RELAZIONI GAY E FORZATURE

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
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RELAZIONI GAY E FORZATURE

Messaggio da progettogayforum » domenica 13 giugno 2021, 14:27

Questo post mira a presentare alcune riflessioni sulle forzature nelle relazioni gay. Limitando il discorso alle forzature interne alla relazione, prescinderò quindi dall’intervento di terze persone.

FORZATURE AFFETTIVE E SOCIALI

“Non si arriva vergini” al momento di provare a costruire una relazione. Con questo non mi riferisco solo o specificamente ai rapporti sessuali, ma al fatto che ciascuno si porta appresso l’eredità del vissuto precedente, col suo carico di mitizzazioni, di frustrazioni e di sogni non realizzati e quindi con una maggiore o minore predisposizione alla creazione di un rapporto affettivo.

Entrare in una relazione significa in ogni caso iniziare un percorso la cui conclusione, a priori, è imprevedibile. Molti ragazzi cercano di acquisire elementi atti a rafforzare la loro decisione cercando informazioni sul loro possibile compagno o cercando rassicurazioni proprio dal possibile compagno, ma la prevedibilità e quindi la programmabilità di una relazione affettiva resta comunque, di regola, minima. Una relazione affettiva non è una partita a scacchi che si gioca “contro” il proprio compagno al fine di conquistarlo e che si può vincere o perdere a seconda che si facciano le mosse giuste o quelle sbagliate. Una relazione affettiva mira a superare l’individualismo in funzione di una unità di intenti che permetta di affrontare “insieme” una fase della vita.

Non è possibile entrare “con riserva” in una relazione, porre condizioni significa già non accettare l’altro per quello che è, mettergli “a priori” dei paletti e dei limiti da rispettare.

Entrare in una relazione significa accettare l’idea che si deve cominciare a costruire in due e partendo da zero, che cioè ogni forma di individualismo, ogni tentativo di prevalere e di avere ragione deve essere messo da parte per cominciare un percorso in due.

Entrare in una relazione con aspettative troppo elevate significa predisporsi in partenza al fallimento. Le idee di coinvolgimento totale, di soddisfazione al 100%, di “tutto o niente”, sono le principali nemiche delle relazioni affettive, che possono benissimo essere serissime e importanti ed essere al contempo parziali e limitate, non esclusive e non totalizzanti. Ciò non vuol dire che non si possa aspirare a migliorare col tempo la relazione, ma che il miglioramento dovrà essere costruito in due e potrà richiedere un percorso lungo e comunque non avrà un esito garantito.

Entrare in una relazione vuol dire mettere da parte qualsiasi atteggiamento giudicante, cosa che è facile soltanto a parole e che va ben oltre il non pronunciare giudizi. Per non pronunciare giudizi basta tenere a freno la lingua, per non giudicare ci vuole un atteggiamento si sostanziale umiltà, virtù rarissima. Il “non giudicare comporta un rispetto profondo dell’altro e il riconoscimento di una natura comune al di là di qualsiasi diversità. In questo senso il non giudicare comporta il mettere da parte il concetto di colpa. Quando una relazione non parte o finisce non è colpa di nessuno. Gli atteggiamenti falsi, aggressivi e prevaricatori sono forme di mancato controllo che noi avvertiamo quando sono manifestati all’esterno e che consideriamo colpevoli di per sé, se considerati nell’ambito stretto della relazione, ma trovano sempre una motivazione nel vissuto dell’altro che reagisce ad analoghi atteggiamenti falsi, aggressivi e prevaricatori posti in essere verso di lui. Chi vuole entrare veramente in una relazione deve capire che non deve perdonare nulla, ma deve solo accettare, perché perdonare significa prima di tutto giudicare cioè sentirsi in un ruolo che viola radicalmente la parità che è la condizione di qualsiasi vero rapporto affettivo.

Entrare in una relazione vuol dire accettare che l’altro conservi comunque una sua privacy. Chiedere una sincerità al 100% significa incorrere di nuovo in quel 100% che è nemico dei rapporti affettivi. La tendenza a conoscere ad ogni costo il passato del nostro possibile compagno nasconde in realtà un atteggiamento giudicante che è segno di aridità affettiva e spesso anche si una forma di insicurezza derivante da scarsa fiducia nel proprio partner. La sincerità non è un requisito a priori delle relazioni affettive e neppure specificamente della vita di coppia, ma è una conquista e presuppone una fiducia profonda nell’altro, che non è mai scontata a priori ma si costruisce giorno per giorno.

