LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
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GAY E RICAMBIO GENERAZIONALE

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 24 agosto 2022, 13:40

Un vecchio, in qualunque posizione si trovi in questo mondo, deve prendere atto di un fatto inevitabile: il mondo va avanti, e fisiologicamente le vecchie generazioni cedono il campo e le nuove subentrano, perché questo è il meccanismo universale della società umana e non solo. Non conta quanti scalini uno abbia salito nella scala gerarchica o sociale o economica, la regola vale per tutti indistintamente, le età della vita procedono, i vecchi escono gradualmente prima dal sistema produttivo, con il pensionamento, poi piano piano vengono marginalizzati nell’ambito dell’organizzazione familiare, perché la necessità di adattarsi alle mutate condizioni di contesto comporta la progressiva esclusione di chi non è rapido ed efficiente nel processo di adattamento.
La giovinezza è un percorso in salita verso l’autonomia e lo sviluppo delle proprie potenzialità, la vecchiaia è un percorso in discesa verso la progressiva perdita di autonomia e il declino delle proprie capacità. Questa è la cosiddetta parabola della vita. La presa d’atto di questo meccanismo che non ammette eccezioni comporta l’accettazione del declino e alla fine anche della morte, ma può anche portare a conflitti generazionali tra anziani attaccati al loro ruolo e nuove generazioni in salita nella citata parabola della vita. Il movimento è continuo: prima si sale e poi, inevitabilmente, si scende. Non mi chiedo neppure quale sia il senso di fondo di tutto questo, perché si entrerebbe nella metafisica dei fini, mi chiedo spesso, però, che senso si possa dare agli anni del declino, se cioè, in qualche modo, anche i vecchi servano a qualcosa e me lo chiedo in particolare in rapporto ai vecchi gay, perché un vecchio gay, salvo rare eccezioni, non ha moglie, non ha figli, non ha una continuità genetica alla quale appoggiarsi o con la quale venire in conflitto. Ci sono le coppie gay, questo è vero, ma le mie riflessioni si concentreranno sui vecchi gay single che sono ancora oggi la grande maggioranza.
Il problema dei giovani è “non perdere il treno” ossia non perdere le occasioni per farsi avanti e migliorare il loro ruolo, per i vecchi questo problema non esiste più perché il treno della vita si avvicina all’ultima stazione, nella quale tutti i passeggeri devono comunque scendere perché si è a fine corsa. Salvo rare eccezioni i vecchi sono meno competitivi dei giovani, più rinunciatari e fatalisti, meno portati ad affrontare sfide e più interessati ad un quieto vivere senza scossoni e senza ulteriori preoccupazioni perché piano piano le preoccupazioni per la propria salute finiscono per prendere progressivamente spazio nell’orizzonte del vecchio.
Il vecchio è abituato all’idea di essere lui il tutore dei più giovani, il consigliere e la guida ma deve progressivamente accettare l’idea che oltre il vertice della parabola della vita i ruoli si scambiano e il vecchio è gradualmente sottoposto alla tutela dei più giovani che lo consigliano e lo guidano in un mondo che per il vecchio è sempre più lontano ed estraneo. Il vecchio è abituato ad essere lui l’adulto ma deve adattarsi ad una nuova condizione di minorità e di infantilizzazione. Il vecchio si rende conto di non essere più trattato come un adulto, ma di essere trattato in modo diverso, con riguardi e con attenzioni analoghe a quelle utilizzate con i bambini. Il vecchio, in una discussione, non può mantenere le sue posizioni, deve cedere almeno un po’, e poi gradualmente sempre di più, se vuole essere ancora accettato ed ascoltato, in pratica deve conformarsi ai nuovi adulti e capire di non farne parte.
