IL NIDO DI VALSIGIARA
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
N1c0L4s apprezzo la tua 'disamina/sfogo'...
Ma è anche vero che per alcuni aspetti ci sono sfumature che possono cmq descrivere il vissuto personale.
Che dire, io per alcuni aspetti mi sono rivisto in Ugo e per altri in Gabriele.
Ma è anche vero che per alcuni aspetti ci sono sfumature che possono cmq descrivere il vissuto personale.
Che dire, io per alcuni aspetti mi sono rivisto in Ugo e per altri in Gabriele.
Ho fatto un patto sai. Con le mie emozioni. Le lascio vivere. E loro non mi fanno fuori. (Vasco)
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Tra ieri sera e questa mattina ho letto questo bel romanzo-presentazione di Hugh, così sobrio e asciutto.
Scrivo qui qualche riflessione indotta dalla lettura per chi vorrà condividere.
Credo che i romanzi servano anche a questo.
Leggendo, per certi versi è stato come rivedere alcuni aspetti della mia storia personale (oltretutto i due protagonisti sembrano avere solo un anno meno di me), ma con un finale purtroppo diverso.
Io ruppi definitivamente al termine del primo anno di università con il mio amore (che frequentava un corso di laurea completamente diverso dal mio) dopo un idillio durato 9 mesi (come un parto!), perché aveva cominciato a mettere alcuni paletti al rapporto che mi avevano fatto arrabbiare.
E la rottura fu devastante per me e ancora più devastante quando seppi che si era legato ad un altro (bello come il sole l’ho definito nella mia presentazione). Soffrii per i due anni successivi. In silenzio.
Poi un certo autocontrollo prese il sopravvento, anche perché nel frattempo dovevo metabolizzare quello che avevo vissuto e che non era più recuperabile (come rapporto intendo...).
In ogni caso ringrazierò sempre Dio di essermi innamorato il primo anno di università nel modo in cui lo sono stato: per l’aura dorata che si era creata tra me e lui (sembra impossibile ma è proprio così quando si è innamorati), per la tenerezza che abbiamo sperimentato e per l’intimità dei momenti della giornata e delle serate passati insieme, e più in generale per il bene che ci siamo voluti.
Ricordo ancora quando mi sostenne per mesi e mi accompagnò al primo esame, il più duro del primo anno, così come io avevo fatto con il suo primo esame; assistette alla prova e quando uscii raggiante dall’aula per il buon risultato ottenuto mi diede un bacio affettuoso sulla guancia che mi rese felice … per fortuna senza che nessuno ci vedesse. Bei tempi davvero.
Parlavo prima di metabolizzazione perché volevo introdurre due brevi riflessioni alla luce della storia che ho letto.
La prima riguarda il percorso verso il riconoscimento e l’accettazione del proprio orientamento.
Ho notato che per i protagonisti galeotto fu un libro: “Maurice” di Forster.
Ecco. Per me quel libro e il film di Ivory che lo ha portato sul grande schermo (film che anch’io ho visto alla TV, registrato in videocassetta e poi rivisto parecchie volte) furono un sussidio importantissimo, soprattutto per l’accettazione di me verso i ventiquattro-venticinque anni: mi domando anzi se non lo siano stati per molti altri della nostra generazione di quarantenni, tenuto conto della tendenziosità delle informazioni che in generale si potevano reperire sul mercato in quegli anni.
Quando lo vidi la prima volta, tutto quanto di buio e cupo e spregevole che avevo purtroppo dovuto sentire sull’omosessualità fu squarciato da un improvviso bagliore e mi apparve la bellezza e la bontà di quello che avevo vissuto qualche anno prima. Mi esaltai e mi commossi anche. Della cosa riuscii a parlare con un amico etero in un confronto sul tema dell’omosessualità (anzi fu lui a suggerirmi di vedere il film di Ivory, anche se per la verità io lo avevo già visto … senza che lui me lo dicesse) e fu in quel periodo che mi resi conto di quanto ho già scritto nella mia presentazione: che si è gay perché si ama, per quello che si sente dentro e che l’amore è un dono raro e prezioso per l’uomo. E così mi accettai per quello che sono.
