INSEGNANTI GAY E UNIONI CIVILI RISCHIOSE

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
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INSEGNANTI GAY E UNIONI CIVILI RISCHIOSE

Messaggio da progettogayforum » domenica 8 novembre 2020, 13:43

Caro Project,
ho visto che hai fatto gli auguri a Lorenz per la sua Unione Civile e mi unisco anche io augurandogli che la realizzazione di questo sogno possa portare tanta serenità a lui e al suo compagno. Fa piacere pensare che qualcuno possa fare passi di questo genere in tutta tranquillità.
Io sono molto più giovane di Lorenz, ma non sono un ragazzo, ho quasi 50 anni, ci manca proprio poco, e il mio compagno ha solo un anno meno di me, questo significa che noi non abbiamo i problemi di ambiente che può incontrare una coppia intergenerazionale. Sembrerebbe quindi che le cose per noi debbano essere tutto sommato molto più semplici eppure non è affatto così. Ci siamo conosciuti a scuola 12 anni fa, siamo entrambi insegnanti, ma la scuola è purtroppo l’ambiente meno adatto a coltivare una relazione gay e penso che anche per le relazioni etero, salvo i matrimoni tradizionali, sia più o meno lo stesso, c’è pettegolezzo sotterraneo, maldicenza, ci sono genitori che sono come Giano bifronte, in faccia dicono di te cose bellissime e poi dietro ne raccontano di tutti i colori. Adesso, coi social, si sono creati gruppi “segreti” di genitori che si danno manforte per “difendere” i figli e per dare addosso agli insegnanti, e poi ci sono i ragazzi, che sono grandi, non sono affatto ingenui e imparano molto presto i peggiori modi di fare dei genitori. Sia io che il mio compagno, che qui chiamerò Luca, abbiamo sempre diffidato dell’ambiente scolastico nel quale ci si deve limitare al lavoro inteso nel senso più tecnico e spersonalizzato possibile. Adesso c’è il covid e con le lezioni a distanza molte cose si evitano, ma prima del covid noi, cioè io e il mio compagno, che insegnava in un’altra sezione, usavamo far fare i compiti in classe nel laboratorio di informatica con un programma che avevamo fatto noi, in modo che il compito fosse corretto automaticamente e il voto fosse assegnato dalla macchina, perché in questo modo si potevano ridurre le discussioni e le chiacchiere legate al fatto che qualche studente fosse stato “preso sott’occhio” come si dice comunemente. Tieni presente che io e Luca avevamo elaborato il programma insieme, ma “per prudenza” ne abbiamo prodotte due versioni graficamente molto diverse in modo che nessuno potesse sospettare che avevamo lavorato insieme, in pratica il nucleo di archiviazione e di calcolo del programma era lo stesso, ma chi usava il programma non poteva rendersene conto. Per nostra fortuna, dato che insegnavamo la stessa materia, non potevamo essere colleghi nelle stesse classi e questo ha facilitato molto le cose. Nel nostro Istituto, che è molto grande, c’è anche un bar interno dove si può andare in orario di ricreazione. Io e Luca ci andiamo ma in giorni diversi e decidiamo la mattina chi di noi va al bar. Su una sola cosa abbiamo insistito e cioè sul fatto di avere lo stesso giorno libero, e abbiamo scelto entrambi il mercoledì, che nessuno vuole, e ormai sono anni che abbiamo entrambi il mercoledì libero e così, almeno, abbiamo un giorno per noi. Ma non credere che noi possiamo essere liberi di fare quello che vogliamo il Mercoledì. Una certa libertà ce l’abbiamo ma molto relativa perché viviamo in un quartiere molto lontano dalla scuola, dove nessuno ci conosce, ma quando andiamo a scuola in metropolitana (che è l’unico mezzo possibile) saliamo su due vagoni diversi. Penserai che siamo paranoici ma noi sappiamo che dobbiamo stare molto attenti. Nell’anno in cui ci siamo conosciuti, nella nostra scuola ci fu il caso di un ragazzo gay dichiarato, bullizzato dai compagni, ma non con botte e pugni, ma a forza di sorrisetti e battutine velenose, era diventato la favola della scuola, e il solito comitato di genitori “seri” lo portava ad emblema del degrado della scuola che non interviene. I genitori avevano scritto al preside, che come sempre aveva fatto finta di niente e non era intervenuto né in un senso né nell’altro, alla fine il ragazzo se ne è andato in un’altra scuola. In realtà anche noi non abbiamo fatto niente, il ragazzo non era alunno nostro e in Collegio dei professori non se ne è mai parlato, in teoria si poteva sollevare la questione ma chi l’avesse fatto sarebbe stato marchiato a vita o come “difensore delle cause perse”, se sposato o sposata e con numerosa prole, o più brutalmente come “finocchio” o “lesbica”, se senza coniuge e senza figli.
