E quando non accetti.... Di esistere?

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SenzaPeso
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E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da SenzaPeso » sabato 6 agosto 2011, 4:23

Credo ed egoisticamente spero che non capiti solo a me, non perché sia una sensazione piacevole ma più che altro per non essere il solo idiota a farsi questi viaggi mentali... Al momento non sopporto il fatto di esistere, e di esistere come me stesso, di avere un passato, un presente e soprattutto un futuro. Non sopporto neppure il rumore dei mio respiro, o la consapevolezza del mio nome. Vorrei semplicemente distruggere tutto ciò che mi riguarda o non essere più me, ma sarebbe paradossale. Non è desiderio di morire, è diverso... E probabilmente dietro c'è qualcosa di dannatamente semplice. Vorrei solo capire perché ogni tanto mi sento così, oltre che buttare sto schifo da qualche parte. E magari sapere le conclusioni raggiunte da chi c'è passato se qualcuno c'è passato.

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marc090
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da marc090 » sabato 6 agosto 2011, 11:16

Vorrei solo capire perché ogni tanto mi sento così
Forse semplicemente ora vuoi sentirti così... l'incipit di un ragionamento che ti aiuterà a spezzare con la tua vita attuale... Perlomeno, per me è così quando voglio fare un cambiamento radicale... è un modo come un altro di affrontare il problema...(ossia prima fare i conti con se stessi... poi... ritrovarsi.)

Ovviamente senza sminuire il tuo ragionamento comunque.
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
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davide
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da davide » sabato 6 agosto 2011, 13:24

Capita,davvero non sto mentendo nè è una frase di occasione,capita di non sopportarsi,di guardarsi e non volere esistere.Odiare ogni aspetto di noi,quello che siamo e che siamo stati e saremo,quello che abbiamo e che avevamo.Non ci sopportiamo in tutti i sensi....
Secondo bisognerebbe trovare giusto un'attimino per staccare da noi stessi,sembra anche questo paradossale ma chi dice che lo sia.Magari questo tuo non poterti osservare(non fisicamente) può essere come dice Marc9OO un'indizio per capire meglio qualcosa di te,qualcosa che non vuoi sapere o predere coscienza.Sono sempre ipotesi eh....
Io molto tempo fa mi sono sentito piu o meno come te....il mio però era piu un:ti guardi allo specchio e non sai piu chi sei,allora provo disgusto per tutto ciò che mi riguarda....
Il mio cosngilio qual'è?Stacca da i tuoi pensieri,prova a cercare momenti in cui distrarti da te stesso.....fai qualcosa di imprevisto,improvviso...che non è da te(nel limite del possibile)....cambia qualcosa....
Con me ha funzionato,ognuno è diverso però...può darsi ache che non abbia centrato quello che volevi sapere....ma provare non costa nulla...in questo credo =)

sono una foglia che danza portata dal vento. vengo a cercarti...per incontrarti di nuovo come fosse la prima volta

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marc090
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da marc090 » sabato 6 agosto 2011, 15:08

Non so... io avrei detto immergiti a piene mani nel tuo dolore per uscirne rinato... ovviamente è una visione molto personale ma secondo me fintanto che hai presente cosa vuoi davvero, non è un problema così insormontabile...
Per prima cosa portarono via i comunisti, e io rimasi in silenzio perché non ero un comunista. Poi se la presero coi sindacalisti, e io che non ero un sindacalista non dissi nulla. Poi fu il turno degli ebrei, ma non ero ebreo.. E dei cattolici, ma non ero cattolico... Poi vennero da me, e a quel punto non c'era rimasto nessuno che potesse prendere le difese di qualcun altro.
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da Telemaco » domenica 7 agosto 2011, 12:41

SenzaPeso ha scritto:Credo ed egoisticamente spero che non capiti solo a me, non perché sia una sensazione piacevole ma più che altro per non essere il solo idiota a farsi questi viaggi mentali... Al momento non sopporto il fatto di esistere, e di esistere come me stesso, di avere un passato, un presente e soprattutto un futuro. Non sopporto neppure il rumore dei mio respiro, o la consapevolezza del mio nome. Vorrei semplicemente distruggere tutto ciò che mi riguarda o non essere più me, ma sarebbe paradossale. Non è desiderio di morire, è diverso... E probabilmente dietro c'è qualcosa di dannatamente semplice. Vorrei solo capire perché ogni tanto mi sento così, oltre che buttare sto schifo da qualche parte. E magari sapere le conclusioni raggiunte da chi c'è passato se qualcuno c'è passato.
L'odio contro sè stessi non necessariamente deve intendersi come autolesionismo o voglia di suicidio. Anzi. E' una rabbia feroce, la rabbia per non essere quello che si vuole essere, il non riuscire a corrispondere ad un proprio ideale di persona che si ritiene indispensabile da raggiungere per potersi sentire vivi, "completi", "in regola".
E' uno sgridarsi con tutta l'intransigenza possibile per non essere all'altezza delle proprie aspettative.
E' il rendersi conto che nonostante tutto l'impegno e la perseveranza, ci sono obiettivi che ci si è imposti ma che non potranno mai essere raggiunti.
Beh forse potrebbero anche in parte essere raggiunti, ma ad un prezzo molto alto: dimenticarsi quanto la natura umana sia intrinsecamente imperfetta e sbattere contro un vetro come le mosche quando vogliono uscire da una finestra.
L'odio per ciò che in passato è accaduto ma non doveva succedere, l'odio per ciò che in futuro dovrebbe succedere ma molto probailmente non accadrà, l'odio per ciò che nel presente dovrebbe essere... ma non è.

