Il peso di un "ti voglio bene"

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Totoro
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Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da Totoro » mercoledì 29 maggio 2013, 11:55

Mi sono appena reso conto di quanto "ti voglio bene" sia una frase tanto facile da dire quanto difficile per me da accettare, non so se solo da una certa tipologia di persone o se da tutti in generale. Quando mi viene detto, qualcosa dentro di me si agita e mi consiglia di fuggire, lontano e piú velocemente possibile, e poco conta che a dirlo sia un amico o un familiare. Sarà perchè non riesco minimamente a provare per un essere umano quello che provo per i miei gatti, e questo mi fa venire una sorta di senso di colpa ogni volta che sono io a dire "ti voglio bene" a qualcuno, perchè sembra sempre una pantomima, c'è sempre una sorta di distacco da parte mia nei confronti delle persone. Sarà perchè sento tutto l'orrendo peso di quelle parole e mi soffoca. Non sopporto l'idea di essere partecipe della gioia o del dolore di qualcuno, e la possibilità di esserne responsabile. Di fatto aspiro ad una vita senza legami e so a priori che è una cosa impossibile, anche solo perchè siamo legati a qualcuno fin dalla nascita, e perchè relazionarsi porta potenzialmente alla nascita di un legame. Anche se, nei limiti della possibilità, voglio bene a qualcuno non mi fa per niente piacere essere ricambiato, e non so come conciliare il fatto che le persone mi si affezionano con la necessità di non avere legami se non smettendo di relazionarmi del tutto, o mantenendo qualsiasi relazione in superficie, ma anche lí resta comunque il peso della famiglia. Non credo di poter cambiare dal giorno alla mattina e poter provare piacere nell'essere legato a qualcuno, e non credo di voler cambiare in quel senso. Mi fa solo star male il senso di colpa, tanto quanto mi fa star male il senso di soffocamento. Mi rendo conto di avere dei grossi problemi nelle relazioni umane, problemi che forse sono addirittura opposti a quelli della maggior parte delle persone... e se scrivo qui probabilmente è piú che altro per sfogarmi, ma se qualcuno avesse qualcosa da dire a riguardo mi farebbe piacere.
 


"La capacità di stare da soli è la capacità di amare. Può apparirti paradossalle, ma non lo è. E' una verità esistenziale: solo le persone in grado di stare da sole sono capaci di amare, di condividere, di toccare il nucleo più intimo dell’altra persona, senza possederla, senza diventare dipendenti dall’altro, senza ridurla a un oggetto e senza diventarne assuefatti."

barbara
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da barbara » giovedì 30 maggio 2013, 9:14

Mi spiace che hai postato in questa sezione, che molti tralasciano nella lettura, perché tocchi un punto importante per molte persone. Direi tutte. Provo a dire alcune cose, perchè scrivere tutto quello che mi viene in mente sarebbe troppo lungo..
Dire "ti voglio bene" è impegnativo. Non sono parole leggere ; non sono parole come le altre.
Parli del desiderio di fuggire. Un gatto fugge quando ha paura. Si tratta quindi di paura? Non è strano che l'amore possa fare paura. Lo si teme per molti motivi. Ognuno di noi ha i suoi pensieri sull'amore. Chi lo associa all'abbandono, chi lo vive come un'invasione , chi pensa che sia una prigionia, chi pensa di non meritarlo, chi pensa che non esiste e che sia un'illusione.
Sembra che per te l'amore sia come un dovere, un compito ingrato che gli altri si aspettano che tu esegua. Tuttavia un'emozione non può arrivare a comando. Dire a qualcuno: "devi volermi bene" o rimproverarlo per il fatto che non ti vuole bene è come mettere una persona davanti a una missione impossibile. Se è questo il messaggio che percepisci quando ti senti dire: "ti voglio bene", capisco bene quanto la cosa possa crearti disagio.
Sembra che le richieste più o meno implicite degli altri mettano continuamente in discussione l'equilibrio che ti sei dato.
Non è detto però che tutti coloro che ti dicono "ti voglio bene" si aspettino quello che pensi tu. A volte a qualcuno può bastare poterlo manifestare e non si aspetta da te più di quanto tu non sia disposto a dare. Un amico per esempio potrebbe anche accettare che tu non risponda "anch'io", sapendo come sei fatto. Non è detto che quello che riesci comunque a dare agli altri non sia sufficiente e adeguato a ciò che desiderano da te.
Non sempre i nostri pensieri su quello che gli altri vogliono da noi corrispondono alla realtà. Per ora mi fermo qui e mi piacerebbe sentire il parere di altri.