Un vecchio gay deve prendere atto che la sua esperienza non serve a nulla, perché in 50 anni il mondo è talmente cambiato che la sua giovinezza è vista ormai quasi come parte di una diversa era geologica o tecnologica. Dire “ai miei tempi” e cominciare a parlare all’imperfetto significa che quei tempi sono passati e che ormai non interessano più a nessuno. Tutto invecchia, anche l’esperienza e in particolare l’esperienza della omosessualità. Nel giro di 50 anni le condizioni di vita dei gay sono molto cambiate e richiedono nuovi approcci e nuovi schemi interpretativi e, oltretutto, la velocità del cambiamento in atto è tale che le vecchie esperienze non risultano soltanto inappropriate ma addirittura fuorvianti e controproducenti. In questo senso se un vecchio vuole servire a qualcosa deve prima di tutto imparare dai giovani cose che non sa e neppure immagina sul mondo di oggi e deve cercare, il meno goffamente possibile, di mettersi nei panni di un giovane, non per fingere di essere quello che ormai non è più, ma semplicemente per capire i problemi di un mondo di cui non ha esperienza diretta. Il vecchio che si confronta coi giovani si rende conto che per arrivare a capire qualcosa di un mondo che non è più il suo deve imparare a staccarsi dalla sua personale esperienza, cosa comunque non facile, perché in genere il vissuto individuale è la base dei modelli relazionali di una persona.
Il vecchio deve sempre tenere ben presente che è vecchio e che il suo tempo è passato, deve capire che, se mai potrà avere un qualche ruolo nella vita di altri, sarà comunque il ruolo di un vecchio. Al vecchio si addice il basso profilo, l’ascolto, il silenzio, l’essere elemento complementare, mai principale, il conservare una voce flebile, cose tutte che possono aiutare a non finire nel ridicolo. Un vecchio gay può trovarsi meglio con altri vecchi non gay che con giovani gay. Con gli altri vecchi ha in comune l’argomento inesauribile della vecchiaia, con i giovani gay potrebbe avere in comune l’argomento omosessualità, ma spesso dietro la medesima parola si nascondono significati diversissimi. Ciò che 50 anni fa era una garanzia, una sicurezza, come il non essere dichiarati, finisce oggi per essere considerato una remora, una specie di handicap sociale, perché i parametri di valutazione sono radicalmente cambiati.
Gli stessi autori della letteratura che 50 anni fa sono stati amati dai gay e considerati la summa della poesia e della narrativa gay, come Pasolini, sono ora personaggi di cui si conosce a mala pena il nome. Oggi c’è internet che, nel bene e nel male, ha cambiato le prospettive dei gay. Raccontare ai ragazzi gay di oggi la vita dei ragazzi gay di 50 anni fa, in un mondo senza internet e senza telefonini, significa quasi parlare dell’età della pietra, di un mondo che non solo non esiste più ma appare addirittura inconcepibile.
Oggi sono possibili cose che non lo erano 50 anni fa e di cui il vecchio non ha e non può avere la minima esperienza, potrà comunque sentirsi gratificato dal fatto che ciò che lui stesso non ha potuto realizzare sia stato realizzato da altri mezzo secolo dopo. La gratificazione ha un aspetto astratto in quanto è indice di un progresso generale dei gay, per quanto precario e fragile, ma ha anche un aspetto concreto perché il vecchio conosce i giovani che sono riusciti a realizzare quanto al vecchio era precluso. Oggi la tendenza a piangersi addosso dei gay è decisamente ridimensionata e questa è certamente una cosa positiva, ed altrettanto vale per la tendenza alla ghettizzazione-autoghettizzazione, anche se la presenza di molti gay che hanno realizzato i loro sogni marca pesantemente la distanza rispetto ai coetanei che non ci sono riusciti. Come in tutte le cose, le attitudini individuali e il caso contano più di qualsiasi altra cosa, al di là del miglioramento delle condizioni generali di contesto.
Il vecchio, temporaneamente e in casi particolari, può anche avere un ruolo più importante, ma si tratta di ruoli di supporto e di supplenza dai limiti cronologici e dai contorni ben definiti, al di là dei quali gli effetti cambierebbero segno. Il vecchio, in questi casi, è come un palo di legno posto accanto ad un alberello per sostenerlo, non ha il compito di crescere per se stesso, perché è un palo secco, non un albero, ma può permettere ad un albero verde di crescere. Se l’albero e il palo sono legati con un sottile giunco flessibile, il palo sosterrà l’albero per un po’ di tempo, poi il giunco si dissolverà per effetto del sole e della pioggia, e l’albero, divenuto grande, potrà crescere in modo del tutto indipendente, se invece il palo sarà legato all’albero con un filo di ferro tenace e stretto, col passare del tempo il filo di ferro finirà per strozzare l’albero in crescita.
Un’idea di fondo può aiutare la vecchiaia liberandola da ansie e aspettative, ed è quella di evitare di progettare cose che escano dalle strette prospettive individuali o che si proiettino troppo in là nel tempo.