Innamorarsi non significa cercare qualcosa per sé, ma cercare senza condizioni di fare qualcosa di positivo per l’altro, sperando che ne consegua una reciprocità almeno parziale. Gli amori possessivi non sono amori ma forme di narcisismo che tendono non alla comprensione ma al controllo dell’altro.

La fiducia nell’altro non consiste nel credere che l’altro sarà fedele, coltiverà un rapporto esclusivo, non avrà altre simpatie o altri amori, ma nel credere che l’altro farà quello che “secondo lui” deve essere fatto in ogni situazione, cioè che l’altro, in condizioni di libertà morale, possa scegliere quello che secondo lui è il meglio.

Gli atteggiamenti tipo “aut aut”, o fai questo o tra noi è finita, sono del tutto incompatibili con una rapporto affettivo anche a livelli minimi.

In un rapporto affettivo “vero” le incomprensioni sono parte integrante della relazione, quando si superano il rapporto si consolida, quando si radicalizzano il rapporto diventa una competizione tra rivali che vogliono prevalere comunque.

Coltivare una relazione affettiva seria richiede tempo e disponibilità, il che significa che per coltivare una relazione affettiva “può” essere necessario sacrificare altre cose. Una relazione affettiva comporta una scelta perché il tempo è comunque limitato. Chi non vuole operare scelte ma vuole solo aggiungere una relazione affettiva ai suoi molteplici impegni quotidiani è come chi vuole coltivare un giardino enorme pieno di piante e, d’estate, non riesce ad innaffiarle tutti, col risultato che alcune inevitabilmente seccano.

In una relazione affettiva non ci sono comportamenti dovuti, non è necessario gestire insieme le risorse economiche, non è necessario avere tutti gli amici in comune e ciascuno può benissimo conservare i propri, non è necessario conoscere o farsi accettare dalla famiglia del proprio compagno. Richiedere cose del genere significa che non si mira a coltivare una relazione con quel ragazzo, ma a coltivarla “in modo visibile” o “purché le risorse economiche siano gestire insieme” o con altre condizioni più o meno restrittive. Un rapporto affettivo è un rapporto tra due persone il cui senso non dovrebbe essere condizionato da fattori esterni di nessun genere.

In una relazione affettiva tra due gay, uno dichiarato pubblicamente e uno no, si possono creare difficoltà oggettive perché, in questo caso, comportamenti precedenti al rapporto di coppia, come il coming out generalizzato del ragazzo dichiarato, impediscono di fatto al compagno non dichiarato di mantenere la sua privacy e questo rappresenta una forzatura oggettiva e non superabile, perché preesistente alla relazione.

Vi è anche un altro genere, molto più leggero, di forzatura, del quale molto spesso non ci si rende neppure conto ed è la forzatura verso comportamenti a maggiore contenuto affettivo, per esempio l’indurre il proprio partner a scambi di regali anche non costosi o di sms a contenuto affettivo. Una cosa è mandare un sms affettuoso al proprio compagno e una cosa è aspettarsi che anche lui faccia lo stesso. Non va mai dimenticato che l’affettività si impara soprattutto in ambiente familiare e che comportamenti che per qualcuno sono normali, ad altri possono apparire assolutamente strani, semplicemente perché non li hanno mai visti applicati nella pratica. L’affettività si impara anche nella vita di coppia. In genere, le coppie che si vogliono bene, anche se partono da posizioni molto distanti, convergono lentamente vero un punto di equilibrio comune, e con il passare dei mesi e degli anni finiscono per assumere atteggiamenti mentali e modalità di reazione molto simili, ma tutto questo, ovviamente, richiede tempo e si realizza solo in un ambiente affettivo serio e autenticamente gratificante.

Un rapporto affettivo, a qualsiasi livello, esiste solo nella misura in cui è reciproco. L’assenza di reciprocità non è segno di una patologia del rapporto ma della sua inesistenza. Un rapporto affettivo non può essere a senso unico.

