CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
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progettogayforum
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CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da progettogayforum » giovedì 1 novembre 2018, 12:57

Quando si diventa vecchi si ha la presunzione di avere accumulato un’esperienza e di aver maturato una consapevolezza su molti aspetti fondamentali della vita, se non su tutti. Un’idea del genere è rassicurante, ci convince d’essere ormai capaci di capire e di giudicare (parola terribile) tutto.
Sto imparando solo da vecchio che cosa sia la sofferenza vera, non dico della mia, che è piccola cosa, ma dico della sofferenza profonda che tante persone vivono ogni giorno, non come episodio occasionale ma come condizione stabile di vita. Avevo sempre pensato alla sofferenza come prodotto di un male soprattutto fisico ma sto imparando che c’è una sofferenza più profonda, più radicata nell'intimo della coscienza, molto più a monte di ogni distinzione di etero e gay, la consapevolezza di un dolore costante e ineluttabile, il desiderio di fuggire lontano che nasce destinato alla frustrazione, l’attesa di un cambiamento che non arriva, il bisogno di solitudine e di silenzio, il senso dell’impossibilità, dell’essere irrimediabilmente diversi e rallentati, se non frenati e bloccati, nel percorso verso una serenità che si allontana sempre di più. Dinanzi alla sofferenza, alla sofferenza vera, profonda, angosciosa, si prova un senso di sgomento, una sensazione di smarrimento, di paura, ci si sente incapaci, molto al di sotto del necessario, si capisce di essere piccoli, moralmente gretti, condizionati, timorosi, incapaci di andare oltre le parole, ci si sente venditori di fumo che voglio fare i miracoli solo con le parole. Forse sarebbe bene non scrivere neppure un post sulla sofferenza se non si è capaci di fare nulla, sarebbe meglio stare zitti per rispetto di cose più grandi di noi, ma io devo testimoniare di ciò che io ho trovato al di là dell’angoscia di certe persone, devo testimoniare della ricchezza e della genuinità dei sentimenti, del disperato bisogno di affetto di queste persone, di quello che sono capaci di dare, della loro capacità di amare, del loro continuo cercare una strada, del senso di impossibilità che si portano dentro. Ho trovato generosità, voglia di essere e di comunicare, di farsi accettare, di farsi capire, di farsi amare. Ho trovato un mondo così autenticamente umano che mi ha scosso, mi ha messo in crisi, per tante persone il dolore c’è, è profondo, sempre in agguato, interviene a incrinare anche il nascere di una speranza, il dolore non deve finire nel silenzio dovrebbe essere condiviso, rispettato, capito. Mi sento piccolo, insignificante, di fronte a queste cose, mi rendo conto della mia nullità, del fatto che la partecipazione emotiva non basta, non cambia le cose, che ci vuole ben altro e che non sono capace di farlo. Vorrei fare qualcosa di buono ma non sono capace di fare nulla.

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Help
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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da Help » sabato 3 novembre 2018, 0:13

Project, qui ti stai ponendo problemi che vanno al di là del possibile. Curare il dolore del mondo è un proposito equivalente a quello di voler estinguere fame e guerre entro domenica prossima.

Nel nostro piccolo mondo di umani la partecipazione emotiva e ciò che di meglio possiamo offrire. Al di là di tutta la denigrazione/svalutazione che ci piove addosso neanche fossimo in mezzo a una tempesta tropicale, il sentire che qualcuno ci vede per ciò che siamo e che ci capisce è il più sincero contatto possibile con il mondo.

Non puoi estinguere la sofferenza dal mondo, niente di ciò che farai sarà sufficiente. Ma non sei inutile perché tu spegni la sofferenza delle persone, e anche se per il mondo non vuol dire tanto per loro vuol dire tutto.

Valuti la tua vita usando una lente di rimpicciolimento, come se accusandoti di chissà quali sbagli potessi d'improvviso accolarti il peso del mondo. Ma non è un peso che ti riguarda, tu nel tuo piccolo hai agito al meglio.

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agis
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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da agis » sabato 3 novembre 2018, 15:50

Help ha scritto:Project, qui ti stai ponendo problemi che vanno al di là del possibile. Curare il dolore del mondo è un proposito equivalente a quello di voler estinguere fame e guerre entro domenica prossima.

Nel nostro piccolo mondo di umani la partecipazione emotiva e ciò che di meglio possiamo offrire. Al di là di tutta la denigrazione/svalutazione che ci piove addosso neanche fossimo in mezzo a una tempesta tropicale, il sentire che qualcuno ci vede per ciò che siamo e che ci capisce è il più sincero contatto possibile con il mondo.