Dopo un po', a ben guardare, ci si può anche accorgere che si tratta solo di tentativi disperati di controllo ipervigile sulla realtà fenomenica. Già detto così fa sorridere... perchè è facile notare quanto questa pretesa sia decisamente irrealistica. Questo controllo, per quanto possa destare sensazioni di piacevole potere di gestire la propria esistenza, non tiene conto del fatto che essa è in gran parte avulsa da una razionale pianificazione delle proprie caratteristiche fisiche, psichiche, sociali, comportamentali.
E' una volontà di controllo che, quanto più fa perdere di vista il fatto che le sue pretese sono folli e irrealizzabili, tanto più diviene frustrante e opprimente.

Ciò almeno finchè uno non scopre che non si può esigere da se stessi l'impossibile, bisogna scendere a compromessi con la realtà dei fatti e giocare al ribasso con le proprie cieche aspettative trovando altre vie per concretizzare quello che si desidera. Come quando la mosca scopre che per uscire dalla finestra deve passare attraverso il sottile e SCOMODISSIMO spiraglio dell'imposta socchiusa... non attraverso l'ampia e limpida superficie di vetro.

Queste sono le mie conclusioni. Non so quanto posano essere utili.
# Non basta un giorno di freddo per gelare un fiume profondo.
(Gǔlǎo de zhōngguó yànyǔ)

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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da SenzaPeso » lunedì 8 agosto 2011, 6:36

Odio i compromessi. Posso accettarli solo se voglio davvero bene a qualcuno, e francamente non mi voglio bene a sufficienza per accettare compromessi con me stesso.

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Telemaco
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da Telemaco » lunedì 8 agosto 2011, 12:43

SenzaPeso ha scritto:Odio i compromessi. Posso accettarli solo se voglio davvero bene a qualcuno, e francamente non mi voglio bene a sufficienza per accettare compromessi con me stesso.
Lecito odiare i compromessi. Sono davvero fastidiosi, insopportabili, avvilenti.
Ma la realtà dei fatti si fa una grassa risata davanti al tuo(nostro) odio per compromessi, e prosegue imperterrita con i suoi ricatti.

A che serve lottare furiosamente per una questione di principio? Achille, l'eroe dell'Iliade, lo ha fatto... la sua questione di principio era la gloria eterna. Ciò che ha ottenuto è stata la morte del suo amato Patroclo. Forse la gloria l'ha anche ottenuta, ma ha perso tutto.

Ulisse, nell'odissea, invece si è piegato alla sorte, quel tanto che bastava per permettere al fiume degli eventi di scorrere senza esserne travolto. Il prezzo da pagare sono stati 10 anni di peripezie... però alla fine a casa ci è arrivato.

E' molto brutto da dire, lo riconosco, anzi fa proprio incazzare quando lo si deve ammettere, ma a volte bisogna deporre le armi su una questione di principio altrimenti uno non se la cava più.
E' una scelta pragmatica che può fruttare molto in termini di soddisfazioni: è chiaro che non si avrà la perfezione... ma quella chi mai potrebbe ottenerla? La gente si ammazza (reciprocamente o se stessa) per questioni di pefezione senza accorgersi che essa è una crudele costruzione mentale.

Il segreto è scoprire che verso un ideale si può al massimo tendere, avvicinandosi sempre più... senza però mai raggiungerlo, come gli asintoti in matematica.

Secondo me l'intransigenza verso se stessi può reggere e dare qualche vantaggio solo fino ad un certo punto... oltre questo punto essa diventa semplice e inutile crudeltà contro se stessi. E siccome di cattiverie ne riceviamo già a sufficienza dagli altri, non mi pare il caso che noi stessi dobbiamo rincarare la dose così tanto, anche se certamente lo facciamo "in buona fede", cioè per obbligarci a migliorare, a fare di più, a dare il massimo.
Io penso che per questioni di principio ci si possa far davvero male senza alla fine ottenere granchè.