La seconda riflessione riguarda invece il rapporto con la religione e la fede cattolica: rapporto tormentato ho visto per uno dei due protagonisti del romanzo. Ecco, anch’io, fino ai ventiquattro-venticinque anni, fui più volte tentato di confessarmi con un sacerdote per quello che avevo vissuto: sono credente (anche oggi) e di formazione cattolica. Poi però ho desistito, perché, dopo l’accettazione, non riuscivo proprio a concepire l’idea di dovermi confessare, chiedendo perdono per cose delle quali rendevo e rendo anche oggi grazie e che, nonostante tutto, mi sono servite a maturare come uomo. Si. Come uomo. Perché se sono quello che sono nei rapporti con gli altri, credo di doverlo anche alla mia sessualità e alla mia affettività, grazie alla quale mi sono aperto al mondo. Così da almeno quindici anni mantengo una posizione defilata rispetto alla pratica religiosa (sono cristiano, ma non un buon cattolico si direbbe ...), perché non mi è mai parso sensato avvicinarmi con la riserva mentale ai sacramenti di una Chiesa che, nella dottrina, non vede nulla di moralmente buono in noi. Ovviamente sono il primo a riconoscere che negli ultimi dieci anni soprattutto la pastorale sul territorio sembra più aperta. Ma per me questo potrebbe oggi voler dire, se la cosa mi stesse a cuore, fare al massimo una chiacchierata con un sacerdote aperto all’accoglienza e al rispetto per quello che sono. Non la confessione.
Questo è tutto.
Grazie Hugh.
P.S. Vedo che sul coming out il romanzo alla fine da un messaggio di questo tipo: si se la cosa è maturata in coppia e comunque forse non ancora qui in Italia. Molto prudente davvero. Comunque quando si è in due a crederci la cosa potrebbe maturare ovunque secondo me. Anche in Italia.
Scrivo qui qualche riflessione indotta dalla lettura per chi vorrà condividere.
Credo che i romanzi servano anche a questo.
Leggendo, per certi versi è stato come rivedere alcuni aspetti della mia storia personale (oltretutto i due protagonisti sembrano avere solo un anno meno di me), ma con un finale purtroppo diverso.
Io ruppi definitivamente al termine del primo anno di università con il mio amore (che frequentava un corso di laurea completamente diverso dal mio) dopo un idillio durato 9 mesi (come un parto!), perché aveva cominciato a mettere alcuni paletti al rapporto che mi avevano fatto arrabbiare.
E la rottura fu devastante per me e ancora più devastante quando seppi che si era legato ad un altro (bello come il sole l’ho definito nella mia presentazione). Soffrii per i due anni successivi. In silenzio.
Poi un certo autocontrollo prese il sopravvento, anche perché nel frattempo dovevo metabolizzare quello che avevo vissuto e che non era più recuperabile (come rapporto intendo...).
In ogni caso ringrazierò sempre Dio di essermi innamorato il primo anno di università nel modo in cui lo sono stato: per l’aura dorata che si era creata tra me e lui (sembra impossibile ma è proprio così quando si è innamorati), per la tenerezza che abbiamo sperimentato e per l’intimità dei momenti della giornata e delle serate passati insieme, e più in generale per il bene che ci siamo voluti.
Ricordo ancora quando mi sostenne per mesi e mi accompagnò al primo esame, il più duro del primo anno, così come io avevo fatto con il suo primo esame; assistette alla prova e quando uscii raggiante dall’aula per il buon risultato ottenuto mi diede un bacio affettuoso sulla guancia che mi rese felice … per fortuna senza che nessuno ci vedesse. Bei tempi davvero.
Parlavo prima di metabolizzazione perché volevo introdurre due brevi riflessioni alla luce della storia che ho letto.
La prima riguarda il percorso verso il riconoscimento e l’accettazione del proprio orientamento.
Ho notato che per i protagonisti galeotto fu un libro: “Maurice” di Forster.
Ecco. Per me quel libro e il film di Ivory che lo ha portato sul grande schermo (film che anch’io ho visto alla TV, registrato in videocassetta e poi rivisto parecchie volte) furono un sussidio importantissimo, soprattutto per l’accettazione di me verso i ventiquattro-venticinque anni: mi domando anzi se non lo siano stati per molti altri della nostra generazione di quarantenni, tenuto conto della tendenziosità delle informazioni che in generale si potevano reperire sul mercato in quegli anni.
