Pensieri sconnessi

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
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progettogayforum
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Pensieri sconnessi

Messaggio da progettogayforum » domenica 16 novembre 2014, 12:31

Ho riletto in questi giorni un libro che avevo letto diversi anni fa: Ottobre di Christopher Isherwood e sono rimasto a meditare su quell’autunno della vita, su come si debba impostare la propria vecchiaia, su come sia giusto cercare di affrontarla, sul senso del limite che la vecchiaia comporta intrinsecamente in termini di separazione, di incomunicabilità, di solitudine sostanziale, in parte patita e in parte cercata. L’instabilità fisica è anche un simbolo di quella morale, dei continui tentennamenti tra la volontà di non invecchiare e il cedimento al tempo che passa e alle sue malinconie. Il disagio fisico e quello spirituale vanno di pari passo. Mi sono chiesto di che cosa si possa riempire la vita di un vecchio ma non ho trovato alcuna risposta se non il dovere, ma è un’istanza assai debole perché totalmente soggettiva. Ho pensato che la soluzione alla domanda di senso potesse essere un impegno ma alla fine questo impegno per migliorare il futuro sarebbe del tutto disinteressato, cioè nella sostanza non altruistico ma privo di interesse. A meno che non valga anche qui il principio di inerzia, perché le cose vanno avanti nella direzione che avevano prima ma progressivamente rallentando fino a perdersi nel nulla. La vecchiaia non è solo la presa di coscienza della propria nullità individuale ma della nullità di tutto ciò in cui si è creduto e per cui ci si è impegnati, proprio l’immedicabile vanità del tutto. Mi sono chiesto che fine faranno le cose in cui ho creduto e per le quali ho lavorato, ma la risposta è sconsolante: quelle cose si perderanno per totale abbandono, come si sono persi per totale abbandono i sogni e le speranze di miliardi di uomini, un altro granello di polvere in un oceano infinito di passato inutile. Ma al di là delle meditazioni troppo teoriche sulla vita in sé c’è la domanda di fondo: come spendere quello scampolo di vita che ci resta, che è una domanda concreta. La prima cosa credo sia rendersi conto del proprio posto e accettare il progressivo distacco delle persone e dalle cose, accettare la progressiva riduzione della vita alla sola vita fisiologica essenziale, identificare il benessere con una condizione fisica di disagio relativo, concentrando l’attenzione su di sé, sul coltivarsi, sullo scrivere per i pochissimi che leggeranno e dai quali non si avrà alcun riscontro, sul leggere come aiuto alla meditazione, come modo per imparare a diventare vecchi. La seconda cosa importante è abituarsi ad agire in modo disinteressato, come dicevo prima, non generosamente, ma senza un vero interesse in quello che si fa. Terzo principio: valorizzare l’isolamento, e non viverlo come disagio, valorizzare le cose di basso profilo sotto tutti i punti di vista, compreso quello affettivo. Il sonno è un’altra grade medicina, quando si ha la fortuna di avere un sonno tranquillo. Il cervello resta libero e annebbiato. I problemi diventano marginali e la vita stessa cade in uno stato di assopimento. Poi verrà la solitudine pesante, quella della malattia e dell’abbandono e anche a quella bisogna cominciare a prepararsi, progettando non dico una felicità ma una serenità possibile. Progetti sì, ancora per un po’, ma solo a breve, e solo di cose che posso realizzare da me. Per il resto, il tempo scorre da sé, non ho nulla di particolarmente difficile da realizzare, basta ripetere il solito quotidiano, la vecchiaia procede da sé.

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