Molto meglio fare come Ulisse: rendersi conto della propria imperfezione e adattarsi a preparare stratagemmi per sfuggire agli ostacoli e ai pericoli che ci vengono scagliati addosso dal Caso. In fin dei conti regola di buon senso vuole che il Caso non si debba mai combattere faccia a faccia; così impostata sarebbe una lotta persa in partenza, esso, banalmente... è troppo forte.
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Alyosha
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da Alyosha » lunedì 8 agosto 2011, 19:58

Io piano piano mi sto rendendo sempre più conto che i "compromessi" sono forse l'unico modo di stare nelle cose. Che le vie dritte e pulite non esistono e che tante volte arrivare alle cose comporta scendere a patti con il mondo. Me ne sono accorto nelle cose che ho fatto, nei contesti lavorativi e anche nel volontariato. Cercavo un posto "puro" con valori e ideali e non l'ho trovato da nessuna parte. Le cose si mischiano sempre tra loro dentro e fuori di te. I "compromessi" ho capito che sono un modo per far diventare reali le cose, perché se uno pretende di realizzarle così per come le ha pensate va a finire che non fa nulla o che in questa sorta di "radicalismo" ottiene l'esatto contrario di quello che cercava. Scendere a patti infondo è solo la prova che esite altro rispetto a noi, che non tutto può essere piegato alla nostra volontà o può andare come vorremmo. Rispettare i propri principi significa anche sapere quando e come questi possono diventare concreti nei diversi contesti e sapere anche che se li si vuoli realizzare essi non possono conservare la bella forma che avevano nella nostra mente, perché nel provare a realizzarli qualche cosa sbaglieremo sicuro e qualche altra non andrà come avremmo voluto.

barbara
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da barbara » martedì 16 agosto 2011, 21:40

Mi ci vuole un po' per assimilare le cose che dici, SenzaPeso , e arrischiare una risposta. I tuoi interrogativi sono affascinanti e impegnativi.
Non so se ho capito bene ciò che intendi tu. Posso dirti che a me è capitato nella vita diverse volte di detestare il modo in cui sono fatta.
In determinati periodi si è verificato cioè un conflitto fra il "dover essere" e l'essere. Avevo delle aspettative su come dovevo essere che non corrispondevano alla realtà. E posso anche dirti che in assoluto sono stati i momenti più faticosi per me..
Ma penso anche che questa stessa fatica vada ascoltata, perché evidentemente ha una sua ragione di essere.
Nel mio caso potrebbe indicare una certa rigidità di pensiero, chi lo sa,.
Anche il non sapersi perdonare in fondo suggerisce che si sta chiedendo troppo a se stessi o troppo alla vita. In fondo siamo umani e dunque sbagliare dovrebbe essere non dico la norma , ma quasi. Eppure ...
Credo comunque che la cosa più difficile in questi momenti sia fermarsi ad ascoltare quello che accade.
Tu hai cercato di farlo, scrivendo qui. Ed è stato anche un atto di fiducia e di sincerità importante. Magari sono segnali che indicano un passaggio di vita cruciale.. Certo é molto difficile stare nell'incertezza , ma , per la mia esperienza, anche molto fecondo. Mi ha aiutato a volte a capire che semplicemente dovevo accettare le cose di me che non potevo cambiare.
Auguro anche a te che, con pazienza, che tutto ciò porti qualcosa di buono, che solo il tempo ti svelerà. Buona ricerca

Felix
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Re: E quando non accetti.... Di esistere?

Messaggio da Felix » venerdì 9 settembre 2011, 13:35

Aspetto una telefonata per andare a pranzo, ma spero che l'amico mi chiami solo quando avrò finito di scrivere questo post, altrimenti dovrò cancellarlo e come al solito non riuscirò a tornare più qui! :geek:

Premetto che ho letto tutti i vostri commenti, ma essendo preso in questo periodo da un sacco di pensieri piuttosto urgenti, non credo di aver colto bene ogni sfumatura dei vostri discorsi, sebbene trovi che il più affine al mio modo di pensarla è Telemaco. Mi piace quello che ha scritto! Bravo Tele! (così ora Barbara mi riprenderà: "NON CHIAMARLO TELE!!!" :lol: :lol: :lol: ).