Quando lo vidi la prima volta, tutto quanto di buio e cupo e spregevole che avevo purtroppo dovuto sentire sull’omosessualità fu squarciato da un improvviso bagliore e mi apparve la bellezza e la bontà di quello che avevo vissuto qualche anno prima. Mi esaltai e mi commossi anche. Della cosa riuscii a parlare con un amico etero in un confronto sul tema dell’omosessualità (anzi fu lui a suggerirmi di vedere il film di Ivory, anche se per la verità io lo avevo già visto … senza che lui me lo dicesse) e fu in quel periodo che mi resi conto di quanto ho già scritto nella mia presentazione: che si è gay perché si ama, per quello che si sente dentro e che l’amore è un dono raro e prezioso per l’uomo. E così mi accettai per quello che sono.
La seconda riflessione riguarda invece il rapporto con la religione e la fede cattolica: rapporto tormentato ho visto per uno dei due protagonisti del romanzo. Ecco, anch’io, fino ai ventiquattro-venticinque anni, fui più volte tentato di confessarmi con un sacerdote per quello che avevo vissuto: sono credente (anche oggi) e di formazione cattolica. Poi però ho desistito, perché, dopo l’accettazione, non riuscivo proprio a concepire l’idea di dovermi confessare, chiedendo perdono per cose delle quali rendevo e rendo anche oggi grazie e che, nonostante tutto, mi sono servite a maturare come uomo. Si. Come uomo. Perché se sono quello che sono nei rapporti con gli altri, credo di doverlo anche alla mia sessualità e alla mia affettività, grazie alla quale mi sono aperto al mondo. Così da almeno quindici anni mantengo una posizione defilata rispetto alla pratica religiosa (sono cristiano, ma non un buon cattolico si direbbe ...), perché non mi è mai parso sensato avvicinarmi con la riserva mentale ai sacramenti di una Chiesa che, nella dottrina, non vede nulla di moralmente buono in noi. Ovviamente sono il primo a riconoscere che negli ultimi dieci anni soprattutto la pastorale sul territorio sembra più aperta. Ma per me questo potrebbe oggi voler dire, se la cosa mi stesse a cuore, fare al massimo una chiacchierata con un sacerdote aperto all’accoglienza e al rispetto per quello che sono. Non la confessione.
Questo è tutto.
Grazie Hugh.
P.S. Vedo che sul coming out il romanzo alla fine da un messaggio di questo tipo: si se la cosa è maturata in coppia e comunque forse non ancora qui in Italia. Molto prudente davvero. Comunque quando si è in due a crederci la cosa potrebbe maturare ovunque secondo me. Anche in Italia.
Ultima modifica di Nicomaco il lunedì 27 giugno 2011, 14:14, modificato 1 volta in totale.
La verità, vi prego, sull'amore (W.H. Auden)
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Ciao Nicomaco,
le tue osservazioni al mio racconto mi sono piaciute molto e ti ringrazio di averlo letto e commentato.
E' bello che, dopo aver ricordato di aver sofferto due anni per la rottura del dolce idillio amoroso, tu abbia ringraziato Dio di aver vissuto quel breve periodo della tua vita universitaria: infatti, nonostante tutto, quei nove mesi stupendi e lo struggente ricordo di essi non te li potrà mai portare via nessuno!
A presto!
Hugh
le tue osservazioni al mio racconto mi sono piaciute molto e ti ringrazio di averlo letto e commentato.
E' bello che, dopo aver ricordato di aver sofferto due anni per la rottura del dolce idillio amoroso, tu abbia ringraziato Dio di aver vissuto quel breve periodo della tua vita universitaria: infatti, nonostante tutto, quei nove mesi stupendi e lo struggente ricordo di essi non te li potrà mai portare via nessuno!
A presto!
Hugh
La lotta spirituale è dura quanto la guerra tra uomini
(Arthur Rimbaud, Una stagione all'inferno )
(Arthur Rimbaud, Una stagione all'inferno )
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Il tuo romanzo mi ha incatenato fino alla fine, proprio come piace a me. Il fatto di raccontare ogni evento in presa diretta , permette a chi lo legge di svelare poco alla volta il carattere dei personaggio , che risultano più vivi e concreti . Gradualmente il lettore viene tirato dentro in questa lenta agonia del desiderio che coinvolge Ugo e Lele. Chi di noi non ha provato nella vita cosa significa? E ti ci riporti proprio là , all'interno di quelle sensazioni, sul filo del rasoio fra due emozioni opposte : la speranza di sperare di essere amati e la paura di essere respinti . In questo dolce struggimento sta la forza di questo romanzo, che ho trovato davvero stupendo.
