VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
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roadbike
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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da roadbike » venerdì 22 marzo 2013, 7:56

non so quante volte la parola "vecchio" per definire un uomo di età avanzata, è stato scritta in ogni commento a questa discussione, forse il termine adatto, uomo maturo oppure anziano non è più di uso comune per definire una persona. Di certo quando e se arriverò a 50-60 anni che siano, non mi sentirò come un tavolo vecchio, un vecchio vestito, ma mi riterrò un anziano. :)

Credo che il senso di solitudine, non coinvolga solo ed esclusivamente gay anziani, ma la maggior parte di tutte le persone indifferentemente dall'orientamento sessuale. Forse se la maggior parte delle persone, invece di pensare di avere una giovinezza sconfinata, e pensare a divertirsi in ambito sessuale, non curanti del tempo che passa e i cambimenti che possono avvenire in seguito, penserebbero di più a stabilire seri e veri rapporti stabili, vuoi che sia un'amicizia, oppure un rapporto relazione affettivo, così da non ritrovarsi poi da soli ed avere qualcuno accanto con cui condividere interessi personali e sociali. A volte mi capità di vedere persone anziane comportarsi come dei giovincelli ancora alla ricerca del sesso come se avessero 20 anni, non interessandosi a stabilire amicizie che magari possa riempire il loro eventuale stato di solitudine ed estraneità alla vita sociale. Penso che si scelga di vivere in solitudine, si sceglie se creare qualcosa per il presente, di costruire qualcosa per il futuro, in modo da poterlo condividere con le persone, e se questo manca non è per la non disponibilità delle persone a stabilire onesti contatti amichevoli, ma per il modo in cui si è vissuto in passato, pensando ancora di poterlo fare in età avanzata. Secondo me, questo è il vero senso del vivere in solitudine.

k-01

Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da k-01 » venerdì 22 marzo 2013, 21:56

Mi sembra troppo semplicistico e anche ingiusto dire che se una persona è sola la colpa è della sua superficialità e del suo voler vivere come un ventenne anche a settant'anni.

La solitudine riguarda sicuramente tutte le età, però questo desiderio di rapporti onesti e amichevoli francamente non mi pare così facile da incontrare.
Se non ci si rende appetibili e disponibili sessualmente le possibilità di conoscere e iniziare ad instaurare dei rapporti normali crollano miseramente.

Io ad esempio ho provato a frequentare persone a cui piacevo, ma che non mi piacevano. Nel momento in cui capivano che non avrebbero ottenuto nulla da un punto di vista sessuale, si dileguavano o trovavano pretesti per rompere.

Il problema è che l'amicizia fra due gay è un po' come l'amicizia fra uomo e donna: c'è quasi sempre di mezzo l'attrazione fisica e il desiderio.

Inoltre i rapporti fra gay sono anche mediamente più difficili perché i gay stessi sono mediamente più problematici, complicati, esigenti, indisponibili e indisponenti.

Totoro
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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da Totoro » sabato 23 marzo 2013, 5:17

k-01 ha scritto:Io ad esempio ho provato a frequentare persone a cui piacevo, ma che non mi piacevano. Nel momento in cui capivano che non avrebbero ottenuto nulla da un punto di vista sessuale, si dileguavano o trovavano pretesti per rompere.
È in questo modo che i rami secchi si tagliano da soli.
 


"La capacità di stare da soli è la capacità di amare. Può apparirti paradossalle, ma non lo è. E' una verità esistenziale: solo le persone in grado di stare da sole sono capaci di amare, di condividere, di toccare il nucleo più intimo dell’altra persona, senza possederla, senza diventare dipendenti dall’altro, senza ridurla a un oggetto e senza diventarne assuefatti."

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los
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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da los » sabato 3 agosto 2013, 17:46

Non so........sono perplesso.
Rimango felicemente rasserenato dai pensieri di Project....anche nelle marcature più tristi...che poi sono quelle della vita....e da queste non si può discostarsi lasciandole lontane come se fossero cose che non esistono.
Ma....io sono una persona molto realista e forse fin troppo cruda....e credo che un gay sia un caso a parte, che sia vecchio o giovane.
Un gay anziano rimane solo proprio come lo può rimanere un giovane gay....di anziani ne conosco moltissimi e a meno che non siano detentori di malattie senili, non accettano un amico gay proprio come non lo farebbe un etero giovane....non cambia nulla....le persone sono identiche a loro stesse, da quando nascono fino alla loro morte.
L'unico consiglio che si può dare ad un anziano gay è quello di vivere dei propri ricordi....sperando che abbia avuto una vita felice e quello di arrivare ad essere anziano ma sano...in forma e attivo sessualmente.
La vita di un gay si divide in fasi....e nell'età anziana se si hanno ottimi requisiti si diventa oggetto di mire di tanti giovani inesperti.
Basta iscriversi ad un sito di incontri o su una app.....e vedere chi sono quelli che di più ti contattano.
Ecco perchè alla mia età ho smesso subito di frequentare questi ambienti.
Ma comunque la crudezza delle mie parole sta solo a voler dire che la vita di un gay è sempre uguale...che uno sia giovane o anziano.
Se sei un gay fortunato in salute, forte e socialmente apprezzato...non sarai mai solo....nè da giovane....nè da anziano...
Non potrà mai esistere una seconda possibilità.

