Sessualità e farmaci

Approccio dei ragazzi gay verso la sessualità
barbara
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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da barbara » martedì 26 febbraio 2013, 8:45

Vorrei che le mie parole non fossero travisate, quindi provo a precisare meglio quello che ho detto. Innanzitutto ho detto quello che farei io in un caso simile ; poi ovviamente ogni persona sceglie per sè. Io andrei da un altro psichiatra per prima cosa perchè gli psichiatri sono gli specialisti che meglio conoscono gli psicofarmaci , le differenze fra i diversi prodotti e le loro applicazioni. E' fuori di discussione secondo me che la persona prenda l'iniziativa di interrompere una terapia di questo tipo o la sostituisca con altre.
Uno psichiatra che è anche omeopata conosce sia la medicina tradizionale che quella omeopatica e quindi può offrire a una persona che ha certi effetti collaterali sia un tipo di terapia che una differente. Se poi il farmaco omeopatico non funziona sarà il paziente stesso a farlo presente.
In ogni caso il suggerimento dello psichiatra omeopata era un di più, nel senso che la cosa fondamentale secondo me è rivolgersi a uno psichiatra .
Quando ho suggerito anche altre strade , non le ho considerate antitetiche . Una persona può benissimo iniziare a prendere psicofarmaci e nel frattempo fare dei colloqui con uno psicologo . Poi se sta meglio sarà lo psichiatra stesso a proporre di scalare il farmaco o di sostituirlo con un altro più blando.
Ciò non significa che se una persona ha un disagio psicologico debba sempre andare incontro a una terapia faramacologica. Se il malessere che prova non gli impedisce di vivere la propria vita e se è in grado di sopportarlo può anche farne a meno e trovare altre vie. Ma sta di fatto che ci sono patologie o livelli di sofferenza che molto difficilmente potrebbero essere trattati senza l'ausilio degli psicofarmaci.
Non dimentichiamo che gli psicofarmaci per certe patologie attualmente sono assolutamente indispensabili per la sopravvivenza della persona.
Forse un giorno troveremo il modo di ovviare al loro uso, ma al momento attuale le terapie farmacologiche permettono ad esempio a molte persone di vivere in condizioni molto più umane di un tempo. Una volta chi aveva una sofferenza psicologica a volte anche lieve veniva internato e irreparabilmente peggiorava perchè privato della libertà e di una vita dignitosa.
Non sono d'accordo sull'abuso che spesso se ne fa, (anche da parte dei pazienti stessi) ma non demonizzo uno strumento che è comunque al momento attuale un progresso scientifico.
Ho conosciuto psichiatri e psicologi e ci sono professionisti seri e meno seri in entrambe le categorie, come fra i falegnami e gli stessi macellai.
E' ovvio che ognuno lavora con gli strumenti che conosce e magari allo stesso paziente uno psichiatra propone un farmaco e uno psicologo dei colloqui.
Ma tutte le terapie , comprese quelle psicologiche,possono essere più o meno adatte al paziente . Mi è anche capitato di notare che certi psicologi sottovalutano ad esempio l'abuso di sostanze e non invitano il paziente a rivolgersi a un servizio specialistico, con la conseguenza che il paziente aggrava il suo problema a tal punto da vanificare i progressi della stessa terapia psicologica. Ma una rondine non fa primavera ; quindi dal mio punto di vista la superficialità di qualche professionista non può essere estesa a una categoria.

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Nico89
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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da Nico89 » martedì 26 febbraio 2013, 10:04

