Cianuro e stramonio.

Romanzi, racconti, poesie, canzoni e componimenti di ogni genere scritti dai ragazzi del Progetto
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Micky93
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Cianuro e stramonio.

Messaggio da Micky93 » giovedì 7 marzo 2013, 22:13

Da qualche tempo a questa parte, ho preso coscienza del fatto che certi avvenimenti della mia vita mi influenzano molto. Ma ho dovuto anche rendermi conto del fatto che se non li scrivo me li dimentico, dimenticando così anche i ''passi'' che, seppur piccoli, mi portano verso una buona autorealizzazione. Ho iniziato così a scrivere un diario in stile ''La nausea'' di Sartre. Sconnesso, illogico, bipolare. Come me, fondamentalmente. Ogni tanto, vorrei pubblicarne qualche pagina su questo post. Così, tanto per. Spero possa piacervi; e magari anche farvi fare due risate. Inizio con due pagine. Da notare il cambio di tono che ho; tanto per farvi capire fino a che punto sono bipolarizzato.

NOTA: ho cambiato i nomi delle persone, ovviamente. :)
________
É il 25 dicembre, e sono le 2:18. Natale è qui, ed è iniziato da due ore. M'ha anche già rotto i maroni. Stasera batteva una pioggerellina di quelle vomitevoli che ti fanno storcere di continuo il naso; il ''drizzle'' inglese, per capirci. Dovevo capire già da questa aria piagnucolosa del tempo che la serata sarebbe stata una gran bella vaccata. Entriamo in Chiesa. Un centinaio di persone già sedute, le vecchie del paese in particolare dalle 18 del pomeriggio sedute in pole position in prima fila per non farsi scappare nemmeno una parola del parroco. Io, mia sorrella Vittoria e papà ci sediamo in ultima fila, su tre sedie che sono il contrario di un cuscino antiemorroidi. Penso subito al fatto che non entro in una chiesa da un anno: Natale scorso appena. Inizia la funzione. Partendo dal continuo alzarsi e sedersi (immagino per far fare ginnastica alle anziane signore frequentanti) fino ad arrivare ai peggio canti natalizi strimpellati alla bell'e meglio da un coro di rutti umani, la messa procede tutto sommato come ogni anno. Quest'anno però almeno c'era don Marco, ''fra'finocchio'', come certi amano chiamarlo, che però è tanto bravo e almeno porta un minimo minimo di tolleranza nei confronti degli omosessuali in quell'ambiente che è l'oratorio. La predica è concisa, meno banale del solito e a tratti (di tre secondi circa) interessante. Poi naturalmente i pezzi di don Egidio, don Oppio per gli amici, riescono a mandare in stato ipnagogico tre quarti del pubblico. Vabbeh. Fine della funzione. Si! Vin Brulè, o aceto brulè, dato che quest'anno Giovanni, il ragazzo che si occupa di farlo quando finisce la messa, sembra aver risparmiato ulteriormente sulla qualità del vino: in pratica è come bere dell'aceto di mele misto caramello. Uscendo mi accorgo di quanto quelle compagnie di malviventi che vivono nella mia città si stiano lentamente ed inesorabilmente allargando sempre più. Vittoria è allibita. Ci sono anche i suoi ex amiconi, e ora la loro ''cumpa'' sembra avere infettato, alla stregua di una malattia, molte altre persone che ora escono con loro. Possibile che persone tanto banali, ignoranti e tossiche per la società in generale debbano mettersi a coglionare davanti a una chiesa proprio a Natale? Ma andare in quella sconsacrata di campagna fuori città a farlo no? Una volta venivano in un decina, e passi. Ma ora sono sulla cinquantina. Chi hanno chiamato? Tutte le compagnie di