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agis
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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da agis » giovedì 2 gennaio 2014, 16:40

progettogayforum ha scritto:Scrivo questo post non come una riflessione sulle esperienze altrui, come ho fatto spesso, ma come sintesi di un’esperienza diretta, ormai avviata da qualche anno e che, anno dopo anno, e direi mese dopo mese, si manifesta sempre meglio nelle sue connotazioni tipiche.
Ho scritto moltissimo sul senso dell’essere gay cercando di dare un confine a un concetto così vago e sfumato, ora intendo fermarmi sulla “vecchiaia gay”. Per un giovane il concetto di “vecchiaia gay” unisce insieme due concetti, quello di gay, che un giovane conosce bene per esperienza, e quello di vecchiaia, di cui un giovane non ha la più pallida idea. In pratica nell’espressione “vecchiaia gay”, per un giovane, la parte importante è rappresentata dal termine “gay”. Per un vecchio ormai il concetto stesso di gay è in buona parte una sopravvivenza del passato, mentre l’idea di vecchiaia assume, giorno dopo giorno, un’evidenza sempre maggiore. Per un vecchio, la parte essenziale del concetto di “vecchiaia gay” è rappresentata dal termine “vecchiaia”. Questa è la ragione di fondo per la quale, un vecchio gay e un giovane gay, quando parlano di “vecchiaia gay” hanno in mente due concetti molto diversi. Per un giovane l’essere gay implica categorie connesse con la sessualità, per un vecchio diventa una questione astratta di identità. Fin qui le categorie generali, ma si tratta in effetti di ben poco, tutto il resto dipende dalla storia individuale. Quindi restringo il campo. Per un vecchio che non abbia vissuto per lunghi periodi in coppia (in pratica la maggior parte dei gay anziani), l’essere gay, ma si potrebbe dire meglio l’essere stato gay, ha una valenza essenzialmente sociologica di solitudine. Nel mondo etero le coppie non reggono nonostante i vincoli stretti imposti dal matrimonio e nonostante la presenza dei figli. Tra i gay, anche a causa della non accettazione sociale della omosessualità, la stabilità affettiva non è certo la regola. Questo fatto provoca stress e spesso porta nel corso degli anni a maturare l’idea che la solitudine sia per tutti la categoria di fondo della vita e lo sia in particolare per i gay, almeno per quelli che non arrivano a conseguire una stabilità affettiva. Il periodo della “paura di perdere il treno” dura fino a 50 anni e oltre, poi il problema si supera lasciandolo irrisolto. La solitudine col tempo non genera più sofferenza ma diviene un abito mentale con lati positivi, per esempio nella identificazione tra solitudine e libertà, almeno finché la vecchiaia è sana e non comporta deficit fisici o mentali molto limitanti. In genere all’assenza di una vita di coppia si supplisce con altre forme di affettività, poi, piano piano l’estroversione cala progressivamente e la solitudine diventa più radicale, man mano che si restringe l’orizzonte delle relazioni si fanno successivamente dei passi avanti verso la vecchiaia. Questo meccanismo, quando viene immaginato schematicamente da chi vecchio non è, si presenta come una “diminuzione” della relazionalità ma col passare degli anni si vedono le cose diversamente: per avere un bel giardino bisogna avere belle piante ma anche tagliare i rami secchi. Un giovane pensa a piantare molti nuovi alberi più che a togliere i rami secchi. Un vecchio non pianta nuovi alberi ma deve curare quelli che ancora ci sono che sono ormai pochi e può, e anzi deve, dedicarsi a tagliare i rami secchi. Nel giardino di un giovane ci sono molte piante in competizione tra loro, molte potenzialità in conflitto, nel giardino di un vecchio ci sono poche piante ma ben distanziate, non più in concorrenza tra loro e senza rami secchi. La vecchiaia ha bisogno di semplificazioni perché è dominata da esigenze più elementari. Il benessere fisico per un vecchio è una categoria del passato, ma il distacco progressivo dalle persone e dalle cose favorisce in un certo senso la tranquillità mentale. Le impossibilità fisiche che condizionano la vita di un vecchio devono essere accettate perché sono oggettivamente insuperabili, il rinvio al futuro e lo stesso lavorare per il proprio futuro individuale perdono progressivamente significato, gli ideali sovradimensionati spariscono gradualmente. Lo stesso essere gay perde piano piano significato o meglio, lo conserva solo nel fatto che restano ormai le conseguenze del proprio passato gay come il non avere una famiglia e, spessissimo, non avere un compagno, fino al non avere riferimenti precisi di nessun genere. Un gay vecchio in moltissimi casi si trova ad essere solo ma non vive la solitudine come una tragedia perché ci ha fatto lentamente l’abitudine, quello è divenuto il suo modo di essere. La solitudine non si identifica con l’essere abbandonati quanto piuttosto con il sentirsi fuori anche quando apparentemente si è bene integrati socialmente in un gruppo, mi riferisco al senso di estraneità, di