Barbara, io sono per lo più d'accordo con te. Penso che vi siano patologie che non possono essere curate se non con l'ausilio di psicofarmaci, è compito dello psichiatra individuare tali patologie e trattarle tramite la terapia farmacologica che ritiene più adatta.
Io personalmente non conosco la situazione specifica di lucadaria, quindi non mi sento di consigliargli di rivolgersi a uno psicologo, perché, per quanto ne so, il suo problema potrebbe essere di natura psichiatrica e non psichica. Al momento sta vivendo con disagio il farmaco che gli è stato prescritto, la cosa migliore sarebbe parlarne con il suo medico, l'ha fatto e lo stesso medico ha detto che non intende modificare il farmaco, gli consiglierei di seguire quanto detto dal medico.
Tuttavia so che in molti casi (e non sono sicuro che il caso di lucadaria sia uno di questi) psichiatri trattano con farmaci (perché questo è il loro approccio) problemi che potrebbero essere affrontati con un percorso psicoterapico, penso che se lucadaria sta vivendo con molto disagio la sua terapia, gli consiglierei o di chiedere il parere di un altro psichiatra, o di rivolgersi a un psicoterapeuta, se non altro per chiederne un parere. Anche perché l'utilizzo di psicofarmaci ha degli effetti collaterali che possono essere davvero spiacevoli, sia per il paziente in sè sia per l'ambiente familiare in cui vive, soprattutto allo scopo di capire se siano davvero necessari.
barbara ha scritto:Uno psichiatra che è anche omeopata conosce sia la medicina tradizionale che quella omeopatica e quindi può offrire a una persona che ha certi effetti collaterali sia un tipo di terapia che una differente. Se poi il farmaco omeopatico non funziona sarà il paziente stesso a farlo presente.
In ogni caso il suggerimento dello psichiatra omeopata era un di più, nel senso che la cosa fondamentale secondo me è rivolgersi a uno psichiatra .
No, non esiste una medicina tradizionale e una alternativa, esiste una medicina vera e una medicina truffaldina. La terapia omeopatica è inconsistente è inutile, si dice che sia olistica, e cioè che consideri il paziente nel suo complesso, questo è falso per diversi motivi, senza dimenticare che anche il medico vero considera il paziente in senso sistemico e non locale.
Dici che il farmaco omeopatico può funzionare o meno per il paziente, no, il farmaco omeopatico non funziona per definizione, e semplicemente perché non può funzionare, qualsiasi effetto è legato all'effetto placebo.
Alyosha ha scritto:L'omeopatia può rivelarsi al più inutile, ma non nociva e inoltre molta considerazione può essere data all'effetto placebo.
Bisognerebbe giustificare l'utilizzo di un farmaco solo in base al suo effetto placebo? Ma così non sarebbe una medicina onesta, senza contare che i farmaci omeopatici sono costosi, e senza considerare che l'effetto placebo può essere ottenuto anche con i farmaci veri.
Inoltre non è vero che l'omeopatia non è nociva, può esserlo perché può allontanare il paziente dai farmaci utili, perché può portare a sottovalutare le patologia, perché instilla una concezione della medicina di natura religiosa più che scientifica, perché può portare a giustificare altre medicine tradizionali ecc.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da progettogayforum » martedì 26 febbraio 2013, 12:30

Provo a dire la mia.

1) Nell’ambito degli psichiatri, come nell’ambito di qualsiasi altra professione e in particolare di qualsiasi altra specializzazione medica, esistono persone più o meno capaci, più o meno aggiornate, più o meno professionalmente corrette, cioè più o meo interessate alla salute del pazienze piuttosto che non al proprio interesse economico. La psichiatria è solo un settore della medicina ma i problemi di correttezza e competenza sono comuni a tutti i professionisti. Io stesso ho visto di tutto, dallo psichiatra che fa diagnosi in 5 minuti e quello che è riuscito a tenere sotto controllo situazioni difficilissime.

2) Tra psichiatri e psicologi ci sono state sempre incomprensioni, perché l’approccio al disturbo mentale è intrinsecamente diverso. E’ solo da pochi anni che la psichiatria ha cominciato a spostarsi da una dimensione essenzialmente descrittiva e classificatoria, con poche possibilità di intervento reale sui meccanismi biochimici che stanno alla base dei disturbi, verso una dimensione consapevolmente terapeutica, basata sulla conoscenza di alcuni meccanismi biochimici del cervello e sulla possibilità di influire su di essi farmacologicamente. Uno psichiatra moderno e aggiornato deve essere espertissimo di neurofisiologia del sistema nervoso e deve essere espertissimo di farmacologia a livello biochimico-molecolare proprio perché è chiamato a gestire strumenti particolarmente potenti e quindi anche potenzialmente pericolosi. Proprio il potenziamento degli strumenti terapeutici in mano allo psichiatra richiederebbe un aggiornamento continuo. Con la vecchia psichiatria (pochi farmaci e terapia essenzialmente sintomatica) le possibilità terapeutiche erano ridotte ma era ridotto anche il rischio che lo psichiatra facesse grossi danni, ora lo psichiatra “comincia ad avere” delle possibilità di terapia eziologica, cioè comincia a poter intervenire sulle cause biochimiche del disturbo con strumenti molto incisivi, ma conseguentemente gli errori possono avere conseguenze pesanti. Va detto che anche quando non c’è nessun errore il paziente può avvertire difficoltà molto gravi e questo accade quando una terapia è fortemente dose-dipendente e si è ancora alla ricerca del dosaggio ottimale. Naturalmente ci sono anche psichiatri che tendono a “scaricare il paziente” (specialmente il paziente difficile da gestire) prescrivendo la solita benzodiazepina quasi a mo’ di placebo, ma situazioni analoghe esistono in tutte le professioni.