tossici dell'hinterland milanese?!? Vittoria e io ci guardiamo attorno. A parte queste persone, ne notiamo altre, le solite facciazze da oratorio. Nulla di che, niente di nuovo. Tutto che si ripete come ogni anno. Papà ci porta la nonna: ''quindi domani per che ora venite?'' Vittoria accenna a un ''verso sera'' prontamente rifiutato e scotomizzato dalla nonna, che dice, dopo aver salutato altre persone, ''vi aspetto presto''. Minchia. Francesca, unica persona in grado di comprendermi a pieno, non arriva, nonostante avesse detto e spergiurato che ci sarebbe stata. Mi giro e vado a prendere un po' di the. I ragazzi che lo stanno servendo, suppongo due ecuadoregni, parlano spagnolo. Effettuo quindi l'unica conversazione degna di questo nome della serata, oltretutto in spagnolo e con due sconosciuti. Mi dicono che assomiglio a Ricky Martin. Si. Mi servono solo 10 chili in meno di grasso e 15 in più di muscoli, un outing, un marito e una voce da figo. Ci sono quasi, direi. Piano piano, grava sulla serata una cappa di metallo sempre più pesante. ''Non c'è l'atmosfera'', dice papà. Manca proprio il Natale. Lo so che è una cazzo di frase fatta. Il problema è che proprio non lo sento o forse mi rifiuto di sentirlo. Non ho bisogno di regali, ''all I want for Christmas is you''. Qualcuno da amare. Povera Vittoria, è proprio demolita. Ha dovuto trascorrere le prime ore del Natale con quella gente. Su di me ha un effetto orrendo, posso solo immaginare su di lei. ''Vincono sempre loro'' mi dice sommessamente, riferendosi al fatto che lei ancora non capisce come quelle persone, con le quali una volta usciva e che ora la vorrebbero morta, possano essere ancora in giro. ''Vincono sempre loro'' ripete, come se qualcuno stesse giocando una partita. Cara Vittoria, il problema non è chi vince o chi perde, ma perché giocare. O meglio, perché sentirsi obbligati da una forza esterna invisibile a ''giocare'' alla vita con queste persone. Non esiste proprio. La zia una volta mi ha detto ''c'è un posto adatto a ognuno nel mondo''. Mi sembra ovvio che il mio e il tuo non siano quello in cui viviamo. É sfiga, non lo sapevamo quando siamo nati. Né io né te sembriamo essere stati in grado di farci una vita sociale nel paese in cui viviamo. O meglio, quella che ci eravamo fatti si è rivelata un'illusione; ma credimi, quando si vivono le illusioni, si vivono appunto quelle. Non si sta affatto vivendo realmente. Vivere un'illusione è una contraddizione in termini, eppure è qualcosa che è possibile fare concretamente. Francesca finalmente alle due meno dieci si fa viva. Nota subito l'abbattimento di Vittoria, e naturalmente il mio scazzo. Sperava che ci fosse più baldoria, più festa. Beh, anche io. Purtroppo, il tempo logora le cose: evidentemente, quando si dice così, non ci si riferisce alle mere cose del mondo, gli oggetti che ne fanno parte e che vengono lentamente divorati. Ci si riferisce anche ai valori, alle persone e ai loro riti. E quest'anno, se c'è una cosa che ho concluso, è proprio questa: il tempo non si ferma di fronte alle cose materiali. Anzi, queste sembrano essergli il minore degli ostacoli, un antipastino in confronto all'enorme portata costituita dai valori umani e, più in generale, dalle personalità. Fine. Torniamo a casa, in un viaggio in macchina mesto e silenzioso. Entriamo, leggermente abbagliati dalle luci dell'albero; il cane sembra avere colto da lontano il sentimento di questa triste serata: ha vomitato furiosamente sul tappeto.