sostanziale non coinvolgimento che si manifesta come razionalità o più semplicemente come accettazione senza reazioni di tutto ciò che accade. Un vecchio non tende alle categorie metafisiche, almeno fin quando non si mette alla ricerca di valori compensativi, la sua filosofia è l’immediatezza. Un vecchio, se ha mantenuto un vero equilibrio mentale, cede facilmente il passo a chi viene dopo di lui ma non per generosità, anche qui è questione di eliminare i rami secchi, di evitare le discussioni, di evitare quelle forme di coinvolgimento che ben si sa che si manifesteranno solo come un dispendio inutile di risorse, quando ormai le risorse sono scarse. Un vecchio risparmia le forze perché è cosciente della propria fragilità, non tende a fare il passo più lungo della gamba né a rischiare, la sua logica è quella del non fare, del non proiettarsi lontano, del non aspettarsi nulla. Le categorie legate alla sessualità dividono (gay-etero, ecc. ecc.), quelle legate alla vecchiaia unificano, la vecchiaia attenua le differenze e unifica, al di là di qualunque categoria legata alla sessualità. Un ragazzo etero e un ragazzo gay si sentono diversi proprio in quanto gay e etero, un vecchio etero e un vecchio gay si sentono soprattutto vecchi e in questo si sentono accomunati da una categoria molto forte. La vecchiaia non è originariamente una questione spirituale, la vecchiaia è originariamente un decadimento fisico e talvolta che mentale, da questo decadimento segue la necessità di ristrutturare il proprio modo di vivere per poterlo ulteriormente sostenere C’è una questione sulla quale la riflessione non mi porta a nessuna conclusione chiara. Mi sono chiesto più volte se la solitudine sia un connotato antropologico imprescindibile che si cerca di negare adottando varie mitologie centrate sull’amore, sulla solidarietà, ecc.. In questo senso la solitudine del gay, e in particolare del vecchio gay, non sarebbe una “solitudine gay” ma solo un connotato originario dell’essere umano. Se così fosse la solitudine non sarebbe neppure un fallimento o un una condizione deteriore, ma sarebbe invece il superamento di una lunga serie di visioni illusorie di un’affettività che redime e che unisce. I fatto stesso che alla fine, la solitudine non costituisca un dolore proprio quando le mitologie della “salvezza tramite l’affettività” vengono meno, indica che la vecchiaia, nella sua operazione di riduzione dell’inutile, finisce per tagliare anche i “rami secchi” dell’affettività. Non intendo dire che la vecchiaia non abbia un’affettività, mi sembra anzi vero il contrario, ma l’affettività di un vecchio non ne modifica la solitudine, è cioè un’affettività che non tende a superare la solitudine, cioè non tende a cambiare una categoria antropologica di fondo di cui si è finalmente capita e accettata la centralità senza fughe metafisiche ma tende a non fare un valore assoluto nemmeno della solitudine. In pratica il vecchio demitizza lentamente l’affettività, scopre il senso della solitudine ma non ne fa un mito sostitutivo. Nella vecchiaia I sentimenti escono dalle prospettive metafisiche e si umanizzano, acquisiscono la relatività che dà loro consistenza reale. I sentimenti dei vecchi non si proiettano lontano, non chiedono reciprocità né fedeltà, sono solidi proprio nel loro vivere nell’effimero, nel qui e adesso, perché la vita stessa di un vecchio è effimera. La vecchiaia, che vive dell’effimero, fa anche dell’effimero un valore. La vecchiaia comporta dei rischi quando non è accattata, cioè quando ci si illude che il tramonto sia limitato all’ultimo istante di vita. In realtà il declino esiste ed è inevitabile. Non parlo solo di declino del vigore fisico ma anche della capacità di pensare, della memoria, della creatività e della stessa affettività, il tramonto è una parte del giorno, è un’alba a rovescio. L’alba è un crescendo, il tramonto è un diminuendo, la musica è diversa e provare a suonare al di là della proprie possibilità porta solo a una stridente dissonanza. Naturalmente quello che ho detto non ha alcun valore generale, se lo pensassi non sarei vecchio, è solo un punto vi vista.

Sì d'accordo ho la presunzione di capire anche troppo bene di cosa vai parlando.
Ma, parafrasando un poeta delle parti mie...

o desideri
cavalli leggeri
sentirvi battere
ancora uno scalpito
e fosse l'ultimo
quello che rapisce
il grido
sullo strapiombo...

? :)

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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da progettogayforum » venerdì 3 gennaio 2014, 0:33

Bellissima poesia, agis, GRAZIE!!

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agis
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Re: VECCHIAIA GAY E SOLITUDINE

Messaggio da agis » venerdì 3 gennaio 2014, 13:59

progettogayforum ha scritto:Bellissima poesia, agis, GRAZIE!!
Grazie a te :).

Ritengo anche, per anagrafe, abbastanza alte le probabilità che tu ricordi questa cosa.

http://www.youtube.com/watch?v=JkhNcUeHI0c

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