3) La funzione di uno psicologo è completamente un’altra cosa. Uno psicologo deve aiutare un paziente nel suo percorso verso il benessere psico-fisico. Molte classiche terapie come la psicoanalisi appaiono oggi cose di interesse storico più che attuale. Le terapie di tipo cognitivo-comportamentale sono di fatto l’approccio più moderno alla maggior parte dei disturbi per i quali è possibile non fare ricorso a terapia farmacologica. In pratica lo psicologo deve portare la persona che a lui si rivolge ad una consapevolezze dei meccanismi psicologici che sono alla base dei disturbi e deve guidarla passo verso una maggiore capacità di operare scelte razionali e funzionali. È ovvio che questo tipo di approccio non è adeguato, quanto meno non è sufficiente, in casi di grave malattia mentale come la schizofrenia e la psicosi manico-depressiva, ma in molti altri casi, quando cioè si tratta di affrontare disturbi anche seri ma di tipo nevrotico, l’approccio psicologico può essere da solo sufficiente a risolvere i problemi, ma ovviamente si tratta di approcci che richiedono tempo, terapie lunghe e operatori altamente specializzati. Tra gli psicologi accade come tra i medici, cioè esiste la necessità di una specializzazione, che deve essere sia teorica (di studio) che di esperienza (cosa assolutamente insostituibile). Uno psicologo che si occupa di malati terminali, può essere assolutamente incompetente nel gestire questioni di orientamento sessuale. Lo psicologo serio non è un tuttologo e dovrebbe limitarsi ad esercitare in ambiti in cui è strettamente competente.

4) Esistono situazioni in cui uno psicologo competente può affrontare un caso in modo efficace senza la collaborazione dello psichiatra. In una situazione del genere sarebbe dovere dello psichiatra dire chiaramente al paziente che non c’è bisogno di un approccio farmacologico e indirizzarlo da uno psicologo competente. Ed esistono anche situazioni in cui l’approccio tipico dello psicologo e oggettivamente insufficiente e in questo caso uno psicologo responsabile dovrebbe indirizzare il paziente da uno psichiatra per una terapia farmacologica adeguata. Naturalmente esistono anche parecchie situazioni in cui lo psicologo e lo psichiatra sono chiamati a collaborare, perché nessuno di loro è in grado, da solo, di affrontare la situazione in modo soddisfacente. Purtroppo però reindirizzare il paziente ad un altro operatore o creare una collaborazione psicologo-psichiatra non è prassi comune nella situazione attuale.

5) Come in tutti i casi in cui si richiede un intervento medico, una funzione fondamentale è quella del medico di base che dovrebbe indirizzare correttamente il paziente e questo vuol dire che il medico di base dovrebbe essere in grado di operare almeno una valutazione orientativa del caso. Spesso però ci si trova davanti a medici di base che si limitano a prescrivere benzodiazepine a mo’ di placebo o che scaricano subito il paziente allo psichiatra.

6) Una funzione fondamentale nella gestione dei problemi psicologici e dei disturbi mentali spetta alla famiglia che è il primo punto di riferimento del singolo. Per un gay però il rapporto con la famiglia è spesso critico, non c’è dialogo e, specie nei confronti dei figli gay c’è la tendenza a medicalizzare la situazione anche quando la cosa non è assolutamente opportuna. Il rifiuto subliminale del figlio gay spinge un genitore a preferire un figlio con (falsi) problemi mentali ad un figlio gay. Aggiungo che in moltissimi casi l’origine del disagio dei ragazzi gay sta proprio nella famiglia e in questi casi più che medicalizzare la situazione del figlio gay sarebbe il caso di affrontare una terapia familiare che potrebbe migliorare la situazione di contorno e anche risolvere il problema alla radice, ma l’ignoranza e i preconcetti rendono questo approccio estremamente raro.