---------- Gennaio

Vent'anni. Compiuti una settimana fa, e percepiti inizialmente come una pozzanghera rovesciatami addosso, i miei vent'anni ora li mostro come un distintivo. "Quanti anni hai?" ''Venti". Ora lo posso dire, sono uscito dall'età dell'uno. Era ora. Non tutti sono stati anni semplici, specialmente quelli dell'adolescenza; possano i prossimi dieci essere il meglio che possa esserci. È impossibile che siano il meglio assoluto, sarebbe un'utopia pensarlo. Però può sempre esserci un ''meglio'' nelle situazioni, fosse anche la morte stessa.
Ultimamente, la banalità del male mi ha perseguitato ancora. Ho potuto sperimentare meglio cosa significa combatterla: in parole povere, è come cercare di acchiappare quelle macchie scure che si creano negli occhi quando si guarda di continuo una luce molto forte. In questo caso, si è incarnata in due individui dai quali me lo potevo aspettare sin dall'inizio: due miei compagni di corso, il cui nome non cito in quanto indegni anche di averne uno. Si sappia solo che uno è un maschio, probabilmente lobotomizzato dalla nascita, l'altra una femmina, o presunta tale. L'altra possibilità, è che sia un pigmeo con la erre moscia e la parrucca in testa. Bella in modo assurdo.
Ma eviterò di soffermarmi su di loro; tutto ciò che c'è da sapere è che sono riusciti a farmi aggiungere delle caratteristiche a quell'elenco mentale che già mi ero fatto per riconoscere persone banali. Lei, semplicemente non abbandonando nemmeno per un secondo la sua visione del mondo, perché significherebbe mettere in gioco una personalità che non c'è. Lui, facendomi notare come spesso le posizioni infantilistiche siano anche quelle più meschine: se faccio il bambino idiota a vent'anni, forse chi ho attorno non noterà che dietro questa mia infantilità si nasconde il terrore che ho per la costruzione di una vera e propria Persona. Sei un cappone; continua a comportarti come tale.
Avvertiamo sempre il cambiamento delle persone come qualcosa di innaturale, come un tradimento di quell'idea che ci eravamo fatti nella nostra mente, di tutti quei modelli di comportamento grazie ai quali speriamo di averle sotto controllo, di prevederle. Le persone non cambiano. Ficchiamocelo nel cervellino; le persone si svelano. Possiamo dire a qualcuno che è cambiato se si è fatto sei lampade la scorsa settimana e ora sembra la panatura di un chicken burger, se si è fatto una rinoplastica e ora ha il naso a trombetta tipo cocainomane. Ma ogni cambiamento esterno è una scelta, così come ogni cambiamento mentale. Ciò che fa ed è chi abbiamo davanti ora, non è frutto di cambiamenti che sono avvenuti per caso, né di qualcosa di accidentale come ci piacerebbe pensare. È frutto di scelte; scelte che svelano la Persona che sta dentro quel corpo che si dimena. E in quanto frutto di una scelta, ciò che accade è esattamente ciò che chi abbiamo davanti ha voluto che accadesse. Non si cambia, signori. Ci si svela. Tutto ciò che sono stati in grado di fare quei soggetti di cui sopra, è stato far sentire l'assenza di pensiero che sta dietro il loro comportamento; Ma bada, oggi a me, domani a te. Esitiamo sempre quando si tratta di lasciarci alle spalle le persone; veniamo sconcertati da quelli che noi chiamiamo ''cambiamenti'', perchè vogliamo evitare a tutti i costi di renderci conto che quegli atti tanto orribili per noi sono frutto di una scelta.
Mi rendo benissimo conto che sia più rassicurante; ma può una vita passata ad autorassicurarsi essere chiamata tale?
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da barbara » venerdì 8 marzo 2013, 23:34

Mai titolo fu più azzeccato! Più che un diario, il tuo è un monologo, uno spaccato di vita quotidiana che tocca temi assai profondi con immediatezza ed ironia. Mi piace molto anche l'autoironia di certi passaggi, che mi hanno divertito parecchio.
E' un' ironia, che suona come una pernacchia alla tristezza , alla solitudine, all'incomunicabilità, ma anche a un certo mondo ormai vuoto e povero di senso.
Hai uno stile che mi pare si avvicini molto alla satira, per il suo tono ribelle e dissacratorio. C'è amarezza certamente, ma anche tanta energia. Bravo! :D

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da progettogayforum » sabato 9 marzo 2013, 3:18

Accidenti Micky93!!! Due pagine che sono due piccoli capolavori! Sei una mente!