Non è facile distinguere tra una risposta affettiva debole ed una risposta inesistente, perché la reciprocità non si manifesta attraverso le parole, anzi, l’assenza di reciprocità si cela spesso dietro parole e anche dietro comportamenti che sembrano indicare un vero coinvolgimento e una risposta affettiva importante.

Spesso i nostri desideri generano proiezioni fantastiche che si sovrappongono alle situazioni reali e modificano la percezione dei fatti favorendo la loro interpretazione conferme ai nostri desideri, in questo modo si vede ciò che si desidera vedere, si perde il contatto con la realtà e si arriva a non vedere anche cose che sarebbero evidenti in assenza di meccanismi proiettivi. In questo modo si finisce per portare avanti anche per anni relazioni la cui esistenza è tutta interna al nostro cervello e non ha nulla a che vedere con la realtà.

FORZATURE IN AMBITO SESSUALE

Si dà troppo spesso per scontato che tra due ragazzi gay, nell’ambito di una relazione affettiva, la sessualità non presenti alcun problema e venga da sé come la cosa più spontanea e naturale, ma l’esperienza non conferma queste supposizioni. Se per un verso è vero che nel mondo gay i rapporti occasionali sono una cosa comune (attenzione alla malattie sessualmente trasmesse!) è altrettanto vero che “nell’ambito di una relazione affettiva seria” la conquista di una sessualità spontanea e disinibita è tutt’altro che scontata.

Le esperienze sessuali tendono inevitabilmente ad avvalorare certi modelli di comportamento, che finiscono per diventare abitudinari e sono di fatto il codice di comportamento seguito in modo automatico quando non ci si trova in condizioni di coinvolgimento affettivo profondo: “Ho sempre fatto così e quindi faccio così anche questa volta.” Il sesso vissuto in modo occasionale con partner diversi, che dopo non si incontreranno più, favorisce questo schema semplice di comportamento, un po’ come una volta accadeva nel sesso con le prostitute. Quando invece ci si trova coinvolti in un rapporto affettivo serio, subentrano categorie di pensiero totalmente diverse, perché in questo caso c’è anche il timore di compromettere il rapporto affettivo e si è molto più prudenti nei comportamenti. In pratica sorge il “problema” del sesso, del quando farlo, del quanto farlo, del procedere passo per passo o bruciare le tappe, del che cosa fare, tutto questo perché c’è la preoccupazione che quel coinvolgimento sessuale, che è pure fondamentale, possa apparire eccessivo o al contrario troppo fragile al nostro compagno. In qualche modo si ha il timore di essere giudicati. In situazioni del genere è frequente riscontrare un vero blocco della comunicazione, nel senso che l’argomento si dà per scontato o si considera come non affrontabile in modo esplicito e l’imbarazzo aumenta, e questo rischia di mettere in crisi tutta la relazione.

All’interno di una coppia non fa mai male parlare esplicitamente anche di sesso. Non solo non è un argomento tabù, ma è un modo per superare l’imbarazzo e aprire una comunicazione meno filtrata. Bisogna tenere presente che in materia sessuale la variabilità della fantasie e dei punti di vista è estrema e così anche la variabilità delle esperienze pregresse e delle interpretazioni soggettive di quelle esperienze.

In nessuna cosa come nella sessualità è opportuno astenersi dal giudicare e dal ritenere il proprio comportamento o l’insieme delle proprie fantasie come il metro assoluto per misurare i comportamenti altrui. Ascoltare e parlare onestamente crea un clima di confidenza e di fiducia reciproca. La reciprocità è un requisito necessario di questo tipo di dialogo, che deve essere un dialogo tra pari, se questo non accade il livello del dialogo crolla inevitabilmente e uno dei due o entrambi si sentono giudicati. Bisogna tenere presente che se parlare di sessualità in generale è certamente facile, parlare della propria sessualità col proprio compagno col quale c’è un rapporto affettivo, è spesso difficilissimo, almeno in termini seri. Il rischio di banalizzare la conversazione allontanandola dal diventare uno strumento di costruzione di un rapporto di coppia, è quanto mai concreto.