Totoro
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da Totoro » giovedì 30 maggio 2013, 12:25

Ho postato in questa sezione perchè è un argomento generico. Diciamo che conosco l'origine di questo problema, deriva dal fatto che mia madre ha sempre strumentalizzato l'affetto, siccome "mi vuole bene" io dovevo attenermi a quello che lei si aspettava da me. Per uno individualista e indipendente come sono io, questa cosa s'è sempre tradotta in furiose liti dato che riuscivo ad attenermi alle sue aspettative entro un certo limite, poi saturo mandavo al diavolo tutto facendo l'esatto opposto di ció che lei voleva in modo infantile e solo per affermare la mia totale indipendenza. Anche mio padre aveva un atteggiamento simile, con ricatti del tipo: "se non fai A allora perdi il mio affetto" e il risultato che otteneva era il medesimo sino alla rottura di ogni rapporto con lui. Il problema è che questo carico, per quanto mi renda conto che non tutti sono come i miei ed usano l'affetto in modo simile, si è cristallizzato portando a questo modo d'intendere l'affetto. Al di là del fatto che non posso amare un essere umano come amo un gatto perchè sotto moltissimi aspetti mi sento piú affine ai gatti che alle persone, c'è anche la questione che mi piace aiutare gli altri, stargli vicino, fintanto che non si traduce in pretesa. Se si traduce in una pretesa o se penso ci sia una pretesa da parte dell'altro, è immediata la reazione per cui smetto di star vicino a quella persona, mi distacco completamente solo per dimostrare che sono indipendente dall'esistenza o meno di quella relazione... e in un certo senso lo sono. D'altra parte detesto essere aiutato, quindi in una relazione mi pongo come quello che da ma non prende nulla. Per alcune delle mie poche amicizie la cosa è frustrante. Penso che sia paura il mio bisogno di fuggire, ma che tipo di paura sia non riesco bene ad inquadrarlo... se ci penso mi viene da dire che ho paura di trovarmi in trappola, ed obbligato a star vicino a qualcuno anche se eventualmente non ne ho voglia, indipendentemente che ne abbia o meno voglia in quel momento, l'idea mi terrorizza. Cosí l'implicito "ho bisogno di te" che si cela spesso dietro ad un "ti voglio bene" mi causa quella reazione, specialmente se l'amicizia è abbastanza profonda da implicare una cosa del genere. Preferisco chi mi dice "ti voglio bene" in maniera "superficiale", visto che comunque in quel caso è evidente che tutto quello che mi fa paura non puó sussistere.
Insomma anche io sono in grado di voler bene a qualcuno, sebbene non come ad un gatto, è un affetto disinteressato e distaccato peró. Che quella persona ci sia o meno, che mi ricambi o meno, non m'interessa minimamente ed anzi, forse preferisco che non ci sia e preferisco volergli bene "a debita distanza" in modo che non mi si affezioni troppo, che non diventi una cosa reciproca per cui all'altro venga voglia di ricambiare il supporto, o che non si scenda mai troppo nel profondo.
 


"La capacità di stare da soli è la capacità di amare. Può apparirti paradossalle, ma non lo è. E' una verità esistenziale: solo le persone in grado di stare da sole sono capaci di amare, di condividere, di toccare il nucleo più intimo dell’altra persona, senza possederla, senza diventare dipendenti dall’altro, senza ridurla a un oggetto e senza diventarne assuefatti."

barbara
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da barbara » giovedì 30 maggio 2013, 18:26