Alyosha
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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da Alyosha » venerdì 23 settembre 2022, 12:44

Ogni tanto spuntano questi post nel quale Project parla di sé. Sono duri, perché parlano di un argomento molto controverso e angoscioso per tutti noi "giovani". Leggo sempre note nostalgiche e un atteggiamento un po' spento che stride molto con quello che poi viene effettivamente fatto. Project è una persona che nella sua vecchiaia ha costruito un posto come questo. Ha saputo fare della propria omosessualità un "progetto", chiamandosi nel suo nick proprio così: "progettogay". Per questo mi colpisce molto la chiusa : "Un’idea di fondo può aiutare la vecchiaia liberandola da ansie e aspettative, ed è quella di evitare di progettare cose che escano dalle strette prospettive individuali o che si proiettino troppo in là nel tempo". In effetti proprio il luogo in cui scrive questo sfogo, di cui capisco tutto il senso, è la prova che invece è possibile anche per un vecchio progettare cose che escano dalle strette prospettive individuali e che si proiettino al di là del suo tempo.

Accettare il limiti della propria età, le trasformazione della propria esistenza, contrattare la propria visione del mondo, ricollocarsi nei rapporti di forza rispetto alle nuove generazioni sono movimenti incredibilmente difficili che Project pare fare con una certa elasticità mentale. Personalmente credo che la capacità generativa sia una condizione dell'anima che può creare solo quando è fertile al suo interno. I figli ok, ma a quanti dei propri figli si lascia veramente qualcosa che possa essere apprezzato, che possa costituire un punto di riferimento serio da cui poi prendere le distanze? Quanti possono dire per davvero di aver costruito una casa come spazio sicuro, luogo accogliente per il forestiero? Quanti figli ha per davvero un padre e quante volte ha per davvero comunicato con loro? Credo che il "progetto" sia la chiave per il futuro, la spinta creativa. Credo che non ci siano età giuste per aprirsi all'altro in modo autentico, ovvero, restando se stessi all'interno di questa apertura.

Il corpo costituisce un dannato limite a tutto questo è chiaro che le energie diminuiscono, l'entusiasmo e tutto il resto. Questa è la vita che deve conoscere un termine, al quale occorre, comunque vada, prepararsi. Però i progetti sono tali solo se sono capaci di raccogliere in sé le tre figure del tempo, se sanno stare nel presente, poggiando le loro radici nel passato su cui fare perno per slanciarsi verso il futuro. Il progetto è per sua natura intergenerazionale e ogni generazione è chiamata a fare la sua parte. In questo lasciami dire quindi che non sono assolutamente d'accordo su quello che scrivi. Credo piuttosto vero il contrario, proprio l'incredibile velocità del cambiamento ha bisogno di affondare le sue radici nel passato. Io stesso che mi sono scoperto omosessuale negli anni '90, ma ho deciso di percorrere questo cammino 20 anni dopo, noto differenze abissali. Differenze che però vanno comprese, perché questa trasformazione così radicale viaggia molto in superficie. Nella profondità che non si vede resta il mondo così familiare a Project, fatto di solitudine e mancato riconoscimento.

Questo lo scrivo perché anche se vedo da parte di Project una serenità quasi disarmante nell'accettare una condizione inevitabilmente complessa quale la vecchiaia, sento lo stesso l'esigenze di ridimensionare questo senso di distacco dal nuovo. I giovani capiscono perfettamente la distanza che li separa rispetto al "vecchio" e sanno avere rispetto di questa differenza. Hanno bisogno di punti di riferimento, anche quando sono imperfetti e imprecisi. E' più importante che l'altro ci sia, in modo autentico, che non il fatto che confermi sempre le loro visioni del mondo . Nonostante il tempo che avanza intendo.
Ultima modifica di Alyosha il martedì 27 settembre 2022, 15:32, modificato 1 volta in totale.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » sabato 24 settembre 2022, 19:12

Non posso che ringraziare Alyosha per il suo intervento. Non nascondo che ne sono lusingato. Aggiungo che il tono dell'umore, nella vecchiaia, come in tutte le età della vita, è instabile. Pur restando ferma una visione del mondo del vecchio come quella che ho descritto, sperimento periodiche oscillazioni nella valutazione di quei fatti dovuti alle vicende quotidiane che possono agire sia favorevolmente che sfavorevolmente. Il benessere individuale è indubbiamente per buona parte un benessere relazionale. In questo, i messaggi di Alyosha hanno indubbiamente un effetto positivo. Grazie!

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UN QUIETO TRAMONTO

Messaggio da progettogayforum » giovedì 29 dicembre 2022, 18:27

La vecchiaia è un traguardo al quale molti non arrivano, per quelli che ci arrivano non è più un traguardo ma uno stato in cui ci si deve guardare allo specchio e si deve capire che il mondo va avanti e che si è ormai dei sopravvissuti destinati a vivere di frustrazioni e di ricordi. I vecchi hanno un loro mondo da single, quando va bene di coppia, o raramente di ristrette cerchie amicali. I vecchi, quando possono, si stringono fra loro, come una minoranza etnica e cercano di continuare a vivere nel passato o in qualche prospettiva mitica molto astratta, in cui ancora possono trovare un minimo di spazio stando tra loro.