Costruire un rapporto sia a livello affettivo che sessuale non è facile, ci vuole tempo, bisogna conoscersi a fondo. La fretta è una delle ragioni principali del fallimento. Avere fretta può voler dire non essere capaci di capire le necessità e i tempi dell’altro e spesso è proprio per la fretta che si è indotti alle “forzature” in materia sessuale. Non si tratta di costrizioni, che sarebbero vere e proprie forme di violenza, ma di tecniche volte a portare la relazione “quasi al punto di rottura”. Le forzature, considerate dal punto di vista di chi le pone in essere, non sono vissute come forzature, ma come forme di insistenza, di interesse per l’altro e al limite d’amore, cioè come modi per portare l’altro ad esprimere rapidamente il massimo delle sue potenzialità. Ma questa valutazione è totalmente unilaterale. La realizzazione di un’armonia sessuale di coppia non consiste certo nel fatto che uno dei partner cede alle insistenze dell’altro ma nel fatto che tra i due si arriva a un equilibrio. La forzatura consiste nel chiedere all’altro il massimo sforzo di adeguamento ritenendosi dispensati dal fare quanto competerebbe a noi.

Quando l’esito di una forzatura conduce al fatto che uno dei due cede del tutto spazio all’altro, chi ha ottenuto quello che voleva si sente gratificato e soddisfatto e non si rende conto che la relazione ne esce nettamente indebolita perché il suo compagno si sente trascurato e, seppure bonariamente, costretto a cedere.

Un caso fondamentale di forzatura si verifica quando, interrompendo una tradizione di rapporti “protetti” uno dei due pretende che l’altro accetti di fare sesso senza protezione “fidandosi ciecamente” del suo compagno. Si tratta di una tematica estremamente delicata perché qui non si tratta di fare uno sforzo di adeguamento psicologico ma di esporsi concretamente ad un rischio che può essere molto grave. Questo tipo di forzature, va detto molto chiaramente, non sono tollerabili in nessun modo e possono mettere l’elemento debole della coppia in situazioni di estrema difficoltà, qui si tratta di veri ricatti affettivi della peggiore specie, di prove di forza, che oltre che esporre le persone a rischi seri per la salute sono delle vere forme di prevaricazione alle quali bisogna opporti nel modo più deciso. In un rapporto affettivo vero, l’altro non deve mai essere messo a rischio, per nessun motivo.

Tanto premesso, le vere “forzature” cioè quelle che possono anche essere rifiutate e che, se rifiutate, non comportano la fine della relazione ma solo una sua ridefinizione, possono essere anche tollerate se sono episodiche e reciproche, perché possono diventare una specie di caratteristica della relazione. Si tratta in questi casi di forzature relative che finiscono per non essere più stressanti e che si interrompono ben prima che si raggiunga il limite di rottura della relazione.

Chi vive o meglio subisce vere forzature cambia inevitabilmente il suo punto di vista verso il compagno e finisce per covare sentimenti di rivalsa e spesso non li manifesta finché detti sentimenti non diventano esplosivi e l’elemento che appariva debole finisce per presentare il conto al suo compagno che assolutamente non se lo aspetta.

Le vere forzature sono sempre un aspetto patologico della vita affettiva. Va sottolineato però che spesso, chi subisce queste forzature non si chiede quale ne sia l’origine ma si limita a giudicarle negativamente. In questo senso il cosiddetto elemento debole della coppia si lascia andare a giudizi che possono essere fuorvianti. Spesso gli individui fortemente imperativi non si rendono neppure conto che il loro comportamento può provocare conseguenze. Nel patto di mutua chiarezza all’interno della coppia è implicito che chi si rende conto delle debolezze dell’altro (anche nascoste dietro l’apparenza di gesti forti) ne parli con lui nell’ottica di un dialogo chiaro. Con questo intendo dire che di fronte alle forzature, in linea generale la via migliore da percorrere non è né quella del condannarle senza riserve né quella dell’adeguarsi passivamente, il dialogo è sempre la via maestra e va tentato in ogni caso, perché spesso porta a risultati positivi. L’assumere posizioni pregiudiziali e rigide non può che portare all’ulteriore deterioramento della relazione.

Va sottolineato che le forzature possono essere al limite accettabili e non controproducenti quando mirano al superamento delle condizioni di imbarazzo, ma sono purtroppo frequenti le forzature che consapevolmente o meno mirano a modificare o a rimodellare la sessualità dell’altro inducendolo (forzandolo) per compiacenza ad accettare pratiche sessuali che non gli sono gradite. Su questo punto bisogna essere molto chiari: ogni tentativo di modificare forzatamente le preferenze le attitudini, le fantasie o i comportamenti sessuali di un altro individuo costituisce una forma di violenza ed è destinato inevitabilmente al fallimento. Pensare di modificare la sessualità di una persona inducendola a comportamenti che per quella persona non sono spontanei significa comportarsi come quelli che intendono trasformare i gay in etero con le terapie riparative.