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da Micky93 » sabato 9 marzo 2013, 12:06

Grazie a entrambi per questo supporto, davvero. A volte so essere impietoso, però è un buon modo per sublimare le frustrazioni della realtà :) Piano piano aggiornerò il thread.
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da orachefaccio » sabato 9 marzo 2013, 19:21

Complimenti Micky93!! ;)
"E non vi è niente di più bello dell'istante che precede il viaggio, l'istante nel quale l'orizzonte del domani viene a renderci visita e a sussurrarci le sue promesse." (Milan Kundera, traduzione mia)

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da Micky93 » domenica 10 marzo 2013, 21:44

Grazie! Spero di migliorare...
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da Micky93 » domenica 17 marzo 2013, 16:20

PREMESSA: OGNI NOME E COGNOME È STATO CAMBIATO. Alcune volte ho tenuto i cognomi per questioni stilistiche :) Sono cognomi di fantasia, ad ogni modo.

10 gennaio 2013. É arrivato. Da dieci giorni siamo nel 2013 e cosa è cambiato? Niente: studio come un bue fustigato sul culo e sclero per schematizzare pagine e pagine di storia letteraria italiana. Esco ogni tanto coi soliti amici delle superiori e bona. Ah, che gioia… Il cielo è grigio topo da giorni ormai e io sono intasato come il cesso di una discoteca. Unica cosa molto positiva finora è stato proprio il Capodanno. Divertente, con Francesca e Laura che ad un certo punto volevano sculacciarmi. A 27 e 32 anni. Che coppia! Francesca mi ha fatto capire che sa che sono gay. Ma credo si sia dimenticata della conversazione come si è dimenticata di volermi sculacciare insieme alla sua amicona. Eravamo ubriachi e fatti (non io) come dei cani. Cara grazia che mi ricordo certi particolari.
Aprendo facebook, mi sono appena accorto che è morto un altro ragazzo, tale Riccardo, suicida. Era a quanto pare un compagno di scuola del re della banalità: Marco Rusbendi, che non ha risparmiato nemmeno lui dal fargli un'orazione funebre patetica, in perfetto stile Rusbendi, su facebook. Ultimamente si continua a sentir parlare di persone che si uccidono. Prima un ragazzo di 20 e passa anni che si butta sotto un treno, poi una ragazza che, presa in giro per fattori ancora sconosciuti, si getta dalla finestra. Per non parlare del ragazzino probabilmente omosessuale che si è impiccato con la sciarpa. Tutti parlano di questi eventi come se fossero convinti di non averne colpa, e chi non ne ha colpa si colpevolizza per mostrare a tutti la propria (inesistente) nobiltà d'animo. Tutti ne parlano convinti che il parlarne assolva le loro colpe. La mia vita psicologica non è mai stata facile e a volte ho avuto fantasie suicide, senza esito finale, come si può evincere dal mio stare scrivendo. Però se c'è una cosa che so, è che il suicida non è anche omicida di sé stesso. Di sé stesso è solo il boia, quello che abbassa la falce, quello che taglia la cordicella che tiene sospesa la tagliola sopra il collo. Ma chi spinge il suo braccio a fare ciò, chi fa il tifo perché lo faccia, chi gli lancia i sassi nel vederlo arretrare dal suo compito, sono gli altri. Gli altri sono chi ha attorno, indipendentemente dal grado di consapevolezza del proprio essere coinvolti negli eventi. Il suicidio è più che altro una continua lapidazione da parte di molti, che termina con il lapidato che ad un certo punto prende una pietra e se la da in testa con una forza tale da impedire per sempre ai propri nervi di sentire il dolore degli altri sassi. Se si vogliono vedere tutti gli assassini di un suicida, basta andare al suo funerale. Chi più chi meno, tutti hanno la colpa. Nessuno escluso. Ed è inutile dire, come fa la madre di Gilberto Rosmini nel vano tentativo di mostrare empatia per un suicida amico di suo figlio gettatosi sotto un treno che ''qualke segno frs lo aveva lanciato, ma nn abbiamo ricevuto''. I segni sono tangibili, cara la mia mammina; la voce del suicida grida di dolore ogni secondo che si avvicina alla decisione finale. Semmai, ci sono delle orecchie che invece preferiscono riempirsi di cerume di fronte a un simile strazio, e riaprirsi quando ormai non c'è più nessuno che può dire che stanno mentendo sulla loro sordità. É autorassicurante dire che un suicida non dava a vedere il proprio vivere male quando lui non può più dire che non è così, vero? Chi può smentire, quando l'unica persona in grado di farlo è morta? Nessuno. E credo che il dramma più grande di un suicidio sia proprio questo: fa riunire tutti i colpevoli solo per dirsi l'un l'altro che sono innocenti.
Gli unici che sostengono la propria colpevolezza sono proprio quelli che colpevoli non sono, o che lo sono stati per un periodo di tempo: vero Marcuccio? Proprio non potevi risparmiarti dal sentirti colpevole anche per la morte di questo Riccardo. Tu si che sei un'anima buona e pura! Come potrebbe fare un suicida senza che tu ne tessa vomitevolmente le lodi? Anzi, come potresti fare tu a vivere senza fare come Barbara d'Urso, che ormai lucra sugli omicidi delle quattordicenni? Chi ti direbbe che sei una personcina fantastica, se non facessi sentire a tutti il tuo rammarico fatto di plastica anche per la morte di una formica? Sei proprio un vigliacco. Ma mi piace pensare che di persone come te ne nascono tante e tante ne muoiono.
E così, un altro ragazzo è morto. Persino chiedersi perché e cercare un colpevole sembra superfluo: anche quando si riuscisse a trovare una causa e quindi una Persona da colpevolizzare, ci sarebbe una Personalità dietro quell'esistente cui possa esser data la colpa? No; ecco la banalità del male.
Basta pensarci. É successo, e le cose si ripeteranno come ho appena profetizzato. Torno a studiare, prima che il prossimo ad ammazzarsi sia io, che cerco di fare una planata dal Pirellone dopo che mi hanno bocciato all'esame.
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