7) In conclusione, con gli psichiatri e gli psicologi, come per tutte le professioni, esiste il rischio di incappare in persone sostanzialmente incompetenti o non aggiornate o non corrette professionalmente (caso classico degli psicologi amici di famiglia che raccontano ai genitori quanto i ragazzi hanno detto loro in colloqui confidenziali). Queste cose sono inevitabili e possono essere limitate solo attraverso una regolamentazione più stretta delle professioni. Dal punto di vista del paziente è fondamentale una prima funzione di orientamento operata del medico di base e prima ancora dalla famiglia, che è probabilmente il vero punto debole.

8) Concludo con una osservazione. Sia uno psicologo che uno psichiatra non fanno miracoli e non hanno la bacchetta magica. Solo un bambino pensa che se ha mal di pancia e va dal medico il medico gli dà una pastiglia e passa tutto, un adulto sa bene che si va dal medico per contenere il danno, per fare quello che è possibile fare, per avere una guida e un orientamento. In ambito psicologico e psichiatrico, più che in altri settori, bisogna evitare di attendersi soluzioni miracolistiche. Si tratta spesso di problemi complessi, difficili da affrontare, perché non si può agire sull’ambiente che circonda l’individuo, ambiente che spesso è una concausa importante, se non addirittura la causa determinante del disturbo.

Alyosha
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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da Alyosha » martedì 26 febbraio 2013, 12:47

Sono proprio contrario all'idea che il farmaco possa essere una soluzione, quando invece lo vedo molto più come il problema. Farmacologizzare il paziente significa indurlo in uno stato di passività, ovvero convincerlo che la sua è una malattia con la quale può solo convinvere oltre che rincoglionirlo. Lo psicofarmaco è una droga che crea rispetto al problema lo stesso sollievo che creano le droghe. L'alcol per esempio è un noto antidepressivo. Cosa si fa con un alcolizzato? Prima lo si disintossica e poi si cerca di risolvere il motivo per cui beveva, altrimenti ritorna a bere. Se una persona assume farmaci per stare meglio, cosa deve fare un terapeuta? Prima disintossicarlo e poi cercare di capire qual'è il problema. Il farmaco è sempre un problema in più, quando la situazione si normalizza e crea più problemi di quanto ne risolve. Prima di optare per questa soluzione altri tentativi andrebbero provati, ma la gente in realtà neanche ci prova,quando vede una persona andare di matto si rivolge direttamente allo psichiatra. A Project dico soltanto che prima dello psicofarmaco c'era l'elettroshock e i manicomi (ora per fortuna chiusi), quindi non è vero che potessero far danno limitato. Adesso che i meccanismi fisiologici si conoscono meglio fanno interventi più precisi e mirati, ma il problema di fondo per me resta tutto, certi approcci restano "violenti" nella metodica di fondo. Tutti potremmo diventare matti se messi in un contesto patologico, non solo i matti.
Non avete idea di che posti fossero i manicomi. La zia di una mia amica c'è finita dentro, perché il padre l'ha picchiata a sangue. Ai tempi era scappata perché aveva avuto rapporti sessuali con un tipo. Pagò amaramente quel gesto, in seguito al trauma smise di parlare e fu affidata alle note cure degli esperti. Quando chiusero i manicomi il fratello se la mise in casa. A poco a poco ha ripreso un minimo di dignità. Non parla ma almeno sa usare le posate e si sa lavare da solo e comunica con piccoli gesti. Hanno dovuto però rieducarla ai piccoli gesti che in quel posto aveva completamente dimenticato. Mi raccontava come veniva tratta sua zia dentro il manicomio, costretta a mangiare dove pisciava. Io ne ho visto uno in Romania, dove non sono ancora stati aboliti, sono degli autentici lager. Credete che una persona che abbia disagi in quella situazione possa riprendersi? Questa era la psichiatria fino da un quarantna di anni fa.
Mi risponderete, i matti li conosci tutti tu? Forse si, perché mi hanno sempre fatto simpatia :mrgreen:. Però è solo che sono particolarmente sensibile all'argomento e certe situazioni mi restano particolarmente in testa.

