal sesso con un’altra persona la conflittualità sarebbe molto più contenuta. Sarebbe un paradosso, forse, ma qualcuno lo potrebbe scegliere come propria regola di vita individuale. Non si sa mai.

Avatar utente
progettogayforum
Amministratore
Messaggi: 5949
Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05

Re: LASCIARE ANDARE IL PROPRIO COMPAGNO GAY

Messaggio da progettogayforum » venerdì 19 agosto 2022, 8:34

Ringrazio l’autore degli ultimi due post che, con garbo, mi fa tornare coi piedi per terra. Le cose sono effettivamente molto più complesse di come le ho rappresentate io e nella vita affettiva ciò he conta effettivamente è l’esperienza diretta, unica maestra di vita. Grazie!

Rispondi