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Tom
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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da Tom » martedì 2 aprile 2013, 18:18

Complimenti! Mi spiace di aver letto i tuoi scritti solo ora. Sono al contempo ironici, irriverenti e profondi. Aspetto il prossimo capitolo :D
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da Micky93 » mercoledì 3 aprile 2013, 21:56

Grazie Tom, davvero. Ti accontento subito! ;)


21 Marzo 2013. Cosa accade? Cos'è questa strana sensazione? Cosa sono questa paura e questa felicità? Cos'è questa strana gioia di vivere? La primavera? Il sole? L'integratore al magnesio che prendo? Non lo so. So solo che sono particolarmente leggero. Un'oca, a dirla tutta. Frivolo, scemo, insopportabilmente vivace e attivo in ciò che faccio. La più grande speranza che ho è che non sia solo un momento maniacale, una goccia d'acqua fresca in una pozzanghera di momenti depressivi. Ultimamente sono così: sono felice nonostante ci siano le solite cose che vanno a pezzi. Eppure me ne sbatto. È come farsi una risata durante il requiem di un funerale. Naturalmente, ho riiniziato ad ascoltare Alanis Morissette nel suo periodo più new age. Le sue canzoni sembrano essere come in sintonia con la mia psiche, non so. You live, you learn. Forse è anche grazie al fatto che ho deciso di fare quella cosa. Quell'apertura al mondo, come mi aveva detto il mio professore di filosofia delle superiori. Che grand'uomo. Semplicemente, forse, sto cercando di farmi scivolare addosso tutto ciò che mi inquina inutilmente, guardando queste cose in termini di risultati. Egoista che non sono altro… però com'è possibile? Ci avevo già provato, non aveva funzionato. Adesso sembro fortemente impegnato nello sbattermene di tutto e di tutti, nel farmi trascinare dalla corrente, come fa Amanda. Come una medusa. Non so più cosa voglio, non voglio sapere cosa voglio; non voglio volere quello che non voglio.
Possibile, dico io? Non riesco più a essere depresso, ora come ora. Che bellezza! È un privilegio di pochi. Eppure: Amore: zero. Amici: i soliti. Famiglia: madre ipocondriaca e sola, padre che non la capisce. Sorella: tanto amore, sperando che un giorno, quando saprà che potrà avere solo cognati e non cognate, me ne voglia anche lei. Ma lo so che sarà così. Forse sto anche togliendo enfasi alla mia sessualità. Cosa c'entra con tutto il resto? Se ti piaccio, ti devo piacere in quanto persona. E ciò vale tanto in amicizia quanto in amore. Se passo il tempo dei miei rapporti a cercare ogni piccolo indizio per capire se chi ho davanti sospetta che sono gay, che razza di rapporti posso mai stabilire? Via, se ti viene il dubbio, chiedi e ti sarà data risposta. Dopodiché tutto dipende da chi sei e quanto mi importa di te. Sono bravo a mentire.
Ecco cosa serve: l'apertura al mondo, la completa realizzazione della Pluralità come legge della terra, come la mia amata Arendt ha detto. Non possiamo esistere senza gli altri. Ecco perché le solitudini, pur essendo spesso utili per il poter comprendersi, sono destinate ad avere un limite. Se nascessimo in un mondo senza altri uomini, non potremmo nemmeno sapere di esistere. O meglio, non ne saremmo sicuri. ''L'io non può stare senza il tu''; questo è Feuerbach, che invece la vedeva dal punto di vista della dialettica. Se si rimane soli, la propria visione del mondo non può cambiare. Ancora oggi penso a come la mia sia cambiata grazie a Anna, Francesca, Paola, e tanti altri che nel tempo mi hanno aiutato. Ma senza di loro cosa sarei? Un cervelletto raggrinzito nella propria salamoia di testardaggine. Siamo esseri che vivono solo al plurale. È ora che questa pluralità, respinta da tempo, sia anche mia.
Il passato può fissarmi col suo sguardo accusatore quanto gli pare. Non è affar mio quel che pensa. È ora che si trovi un hobby diverso.