Dovrebbero esistere psichiatri seri e umili che quando arriva un cliente che ha una banale depressione, gli consigliano uno psicologo, invece di scrivere quattro pillole e rimandarlo a consulti anche mensili, che comunque hanno l'unico scopo di ritoccare la terapia. Probabilmente uno psichiatra che usa omeopatici e coaudiuva l'effetto blando delle erbe con una buona terapia della parola può essere un buon compromesso in questo senso. L'omeopatia non è una truffa, ma un commercio che è diverso. E' un furto fare pagare quelle quattro erbe che mettono tutti quei soldi. Dopo di che se chi li usa trae dei benefici fosse anche solo psicologici ben vengano. I medicinali sono veleni (provate a prenderli in sovradosaggio e vedete un pò che succede), sostanze tossiche da maneggiare con molta, ma molta cura di questo, anche sotto la pressione delle cause farmaceutiche ce ne scordiamo troppo spesso.
Ora nel caso specifico supponiamo che un gay vada da uno psichiatra perché è depresso (grazie al cazzo, con tutto querllo che ci tocca subire, aggiungerei io), il tipo gli diagnostica una depressione e lo cura con farmaci a basso dosaggio ovviamente. Il gay represso non gli dirà mai che è gay, forse nemmeno riesce a dirlo a se stesso, le medicine curano il sintomo, ma non risolvono il problema. Bene prima avevamo un depresso, adesso un depresso che è anche un drogato. Sapete nel frattempo cosa è successo? Che i responsabili della sua depressione, la famiglia, la società se n'è rimasta tranquilla a battersi il petto e il gay perfettamente sano è stato impaccato di medicine (visto che essere depressi in un contesto deprimente è dare una risposta perfettamente normale). Questo prima dell'avvento della psicoanalisi era all'ordine del giorno. I pazzi erano dei malati, nascevano così, non ci poteva fare nulla si tenevano in manicomio e amen. Freud intuì che invece i processi patologici avevano grosse linee di continuità con i processi mentali ordinari. Al di là delle sue idee specifiche, capì che il sintomo era una risposta patologica per un contesto patologico, non una risposta patologica in un contesto sano. Certo che questo crea più problemi, perché se la moglie è nevrotica, magari uno deve andare a rompere le palle al padre o marito oppressore, se la figlia è isterica e punitiva prendersela con la mamma che la reprime, se il gay è represso andare a scomodare la famiglia ecc. ecc. Poi è ovvio che la psicoanalisi ha fatto il suo tempo, quell'approccio nel frattempo si è evoluto, ma è stato rivoluzionario a suo tempo e lo è tutt'ora.
E' ovvio che esistono disturbi di natura psichiatrica che possosno solo essere crati con il farmaco, ritardi mentali, forme acute di schizzofrenia ecc. ecc. Ma sono pochi, pochissimi i casi. Mi fermo qui i discorsi da fare sarebbero decisamente troppi e devo scontrarmi contro il muro dell'ovvio. Certi modi di vedere sono quasi una sseconda pelle e tentare di smontarli è proprio tempo perso.
Dopo questa lunga lettera che mi sarei volentieri risparmiato, mi chiedo è il caso che un gay che soffre di depressione venga curato con farmaci.
Io certe volte qua dentro davvero divento matto, perché non si ragiona e non si tengono insieme mai i pezzi. Dove sono i seguaci dell'omo? Un gay che soffre di depressione e pensa bene di farsi curare da uno psichiatra è vittima dell'omo... omo... come si chiama... Suvvia è semplice! E noi anime belle che facciamo? Gli diamo il farmaco. Perfetto il discorso non fa una piega, è di una coerenza spaventosa! La stessa cosa vale anche per la psicologia chiaramente e infatti lo dico sempre che se non ci sono altre tipoligie di disagio non è proprio il caso che un omosessuale vada dallo psicologo, con la differenza che penso anche che andarsi a schiarire un pò le idee chiaccherando con qualcuno, può al più essere inutile non nocivo.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da progettogayforum » martedì 26 febbraio 2013, 17:37

