MORALE SESSUALE E MASTURBAZIONE SECONDO BENTHAM

Approccio dei ragazzi gay verso la sessualità
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MORALE SESSUALE E MASTURBAZIONE SECONDO BENTHAM

Messaggio da progettogayforum » martedì 1 novembre 2022, 17:24

MORALE SESSUALE

L’esercizio della sessualità procreativa è una condizione indispensabile per la sopravvivenza dell’umanità. Questa osservazione è in fondo banale ma ci fa capire perché i tentativi di disciplinare la sessualità attraverso regole sociali e morali siano in pratica antichi quanto la stessa umanità. La presenza di regole, di comportamenti sessuali approvati e di comportamenti sessuali disapprovati si è poi trasferita dalla dimensione sociale alla dimensione individuale attraverso un processo di più o meno completa e più o meno conflittuale interiorizzazione della norma comunemente accettata.

Dal fatto oggettivo che l’esercizio della sessualità eterosessuale è indispensabile alla sopravvivenza del gruppo sociale è impropriamente derivata l’idea che la sessualità sia “per natura” finalizzata esclusivamente alla riproduzione e che quindi la sessualità debba essere “per natura” eterosessuale e procreativa, da qui la condanna della sessualità eterosessuale non procreativa, di quella omosessuale e della masturbazione come deviazioni “contro natura”.

Se ci si chiedesse a che cosa serve la bocca nessuno direbbe che per natura serve solo per parlare o solo per mangiare o solo per respirare, perché la bocca serve per tutte queste cose e certamente anche per altre, quando si parla di sessualità, invece, l’idea di individuare una unica finalità “naturale” prende il sopravvento.

Il sesso eterosessuale non procreativo, quello omosessuale e la masturbazione sono realtà antiche quanto il genere umano e non si limitano certo solo al genere umano. Non si tratta quindi di fenomeni culturali ma di fenomeni antropologici, comuni a molti viventi anche non umani, che hanno una intrinseca naturalità, come tutti i fenomeni che si manifestano nella realtà. Ciò non di meno le religioni e le istituzioni sociali ritengono questi comportamenti sessuali sovversivi, cioè potenzialmente capaci di sovvertire l’ordine sociale e addirittura di mettere in crisi l’esistenza stessa delle società umane.

Basta fare una ricerca su Wikipedia per rendersi conto di come le numerosissime denominazioni religiose e i numerosissimi gruppi sociali tentino di definire, ossia di limitare, la sessualità lecita e di distinguerla da quella non lecita. Dalla Bibbia ai libri sacri di altre religioni, alle decisioni delle autorità religiose, politiche e civili, si assiste ad una moltiplicazione senza limiti di affermazioni ampiamente contraddittorie e sostenute soltanto da un principio dogmatico di autorità. Ogni religione e ogni gruppo sociale detta norme su questo e su quello, prescrive o condanna questo o quello, in nome di Dio o di una particolare rivelazione o di una interpretazione della rivelazione che si assume sia quella giusta. Proprio la pluralità e la contraddittorietà di tutte queste affermazioni di principio ne manifesta l’arbitrarietà e la dipendenza da un principio fideistico, legato alla figura di un messia, di un profeta o di un capo religioso o all’autorità di un capo politico che si atteggia a riformatore morale della società. Spesso le interpretazioni dei testi sacri legate alla sessualità variano a seconda dei luoghi e dei tempi e sembrano rispondere ad esigenze contingenti e assolutamente mondane, se non addirittura opportunistiche.

La distinzione tra uso lecito e illecito della sessualità si basa spesso sulla distinzione tra dovere coniugale e piacere individuale. Per esempio, nella Chiesa cattolica, l’uso della sessualità è presentato come lecito soltanto nell’ambito di una relazione matrimoniale formalizzata attraverso un sacramento che consacri religiosamente l’unione di un uomo e di una donna e la definisca conforme alla prescrizioni ecclesiastiche e, nell’ambito di questa unione, soltanto se l’atto sessuale è volto a fini procreativi. Tutto il resto è presentato come una “sterile” ricerca del piacere individuale. Il dualismo dogmatico di principio tra sessualità lecita e sessualità non lecita definito attraverso le categorie di dovere e di piacere, è puramente formale e strettamente individuale: la relazione di coppia non conta, la sessualità è una questione individuale, non di coppia, è tutta interna alla coscienza del singolo, riguarda il suo rapporto con Dio e con la Chiesa molto più che i suoi rapporti con il partner. Il/la partner appare essere o uno strumento per generare la prole partecipando alla funzione creatrice di Dio, nell’esercizio lecito della sessualità, oppure uno strumento diabolico di peccato che spezza il rapporto del singolo con Dio e con la sua Chiesa, nell’esercizio non lecito della sessualità. A questo radicale dualismo formale non sembra esserci alternativa. La cosiddetta morale sessuale appare ed è percepita come criterio discriminante tra santità del matrimonio e abominio della sessualità non procreativa.