Mi sono commossa diverse volte, specie verso la fine. Rispetto a Ugo devo dire ho prediletto Lele, il cui unico limite sta forse nell'assenza di difetti. Ma come hai amato questo personaggio e come ce l'hai fatto amare!
Ugo a un certo punto mi ha fatto proprio arrabbiare... Ma anche in questa vicenda (non aggiungo particolari per togliere a chi non l'ha letto l'effetto sorpresa) il romanzo ci ha guadagnato. Ho trovato anche una grande coerenza interna nei due protagonisti , cosa che non è facile mantenere per tutta la durata di un romanzo. Una coerenza che ho rintracciato anche nei dialoghi. Niente affatto banali, eppure così naturali.
Molto efficace è anche la vicenda che si costruisce intorno al libro trovato da Lele.
Originale la figura del sacerdote. Qui ha fatto una scelta forte, controcorrente rispetto a una visione della realtà che appiattisce gli uomini di chiesa all'oscurantismo della sua istituzione. Ed è stata secondo me un'operazione vincente, che spiazza il lettore e lo inchioda ai suoi pregiudizi.
Infine un'altra cosa che mi ha colpito è che qui , rispetto a molte storie autobiografiche raccontate nel forum c'è una grande assente : internet. Mi ha fatto specie proiettarmi in un passato recente, che pure sembra così "d'epoca".
A conclusione di queste impressioni, posso solo farti mi miei più vivi complimenti Hugh. Spero che troverai al più presto il tempo di scrivere qualche altra cosa che ci faccia emozionare.
Mi sono commossa diverse volte, specie verso la fine. Rispetto a Ugo devo dire ho prediletto Lele, il cui unico limite sta forse nell'assenza di difetti. Ma come hai amato questo personaggio e come ce l'hai fatto amare!
Ugo a un certo punto mi ha fatto proprio arrabbiare... Ma anche in questa vicenda (non aggiungo particolari per togliere a chi non l'ha letto l'effetto sorpresa) il romanzo ci ha guadagnato. Ho trovato anche una grande coerenza interna nei due protagonisti , cosa che non è facile mantenere per tutta la durata di un romanzo. Una coerenza che ho rintracciato anche nei dialoghi. Niente affatto banali, eppure così naturali.
Molto efficace è anche la vicenda che si costruisce intorno al libro trovato da Lele.
Originale la figura del sacerdote. Qui ha fatto una scelta forte, controcorrente rispetto a una visione della realtà che appiattisce gli uomini di chiesa all'oscurantismo della sua istituzione. Ed è stata secondo me un'operazione vincente, che spiazza il lettore e lo inchioda ai suoi pregiudizi.
Infine un'altra cosa che mi ha colpito è che qui , rispetto a molte storie autobiografiche raccontate nel forum c'è una grande assente : internet. Mi ha fatto specie proiettarmi in un passato recente, che pure sembra così "d'epoca".
A conclusione di queste impressioni, posso solo farti mi miei più vivi complimenti Hugh. Spero che troverai al più presto il tempo di scrivere qualche altra cosa che ci faccia emozionare.
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Barbara carissima
ho ancora gli occhi un po' lucidi al cospetto del tuo entusiastico commento, ma come vedi dallo smiley riesco a sorridere per la gioia!
Già Project, dopo averlo letto, aveva capito un sacco di cose di me da questo racconto, che pure non è autobiografico se non a tratti ... tu, poi, con sensibilità tutta femminile, quindi con grande delicatezza (lo so, per qualcuno scado nello stereotipo... ma ci sarà pure una sensibilità femminile che manda in sollucchero noi maschi di ogni 'bandiera', no?), scrivi cose che sono musica per le mie orecchie.
Soprattutto il fatto di aver giudicato "originale" la figura del sacerdote e quel che dici ancora sull'argomento inerente alla Chiesa e ai pregiudizi che a volte si hanno nei confronti della stessa. Io, su questo, volevo proprio spiazzare il lettore e farlo riflettere.
