GAY E ISOLAMENTO AFFETTIVO

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
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GAY E ISOLAMENTO AFFETTIVO

Messaggio da progettogayforum » domenica 14 aprile 2024, 9:15

La realizzazione autentica del sé si identifica con il trovare una propria posizione in un universo relazionale integrato e necessita, per nascere e per mantenersi, di un clima relazionale adeguato.

L’universo relazionale di un individuo varia in modo sostanziale nel corso della vita, per il bambino è costituito essenzialmente dall’ambiente familiare, si arricchisce poi di altri rapporti, alcuni sostanzialmente sociali, altri sostanzialmente affettivi e altri ancora connotati dalla compresenza di componenti sociali e di componenti affettive. L’universo relazionale di un individuo esprime la personalità di quell’individuo attraverso la dinamica dei suoi rapporti interpersonali. Gli universi relazionali di individui diversi possono essere tra loro diversissimi. Non voglio qui imbarcarmi in questioni astratte, intendo invece limitarmi a considerare il sotto-universo relazionale “affettivo” di un individuo, mettendo per il momento da parte la trama dei rapporti di tipo sociale, nati nel mondo del lavoro, in ambiente familiare o in altro ambito. Intendo chiedermi come sia strutturato l’universo relazionale affettivo di un individuo. Il problema è arduo e cercherò di fare riferimento all’esperienza evitando, almeno a livello cosciente, indebite proiezioni interpretative.

Partiamo da una premessa: il bisogno affettivo è sostanzialmente innato, ma questo bisogno si sviluppa fin dall’origine in modo molto diverso a seconda dei primi contatti con l’ambiente familiare. Lungi da me l’idea di dare consigli o di fare discorsi moralistici circa la gestione dei rapporti familiari. Fare il genitore non è mai facile e richiede equilibrio e consapevolezza della delicatezza estrema della propria funzione. Quando i figli crescono il loro orizzonte affettivo si allarga, i genitori, che all’inizio avevano un ruolo dominante essenziale, occupano via via posizioni meno centrali e altre figure, scelte al di fuori della famiglia, assumono progressivamente ruoli fondamentali, le amicizie diventano importanti e le relazioni affettive e sessuali finiscono per assumere un ruolo centrale, L’interesse affettivo dei ragazzi gay si concentra sull’idea di trovarsi un ragazzo, ma con queste parole si tende a semplificare il discorso, trattando in modo unitario situazioni oggettivamente anche molto diverse. Ci sono diversi modi di intendere la ricerca di un compagno, ne suggerisco soltanto alcuni:

1) Trovarsi un compagno con cui condividere la vita, nel senso di costruire “insieme” una vita comune, basata su valori condivisi, nell’ipotesi che ciò sia possibile.

2) Trovarsi un compagno per sentirsi adulti, perché si ritiene il fatto di avere un compagno una caratteristica irrinunciabile dell’età adulta.

3) Trovarsi un compagno che sia essenzialmente un partner sessuale che non pretenda fedeltà e non accampi diritti.

4) Trovarsi un confidente col quale sfogarsi delle proprie frustrazioni.

L’elenco potrebbe essere esteso all’infinito.
Tra tutte queste possibili modalità esiste una grande divisione: da una parte possiamo porre le modalità in cui si cerca di costruire un “terreno comune”, si cerca di costruire la relazione insieme, perché la persona dell’altro ha per noi più importanza del nostro modello a priori di relazione, e dall’altra parte possiamo porre le modalità in cui si dà la scena già per costruita e si immagina soltanto di immettere su quella scena dei personaggi destinati a recitare una parte già scritta.

Le relazioni appartenenti alla prima categoria sono autentiche relazioni, in cui, per ciascuno dei partner, la coppia conta più dei singoli. Le relazioni appartenenti alla seconda categoria partono, almeno per uno dei due partner, dal presupposto che esista a priori un modello da seguire e che l’altro conta solo se accetta di conformarsi al ruolo che gli viene assegnato. Chiameremo le relazioni di questo secondo gruppo relazioni asimmetriche, perché, per uno almeno dei partner, esiste un ruolo dominante, il proprio, e un ruolo complementare, quello del proprio partner.

