Lo Straniero

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Annabel Lee
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Lo Straniero

Messaggio da Annabel Lee » martedì 15 marzo 2011, 18:39

[Sperando sia la sezione giusta...]

Avevo voglia di uscire dalla gabbia dei miei romanzi e in generale delle storie che sto già scrivendo, ma dato che sono a terra del tutto, non sarà nulla di dolce e sensato; solo, andava scritto.


Lo Straniero.



Scivolare nel buio della ragione non era mai stato così semplice: tornare a non vivere facendo quadrare i conti non era mai stata una benedizione più grande.
Aveva cercato, fortemente, disperatamente, di essere parte della sua vita. Della vita di chiunque, ma restava sempre così, a metà fra l’essere dentro e fuori, sospeso nel vuoto sapendo eppure di non poter cadere, e avrebbe così tanto voluto cadere! Lasciarsi andare, alla vita o alla morte, che importanza aveva? Sarebbe stato per la prima volta parte di qualcosa, qualcuno.
Silvia, coi suoi bellissimi boccoli d’oro gli tornò in mente quando all’università si erano scambiati i primi baci che sapevano di alcool e droga, fumo e un po’ di sesso, che poi sarebbe arrivato e avrebbe portato quella che veniva considerata una bella famigliola felice.
E pensò al suo Marco, quel ragazzo che gli si era iniettato sottopelle – non in endovena, in endovena mai, Marco era pur sempre educato fino alla nausea – ed era rimasto lì, assieme a lui, in bilico su quello strapiombo con i suoi occhi blu spalancati e il terrore a stritolargli le viscere, il dolore a piegarlo.
Non apparteneva né al mondo dorato né al precipizio blu; era estraneo a tutto quello che era la sua vita.
Marco, oh Marco, quanto avrebbe voluto viverlo al massimo, sentirlo scorrere piano sul suo corpo, come acqua fresca e limpida, mai dolorosa. Lo stava rendendo brutto, con tutte quelle lacrime, i chili persi per l’appetito perso, tutti quei giochi di specchi e calorie, esami non passati, stress e dolore, infinito dolore ogni volta che se ne andava, quasi fosse stato un giocattolo bello e costoso.
Non lo era, ma gli costava Silvia, che più o meno era ridotta a piangere ogni notte e farsi in dieci per i loro figli, che lui ora aveva perfino vergogna a guardare negli occhi senza leggere in loro il disgusto e la paura.
Che mostro stava diventando? Come poteva rovinare così le persone più belle del mondo?
Trascinarle assieme a lui in quello snervante incubo ondeggiante, quella corda dritta che pure se cadi o credi di cadere ti tiene a galla; ti soffoca pur di lasciarti vivere o morire.
Non faceva parte di quel mondo, non aveva mai avuto un posto, sempre a metà, sempre su e giù, sempre lontano dal cuore di chiunque. Li avrebbe lasciati andare entrambi, avrebbe dovuto farlo, era la cosa più giusta. Ma la paura? La paura di essere davvero solo, una volta per tutte e davvero, davvero solissimo, senza Marco o Silvia, senza i gemelli. Solo.
Era pur sempre cadere, essere solo; significava comunque liberarsi, tornare a morire, ‘stavolta definitivamente.

Deglutì. Aveva sbagliato un calcolo. Rimandò quella decisione, ché doveva lavorare, ché non aveva tempo.
Ché sempre e comunque, qualsiasi scelta presa, avrebbe sbagliato. Ché, tanto, era già lo straniero.

_________________________________________


Aiuto, banalità portami via. Lo straniero (oltre ad essere davvero stupida) è una sensazione che avrei potuto appiccicare addosso a qualsiasi personaggio e questo non mi piace proprio, perché di solito le emozioni vanno estorte con forza dal cuore delle persone a cui si da vita. Lo straniero perciò potrebbe essere benissimo chiunque: una ballerina, un pugile, una madre, un prete... ma in realtà non è nessuno ed è solo una trasposizione in parole di un sentimento che non riuscirò mai ad esprimere o uccidere. E’ rannicchiato lì, ogni tanto si fa vivo, ma sta lì e rimarrà sempre l’unico sentimento di cui non riuscirò mai a parlare o scrivere o trovare un senso; da qui la banalità delle mille frasi fatte.
Pensavo stesse comunque bene in testa ad un uomo sposato col piede in due scarpe ed erano secoli che tentavo di scrivere di questo.
Per chi se lo stesse chiedendo, il titolo è ripreso da “Lo Straniero” di Camus, ma il concetto di straniero della vita può essere visto chiaramente in Pirandello (ne “Il Fu Mattia Pascal” in modo più significativo).