Quanto a Lele, a te sembra che io abbia fatto di tutto per fare amare il personaggio. Devo smentirti, in questo caso: Lele l'ho trascurato un po', era già così puro e senza macchia, come dici bene tu. Ugo, invece, è il mio prediletto, tanto è vero che la scelta del mio nick è dovuta a questo. Però non mi identifico con lui, né con Lele.
Ti ringrazio di vero cuore per aver letto e commentato con trasporto il mio scritto.
Un grande abbraccio e a presto!
ho ancora gli occhi un po' lucidi al cospetto del tuo entusiastico commento, ma come vedi dallo smiley riesco a sorridere per la gioia!
Già Project, dopo averlo letto, aveva capito un sacco di cose di me da questo racconto, che pure non è autobiografico se non a tratti ... tu, poi, con sensibilità tutta femminile, quindi con grande delicatezza (lo so, per qualcuno scado nello stereotipo... ma ci sarà pure una sensibilità femminile che manda in sollucchero noi maschi di ogni 'bandiera', no?), scrivi cose che sono musica per le mie orecchie.
Soprattutto il fatto di aver giudicato "originale" la figura del sacerdote e quel che dici ancora sull'argomento inerente alla Chiesa e ai pregiudizi che a volte si hanno nei confronti della stessa. Io, su questo, volevo proprio spiazzare il lettore e farlo riflettere.
Quanto a Lele, a te sembra che io abbia fatto di tutto per fare amare il personaggio. Devo smentirti, in questo caso: Lele l'ho trascurato un po', era già così puro e senza macchia, come dici bene tu. Ugo, invece, è il mio prediletto, tanto è vero che la scelta del mio nick è dovuta a questo. Però non mi identifico con lui, né con Lele.
Ti ringrazio di vero cuore per aver letto e commentato con trasporto il mio scritto.
Un grande abbraccio e a presto!
La lotta spirituale è dura quanto la guerra tra uomini
(Arthur Rimbaud, Una stagione all'inferno )
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Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Molto bello! Questo romanzo breve mi era stato caldamente consigliato e ora capisco perchè: mi ha tenuto incollato allo schermo per due pomeriggi Mi è piaciuto molto il taglio semplice, genuino, delle descrizioni di piccoli gesti che possono diventare importantissimi quando fra due persone il legame che si viene a creare inizia ad essere sempre più speciale ed insostituibile.
Forse a volte vola un po' alto con la fantasia con qualche "piacevole coincidenza" di troppo... ma in fin dei conti se non ci si concede questi piccoli sogni in un racconto dove altro si potrebbe?!
Forse a volte vola un po' alto con la fantasia con qualche "piacevole coincidenza" di troppo... ma in fin dei conti se non ci si concede questi piccoli sogni in un racconto dove altro si potrebbe?!
# Non basta un giorno di freddo per gelare un fiume profondo.
(Gǔlǎo de zhōngguó yànyǔ)
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Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Ciao Telemaco,
grazie mille del commento, mi fa piacere che il racconto di Ugo e Lele ti sia piaciuto.
Eh sì, c'è qualche "piacevole coincidenza", come la definisci tu...
A parte che, nella vita, le coincidenze possono capitare benissimo: ma poi, concordo, è bello anche sognare
grazie mille del commento, mi fa piacere che il racconto di Ugo e Lele ti sia piaciuto.
Eh sì, c'è qualche "piacevole coincidenza", come la definisci tu...
A parte che, nella vita, le coincidenze possono capitare benissimo: ma poi, concordo, è bello anche sognare
La lotta spirituale è dura quanto la guerra tra uomini
(Arthur Rimbaud, Una stagione all'inferno )
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Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
uh, (hugh!) hai tenuto attaccato allo schermo per l'intera serata/nottata anche me
ora mi resta un crogiolo caldo di frasi, immagini, volti, (sorrisi) e ricordi, miei, che si sono volentieri innestati nel tuo racconto.
Quello che mi ha tenuto attaccato alla lettura è che non ho potuto fare a meno di leggere tra le righe che alla fine ci sarebbe stato comunque un lieto fine, nonostante tutto.