Il primo disagio del vecchio è fisico, l’impossibilità di fare quello che fanno gli altri, l’affaticabilità, la stanchezza che arriva rapidamente, il bisogno fisico di riposo e di tranquillità. Il vecchio ha tempi rallentati, rifugge in modo automatico dalle situazioni in cui ci sono orari vincolanti, in cui bisogna fare presto, in cui bisogna adattarsi ai tempi degli altri. Il vecchio è lento anche mentalmente, non tende a riempire la giornata di impegni e di incontri, non ama il mordi e fuggi. Il vecchio ritorna bambino quando deve subire il rimprovero di chi gli chiede rapidità e forza o quando si rende conto di essere solo un elemento marginale nella vita degli altri, dei grandi o degli adulti. Un vecchio non è più un adulto, perché la caratteristica dell’adulto è la forza, un vecchio è soltanto un vecchio. Un vecchio ha la sensazione netta di essere semplicemente lasciato indietro dalla storia, che va avanti e non aspetta nessuno. Il vecchio deve prendere atto che il suo mondo sta irrimediabilmente tramontando. Tutto ciò che comincia deve finire e alla fine della strada c’è solo la fine della strada, la fine assolutamente naturale di un processo scontato in partenza.

Un vecchio è lento ma ha tempi brevi, orizzonti limitati, progetti minimi, se ne ha. La vita diventa sopravvivenza quotidiana finché Dio vorrà. Gli incontri con gli amici sono sostituiti dagli incontri con i medici ai quali non si può chiedere la vita eterna e quindi ci si limita a chiedere una minore sofferenza. L’ansia della sopravvivenza prende incomprensibilmente il vecchio, che almeno per qualche anno s’immagina di poter vincere la sua partita a scacchi con la morte.

Le cose che sono importanti per un vecchio non interessano a nessuno. Tutti i vecchi hanno un museo personale di ricordi che, dopo la loro morte, finiranno nella spazzatura o venduti se sono oggetti di qualche valore. Il vecchio si rende conto che il dialogo con i giovani e con gli adulti si riduce progressivamente, che il suo parere non interessa a nessuno e che, in ogni caso, le decisioni saranno prese tenendo conto di altre esigenze.

Al vecchio si rimprovera l’arroganza quando dice la sua, ma anche l’arrendevolezza, quando resta in silenzio. Al vecchio si rimproverano le sue debolezze, la mancanza di progettualità, il lasciarsi andare, la trascuratezza, gli si rimprovera di non essere più un giovane e nemmeno un adulto, di emarginarsi, di non socializzare, di non sforzarsi di capire la vita degli altri. Il vecchio viene addirittura invidiato perché è in pensione e “campa senza fare niente”. Il vecchio ricco è considerato perché è considerata la sua ricchezza, il vecchio povero viene messo da parte perché non vale la pena di prestargli attenzione.

Il vecchio gay non è più gay ma solo vecchio. Le prospettive e le scale di valore cambiano, la solitudine, se non è totale e subita, diventa addirittura un valore, perché diminuisce i livelli di frustrazione, perché consente una vita fisicamente e mentalmente meno frenetica. Un vecchio può avere dei doveri e dei ruoli anche verso persone più giovani, ma difficilmente può avere con loro un dialogo paritario. Il vecchio non è visto come persona, come individualità, ma come ruolo, da lui ci si aspetta che non venga meno ai doveri che quel ruolo comporta. Quello che deve fare un vecchio, un nonno, è ben codificato e va messo in pratica seguendo rigidamente il copione, tutto ciò che è di più o diverso dal copione appare strano, fuori posto, inopportuno.

Il vecchio familiarizza progressivamente con l’idea del declino e della morte, che perdono via via l’aspetto tragico e assumono quello liberatorio di fine della sofferenza. Il dolore fisico logora anche lo spirito e il fatalismo diventa una difesa, un modo di non scegliere e di lasciare che le cose vadano per la loro strada, perché in ogni caso andrebbero comunque per la loro strada. Il dolore fisico insegna a staccarsi dalle cose, insegna la relatività del proprio essere, permea di sé la vita in tutte le sue manifestazioni, marca impossibilità, insufficienze, genera sofferenze che aumentano il distacco dagli altri. Il vecchio sofferente è un disturbo per gli altri e dovrebbe evitare i contatti con la parte attiva della società, perché la sua vista e i suoi discorsi non sono graditi.

Per un vecchio non ci sono più amori e forse neppure amicizie, resta soltanto il valore della presenza. I vecchi sentono la presenza e l’assenza più che la carica emotiva del momento. La comunicazione si riduce alla presenza che può voler dire qualunque cosa e sostituisce qualunque cosa.

Il distacco dal mondo è progressivo ma inevitabile e va accettato. Volere bene a qualcuno significa lasciarlo alla sua strada. Chi può andare avanti deve andare avanti, chi non può può solo incoraggiare, questo è un dovere: non rendere più difficile il compito di chi ha ancora tanta strada da percorrere, non pesare negativamente sulla coscienze degli altri che non hanno colpe e hanno bisogno di una spinta positiva. Un vecchio che sa rimanere in silenzio è apprezzato perché non richiede di essere capito. Un vecchio deve evitare di tirare altri nella sua malinconia, basterà allora un sorriso, senza parole inutili.