Sulla base di questi principi, puramente formali, è comunque possibile esercitare un potere attraverso i sensi di colpa indotti dall’indottrinamento, che trasmette e rafforza preconcetti, pregiudizi e scale di valori adatti a mantenere le persone in uno stato di perenne minorità, attraverso l’interiorizzazione di concezioni secondo le quali la libertà è un peccato, l’esercizio della sessualità è regolato da Dio o da un’autorità religiosa e che ciò che conta non è la libertà del consenso dei partner ma l’adesione formale a uno schema che si assume come “naturale” e sacro.

C’è da chiedersi perché dagli scopi della sessualità debba essere escluso il piacere, perché la libertà dei singoli debba essere subordinata a uno schema astratto, perché il sesso considerato legittimo e “doveroso” debba avere necessariamente una finalità riproduttiva, con tutte le conseguenze che queste affermazioni comportano. Quando ci si interroga su queste cose ci si rende conto che non esiste alcuna motivazione se non di puro preconcetto dogmatico. Nella realtà, la morale sessuale normativa, sia essa su base religiosa o legale, pure affermata in linea di principio da moltissime persone, è ampiamente e tranquillamente contraddetta nella vita privata di moltissime di quelle stesse persone. La percezione della obbligatorietà della morale sessuale normativa è di fatto molto debole e labile.

La morale “di gruppo”, riferibile a una denominazione religiosa o a un gruppo sociale può condizionare la morale individuale, e spesso la condiziona pesantemente, perché è una realtà di tipo sociale che tende, nella misura in cui ci riesce, a sostituire la morale individuale, cioè la scelta “autonoma” del singolo, ma la morale “di gruppo” resta sempre e comunque una realtà estranea alla morale individuale, per quanto si cerchi di richiedere al singolo una identificazione profonda con il gruppo e con i sui valori.

La parziale o totale rinuncia alla libertà che consegue di fatto all’adesione senza riserve alle regole di comportamento e ai valori di un gruppo, tanto più se irrevocabile, comporta il teorico auto-annullamento della libertà di scelta individuale e l’instaurazione di un reale stato di conflitto interiore tra libertà repressa in nome di un sistema di valori e quello stesso sistema di valori.

Il pensiero mitico e le dogmatiche sono incompatibili con il pensiero scientifico e più in generale con la razionalità, o si segue la via della ragione e si persegue un’autentica conoscenza dei fatti o ci si affida a miti e a dogmi.

Come è ben noto a tutti coloro che a vario titolo si occupano di sessualità, i comportamenti sessuali e le stesse concezioni della sessualità sono enormemente diversi da individuo a individuo e sono spesso molto variabili nel corso della vita, questa banale osservazione comporta che dire eterosessuale non definisce se non in modo assolutamente superficiale la sessualità di un individuo, ovviamente altrettanto vale per gli omosessuali e per qualsiasi altro gruppo o sottogruppo usato per la classificazione dei comportamenti sessuali. Tuttavia la distinzione tra bene e male, assunta arbitrariamente come radicalmente binaria in linea di principio, finisce per sovrapporsi ad un’altra distinzione, quella tra sessualità riproduttiva e sessualità non riproduttiva. In questa logica tutte le diversità individuali sembrano perdere di significato e l’idea che la sessualità non riproduttiva sia l’incarnazione del male sembra quasi ovvia e “naturale”.

LA POSIZIONE DI BENTHAM

Proviamo ora a partire da un punto di vista diverso. Jeremy Bentham, noto filosofo, economista e giurista inglese (1748-1832), nel 1789, pubblica la sua opera principale “Introduzione ai princìpi della morale e della legislazione”. Bentham afferma che “Occorre perseguire la massima felicità per il maggior numero di persone”. Questo è dunque il principio che dovrebbe ispirare la morale e la legge. Si disse poi che Bentham sosteneva che si dovessero fondare la morale e le leggi su un principio “edonistico”, basato cioè sulla “ricerca del piacere” e non sull’obbedienza a un dovere, e l’uso dell’espressione “ricerca del piacere”, tradizionalmente connotata in termini negativi, invece dell’espressione più appropriata “ricerca della felicità”, coinvolse il giudizio sul pensiero di Bentham in disquisizioni di tipo astrattamente moralistico-tradizionale del tutto estranee al pensiero del filosofo.