Non puoi estinguere la sofferenza dal mondo, niente di ciò che farai sarà sufficiente. Ma non sei inutile perché tu spegni la sofferenza delle persone, e anche se per il mondo non vuol dire tanto per loro vuol dire tutto.

Valuti la tua vita usando una lente di rimpicciolimento, come se accusandoti di chissà quali sbagli potessi d'improvviso accolarti il peso del mondo. Ma non è un peso che ti riguarda, tu nel tuo piccolo hai agito al meglio.
Sì, d'accordo Help. Come sempre però aleggia su tutto la confusione tra ciò che è oggettivo e ciò che è categoriale. Dolore e piacere sono concetti puramente categoriali ed anzi, categorie generalissime. Non è che ci sia bisogno a mio avviso di una rocket science per valutare l'impossibilità del compito che ci si volesse proporre nell'eliminare il dolore, nel tollere peccata mundi e nel sentirsi frustrati per il fallimento in una intrapresa impossibile fin dapprincipio. Basterebbe un piccolo controfattuale: ammettendo in via ipotetica di aver successo , come sarebbe concepibile un mondo ( a proposito il mondo è oggettivo o categoriale?) consegnato all'esclusivo dominio del piacere? Sembrerebbe il sogno bagnato di un addicted alle droghe psichedeliche non fosse che, complici i principi della termodinamica, ogni bel gioco dura poco ed alla fine ti attende comunque l'immancabile risveglio :)
Su un piano più pratico è dunque del tutto ovvio che, non esistendo bonum et malum per seipsa con relativo contorno di cori d'angioletti e legioni diaboliche, ogni tentativo relazionale, anche se portato avanti con le migliori intenzioni, può avere esiti differenti dalle nostre aspettative.

Primo pseudo-corollario: come sarebbe per un sadico, un mondo che fosse interamente privato di ciò che per lei/lui è fonte di piacere orgasmico? ^_^

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agis
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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da agis » domenica 4 novembre 2018, 2:47

agis ha scritto: ( a proposito il mondo è oggettivo o categoriale?)

https://www.youtube.com/watch?v=7Sk2tR9btL0

^_^

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Birdman
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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da Birdman » giovedì 8 novembre 2018, 1:15