Ma adesso vengo alla storia mia e di Luca. Capirai che, in un ambiente come quello, guardarsi intorno per cogliere qualche segno di disponibilità era molto rischioso. Io e Luca ci siamo conosciuti un po’ meno superficialmente, cioè abbiamo avuto la possibilità di scambiare qualche parola in modo meno formale portando due nostre classi (una sua e una mia) a visitare il museo della Scienza a Napoli. È stata una cosa del tutto casuale, ma poi ne è nato un dialogo che non si è fermato ed è andato avanti. Ci abbiamo messo mesi per arrivare allo scoperto, cioè per dire che potevamo essere buoni amici, perché allora anche questo non era affatto scontato. A scuola non ci rivolgevamo nemmeno la parola, ma ci sentivamo solo privatamente per telefono, all’inizio parlavamo solo di scuola, poi ci è venuta l’idea del programma per far fare e valutare i compiti in classe in modo automatizzato e in quel modo abbiamo cominciato a incontrarci di persona fuori dalla scuola. Poi, un po’ perché lavorare su un software di quel genere ci piaceva e un po’ perché era gradevole lavorarci insieme, abbiamo cominciato a vederci praticamente tutti i giorni. Il programma era un gioiellino, a parte l’aspetto esterno diverso che abbiamo dato alla versione che avrei usato io e a quella che avrebbe usato lui, la parte sostanziale era identica ma molto flessibile. Ogni studente entrava nel programma col suo nome e la sua password, e il nome compariva sempre in alto a destra sul monitor in modo che nessuno potesse usare la password di un altro, Le domande erano le stesse per tutti ma l’ordine era casuale e anche l’ordine delle risposte era casuale, in modo che non ci fosse nessuna possibilità di copiare. La macchina, man mano che gli studenti consegnavano la prova stampava le risposte su un foglio con la data e lo studente doveva firmare e consegnare una copia del foglio in modo che fosse impossibile dire di aver consegnato un compito diverso da quello valutato dal programma. Appena completata la prova il programma metteva sul DB tutte le serie delle risposte e poi valutava la prova automaticamente attribuendo le valutazioni in modo che il voto medio della classe corrispondesse ad un voto fissato dal docente. Insomma il programma era veramente un gioiello, sia di grafica che di tecnologia, perché al momento della riconsegna della prova si poteva dare allo studente la serie delle sue risposte e delle risposte esatte con un piccolo commento opportuno scelto dalla macchina. Comunque il mio rapporto con Luca è cresciuto grazie al lavoro fatto su questo programma. Ovviamente ciascuno di noi sapeva bene che l’altro non era sposato e che non aveva mai parlato di donne. Col tempo Luca ha accettato l’idea di restare a cena da me e alla fine anche di dormire da me, ovviamente in camere separate, ma piano piano eravamo arrivati a passare insieme dall’ora di pranzo del Martedì alle 7.00 di mattina del Giovedì e dell’ora di pranzo del Sabato alle 7.00 di mattina del Lunedì, non c’era nemmeno bisogno di darsi un appuntamento, sapevamo entrambi che le cose sarebbero andate in quel modo. Non c’è stato bisogno di dichiararsi esplicitamente, piano piano i discorsi si sono sciolti da sé, le paure sono venute meno e siamo arrivati a fidarci uno dell’altro. Come stavano le cose in fondo lo sapevamo entrambi, poi è cominciato anche un po’ di contatto fisico, all’inizio un po’ impacciato, ma poi sempre più libero. Un giorno mi ha detto: “E se venissi a dormire con te?” Io l’ho solo guardato negli occhi e ci siamo abbracciati. Era Sabato 19 Aprile 2008. Da allora abbiamo vissuto insieme, solo a scuola ci comportavamo come estranei, ma andavamo in vacanza insieme, e poi lui ha deciso di affittare la sua casa, che è più piccola della mia, e di trasferirsi definitivamente da me, noi abbiamo esattamente lo stesso stipendio, e lui mi dà la metà di quello che gli rende l’affitto di casa sua, perché sta a casa mia, tutte le spese sono al 50%. Lui mi aveva proposto di fare un conto cointestato ma ho preferito che avessimo due conti separati, perché se le cose non fossero andate bene tra noi, dovevamo essere liberi di andarcene ciascuno per la propria strada. Sono passati 12 anni e posso dire che siamo andati perfettamente d’accordo. Non abbiamo una forma di simbiosi, no, abbiamo alcuni amici in comune ma non proprio tutti, diciamo meglio che tra noi non c’è la regola che gli amici devono essere solo in comune. Direi che siamo una bella coppia ormai da 12 anni e qui vengo al punto. Circa un mese fa viene fuori il