Le leggi e la morale possono limitare la libertà individuale soltanto quando la realizzazione della felicità di una persona crea di fatto impaccio alla realizzazione della felicità di altre persone. In questo senso tutti i comportamenti che non ledono il diritto altrui alla felicità sono leciti. Proprio su questa base Bentham scrisse un piccolo trattato (che potete leggere in traduzione italiana nella biblioteca di Progetto Gay) “Offese contro di sé: pederastia”, si tratta di un saggio di diritto sulla opportunità di sanzionare penalmente la pederastia, scritto nel 1785, quindi all’età di 37 anni, in 60 pagine e mai pubblicato da Bentham. Si tratta del primo saggio che affronta il problema della depenalizzazione della pederastia, che ai suoi tempi era punita con l’impiccagione. Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1978 (summer and fall issues of Journal of Homosexuality, v.3:4(1978), p.389-405; continuato in v.4:1(1978), a cura del Dr. Crompton, Professore di Inglese nell’Università del Nebraska: http://www.columbia.edu/cu/lweb/eresour ... 5/bentham/

Preciso che Bentham usa il termine pederastia in modo diverso da come viene usato oggi, quando parla di pederastia Bentham si riferisce alla omosessualità tra adulti, anche di età diversa, ma adulti consapevoli. Oggi, per indicare le situazioni da lui descritte bisognerebbe usare semplicemente il termine omosessualità.

Il saggio di Bentham, usa forme di graffiante ironia contro ogni forma di pensiero dogmatico, in particolare in materia sessuale: “Stupisce che nessuno ancora abbia immaginato che sia peccaminoso grattarsi dove prude, e che non sia mai stato definito che l’unico modo naturale di grattarsi è con questo o quel dito e che è contro natura grattarsi con qualsiasi altro.”

Bentham si chiede quali danni provochi l’omosessualità a coloro che non sono omosessuali e dopo attenta disamina conclude che l’omosessualità non provoca alcun danno e che non si ritrova alcuna ragione per cui debba essere penalmente sanzionata e addirittura con la pena di morte. Bentham scrive: “Nello Statuto di Guerra stabilito per il governo della Marina inglese, all’art. 32, dopo aver disposto rispetto a questo reato [l’omosessualità] e ad altre specie di impurità che esse “saranno punite con la morte”, si aggiunge: “senza pietà”. Di tutti i reati di cui un uomo in servizio marittimo può essere colpevole, come dare fuoco a una flotta, consegnarla al nemico e così via, questo è l’unico reato che si riteneva si dovesse escludere dalla misericordia. La sicurezza della flotta e dell’Impero erano agli occhi del legislatore oggetti di minor conto rispetto alla conservazione della castità di un marinaio.”

Se Bentham si dimostra nettamente moderno in relazione ai fondamenti della morale e della legge, cade egli stesso in affermazioni grottesche che ricalcano i pregiudizi medici della sua epoca (intesi come scienza) quando tratta della masturbazione.

“Di tutte le irregolarità dell’appetito venereo, quella che è incontestabilmente la più perniciosa è quella che nessun legislatore sembra aver mai tentato di punire. Voglio dire, il tipo di impurità, di cui una persona dell’uno o dell’altro sesso può essere colpevole da sé. Questa produce spesso le conseguenze più gravi per la salute e la felicità duratura di quelli che sono condotti a praticarla. La sua influenza snervante è molto maggiore di quella di qualsiasi altro esercizio di facoltà veneree, e questo in tre diversi modi:

1) Ogni singolo atto di questo tipo è senza paragone più snervante di ogni singolo atto di uno degli altri tipi. La ragione di questo non è chiara; ma il fatto è certo. I medici sono tutti d’accordo su questo.

2) Le persone sono più inclini a questa pratica ad un’età più giovane che quando hanno la possibilità di dedicarsi a qualcuna di quelle altre pratiche, vale a dire, in un’età in cui l’influenza di qualsiasi causa snervante è maggiore. Poiché l’oltraggio alla castità è minore che in qualsivoglia degli altri casi, una persona cederà con meno difficoltà all’impulso derivante o dalla natura o dall’esempio.

3) In tutti gli altri casi la tendenza può essere mantenuta entro i limiti attraverso la mancanza di opportunità; in questo però le possibilità di una mancanza di opportunità sono rare.

I medici sono anche d’accordo che questa non è una causa infrequente di indifferenza in ciascuno dei due sessi per l’altro, e nel sesso maschile finisce spesso in impotenza. Non è solo più maliziosa per ogni persona rispetto a qualsiasi altra impurità, ma sembra essere ovunque molto più frequente. Secondo il giudizio popolare tuttavia la colpa della masturbazione è considerata come molto inferiore a quella di uno degli altri atti di impurità; e tuttavia il vero male che vediamo è incomparabilmente più grande, e comunque non è mai stata punita da nessuna legge. Sarebbe allora giusto prevedere una punizione per questo comportamento? In nessun modo; e per questo motivo semplice, perché nessuna punizione potrà mai avere alcun effetto. La masturbazione può essere sempre commessa senza alcun pericolo o almeno senza alcun pericolo evidente di essere scoperti.”

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