progettogayforum ha scritto:Quando si diventa vecchi si ha la presunzione di avere accumulato un’esperienza e di aver maturato una consapevolezza su molti aspetti fondamentali della vita, se non su tutti. Un’idea del genere è rassicurante, ci convince d’essere ormai capaci di capire e di giudicare (parola terribile) tutto.
Sto imparando solo da vecchio che cosa sia la sofferenza vera, non dico della mia, che è piccola cosa, ma dico della sofferenza profonda che tante persone vivono ogni giorno, non come episodio occasionale ma come condizione stabile di vita. Avevo sempre pensato alla sofferenza come prodotto di un male soprattutto fisico ma sto imparando che c’è una sofferenza più profonda, più radicata nell'intimo della coscienza, molto più a monte di ogni distinzione di etero e gay, la consapevolezza di un dolore costante e ineluttabile, il desiderio di fuggire lontano che nasce destinato alla frustrazione, l’attesa di un cambiamento che non arriva, il bisogno di solitudine e di silenzio, il senso dell’impossibilità, dell’essere irrimediabilmente diversi e rallentati, se non frenati e bloccati, nel percorso verso una serenità che si allontana sempre di più. Dinanzi alla sofferenza, alla sofferenza vera, profonda, angosciosa, si prova un senso di sgomento, una sensazione di smarrimento, di paura, ci si sente incapaci, molto al di sotto del necessario, si capisce di essere piccoli, moralmente gretti, condizionati, timorosi, incapaci di andare oltre le parole, ci si sente venditori di fumo che voglio fare i miracoli solo con le parole. Forse sarebbe bene non scrivere neppure un post sulla sofferenza se non si è capaci di fare nulla, sarebbe meglio stare zitti per rispetto di cose più grandi di noi, ma io devo testimoniare di ciò che io ho trovato al di là dell’angoscia di certe persone, devo testimoniare della ricchezza e della genuinità dei sentimenti, del disperato bisogno di affetto di queste persone, di quello che sono capaci di dare, della loro capacità di amare, del loro continuo cercare una strada, del senso di impossibilità che si portano dentro. Ho trovato generosità, voglia di essere e di comunicare, di farsi accettare, di farsi capire, di farsi amare. Ho trovato un mondo così autenticamente umano che mi ha scosso, mi ha messo in crisi, per tante persone il dolore c’è, è profondo, sempre in agguato, interviene a incrinare anche il nascere di una speranza, il dolore non deve finire nel silenzio dovrebbe essere condiviso, rispettato, capito. Mi sento piccolo, insignificante, di fronte a queste cose, mi rendo conto della mia nullità, del fatto che la partecipazione emotiva non basta, non cambia le cose, che ci vuole ben altro e che non sono capace di farlo. Vorrei fare qualcosa di buono ma non sono capace di fare nulla.
Sai Project, col passare degli anni ho cominciato a vedere come in realtà diventare adulti e poi anziani non sia condizione né necessaria né sufficiente per potersi dire maturi. E' naturale quando si è piccoli vedere gli adulti come un punto di riferimento, ma quando si cresce si comincia a vedere le cose per come (non) sono. Lo sento sulla mia pelle come alla fine crescere significhi soltanto veder aumentare i propri dubbi e le incertezze. Da piccoli ci insegnano delle regole di massima per stare al mondo, ma poi buona parte di quelle regole vanno a farsi benedire con l'esperienza, che non fa altro che uccidere pian piano quel poco che crediamo di sapere. Se il cammino tracciato è questo, non mi riesce difficile vedere come un uomo anziano possa sentirsi smarrito dopo aver visto buona parte delle sue certezze crollare, dopo una vita trascorsa ad osservarne le crepe allargarsi. Ma questo è un indubbio segno di intelligenza da parte di chi accoglie questi crolli. Non di rado ho visto anziani ciechi e sordi nelle proprie convinzioni, per loro non c'è nulla da riconsiderare, nulla che cambi, tutto resta intatto perché scelgono di non vedere e di non sentire quelle crepe. Sono la maggioranza, lo vedo già a partire dai miei nonni, che ho meglio compreso crescendo e ho capito che di saggezza in realtà non ne abbiano mai avuta. Loro come tanti sono persone che hanno compiuto errori imbarazzanti nonostante la presunta saggezza derivante dall'età. A vedere le loro azioni e conseguenze mi è parso quasi che la loro esperienza non sia servita a niente. Né a loro né agli altri. Ma alla fine non gliene si può fare una colpa. Ognuno vede il mondo anche in base alle proprie possibilità e si muove nel recinto che gli è concesso.
Tu a differenza di molti tuoi coetanei trasmetti una capacità di analisi e di autocritica che in pochi possiedono. Quelle incertezze che ti scuotono sono l'espressione dell'intelligenza di chi non nasconde il capo dinanzi a ciò che vede, per quanto possa essere sconcertante. La strada che hai scelto non è per niente facile (io non riuscirei mai a fare quel che fai tu), ma immagino che sia molto gratificante. Magari inizialmente credevi di poter fare molto di più di quanto potessi realmente e realizzare che non fosse esattamente così immagino che non sia stato piacevole. Però ti ha permesso di capire meglio i tuoi limiti. Help un po' di ragione ce l'ha nel dirti che non puoi accollarti il peso del mondo, ma alla fine è una tua scelta personale e nessuno può metterci becco.
Solo una cosa vorrei aggiungere -e qui sfioro l'argomento di un altro post che hai scritto qualche tempo fa sempre in questa sezione- ed è che spesso ti capita di autoaccusarti anche in maniera molto dura per degli errori o per delle incomprensioni di cui ti ritieni artefice. Per quanto riguarda le incomprensioni o le "delusioni" che puoi aver causato, non è detto che la colpa sia sempre e comunque tua, se proprio dobbiamo attribuirne una. Sempre perché ti sei dato una missione non facile, basata sul dialogo, è frequente ed ovvio che le incomprensioni capitino. Ma se da un lato ti proponi di risolvere alcuni problemi degli altri (o quantomeno di aiutare gli altri ad affrontarli), dall'altro non ci dev'essere nemmeno una richiesta di aiuto sproporzionata, che vada al di là delle tue possibilità. Occorre anche una certa maturità da parte di chi si affida a te nel rendersi conto che tu non possa avere in mano la soluzione a tutti i problemi, e magari al netto di questa considerazione si potrebbero valutare eventuali errori tuoi o degli altri.
In ogni caso la tua continua ad essere una testimonianza di grande valore.

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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da progettogayforum » giovedì 8 novembre 2018, 14:04