Mi viene da pensare che questa predilezione per i gatti non sia casuale... ;)
Anche io adoro i gatti. In loro adoro l'indipendenza che esprimono, oltre all'eleganza. Un gatto, a differenza di un cane, ha bisogno di tutti e di nessuno. Non sembra soffrire se il padrone si allontana, a patto che riceva attenzioni da qualcun altro. Mi ha sempre stupito il fatto che una gatta non riesca a riconoscere i propri cuccioli se ne viene separata per qualche tempo.
Il gatto sembra insegnarci che non si deve rinunciare alla libertà in nome dell'amore. Mi spingo a dire che un amore cessa di essere tale autenticamente quando mina la libertà propria o dell'altro. Con questo non voglio dire che una persona non possa , in libertà, decidere di fare delle rinunce, ma il ricatto affettivo è un'altra cosa.
Devo dire che anche a me crea disagio la pretesa dell'altro. Posso ascoltarla se la interpreto come richiesta di aiuto o di attenzione. Ma se perdura l'atteggiamento del ricatto o della pressione , mi trovo molto in difficoltà.
Il ricatto affettivo di un genitore poi può essere percepito come una vera violenza proprio per la posizione di forza e di potere che un padre o una madre ha verso il figlio.
Un bambino crede ciecamente ai genitori e dunque è capace di provare grande senso di colpa o grande rabbia o entrambi di fronte a una situazione simile. Può sentirsi sbagliato, cattivo oppure alternativamente può pensare che i propri genitori siano crudeli verso di lui. Sono pensieri pesanti da sopportare in entrambi i casi.
Se un figlio cede alle pressioni esterne , rinnega se stesso e inizia a vivere un'altra vita, che prima o poi gli si rivelerà nella sua tragica falsità.
Anche non cedere, restare fedeli a se stessi comporta un prezzo da pagare, ma almeno rimane quel rispetto di sé , senza il quale diventa davvero difficile andare avanti.
Anche adesso a me pare che in definitiva per il momento il disagio che provi derivi più da un disagio altrui che non da te.
Se realmente stai bene così o per lo meno è ciò che al momento ritieni meglio per te, forse potresti anche dire a te stesso che il tuo senso di colpa esprime la tua sensibilità nei confronti degli altri, ma non è un valido motivo per fare ciò che non ti senti di fare o per interrompere del tutto le relazioni con gli altri.
Se un amico ti vuole veramente bene, potrebbe cercare di comprendere che il tuo modo di ricambiarlo, pur essendo diverso dal suo , ha una sua logica e una sua importanza. E pertanto va rispettato.
Se non ci riesce (ed è nella sua libertà di pensarla diversamente) è comunque una questione sua, un problema suo, non tuo. Almeno io la penserei così.

Totoro
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da Totoro » venerdì 31 maggio 2013, 0:43

L'ultima parte del tuo post, Barbara, è illuminante. Un pensiero che stavo maturando ma non riuscivo a verbalizzare.
Vogli credere che le persone che usufruiscono dei ricatti emotivi siano davvero poche e che lo facciano per problemi personali loro. Mi rendo sempre piú conto di quanto seriamente l'affetto sia potenzialmente l'arma perfetta per controllare gli altri... mi pare sempre piú evidente che tra l'odio e l'amore il piú pericoloso e subdolo non è il primo ma il secondo. L'odio fa solo male, non puó essere usato per controllare una persona, non ha risvolti positivi, e rende schiavo solo chi lo prova. Al massimo puó unire varie persone che odiano contro un'altra categoria. Ma l'amore con la capacità di gettare dalle stelle alle stalle e con il bisogno che bene o male tutti ne abbiamo è seriamente capace di rendere schiava una persona, in bocca alla persona sbagliata un "ti voglio bene" diventa un'arma distruttiva nel momento stesso in cui si trova piacevole sentirselo dire, e si farebbe di tutto per non perdere tale piacere. Ed anche questa è una cosa che mi fa paura degli affetti, il rischio che possono comportare.
 


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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da barbara » venerdì 31 maggio 2013, 7:39