Un cenno a parte meritano le tecniche usare per mettere in pratica le forzature, tecniche che sono evidentemente correlate al grado di forzatura e agli atteggiamenti assunti dai partner nell’ambito della coppia.
1) Insistenza giocosa, alternata a sorriso, a battute divaganti e gesti di confidenza fisica come scarmigliare i capelli del partner, dargli una leggera spinta, strizzargli l’occhio o semplicemente guardarlo dritto in viso sorridendo. Ovviamente questa modalità accompagna le forzature lievi che al limite non sono neppure forzature e implicano che si possa benissimo resistere alla forzatura dando per scontato che non ci sarà nessuna conseguenza.
2) Forzatura proposta all’interno di un momento “serio”. Questa modalità suscita di per sé ansia e obbliga l’altro ad una risposta esplicita, mira a raggiungere un accordo quasi-giuridico, mettendo la relazione su un piano formale fatto di patti e di obblighi, che sono ovviamente incompatibili con una dimensione schiettamente affettiva.
3) Forzatura proposta come un ultimatum. Questa modalità ha già i requisiti della violenza, è accompagnata da un tono alto della voce e da atteggiamenti del volto che mirano ad essere massimamente espliciti e a sottolineare che eventuali mancate accettazioni della forzatura non rimarranno senza conseguenze. Questi atteggiamenti da padrone sono intollerabili e cercare di salvare comunque la vita di coppia significa in questi casi accettare in modo esplicito un rapporto di dipendenza i cui limiti sono a priori imprevedibili.

Un’attenzione particolare merita la forzatura “per ritorsione” cioè il reagire ad un torto che si è subito o che si crede di aver subito rispondendo in modo duro colpo su colpo. In questo caso si invoca, in sostanza, la categoria giuridica della “provocazione” per giustificare un comportamento aggressivo che ha una finalità sostanzialmente vendicativa cioè mira a pareggiare i conti applicando la vecchia regola dell’ “occhio per occhio, dente per dente”. La ritorsione può essere in parte giustificabile se è breve e non è sostanzialmente punitiva. In caso contrario è un segno forte di crisi del rapporto.

La forzatura in ambito sessuale che è percepita di gran lunga come la più violenta consiste nel porre vincoli drastici alla libertà dell’altro che intende interrompere la relazione. Questo tipo di forzatura, che è una violenza manifesta che si potrebbe definite violenza possessiva. Quando uno dei due partner percepisce la relazione come insopportabile e decide di interromperla, l’altro lo ostacola in ogni modo nella realizzazione del suo proposito, con minacce più o meno velate di ritorsione vantando sul suo compagno un vero diritto di possesso, si tratta di una radicale strumentalizzazione di uno dei due partner da parte dell’altro. Questi comportamenti sono fortemente ansiogeni per il partner debole e lo tengono una situazione di stress forte e prolungato nel tempo, privandolo sostanzialmente della sua libertà. Questi comportamenti posso arrivare a configurare veri e propri delitti penalmente sanzionabili. Gli esempi, in campo etero, sono purtroppo all’ordine del giorno e possono arrivare fino al femminicidio. In campo gay episodi di quella efferatezza sono molto rari ma le forzature e le violenze di tipo possessivo sono comunque un fenomeno non rarissimo.

Le forzature e le volenze più aggressive e devastanti si realizzano nell’ambito di convivenze in condizioni di sostanziale asimmetria economica, perché in questi casi le forzature sono amplificare dalla sostanziale impossibilità di uno dei due partner di interrompere la convivenza anche quando ne avverte il peso insostenibile. La convivenza in situazioni di asimmetria economica può sembrare un modo per risolvere problemi economici impellenti ma rischia, alla lunga, di trasformarsi in una trappola dalla quale poi è molto difficile uscire.

L’unico modo per evitare forzature opprimenti consiste nell’avere un’indipendenza economica che consenta “in ogni caso” di evitare una convivenza forzata.

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