discorso dell’Unione Civile. Premetto che io non ho niente contro le Unioni civili, ci mancherebbe altro! Dopo che lui ne ha accennato sono andato a vedermi le norme che sono molto meno semplici di come pensavo, in particolare per sciogliere l’unione civile unilateralmente c’è un procedimento in due fasi con una pausa di tre mesi tra la prima fase e la seconda e poi c’è la scelta del regime patrimoniale. Io penso che per buon senso garantire la separazione dei beni specialmente quando si tratta di persone della stessa, diciamo così, forza economica sia la cosa più opportuna perché questo semplificherebbe molto la fine dell’unione civile se ce ne fosse bisogno. Quello che mi spaventa di più, però è che compiere un passo come l’Unione Civile comporta un cambiamento di stato civile ufficiale, cioè legale, esterno, che in certi casi non ha un senso reale … voglio dire che tra noi non cambia niente, non dobbiamo mettere al mondo figli, poi ci sono le questioni di lavoro, che la buonuscita in caso di decesso di uno dei due spetta all’altro, ok, è una cosa importante, ma uno dovrebbe mettere in conto di morire prima della pensione e francamente è un’idea che non voglio nemmeno prendere in considerazione. Per il resto noi viviamo nella stessa casa da 12 anni, nel senso che abbiamo la residenza nella stessa casa, non abbiamo beni in comune e non abbiamo mai avuto problemi patrimoniali di nessun genere e quanto alla mutua assistenza, tra noi, non è mai mancata, ma non è mai mancata in modo spontaneo, non per obbligo legale, forse questo è successo perché non abbiamo mai avuto veri problemi economici o di salute né io né lui e quindi non c’è stato quasi bisogno di mutua assistenza, ma sono convinto che se uno di noi ne avesse bisogno, l’altro non solo non si tirerebbe indietro ma si impegnerebbe al massimo delle sue possibilità. Voglio dire che per noi come coppia l’unione civile, almeno in questo momento della vita, non porterebbe nessun vantaggio. Questo per dire solo delle questioni giuridiche dal nostro punto di vista, però, in effetti, questi sono tutti discorsi teorici e uno può volere l’Unione Civile in sé, come riconoscimento formale di una vita in comune, questo non solo lo capisco ma lo accetto benissimo. Ho cominciato a pensare: “Se lui ci tiene io che dovrei fare? Gli dovrei dire di no? Oggettivamente non ho nessuna paura di rimanere fregato dalle norme dell’Unione civile perché di Luca mi fido più che di me stesso.” A distanza di tempo Luca mi ha accennato di nuovo lo stesso discorso un altro paio di volte, perché mi vedeva esitante ma capiva che comunque non gli avrei mai detto di no, e alla fine gli ho detto di sì. Era felice come una Pasqua! Ma poi siamo andati ai dettagli: a chi lo diciamo? Ai miei genitori proprio no! Perché si sentirebbero dei genitori incapaci puniti da Dio attraverso il fatto di avere un figlio che non solo è gay ma pensa pure di unirsi civilmente ad un altro uomo. Luca aveva una mezza intenzione di dirlo ai suoi genitori, ma più ci pensava più gli sembrava impossibile, perché i suoi genitori, che lui vede solo due volte all’anno, sanno che lui è andato a convivere, ma non sanno che è andato a convivere con un uomo, e se lo sapessero correrebbero il rischio di morire di infarto. Quindi genitori no! Io sono figlio unico, lui ha un fratello ma non sono mai andati d’accordo e non si parlano da anni, quindi famiglie niente! Chi ci resta? Due o tre amici comuni che sanno che noi siamo solo amici e che noi non abbiamo mai invitato a casa nostra perché altrimenti si sarebbero accorti che viviamo insieme. Chi ci resta? I colleghi della scuola? Ma invitare qualcuno di loro sarebbe come invitare la volpe nel pollaio. Alla fine mi ha detto: “E vabbe’, tanto non lo possiamo raccontare a nessuno …” E la storia è finita così. Poi ho provato a pensare a che cosa sarebbe successo se lo avessero saputo a scuola? Avrebbero fatto subito un bel comitato di mamme pronte a difendere il pargoletto dalle grinfie sataniche di due … innominabili che avrebbero certamente rovinato quel tesoro di bambino, che vuole tanto bene alla sua mamma. E mi immagino il preside che per paura del comitato delle mamme si sarebbe messo in aspettativa fino alla fine della tempesta. Caro Project, il discorso è amaro ma realistico, non nego che altrove le cose possano essere diverse, ma qui il mondo è questo, non ti linciano perché non lo sanno altrimenti non si farebbero il minimo scrupolo. Sono felice per Lorenz e per il suo compagno ma purtroppo per me e per Luca non è proprio possibile seguire il loro esempio.