Un vecchio ritorna bambino perché da lui ci si aspetta che parli solo se interrogato, che non dia consigli ma ne accetti a capo chino, che non giudichi ma che subisca sorridendo i giudizi altrui, che non sia arrogante ma tolleri di buon grado l’arroganza altrui, che finga di essere quello che non è per essere accettato.

Il vecchio impara a non giudicare, a non condannare, ad accettare i modi di vivere altrui, non cerca sostegno o condivisione perché sa che non ne troverà e si guarda bene dall’offrire sostegno o condivisione che potrebbero sembrare tentativi di intrusione nella vita altrui. Un vecchio accetta, finalmente, di non essere importante e di seguire meccanicamente la logica di quello che accade senza tentare di forzare il destino.

Gherardo
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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da Gherardo » sabato 31 dicembre 2022, 21:24

Caro A., è un dispiace saperti così. E le parole si sprecano nel trovar quelle giuste. Ma chi sa? Se le nostre valgono pur qualcosa, se fanno, nell’immenso, qualche differenza. Io rimedio in quel poco nel dirti le mie, e non perché penso tu sia dolorante quanto perché ti faccio degno di conoscerle, di metterti da parte della mia intimità, che tu già sai a bene. A., ma proprio non ti entra in testa, tu non sei una persona, ma sei la persona, nella vita della gente che ti conosce, che ti parla, che ti apprende. La mia vita è più bella, e per me più degna di esser vissuta, da quanto tu ci sei dentro. Ma questo non per orpelli o altro, banalmente è più bella e migliore, perché è me stesso che hai reso migliore e più bello. E non è soltanto per l’infinita pazienza che porti, pazienza scindibile in tutti i significati che porta questa parola, nei miei confronti, ma perché, laddove la vita non mi ha dato una famiglia, un padre e una madre, è in te che ho ritrovato molto dell’amore che i miei genitori non mi hanno mai dato, ed è amor l’affetto, la riconoscenza, l’ascolto paterno, il comprendere e il non farlo. Ora, se io penso ad un amico nella mia vita, e lo intendo a modo mio, a modo epicureo, tu sai che io penso a te sempre. Se ho da far cose più grandi di me è da te che corro per consiglio, se studio, se nella vita faccio qualcosa in bilico è te che prendo ad esempio. Mi hai dato una mano immensa, indicibile in queste parole, in queste righe. E so, e tutti sappiamo, che io non sono il solo. Che ci son numerose vite, che con la tua, hai mutato e migliorato in meglio. Progetto è un’estensione di te stesso, della tua ragione, e che dir si voglia, è esplicazione della tua anima. È un unicum nella storia del web, e nella storia dei g., come suoli chiamarli, dei gay, degli omosessuali, dei bisessuali, delle mamme etero o degli incerti, di chiunque approdasse qua dentro, e riuscisse a trovare sempre un porto sicuro. Un luogo utile, proprio perché, riusciva a rendere le persone migliori e a far vedere loro, sotto tutta la cortina, un mondo migliore, più felice. Ed è davvero utile, lo sai, tutto ciò che rende l’uomo migliore. Mi fa piacere ridirtelo, vorrei fosse una confessione quasi urlata, hai migliorato la mia vita, non perché tu l’abbia abbellita con garbi e gesti, ma perché hai reso me una persona migliore. Ed è pure riduttivo dire migliore, laddove un bel po’ di vita tu l’abbia salvata. Aiutandomi nello studio, nelle mie attività, nelle mie lacerate passioni. Mettendo tu stesso in prima difficoltà, difficoltà anche grosse, pur di darmi una possibilità, un aiuto, anche minimo. Sapessi come mi spezza saperti così, ma non per la fisicità, e le tristezze, che son purtroppo di tutti noi viventi. Ma perché non ti rendi conto della persona grande che sei. Del valore che hai e che hai diffuso in chiunque hai avuto vicino. Non potrai mai essere un elemento marginale, mai nella mia vita. Ho profonda stima della tua persona, anche quando così lunge dalla mia. Ai tuoi consigli, i quali schivo, penso per settimane e settimane. Non sei un vecchio bacucco, sei una persona forte, che difende, estremamente importante, amata, rispettata, stimata, più, estremamente più, di quanto tu creda. Mi auguro, e mi sforzo, che tu capisca che queste non son solo belle parole. E nei fatti questo si riversi, se non sempre, almeno quando ve n’è bisogno. Un abbraccio e un augurio.