3 Aprile 2013 Paradossale. Il 21 di marzo scrivevo che ero incapace di sentire la depressione. Ora mi sento incapace di sentire la felicità. Grandioso, ho il disturbo bipolare. Pasqua: in poche parole, una noia mortale. Sempre in tensione, con lo stesso pranzo di sempre, gli stessi parenti di sempre. Non che io non sia attaccato alla famiglia, ci mancherebbe. Ma a 20 anni, mi piacerebbe tanto poter fare un pranzo con amici. Poi magari la cena con la famiglia, ma almeno il pranzo… Pasquetta grandiosa però. Sono andato, con tutti i miei soliti amici, a casa di quell'idiota di Giulia Mendrillo, che naturalmente ci ha fottuti di nuovo: diceva di avere una piastra potente per grigliare e ci siamo fidati. Inutile dirlo, credo scaldasse di più un peto infiammato. Però ci siamo divertiti ugualmente! Naturalmente, a questo umore grigiastro, si è unito l'ascolto di Dolores O'Riordan. D'altra parte si sa che la musica si ''sintonizza'' spesso con l'anima.
Domani, se tutto va bene, torno in università. Sono pieno di speranze, ma non so fino a che punto io le usi per coprire il terrore che tutti i giorni si ripetano uguali a prima e che di nuovo, nel secondo ciclo del secondo semestre io non riuscirò a fare nuove amicizie. Chi vive di speranze, muore deluso. Non so chi l'abbia detto, ma di certo qualcuno cui è andata male. L'emozione trainante di ora è proprio la speranza: di fare nuove amicizie, di trovare anche dell'amore laddove fosse possibile, di essere vincente agli esami che mi aspettano, di trascorrere una bella estate. L'uomo è una inutile carcassa che protrae la propria esistenza in un essere in divenire, e spesso l'unica cosa che possa trainare questo corpo pesante è proprio la speranza. È un po' quell'anestesia che va a togliere sensibilità della propria condizione presente, quell'emozione che esperisce chi non guarda la ferita sanguinante pur sentendo il giramento di testa dell'emorragia. Il problema della speranza è proprio questo: il costo di questo anestetico è il perdere le energie necessarie a produrne altro. Ogni volta che viene delusa, essa si rifiuta di tornare: è un'emozione suscettibile. I tarocchi, che uso non per giocare a fare Wanna Marchi o i riti satanici, ma per analizzare il processo di svolgimento del mio inconscio, me lo avevano detto: al presente c'era ''l'appeso''. È la figura del sacrificio, della sopportazione delle intemperie dell'esistenza. Se sei appeso e legato a testa in giù, l'unica cosa che puoi fare è pensare e ripensare su di te, ripiegarti sulla tua condizione fino ad avere le convulsioni. La domanda che domina è ''che faccio ora?''. E la risposta che inizialmente domina è ''nulla''. Il nulla però ha orrore di se stesso, e dopo un po' che si protrae tende a fuggire. E allora dietro quel nulla si scopre cosa si nascondeva fin dall'inizio: ''agisco''. Nell'agire, però, bisogna essere cauti. Ma, sempre secondo i tarocchi, ritroverò presto un'innata pulsione vitale che porterà cambiamenti nella mia visione del mondo: ''il matto'' sembra gridarlo dal grigiore offuscato della propria carta. Sarebbe la carta di chi non vuole più vedere la realtà secondo vecchi canoni, e accoglie una visione del mondo nuova, un nuovo rapporto con l'essere, (che nei matti sarebbe distorto rispetto ai cosiddetti ''normali'') rinnovato. Penso che un po' lo stia già sentendo. C'è qualcosa nell'aria, e non ho pestato una merda come spesso mi accade; non questa volta. Già il fatto che quel ragazzo conosciuto al mare lo scorso anno (con ogni probabilità gay) mi abbia proposto, dopo un po' di conversazione, di uscire con lui e i suoi amici la prossima estate la dice lunga. Rimane aperto l'appello a me stesso all'apertura al mondo, alla Pluralità umana. Ora voglio capire cosa vuol fare la pluralità umana una volta che ha capito che io la voglio con me. Sputi in faccia? Baci con la lingua? Sesso o schiaffi? Chissà cosa il tempo ha in serbo per lo scrivente. Ecco; forse la differenza tra la speranza e quel che ho appena affermato è semplicissima: la speranza spera sempre in un futuro migliore, con l'ingenuità che la contraddistingue; la rassegnazione al tempo, gode del fatto che il futuro sia un nulla in divenire, e quindi qualcosa che, nel bene o nel male, è nuovo. Se poi accanto all'incognita del futuro si aggiunge la volontà di cambiare, forse quel nulla in divenire avrà la misericordia di accontentare un misero coglione che ancora prova un sussulto vitale nel guardarlo svilupparsi. Amor fati, non è amore per la speranza, ma amore per il fato, per ciò che arriva, e quindi in ultima istanza per il nulla ancora ignoto.
Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.