Una specie di atto di fede (per restare in tema:) chiesto al lettore, per superare questo tipo di "difficoltà" (che stanno tutto attorno/dentro/attraverso i protagonisti del romanzo nel tempo) che non ho potuto non sentire anche da qui. Molto ben costruito.
Quello che ho rubato io da questa lettura è proprio la convinzione, un po' banale forse, in un po' di speranza.
Di nuovo complimenti :]
ora mi resta un crogiolo caldo di frasi, immagini, volti, (sorrisi) e ricordi, miei, che si sono volentieri innestati nel tuo racconto.
Quello che mi ha tenuto attaccato alla lettura è che non ho potuto fare a meno di leggere tra le righe che alla fine ci sarebbe stato comunque un lieto fine, nonostante tutto.
Una specie di atto di fede (per restare in tema:) chiesto al lettore, per superare questo tipo di "difficoltà" (che stanno tutto attorno/dentro/attraverso i protagonisti del romanzo nel tempo) che non ho potuto non sentire anche da qui. Molto ben costruito.
Quello che ho rubato io da questa lettura è proprio la convinzione, un po' banale forse, in un po' di speranza.
Di nuovo complimenti :]
Ha aperto la mano sinistra. Così ci ho messo dentro la mia storia.
Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Caro Muzzle,
ma come siete tutti pieni di complimenti per me... devo proprio dare inizio al mio secondo racconto
Mi fa piacere ogni singola riga che hai scritto e come l'hai scritta!
grazie di vero cuore!
ma come siete tutti pieni di complimenti per me... devo proprio dare inizio al mio secondo racconto
Mi fa piacere ogni singola riga che hai scritto e come l'hai scritta!
grazie di vero cuore!
La lotta spirituale è dura quanto la guerra tra uomini
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Re: IL NIDO DI VALSIGIARA
Caro Hugh, ho letto il tuo racconto e l'ho trovato molto interessante. Ben scritto, ben scandito, avvincente.
Ho anche letto alcuni post di critica e devo dire che anche quelli possono essere condivisibili...
Insomma, il punto a cui voglio arrivare è questo: nel racconto ci potrà pur essere, come qualcuno ha sottolineato, qualche imperfezione (intelligenza e bellezza come qualità ideali in una persona, che a mio avviso non si tratta di imperfezione, bensì di sentire soggettivo), ma è interessante che tu abbia affrontato in un solo scritto tante tematiche: l'accettazione di sé, il diverso modo di vivere la propria condizione e l'evoluzione della stessa, il rapporto con i genitori, la religione, l'aiuto dei propri famigliari, sia esplicito (quelli di Lele), sia implicito (quelli di Ugo), il caso che ci aiuta, ecc.
Quindi è facile cogliere degli elementi in cui riconoscersi o riconoscere la propria storia o evoluzione. Io mi sono sentito vicino a entrambi i protagonisti, a Lele nella prima parte del racconto, quando cerca di forzare la sua natura, e a Ugo nella parte centrale, quando rinuncia all'amore di Lele per i suoi principi religiosi e per le regole sociali.
Bello, pieno di spunti. Complimenti!
Ho anche letto alcuni post di critica e devo dire che anche quelli possono essere condivisibili...
Insomma, il punto a cui voglio arrivare è questo: nel racconto ci potrà pur essere, come qualcuno ha sottolineato, qualche imperfezione (intelligenza e bellezza come qualità ideali in una persona, che a mio avviso non si tratta di imperfezione, bensì di sentire soggettivo), ma è interessante che tu abbia affrontato in un solo scritto tante tematiche: l'accettazione di sé, il diverso modo di vivere la propria condizione e l'evoluzione della stessa, il rapporto con i genitori, la religione, l'aiuto dei propri famigliari, sia esplicito (quelli di Lele), sia implicito (quelli di Ugo), il caso che ci aiuta, ecc.
Quindi è facile cogliere degli elementi in cui riconoscersi o riconoscere la propria storia o evoluzione. Io mi sono sentito vicino a entrambi i protagonisti, a Lele nella prima parte del racconto, quando cerca di forzare la sua natura, e a Ugo nella parte centrale, quando rinuncia all'amore di Lele per i suoi principi religiosi e per le regole sociali.
Bello, pieno di spunti. Complimenti!