G.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » domenica 1 gennaio 2023, 18:56

Oddio! Grazie G! Non credo ci possa essere modo migliore per iniziare il 2023. Spero solo di essere in grado di non deludere aspettative di questo livello. Certe volte mi sento proprio piccolo piccolo e terribilmente fragile di fronte a cose tanto più grandi di me. GRAZIE di cuore e Buon Anno!!

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QUELLO CHE MANCA E QUELLO CHE FINISCE

Messaggio da progettogayforum » giovedì 19 gennaio 2023, 1:22

I recenti sviluppi della discussione sul fascino di un uomo, che per un verso mi gratificano molto, perché non mi aspettavo tante risposte, e risposte serie, per un altro verso mi fanno rimarcare il senso della vecchiaia, dove gli affetti esistono ancora, ma non sono ormai più la componente dominate della vita. Per i vecchi le preoccupazioni relative alla salute finiscono per essere comunque al primo posto. L’essere gay, o meglio l’esserlo stato, è ancora un tema identitario o un motivo di orgoglio, ma i verbi coniugati al passato hanno un altro sapore. I vecchi sono complicati, sono spesso scontenti, depressi, si sentono abbandonati, hanno chiara la sensazione di perdere terreno, di essere inopportuni, fuori luogo, di immischiarsi in cose che a loro non competono più. Non è detto che queste sensazioni corrispondano o corrispondano sempre alla realtà, ma la percezione conta spesso più della realtà e questo crea incomprensioni. Quando cominci a vedere che quelli della tua generazione piano piano escono di scena non per scelta ma perché c’è un tempo per tutte le cose, allora senti il tempo correre troppo veloce, vorresti fare qualcosa di buono, ma è come se questo fosse impossibile o, nel migliore dei casi, inutile. In genere, quando si è giovani si fanno delle scelte e si seguono dei comportamenti perché c’è un fine da raggiungere, come creare un rapporto di coppia, o almeno un’amicizia. Per i vecchi è diverso, si devono operare delle scelte, che non sono neppure scelte, o si devono seguire dei comportamenti ma senza nessuna finalità, perché non c’è niente da costruire. Si deve agire correttamente perché è giusto farlo ma è buona norma non aspettarsi nulla, può darsi che qualcosa di inatteso capiti ma come una meteora. Bisogna non affezionarsi troppo alle persone per non creare vincoli che potrebbero essere impedimenti alla vita di quelle persone. Finisce il tempo delle attese, il tempo in cui ti aspetti che qualcosa accada ma non per questo ti liberi dai sogni e dai desideri, non per questo l’atarassia diventa il tuo stile di vita di elezione. La vita del vecchio non è necessariamente vuota ma è precaria, non solo la sua vita fisica ma anche la sua vita affettiva che finisce per ridursi a seguire la corrente con una certa malinconia di fondo. È quella malinconia di fondo, quella irresolutezza quell’essere provvisorio che finisce per caratterizzare la vita. I dolori fisici, la lenta ma acutamente percepita decadenza mentale, il non dormire la notte, il non considerare nulla veramente importante, neppure le cose che in altro tempo sarebbero state importantissime, è questa la malinconia della vecchiaia che sta proprio nell’essere vecchi, cioè provvisori e deboli, in un mondo in cui conta la forza, nel sapere che si sta per abbandonare la partita quando si avrebbe ancora voglia di giocare. L’ansia peggiore non è per quello che manca ma per quello che finisce.