Vorrei premettere che non penso affatto di risolvere i problemi del mondo, ma certe volte mi trovo di fronte a persone che vivono in condizioni veramente difficili e lì cominciano i problemi seri, perché rispondere cose più o meno standard a persone che si trovano ad affrontare situazioni più o meno standard è, tutto sommato, facile e forse basterebbe anche solo un rinvio al Manuale di Progetto, ma quando ci si trova di fronte a situazioni di sofferenza profonda, non è possibile non farsi coinvolgere e cavarsela con risposte standard. Prima di tutto, prestare attenzione seria a una persona significa dedicare gran parte del proprio tempo a quella persona, e in secondo luogo significa impegnarsi in un dialogo che, a priori, potrebbe essere deludente e frustrante da entrambe le parti, ma certe volte si intuisce fin dall'inizio che le cose possono funzionare nel modo migliore, in questi casi l’impegno diventa massimo ma purtroppo anche le frustrazioni posso diventare enormi, perché le intuizioni non sempre sono realistiche. In queste situazioni la preoccupazione di fondo non è neppure quella di rimanere delusi ma quella di poter arrecare danni alla persona con la quale si sta cercando di costruire un rapporto, questa preoccupazione non è teorica e può essere fortemente ansiogena. Cercare di costruire una forma seria di dialogo può esporre al rischio di trovarsi sulle montagne russe oscillando tra momenti molto positivi momenti molto negativi. Due cose ho imparato: che le etichette significano poco o nulla e che le persone si conoscono veramente solo in tempi lunghi. Quanto al cambiare idea, beh, mi è successo molte volte e anche in modo molto profondo, mi sono reso conto spesso di avere una massa di preconcetti che non hanno niente a che vedere con la realtà.
Ringrazio di cuore Help, Agis e Birdman! È bello non sentirsi soli!

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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da agis » domenica 11 novembre 2018, 15:10

progettogayforum ha scritto: Due cose ho imparato: che le etichette significano poco o nulla e che le persone si conoscono veramente solo in tempi lunghi. Quanto al cambiare idea, beh, mi è successo molte volte e anche in modo molto profondo, mi sono reso conto spesso di avere una massa di preconcetti che non hanno niente a che vedere con la realtà.
Ringrazio di cuore Help, Agis e Birdman! È bello non sentirsi soli!
Prego, prego, non c'è di che ^_^. Colgo però l'occasione di ribadirti il mio attuale pensiero.
In primis, non è che le etichette servano a poco o nulla. Prova a pensare di farne a meno se ci riesci (fino ad oggi ne ho trovato solo uno che ha proposto un sistema elegante per farlo caratterizzato però da interessanti e trashosissime conseguenze :lol: ). Sono però (arte)fatto nostro e nota come tutti i problemi ideologico/normativi nascano dal voler porre i nostri artefatti al di sopra degli artefici.
In secundis, non è a mio avviso che tu possa giudicare un (pre)concetto da un confronto noumenicamente impossibile con una realtà intesa in senso dualista come dato, dalla classica adaequatio rei et intellectus. Tolto quello non rimane dunque che il confronto tra le costruzioni mentali tue/mie/nostre. E mi fermo qui che d'ora innanzi le cose si complicano maggiormente. Buona serata :)

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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da agis » domenica 11 novembre 2018, 20:48

Ah, a proposito, dimenticavo, l'unico che si salva è l'ossimoro perché la letteratura è l'unica che presenti la contraddizione in termini non prescrittivi ma narrativi. Right ol' boy? :lol:

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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 14 novembre 2018, 23:32

Mi sento profondamente confuso, confermato solo nella consapevolezza di non saper fare nulla e di non valere nulla, di poter fare danni che neppure riesco a comprendere. La mia antica paura si materializza e il senso di smarrimento è profondo. Ho finito per essere una delusione ancora una volta. Ho trovato persone come si deve, persone che hanno sofferto molto e sono stato io l’ennesima delusione. Non era quello che avrei voluto, sono stato superficiale, ho pensato che fosse tutto molto più semplice di com'era, ho pensato di capire e non avevo capito nulla, come mi è spesso accaduto mi sono sopravvalutato, ho cercato di non vedere i miei limiti e ho commesso errori che non ho neppure compreso e questo testimonia quanto fossi lontano dalla realtà. Ho finito per fare l’esatto contrario di quello che avrei voluto. Non so se è più dignitoso chiedere scusa o semplicemente restare in silenzio. Ho visto cose più grandi me e non ho capito che erano più grandi di me. Ho imparato quanto si possa soffrire e quanta dignità ci sia nella sofferenza e mi sono reso conto che le parole non servono a nulla e aggiungono confusione a confusione. Forse è più rispettoso non aggiungere altre parole.

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Re: CONSAPEVOLEZZA DEL DOLORE

Messaggio da agis » giovedì 15 novembre 2018, 9:33

Boh non saprei project. Danni non me ne risultano pervenuti ma se tu senti di averne procurati ad altri su questo non posso pronunciarmi. Su gran parte delle cose che hai fatte e scritte mi son trovato d'accordo. Su alcune no e sai quali. Se il bene ed il male non esistono in senso intrinseco ma debbono essere sempre giudicati in senso relazionale da un confronto, a mio attuale avviso, ci son là fuori luoghi che mi guardo bene dal frequentare ulteriormente mentre, sia pur saltuariamente, continuo a scriver qualcosa in questo. Banalmente dunque il mio giudizio è rivelato dai fatti. Buona giornata :)

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