Scusami, Alyosha, mi pare che tu dica cose vere sui manicomi e su tante altre cose e anche sull'abuso e l'uso facile dei farmaci, ma ti posso assicurare che alcune situazioni che tu ritieni impossibili si realizzano eccome e l'ho visto direttamente, parlo di psichiatri seri che rinunciamo a curare con farmaci ragazzi gay con forme depressive e anche ragazzi etero con doc gay e li rimandano da uno psicologo specializzato in questi settori. Mandare un ragazzo gay dallo psichiatra ma spesso anche dallo psicologo significa per la famiglia delegare del tutto il proprio compito, questo è verissimo, ma tutte queste cose non giustificano affatto la demonizzazione della psichiatria o dei farmaci. E' ovvio che devono essere cose gestire con criterio e competenza. Non solo ma prima di ricorrere a specialisti avrebbe senso facilitare molto la socializzazione dei ragazzi che ha di per sé un valore terapeutico enorme, specialmente quando non esiste in realtà nessuna vera patologia mentale di base, cioè nella stragrande maggioranza dei casi. Il problema del rapporto con le famiglie è enorme ma per avviarlo seriamente a soluzione ci vorrebbe un cambiamento culturale epocale, una vera rivoluzione copernicana che porti anche l'Italia a livello dei popoli civili anche in questo settore.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da Alyosha » martedì 26 febbraio 2013, 18:18

Gli approcci seri sono sempre approcci integrati. Per me il farmaco va dato nel trattamento delle fasi acute (penso ad atti di violenza, crisi d'ansia, tentativi di suicidio ecc. ecc.) per tamponare l'emergenza con il preciso compito di stabilizzare il paziente il prima possibile a avviarlo a terapie psicologiche. Oppure in alternative nelle forme croniche quando tutti gli altri metodi non hanno dato prove di efficacia. Per dirla più facile se un depresso cronico rifiuta una psicoterapia ma accetta il farmaco, meglio un drogato che un morto e lo stesso vale per tutti gli altri casi. Diverso chiaramente è il caso di disturbi psichiatrici veri e propri come per esempio la schizzofrenia (di cui è comprovata per altro la rfamiliarità) in quel caso è la stessa psicologia che si offre come supporto all'azione dello psichiatra, perché non si riconosce la possibilità di curarla. Ritenere però la depressione un disturbo psichiatrico (di quella si parlava) equivale a farmacologizzare il disagio e sono proprio contrario.
Io resto sempre sbalordito perché invece vedo un mucchio di pazienti che avviano percorsi farmocologici senza aver neanche fatto un consulto dallo psicologo. Di psichiatri che rispetto a disagi psicologici alzano le mani e rimandano a psicologi, ne conosco veramente pochi. Questo però dipende anche dalla mentalità nostra, lo psichiatra per l'appunto è un medico che ha studiato medicina (come a dire che lo psicologo invece s'è masturbato sui libri). Probabilmente viviamo in realtà diverse dove le cose funzionano in modo diverso non fatico a riconoscerlo. Come ho già riconosciuto il fatto che le generalizzazioni sono sempre sbagliate nessun problema a rettificare su questo punto. L'importante è intendersi sulle cose il farmaco è una droga e dovrebbe essere l'ultima soluzione cui disporre nel caso in cui sono fallite tutte le altre. Chiederei proprio a lucadaria se ha ha richiesto prima una consulenza psicologica fallita la quale è andato dallo psichiatra, se c'è andato sotto consiglio dello psicologo (capita anche questo) o se proprio allo psicologo non c'ha mai pensato. Così parliamo di cose concrete e non di posizioni ideologiche. Poi può fare quello che gli pare ovviamente, ma se deve prendere un farmaco che gli abbassa la libido, almeno provi ad afficare lo psichiatra con un supporto psicologico, ed entri nell'ottica che prima si libera del farmaco meglio è. se crede nella psicologia se non ci crede amen è tempo perso anche solo insistere. Ovviamente non parlo affatto di un salto nel vuoto, liberarsi del farmaco e ripiombare nella depressione, appunto gli consigliavo di rivolgersi un ad un buon terapeuta mentre avvia la terapia farmacologica, cosa che ogni psichiatra serio dovrebbe consigliare detto tra noi.
Perfettamente d'accordo invece sul fatto che un gay represso di per sé non va mandato neanche dallo psicologo, mi pare di averlo precisato in calce io stesso.
P.S.: Chiedo scusa anche a Barbara avevo frainteso il suo discorso non volevo chiamarla dalla mia forzosamente, in genere me ne frego di essere in compagnia quando sono certo nelle polemiche. Nella disputa infinita tra psichiatri e psicologi sto nettamente dal lato degli psicologi, la mia è una posizione dichiaratamente partigiana, di cui mi faccio carico per me stesso.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da barbara » martedì 26 febbraio 2013, 20:45