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Re: Cianuro e stramonio.

Messaggio da barbara » giovedì 4 aprile 2013, 7:41

Ah! Ti sei dato al monologo! prova a immaginare questi brani letti da un attore in un teatro. Tutto un altro effetto eh! ;) Io l'ho provato . Non sapevo cosa fosse un monologo prima di scriverne uno. Ebbi l'emozione di sentirlo recitare in un teatro vero. Indimenticabile! I tuoi brani, specie il secondo , si presterebbero bene, secondo me. Questo tuo alternare umorismo e intimismo crea un equilibrio che aiuta a mantenere un buon ritmo di lettura (e di ascolto). Ricordati sempre di non usare frasi fatte ; le metafore e le similitudini non devono essere troppo scontate. perchè tolgono molto alla autenticità del testo. Quella dei tarocchi per esempio , è una metafora del tutto nuova e molto efficace . L'immagine di quella carta da gioco arriva immediata e pam! abbiamo afferrato il concetto che volevi esprimere.
Un'altra cosa che mi piace è come i pensieri fluiscano uno dall'altro, come tante scatole cinesi . Verso la fine soprattutto pare di assistere al tuo rimuginio interiore. Trovo che tu abbia saputo regalarci un pezzetto autentico del Michypensiero, come se per un attimo noi potessimo essere nel tuo cervello e vedessimo sfilare uno dopo l'altro i tuoi ragionamenti. E' un effetto che crea vicinanza . Molto bello!

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