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Help
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Re: INSEGNANTI GAY E UNIONI CIVILI RISCHIOSE

Messaggio da Help » domenica 8 novembre 2020, 14:12

Dovreste cambiare lavoro. La situazione che state vivendo non vi permette di vivere al 100% le vostre vite

Finché siete ancora relativamente giovani, trovate un posto migliore. Evitate la scuola, oppure provate a diventare professori universitari

Elementari, medie e superiori sono posti che fanno schifo a 3/4, e lo farebbero anche se foste etero. Non mi viene in mente neanche una sola caratteristica positiva di quel ambiente

Buona fortuna

Lao
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Iscritto il: domenica 19 luglio 2015, 20:41

Re: INSEGNANTI GAY E UNIONI CIVILI RISCHIOSE

Messaggio da Lao » lunedì 16 novembre 2020, 15:57

Lavoro anch'io in ambito scolastico, ma mi riconosco solo parzialmente in questa descrizione. È un ambiente molto complesso come altri, con dirigenti che non intendono scontentare l'utenza, con procedure sempre più pervasive e snervanti - spesso per coprire lacune scandalose nella preparazione degli alunni -, stress e compenso inadeguato. Si tratta però di un lavoro che garantisce uno stipendio fisso e che a volte gratifica.
L'omofobia è anche a scuola, perché la scuola è parte integrante della società in cui viviamo. Io stesso ho subito attacchi omofobi a cui ho reagito. Francamente però non mi sembra credibile la macchina del fango che è stata descritta, né l'eventuale aspettativa del dirigente. L'omofobia c'è, ma nella scuola italiana lavorano centinaia di migliaia di insegnanti ed immagino che ce ne siano diversi gay. Molti vivono questa realtà. Ad esempio in una scuola della mia zona insegna un uomo gay (ricopre un incarico di prestigio) di cui tutti hanno sempre conosciuto la situazione personale, ma non ho mai sentito commenti sulla sua vita privata. Anche fosse ipocrisia, pace. L'autore dell'email parla però di Napoli (non mi è chiaro se sia questa la città in cui vive, ma fa riferimento ad un istituto scolastico molto grande), dove il clima è probabilmente differente.
Comprendo bene la cautela (io farei lo stesso), ma il sospetto e il timore perenni finiscono per far terra bruciata intorno a sé. Non si tratta infatti solo di un problema di contesto lavorativo ostile o percepito come tale, ma del fatto di non aver condiviso la propria situazione con nessuno: con i genitori no, i fratelli no, gli amici no (che amici sarebbero?), temo in seguito a un meccanismo di razionalizzazione a posteriori che finisce per riconfermare la propria condizione di solitudine e di esclusione sociale.
Qualcosa non mi convince. Al di là della cautela che ritengo importante, occorre che gli altri si facciano una ragione del fatto che esistano coppie omosessuali, altrimenti, a forza di essere cauti, non si campa.

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