Tutte le relazioni interpersonali sono soggette ad evoluzione perché gli individui non sono unità statiche, e può accadere che una relazione nata come simmetrica, assuma nel tempo le caratteristiche di una relazione asimmetrica, come può accadere anche il contrario. Ogni relazione ha una sua storia, una sua evoluzione, e pensare di poter prevedere a priori l’evoluzione di una relazione è assolutamente irrealistico.

La relazioni asimmetriche danno a chi ne fa parte assumendo se stesso come elemento dominante la sensazione di avere la parte del protagonista, ma è un’illusione effimera che non ha alcuna base affettiva o relazionale ma si fonda solo sull’idea di dominio e di perfetto controllo della relazione stessa, è in sostanza una gratificazione di potere e non una gratificazione effettiva. È vero, peraltro, che gratificazioni affettive e gratificazioni di potere sono inevitabilmente presenti, in vario modo e grado, in tutte le relazioni umane e la distinzione binaria delle relazioni tra relazioni di potere e relazioni affettive ha solo un valore di indicazione astratta e sommaria. Le relazioni simmetriche sono, in sostanza, quelle che sono prevalentemente su base affettiva, mentre quelle asimmetriche sono quelle prevalentemente basate su meccanismi di potere. Se uno dei partner tende ad assumere un ruolo dominante (relativo) non è affatto detto che la relazione debba andare in crisi, perché l’altro partner potrebbe preferire un ruolo gregario e l’adattamento reciproco potrebbe comunque essere accettabile. Se però i due partner tendono entrambi a creare una coppia per loro gratificante sulla base di meccanismi di potere, l’incompatibilità di quella coppia sta proprio nel fatto che essa dovrebbe soddisfare due esigenze incompatibili.

Da quello che vedo, ma la cosa va presa con beneficio di inventario, sono portato a credere che la tendenza a vivere i rapporti di coppia come meccanismo di potere sia una conseguenza di una educazione anaffettiva, che comporta, o sembra comportare, nella vita di coppia adulta un’oscillazione perpetua tra due tendenze opposte: quella ad assumere un ruolo dominante e quella ad assumere un ruolo esclusivamente gregario, direi, in massima sintesi, tra la tendenza a strumentalizzare il partner e l’accettazione passiva della strumentalizzazione da parte del partner. Le persone anaffettive tendono in genere ad una forte polarizzazione tra opposti inconciliabili e rifuggono dall’dea di mediazione e di confronto, oscillano tra la certezza illusoria di aver capito tutto e una presunta consapevolezza di non contare assolutamente nulla.

Se dovessi riassumere il senso di fondo di questo discorso direi che una buona dimensione affettiva non porta a ragionare per concetti assoluti e teorici, ma tende a salvare i rapporti con le persone nei limiti del possibile e non vede in questo una sconfitta, cioè un abbassamento degli obiettivi della relazione; una dimensione effettiva fortemente carente o incerta, cresciuta cioè non sull’esperienza diretta di rapporti affettivi gratificanti ma sulla sostanziale privazione affettiva, compensata dal ragionamento astratto, non spinge alla mediazione ma all’estremizzazione, non induce all’affettività ma alla razionalizzazione estrema e in sostanza alla sostituzione dei meccanismi di gratificazione affettiva con i meccanismi di gratificazione di potere, con la specificazione che i meccanismi di gratificazione di potere portano all’oscillazione tra illusione e frustrazione profonda.

Mi rendo conto che questa descrizione è ancora molto teorica e se può in qualche modo inquadrare una tipica patologia della vita di coppia non suggerisce alcuna strada per eliminare o ridurre il problema. In altre parole, le due domande simmetriche.