Tranquillo Alyosha, ti conosco abbastanza bene da sapere che è stata solo la foga a rendere imprecisa la tua citazione riguardo al mio commento. Ci tenevo solo a evitare che altri potessero fraintendere. E so anche che non hai bisogno di nessuno per le tue epiche battaglie... D'altronde...chi ti starebbe dietro? :lol: semineresti anche Speedy Gonzales :mrgreen:

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da Elsa » martedì 26 febbraio 2013, 21:35

Ci sono degli elementi che, a mio modesto parere, non mi sembra siano stati presi in considerazione.
Lucadaria non specifica qual è il tipo di depressione di cui soffre, i farmaci possono essere differenti così come possono essere differenti gli effetti collaterali, inoltre egli scrive che prima il desiderio era una costante dei suoi pensieri.....credo che ne sappiamo veramente poco per potergli dare dei buoni consigli e che la discussione stia andando verso pareri personali ,
Solitamente partecipo poco alle discussioni perché preferisco far parlare chi ne sa più di me, quando però si discute di certi argomenti non posso fare a meno di dire la mia e come sempre spero di non offendere nessuno, ma la depressione è un argomento molto serio che richiede grande attenzione anche e soprattutto da parte di chi ne soffre....il calo della libido può essere l'ultimo dei problemi, è invece molto importante avere fiducia del proprio psichiatra in caso contrario è meglio chiedere un consulto da un altro medico.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da Nico89 » martedì 26 febbraio 2013, 22:06

Mi scuso fin d'ora per il fatto che quanto sto per scrivere è off topic, però sento la necessità di fare delle precisazioni.
Alyosha ha scritto:L'omeopatia non è una truffa, ma un commercio che è diverso. E' un furto fare pagare quelle quattro erbe che mettono tutti quei soldi. Dopo di che se chi li usa trae dei benefici fosse anche solo psicologici ben vengano. I medicinali sono veleni (provate a prenderli in sovradosaggio e vedete un pò che succede), sostanze tossiche da maneggiare con molta, ma molta cura di questo, anche sotto la pressione delle cause farmaceutiche ce ne scordiamo troppo spesso.
Se si definisce truffa "l'ottenimento di un vantaggio a scapito di un altro soggetto indotto in errore attraverso artifici e raggiri", l'omeopatia è una truffa, in quanto promette ciò che oggettivamente non può in alcun modo mantenere, e cioè la cura se non la guarigione della malattia (non il semplice sollievo) (e questo è il raggiro ai danni dei pazienti), e i farmaci omeopatici sono in vendita, e spesso a caro prezzo, e qui vi è il guadagno economico a danno dei pazienti e a tutto vantaggio delle aziende omeopatiche.
L'omeopatia non si basa sull'utilizzo di erbe, attenzione a non confondere l'omeopatia con la fitoterapia, sono due cose completamente diverse.
Che le case farmaceutiche vere spesso e volentieri approfittino del loro potere a scopo di guadagno, ad esempio facendo in modo che un farmaco sia venduto e utilizzato più del dovuto, può anche essere vero e comunque dipende dai singoli casi e dalle singole situazioni, ma questo non può in alcun modo essere un argomento a favore dell'utilizzo dell'omeopatia.

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Re: Sessualità e farmaci

Messaggio da sam » martedì 26 febbraio 2013, 23:00

io conosco 2 persone che prendono farmaci e fanno terapia, e solo in questo modo riescono a stare bene: non solo con gli psicofarmaci, non solo con la psicoterapia.
E le conosco molto da vicino e ho visto i loro disturbi maturare e mutare nel tempo. Lasciamo le persone libere di curarsi.
Certe frasi come "i farmaci sono il problema" mi sembrano un po' esagerate.

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