Se avete qualcosa da dire (pure insulti, ormai non m’offendo più) sulla storia o il tema che tratta – perché so che non son chiara manco a pagarmi – dite pure, tenterò di rispondere in modo decente.
« It was the best thing to do; nobody ever said it was also the right one. »

Alyosha
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Re: Lo Straniero

Messaggio da Alyosha » martedì 15 marzo 2011, 21:08

Perché dovrebbero insultarti. Lo straniero di Camus è uno dei capolavori della letteratura del secolo scorso. Sono molto affezionato a questo libro. Mi piacerebbe sapere se ti va di raccontarcelo cosa significa per te questo brano che estrapoli. E' molto denso di cose lo stralcio che posti.Personalmetne troovo molto bella la prima frase.
Scivolare nel buio della ragione non era mai stato così semplice: tornare a non vivere facendo quadrare i conti non era mai stata una benedizione più grande.
E questa
Che mostro stava diventando? Come poteva rovinare così le persone più belle del mondo?
Trascinarle assieme a lui in quello snervante incubo ondeggiante, quella corda dritta che pure se cadi o credi di cadere ti tiene a galla; ti soffoca pur di lasciarti vivere o morire.
Non faceva parte di quel mondo, non aveva mai avuto un posto, sempre a metà, sempre su e giù, sempre lontano dal cuore di chiunque. Li avrebbe lasciati andare entrambi, avrebbe dovuto farlo, era la cosa più giusta. Ma la paura? La paura di essere davvero solo, una volta per tutte e davvero, davvero solissimo, senza Marco o Silvia, senza i gemelli
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Annabel Lee
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Re: Lo Straniero

Messaggio da Annabel Lee » martedì 15 marzo 2011, 22:20

boy-com ha scritto:Perché dovrebbero insultarti. Lo straniero di Camus è uno dei capolavori della letteratura del secolo scorso. Sono molto affezionato a questo libro. Mi piacerebbe sapere se ti va di raccontarcelo cosa significa per te questo brano che estrapoli. E' molto denso di cose lo stralcio che posti.Personalmetne troovo molto bella la prima frase.
Scivolare nel buio della ragione non era mai stato così semplice: tornare a non vivere facendo quadrare i conti non era mai stata una benedizione più grande.
E questa
Che mostro stava diventando? Come poteva rovinare così le persone più belle del mondo?
Trascinarle assieme a lui in quello snervante incubo ondeggiante, quella corda dritta che pure se cadi o credi di cadere ti tiene a galla; ti soffoca pur di lasciarti vivere o morire.
Non faceva parte di quel mondo, non aveva mai avuto un posto, sempre a metà, sempre su e giù, sempre lontano dal cuore di chiunque. Li avrebbe lasciati andare entrambi, avrebbe dovuto farlo, era la cosa più giusta. Ma la paura? La paura di essere davvero solo, una volta per tutte e davvero, davvero solissimo, senza Marco o Silvia, senza i gemelli
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Non sono brava a parlare di me stessa, per questo solitamente scrivo, però ci posso provare.
Prima però le frasi:
La prima è legata al fatto che essendo la sua vita profondamente in bilico, quando lavora (lavora facendo conti) scivola per un momento nella sua parte razionale, che lui intende come 'buio' perché vorrebbe vivere col cuore (che considera perciò luce).
Era parte di un racconto molto meno 'racconto' e più 'follia', era un po' campato per aria, ma quella frase mi piaceva e non avevo un incipit. Inoltre descrive Lo Straniero davvero bene.
La seconda mi fa quasi star male, sì.

Per quanto riguarda quello che è la storia, si tratta di un disagio che mi porto dentro da sempre, quindi ci ho imparato a convivere, ma vorrei pure esprimerla un po' per esorcizzarla.
Mi sento sempre molto in bilico con le persone perché non riesco ad appartenere a nessuno, soprattutto a quelle persone che vedo desiderano che io diventi meno sfuggente e fredda.
Nell'ultimo periodo poi si è 'riaperta' la ferita perché mi sono accorta che non sto bene né con gli etero, né con gli omosessuali, né con i prof, né con i coetanei, né con gli adulti, né con i bambini. Non sto bene, vago costantemente senza riuscire a sentirmi parte della mia stessa vita.
Sono diventata asociale quasi per questo.
Anche quando sono stata con la mia ultima ragazza ed ho tentato di lasciarmi andare, mi sono resa conto che oltre ad essermi fatta malissimo mi osservavo da fuori e non è stato affatto piacevole: è come se mi rendessi pienamente conto che ricevevo quel che davo, ossia niente.
Riesco solo a legare superficialmente e non riesco proprio per niente ad appartenere a qualcuno o ad una categoria, sto sempre lì ad aspettare. Poi quando mi decido a lasciar andare tutti e vivere solo per me stessa, comincio ad aver paura dell'essere da sola e soprattutto dell'abbandono. E' stressante, però è così da quando ho ricordo, non ce la faccio proprio a capire cosa non va.
« It was the best thing to do; nobody ever said it was also the right one. »