1) “Che posso fare se mi rendo conto che il mio partner tende ad avere un ruolo dominante e a costruire una relazione asimmetrica?”

2) “Che posso fare se mi rendo conto di non avere col mio partner una relazione simmetrica perché io tendo a non lasciare al mio partner un ruolo paritario e tendo ad assumere in modo quasi automatico un ruolo dominante?”

In relazione al punto 2) va fatta un’osservazione fondamentale: il modo di procedere degli individui, anche di quelli più equilibrati, non è mai esente da errori. Gli errori non sono una rara eccezione ma sono una costante ineliminabile del procedere umano. Non sbagliare è impossibile, quando si sbaglia, se si intende preservare una relazione, bisogna prendere atto dell’errore e cercare di correggere il proprio comportamento senza difendere aprioristicamente le proprie posizioni. Mantenere le posizioni in nome della loro coerenza logica astratta, è indice di anaffettività e conduce nel tempo a frustrazioni radicali e a senso di depressione.

Più complicato è cercare di trovare una risposta alla domanda 1) perché si può cercare di modificare i propri comportamenti, ed è già una cosa difficile, ma cercare di modificare i comportamenti del proprio partner può essere un’impresa oggettivamente impossibile, non perché il partner sia intrinsecamente affettivamente arido ma perché sconta pesantemente gli affetti di una educazione anaffettiva che gli preclude in vario modo e grado l’accesso ad una vita affettiva effettivamente gratificante.

La domanda è: “Si può voler bene ad un partner che tende ad essere dominante e a trasformare in relazione di potere una relazione che potrebbe essere una relazione affettiva importante?” La risposta è “sì, è possibile e succede realmente.” Va detto subito che voler bene ad un partner che tende ad essere dominante e anaffettivo non è una scelta patologica del partner affettivo. Ci sono ragazzi che si comportano come partner anaffettivi ma non vivono questi comportamenti come una gratificazione di potere ma come una mancanza di gratificazione affettiva, che imputano realisticamente a se stessi, e tutto questo provoca in loro sofferenza profonda, si rendono conto che per loro creare e mantenere una relazione autenticamente affettiva è molto difficile e sono dominati dal senso di frustrazione. Ovviamente i partner di quei ragazzi si rendono conto di tutto questo e capiscono che il loro partner sta lottando con se stesso per liberarsi della propria anaffettività e cercano di fare di tutto perché questa liberazione si realizzi il prima possibile e nel modo più completo possibile. Non è facile riconquistare un’affettività equilibrata e non è detto che ci si riesca, l’esito finale dipende molto dal rapporto che si instaura col partner, meno conflittuale è questo rapporto più probabile è che si arrivi al recupero di una affettività equilibrata.

In genere i partner dei ragazzi anaffettivi si fanno portare dall’entusiasmo e tendono a vedere tutto facile o almeno molto più facile di com’è realmente e rischiano di compromettere il percorso di recupero dell’affettività da parte del loro partner con la loro eccessiva presenza e con la loro ingenua pretesa di diventare salvatori del loro partner, cioè di diventare a loro volta dominanti. Il compagno di un ragazzo che si comporta come anaffettivo dovrebbe limitarsi ad essere una presenza eventuale, che c’è quando serve e che accetta, se necessario, di fare un passo indietro.

Un ragazzo tendenzialmente anaffettivo non deve essere asfissiato di attenzioni affettive che ai suoi occhi sono incomprensibili e assolutamente inopportune e gli deve essere lasciato il tempo necessario che non è certamente limitato a pochi giorni, proprio perché si tratta di riscoprire e di rifondare la propria affettività su altre basi. La riconquista dell’affettività è una ricostruzione del sé ed è un processo faticoso e non lineare, che comporta parziali avanzamenti ma anche parziali retrocessioni e il cui esito non è scontato ed è raro che sia un recupero al 100%.

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