Eviterò per i motivi suddetti un commento ai commenti, ma porterò una riflessione a partire dalla mia esperienza, sperando, caro SenzaPeso, di esserti un attimino utile. :geek: :geek: :geek:

Leggendoti, ho rivissuto in me il periodo in cui - preso dal lavoro su me e sul mio passato fatto con la mia terapeuta (poi gentilmente mandata a quel paese :roll: ) - ero convinto anche io di non esistere realmente, direi quasi di non esser mai nato. Certo, non ho mai dubitato di esser nato anagraficamente trenta e passa anni fa, ma in quel brutto periodo di crisi, avevo la triste sensazione di non esistere dentro di me... Avevo scoperto (grazie alle mie sorelle maggiori che mi raccontarono un bel po' di cosette che i miei non avrebbero mai ammesso) che in fin dei conti, io sono stato concepito e sono nato senza essere voluto realmente. Sono arrivato. Tutto qui. Prendere coscienza di ciò, scoprire che mio padre non mi aveva mai realmente accettato (ecco perchè lo odiavo), e che mia madre durante la sua gravidanza piangeva pensando alla sua età avanzata e ai mille problemi della famiglia, fu per me una botta: di colpo si contretizzarono in un vuoto nulla e buio dentro di me, tutte le paure, le sensazioni, i dubbi e le incertezze... Che ci stavo a fare al mondo io? Perchè stare lì dove ero? Cosa volevo realmente? E via di seguito con una serie di pippe mentali megagalattiche di cui ben pochi erano a conoscenza perchè all'apparenza passavo come l'uomo più sereno della Terra! Pensavo di non valere nulla, di essere un inetto e un incapace, di non riuscire a capire le persone e di non sapermi relazionare a loro. In pratica mi sentivo un cesso, o meglio il suo contenuto solido (ops!)... Ora che ti scrivo però, caro SenzaPeso, rivedo quei momenti e mi accorgo di una cosa sulla quale non avevo ancora riflettuto. Io mi sentivo così, anzi ero convinto di non meritare un posto nel mondo, mi facevo del male e a volte pensavo di farmelo sul serio, ed ero talmente preso da me da non riuscire a dare spazio alla consapevolezza che bene o male, chi mi avvicinava non si allontanava da me triste o insoddisfatto o deluso; che dopo tutto non ero un cesso nello studio visto che nonostante quella crisi tremenda son riuscito a studiare e laurearmi, senza che nessuno si accorgesse di quanto stessi male; che dopotutto le cose che facevo riuscivano bene comunque... Eppure io non mi sopportavo!
Come si spiega ciò?

Beh non ho finito di raccontare. Subito dopo la laurea cambiai ambiente, ebbi la fortuna di trovare subito lavoro e di trovare proprio quello che mi piaceva. Ero a contatto con la gente e questo mi ha sempre affascinato e lì ci fu la vera sorpresa. Il cambiamento d'aria mi aveva giovato, e lì dove ero, nonostante la paura di non essere all'altezza del compito che mi era assegnato, potevo cominciare a realizzare i miei sogni. E giorno dopo giorno mi ritrovai ad avere un'opinione completamente diversa di me, a dirmi spesso "Ma tu guarda un po'! Mi pensavo così e non sapevo di essere cosà! Credevo che mi avrebbero preso a pesci in faccia e invece scopro che stravedono per me..." E finalmente mi aprivo allo stupore, alla bellezza,alla Vita e i problemi calavano la loro aggressività. Mi accorsi che nei momenti più bui, quelli in cui non avrei scommesso un centesimo su di me, ero andato avanti perchè sostenuto da sguardi di persone che credevano in me e che non erano disposte a farsi prendere in giro da quello che io dicevo di vedere in me. Loro mi VEDEVANO fregandosene altamente di quello che di me vedevo io.

Mi rendo conto che leggendomi, forse starai grattandoti la testa pensieroso per chiedere dove veramente voglia andare a parare con queste mie parole... Semplicemente ho ripescato questo momento della mia vita perchè le tue parole mi han fatto sospettare che forse - e bada bene che dico forse - il problema potrebbe essere non vicinissimo a te, ma affondare le sue radici più in profondità, per cui quel non sopportarti non è frutto solo della consapevolezza che tu hai di te e della tua voglia di scendere a compromessi, quanto piuttosto il perverso e nascosto meccanismo di chi non sentendosi riconosciuto da alcuno sguardo pensa di non dover esistere per questo. Se così fosse, beh proporrei di concentrarti più su quello che vuoi essere che sulle aspettative che pensi che gli altri abbiano su di te.

Spero di aver reso l'idea di quel che volevo dire! Come scritto prima, in questo periodo non brillo per chiarezza mentale!

Cmq per la cronaca, anche se ancora non mi sento riconosciuto dai miei genitori, ho imparato ad amarli per quello che sono, e soprattutto per mio padre nutro un amore incredibile! Loro mi hanno amato e mi amano per le capacità che hanno, non posso pretendere che lo facciano per come lo vorrei!

Ciao caro SenzaPeso!!!
E ti vengo a cercare con la scusa di doverti parlare, perché mi piace ciò che pensi e che dici, perché in te vedo le mie radici.
...
E ti vengo a cercare perché sto bene con te.

Perché sei un essere speciale
ed io avrò cura di te


(F. Battiato, E ti vengo a cercare/La cura)

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