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LIBERI NELLA VECCHIAIA E NELLA VITA DI COPPIA GAY

Messaggio da progettogayforum » sabato 28 gennaio 2023, 19:41

C’è una regola di fondo valida per i vecchi e a maggior ragione per i vecchi gay: mantenere rapporti formali e ridotti al minimo con la stragrande maggioranza delle persone che potrebbero anche potenzialmente giudicare cose che non possono capire. Si dice che i gay abbiano la tendenza a chiudersi in un ghetto, o almeno che i vecchi gay abbiano questa tendenza. Quanto si dice corrisponde alla mia esperienza: sono arrivato alla conclusione che è necessario ridurre il numero dei propri contatti all’essenziale per potersi dedicare ai propri veri interessi, senza rischiare improvvidamente e senza sprecare anergie e tempo in cose che non si ritengono effettivamente essenziali. La riduzione dei rischi e il risparmio di tempo portano esattamente alla stessa conclusione. Quando il tempo è poco diventa prezioso e deve essere dedicato alle cose veramente importanti. Esistono meccanismi generali di socializzazione che tendono a costruire legami o pseudo-legami tra persone, che cioè vincolano le persone attraverso una catena di aspettative che sembrano dare un senso importante anche a cose che non ne hanno, se non appunto a livello sociale. È da questi meccanismi che bisogna guardarsi per evitare di trovarsi impegolati in una rete di lacci e lacciuoli, di diversivi, di perdite di tempo che sottraggono risorse mentali e tempo alle cose che hanno veramente un senso. I giovani possono permettersi di perdere tempo, di rinviare, di procrastinare, di proiettare le proprie attese in un futuro indefinito e lontano, i vecchi non possono permetterselo, sono come quelli che hanno speso quasi tutto quello che avevano nel portafoglio e devono stare attenti a spendere oculatamente quel poco che avanza, per non trovarsi sguarniti quando si presentasse la necessità o l’opportunità di far fronte ad una spesa veramente essenziale. È un principio di risparmio delle energie vitali, oltre che del tempo. La vera determinazione non nasce da una scelta ma nasce dalla necessità. La vecchiaia non è una scelta, per quelli che ci arrivano è una condizione ineluttabile che come tale comporta tante necessità concrete altrettanto ineluttabili, alcune fisiche e altre morali, queste necessità conducono alla consapevolezza che il crimine più grave è gettare via il proprio tempo, sottrarlo alle cose essenziali. I vecchi devono guardarsi bene, almeno finché ne sono capaci, dal cedere quote anche minime della loro libertà in cambio di una ipotetica sicurezza o di una protezione sociale derivante dal far parte di un gruppo precostituito, devono guardarsi da un sistema di legami formalizzati da vincoli di vario genere che si finisce per accettare anche senza averli scelti perché sembra che questa sia la decisione più ovvia. L’ovvio è la categoria che si invoca quando si perde il coraggio di decidere, ci si abbandona alla corrente e si rinuncia alla propria libertà. Salvare la propria libertà è un imperativo assoluto. Mi sono chiesto spesso perché, da quello che vedo, tante volte le relazioni più leggere sono quelle che funzionano meglio e la risposta mi sembra evidente: una relazione senza vincoli permette di conservare integra la propria libertà. Attenzione! Intendo dire che una relazione funziona solo se funziona in condizioni di assoluta libertà, perché in quel caso il rimanere insieme non deriva da vincoli esterni ma da una dimensione effettiva che si risolve totalmente in un rapporto a due, che ha un senso solo se quel rapporto non è messo in crisi da eventuali altri rapporti a due ai quali non bisogna rinunciare a priori e non bisogna pretendere alcuna rinuncia a priori. Questi discorsi valgono a maggior ragione anche per i vecchi, per i quali le gelosie e l’esclusività tendono a perdere significato. Non sto facendo l’apologia delle relazioni leggere, sto solo dicendo che la presenza di vincoli è la tomba dei rapporti affettivi, che non sono coercibili in nessun modo. Sono coercibili i comportamenti, quantomeno attraverso sanzioni di tipo sociale, ma i sentimenti, che sono l’essenziale in un rapporto affettivo di qualsiasi tipo esso sia, non possono essere assoggettati a vincoli di alcun genere.