Concordo che l'amore ha una potenza diversa dall'odio. Questo sia nel bene che nel male. Se l'odio non può farti soffrire quanto certi amori , è anche vero che non c'è nulla che ci rende felici quanto l'amore. Parlo di amore in senso lato: l'amore per gli altri, ma anche per noi stessi , per una passione , per un interesse.
La potenza del ricatto da parte di chi amiamo deriva proprio dal fatto che sappiamo bene cosa perderemmo, se l'altro smettesse di amarci.
Ma la forza del ricatto svanisce quando siamo capaci di dire di no e ci rendiamo conto che in realtà la minaccia era reale fino a un certo punto.
Se un figlio si ribella al ricatto dei genitori e il loro affetto in realtà non sparisce , ha la prova che molti ricatti sono minacce a vuoto.
Dunque potrebbe anche non avere più paura di perdere l'amore quando gli capiterà di essere ancora sotto ricatto. In effetti i tuoi genitori hanno continuato a volerti bene, quindi col tempo i loro ricatti hanno perso di valore.
Però la paura che potrebbe rimanere potrebbe essere un'altra , e cioè quella di sentirsi in colpa. Ma se a questo punto tu fossi capace di liberarti da questo senso di colpa, accettandolo come tale, ma anche dandogli il peso che ha , senza farti condizionare più di tanto, forse un domani non avresti paura di provarlo nell'istante in cui una persona mostra di essersi legata a te.
E' un'ipotesi di cui tenere conto. ;)

koala
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da koala » venerdì 31 maggio 2013, 11:44

Personalmente ritengo che quanto più ci liberiamo di modelli comunicativi che irrigidiscono invece che lasciare libera l’espressione tanto meglio ci sentiamo. Un certo modo di porre al centro dell’attenzione l’”affetto” nei rapporti può essere a mio giudizio uno di questi: quando si tematizza l’”affetto” con tutto il suo corredo preformato di “ti voglio bene” si tende a volte a confondere la sostanza di un legame con una certa modalità di vivere e comunicare il proprio essere in relazione. Invece la sostanza di un legame è una cosa molto più legata ai bisogni più intimi di ognuno. E ognuno dovrebbe sentirsi libero di esprimere questi bisogni come si sente di fare, senza esigere da sé stesso alcuna prova. L’altro può esercitare una pressione, ma conservare il dialogo con i propri bisogni è innanzitutto un requisito per non essere soffocati dai condizionamenti emotivi che hanno agito su di noi in passato e di noi purtroppo fanno parte.
Una cosa sono i bisogni che sostanziano le manifestazioni affettive e un’altra sono i modi espressivi che adottiamo nell’interazione.
Non è detto che un po’ alla volta tu non riesca a sperimentare nuovi legami affettivi attraverso modi di espressione (tuoi e dell’altra persona) diversi da quelli che in passato ti hanno condizionato negativamente.
Ultima modifica di koala il mercoledì 28 maggio 2014, 23:39, modificato 1 volta in totale.

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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da Totoro » mercoledì 5 giugno 2013, 17:26

Si in effetti è ansia, legata alla paura di perdere la libertà, l'autonomia, e riferita nello specifico a certi tipi di rapporti (che però sono la maggior parte). Nei giorni passati ho notato che tendo a farmi carico dei problemi altrui e a sentirmi responsabile del loro benessere, alcuni pretendono addirittura che sia così ed è stata una pretesa di questo tipo che mi ha reso cosciente della mia tendenza al "sacrificio". Immagino di dover imparare a mettere dei paletti nelle relazioni, semplicemente quello, dal momento che spesso non ne sento un reale bisogno e quindi già di per loro tendono ad essere un fastidio.
 


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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da barbara » mercoledì 5 giugno 2013, 19:02

Vedi come a volte siamo sommari nel descrivere noi stessi. Oppure sono gli altri ad avere una percezione molto parziale di noi . Apparentemente possiamo apparire o giudicarci freddi o distaccati , ma sotto sotto quali sono i nostri veri sentimenti?
Stai dicendo che evitare il coinvolgimento affettivo può essere una strategia per mettere un po' di distanza fra noi e gli altri , specie se fatichiamo a preservare i nostri bisogni dalle esigenze altrui.
Hai ragione a dire che non è affatto facile a volte tutelarsi dagli altri e dalle loro richieste. Dire di sì , anche a costo di fare grosse rinunce, magari per non sentirsi in colpa è molto più facile, secondo me.
Dire di no è difficile, specie se ti hanno insegnato ad accontentare gli altri, pena la perdita della loro approvazione.

Tato83
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Re: Il peso di un "ti voglio bene"

Messaggio da Tato83 » giovedì 6 giugno 2013, 2:43

e quindi tvb :D " lo so sn uno strrrrr " come mi rispondi sempre :P

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