Alyosha
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Re: Lo Straniero

Messaggio da Alyosha » martedì 15 marzo 2011, 23:52

Che tenerezza mi fanno le tue parole Anna. Colgo il senso di un dolore enorme. La gente pensa che chi "non ama" non soffra e sopratutto nelle relazioni viene continuamente bacchettata perché non sà tirare fuori le emozioni che dentro lei ci sono, non le sa restituire, ma le vive ugualmente. A me succedeva spesso ed era proprio un tormento. Adesso non so se risuccederebbe, mi rendo conto che certe difficoltà ci sono a prescindere. Anch'io intendo la mia parte razionale come "buio" e mi piacerebbe riuuscire a lasciarmi andare serenamente. Tanto sforzo devi farlo tu però. però non sei da solo c'è sempre l'altro e se l'altro manca ti senti mortalmente ferito dopo che hai fatto lo sforzo di mostrargli i tuoi lati peggiori. Si hai capito bene non i migliori, quello che uno mostra a tutti, quelli belli da vedere, mostrargli i peggiori affidarglieli come un dono, il più prezioso, perché lì dentro c'è tutta la tua umanità e la tua vera natura. Non so perché le tue parole mi fanno venire in mente questa canzone, ma a pelle mi suscitano la stessa emozione:

http://www.youtube.com/watch?v=SQFg1bB2ZRg

Non so le "tracce di te". Ho l'idea che dovresti innanzitutto raccoglierti e smetterla di trattarti male. Temo che questa frustrazione per non riuscire ad ottenere la cosa che più al mondo desideri abbia finito con il lacerarti dentro. Non so perché ti dico queste cose, ma dovresti innanzitutto accarezza e coccolare la bambina che dentro mi pare un pòà pianga. Abbracciarla per prima tu. L'amore per gli altri passa per l'amore per noi stessi e amare se, vedersi per quello che si è, mi pare sia la cosa più complicata di questo mondo da fare.
Riesco solo a legare superficialmente e non riesco proprio per niente ad appartenere a qualcuno o ad una categoria, sto sempre lì ad aspettare. Poi quando mi decido a lasciar andare tutti e vivere solo per me stessa, comincio ad aver paura dell'essere da sola e soprattutto dell'abbandono. E' stressante, però è così da quando ho ricordo, non ce la faccio proprio a capire cosa non va.
Questa frase in effetti posso solo quotartela perché mi ci rivedo molto in quello che scrivi. Posso solo dirti, non sò se ti incoraggia, che da quando ho cominciato questo cammino, molte cose sono cambiate. Certo per me era un problema diverso (il fatto che non mi accettavo), ma dietro questo secondo me di nascondevano altri disagi, primo fra tutti essere così poco a contatto con le mie emozioni da non capire cosa mi piacesse per davvero e cosa no. Una parola di speranza voglio dartela, perché colgo uno spirito di rassegnazione che mi intristisce. Ecco voglio dirti questo, prendere consapevolezza del fatto che c'è un problema, che è profondo, non cercare soluzioni accomodanti, ma sbracciarsi e mettersi di buzzo buono a cercare di capire cosa c'è da sistemare nella propria vita, si può fare. Si possono sistemare tante cose nella propria vita, prima di cercare una relazione fondamentale, ci si può innamorare in mille modi e di mille cose diverse (persone, luoghi, professioni). Insomma provare a sistemare tutto quello che c'è intorno. Mi pare un pò come provare a sistemare casa proprio, gli spazzi, l'arredo e tutto quello che c'è dentro per prepararla alla persona che verrà, fiduciosa che prima o poi verrà e che comunque vada tu avrai fatto la tua parte. Insomma io cerco di vederla così. Non che sia semplice o non mi scoraggi... anzi. PéErò qual'è l'alternativa? Io relazioni vuote non ne voglio e se non le so vivere meglio non averne, almeno ci si prova. Alla fien dei miei giorni se non ci sarò riuscito a conoscere l'amore, potrò almeno serenamente dire, che l'ho cercato con tutte le mie forze e non l'ho mai trovato.
Un abbraccio Anna, davvero cerca di non abbatterti.


Eccomi, bicchiere tra le dita
E gente sconosciuta intorno a noi
Venderei a pezzi la mia vita
Per essere un minuto come vuoi
[...]
Sì, lo so... il tempo passa e non ce la fai più
Ad aspettare
Qui non c'è mai nessuno che mi parli di te
Io mi perdo nel fumo di mille parole
Per fingere che...
E cerco ancora qualcosa nel silenzio che c'è
Lungo questo cammino io trovo di nuovo
Le tracce di te
[...]
Quando anch'io avrò qualcosa forse smetterò
Di farmi male
Ora no... starò seduto dentro a questo bar
Ad aspettare
Qui non c'è mai nessuno che mi parli di te
Io mi perdo nel fumo di mille parole
Per fingere che...
E cerco ancora qualcosa nel silenzio che c'è
Lungo questo cammino io trovo di nuovo
Le tracce di te


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