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COME PARTECIPARE

Messaggio da progettogayforum » lunedì 8 maggio 2023, 22:00

Un vecchio, quasi istintivamente, dà per scontato di non contare nulla per nessuno, questo atteggiamento serve a mettersi al riparo da docce fredde che si ritengono altrimenti inevitabili, ma anche un vecchio, qualche volta, può rendersi conto di poter contare ancora qualcosa, magari poco, per qualcuno. In queste situazioni l’autoesclusione sembra inopportuna e forse lo è, e sorge il problema del come e in che misura partecipare alla vita degli altri, cioè di quelle pochissime persone, se ci sono, per le quali il vecchio può ancora avere un significato. Qui nasce l’incertezza: tenersi su livelli minimi di contatto che indichino comunque presenza e interessamento, oppure lasciarsi andare un po’ a quello che accade? Autocontrollo o disinvoltura? C’è purtroppo un timore di fondo e cioè l’idea che la considerazione nella quale si è tenuti derivi in sostanza da un errore di valutazione. Il contatto più diretto tra due persone promuove la reciproca conoscenza e proprio per questo può distruggere l’atmosfera positiva derivante dalle attese ingiustificate e in sostanza dalla non conoscenza dell’altro. Quando il mito diventa realtà automaticamente svanisce. Ciascuno si entusiasma soltanto per i propri sogni. Ma l’errore si può annidare anche in conoscenze di lunga o lunghissima data. Altra cosa che frena il vecchio è la sua radicale sfiducia nel fatto di poter essere capito e anche di capire l’altro nelle sue vere esigenze quando sono molto diverse dalle proprie. In sintesi, ci si può anche conoscere un po’ meglio ma il timore che questo non significhi affatto capirsi c’è eccome. E allora, perché conoscersi meglio? Sembra preferibile restare alla superficie delle cose, se è una bella superficie, piuttosto che scavare troppo per trovare che non c’è niente da dirsi. La vera ragione dei dubbi amletici del vecchio sta nell’assenza di entusiasmo. L’entusiasmo è dei giovani, per un po’ dura anche in età matura, ma in età senile scende sotto l’orizzonte e non si vede più. La vera ragione dei dubbi e della diffidenza dei vecchi sta proprio nel fatto che sono vecchi e cercano un po’ di solidarietà che è difficilissimo trovare. Non nego che in teoria ci possa essere, ma manca proprio l’atteggiamento mentale positivo verso queste cose, e i rari spunti di entusiasmo che emergono di tanto in tanto dall’io profondo sono archiviati subito come inopportuni e al limite ridicoli. La solitudine è assenza di contatti, ma anche assenza di problemi che da quei contatti potrebbero derivare. Il vecchio tende a non essere entusiasta di nulla; se si lascia coinvolgere fa anche qualcosa di concreto ma è molto raro che l’entusiasmo abbia un qualche peso in tutto questo, o forse bisognerebbe dire che per i vecchi esiste un altro tipo di entusiasmo, derivante dal fatto che il vecchio sente ancora dei doveri e si sente vincolato ad agire, a non venire meno nonostante tutto. Un vecchio tende a sentirsi soddisfatto se riesce a non venire meno a quelli che percepisce come propri doveri, essenzialmente doveri di presenza. Il vecchio si sente gratificato se riesce ad essere presente, ad essere all’altezza, a non sottrarsi a non ritrarsi, ad accettare anche il rischio della delusione e dell’essere inopportuno. Ma tutto questo è molto difficile.
Bisognerebbe partire da un punto di vista completamente diverso, bisognerebbe rimuovere ogni aspettativa che, comunque la si voglia vedere, è sostanzialmente egoistica, e agire per una motivazione più genuinamente affettiva, bisognerebbe accettare il rischio del fallimento e della frustrazione come condizione ineluttabile, rinunciando a priori a valutare i pro e i contro di ogni cosa prima di agire. Ma tutto questo è realmente possibile? Oppure la mediocrità e l’egoismo sono componenti ineliminabili dei rapporti interpersonali? La mediocrità e l’egoismo sono il lato oscuro della coscienza o sono la sostanza della spontaneità? Sono vizi come sembra o sono forme di prudenza?

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ATTESE SENZA OGGETTO

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 16 agosto 2023, 22:18

La vecchiaia è un’attesa senza oggetto, un’attesa indefinita ma un’attesa senza speranza. Mancano le proiezioni, gli entusiasmi, mancano quelli che Gilberto Govi chiamava “colpi di timore”, mancano le oscillazioni dell’umore, mancano le montagne russe della vita emotiva che caratterizzano altre età: le montagne diventano piano piano colline, poi pianure ondulate e poi piatte infinite distese di vuoto fino all’orizzonte. È pure vero che mancano anche gli sconvolgimenti di chi si sente ormai irrimediabilmente attratto in qualche buco nero della vita. Fino a questo momento, almeno, non so che cosa sia la depressione, vedo coetanei depressi ma non mi sento depresso, direi che forse posso sentirmi parzialmente frustrato, ma molto parzialmente, perché quando le attese non hanno un oggetto preciso, si dà per scontato che non c’è nulla di fondamentale da attendere. Tutte le scelte importanti, ormai, sono state fatte o omesse, si tratta di andare avanti giorno per giorno. Non ci sono più problemi di lavoro, non ci sono più obblighi inderogabili, è tutto derogabile, fungibile, effimero, non essenziale. E anche l’idea che possa crollare tutto e che possa finire anche il quotidiano, in fondo non è sconvolgente, perché la consapevolezza che non potrà che essere così è un fatto consolidato, che non sconvolge, almeno finché si pensa che quel tempo non è vicinissimo. Procedendo negli anni, mano mano, si restringono i propri orizzonti sui bisogni di pura sopravvivenza o su bisogni astratti, di pura conoscenza, di logica, ci si rifugia in un mondo culturale che è una delle poche cose che non tramontano rapidamente del tutto. E la sessualità? Qui il discorso è oggettivamente complicato dal pregiudizio che vede la sessualità come una realtà spirituale, una specie di caratteristica ontologica non soggetta al passare del tempo. La realtà è molto più prosaica e quando si diventa vecchi si capisce che tutto quello che si vive soggettivamente in termini di affettività, di attrazione, di trasporto affettivo, è legato a meccanismi oggettivi, che inevitabilmente sono logorati dal tempo. Anche il pensiero e l’identità individuale seguono questa ineluttabile legge di natura. C’è un tempo per tutte le cose e c’è anche un tempo per ogni persona. Se c’è una saggezza, essa sta nella coscienza e nell’accettazione del proprio limite, nel ridimensionamento del sé e delle proprie aspettative.

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