Alice nel paese del lutto

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da progettogayforum » sabato 8 febbraio 2014, 0:20

Conosco Isabella da parecchio tempo e so quello che ha fatto e quello che fa per gli altri e ho imparato molto da lei, posso solo dirle un profondissimo GRAZIE!! :) :)

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IsabellaCucciola
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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » sabato 8 febbraio 2014, 11:54

Ringrazio tutte le persone che hanno scritto, e chiedo scusa se rispondo in ritardo :oops: , molte volte volevo scrivere ma non riuscivo a trovare le parole giuste... Cosa che non riesco neanche ora :oops: :oops: :oops: ...
Vi ringrazio ancora :) ...

Un abbraccio a tutti!!!!!!

https://www.youtube.com/watch?v=WCRxZL5TYHU
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » giovedì 17 settembre 2015, 10:36

Sono le otto di sera di una fredda serata di inizio febbraio.
Ultimamente sento sempre il bisogno di stare fuori casa. Il fatto di non avere nessuna che mi aspetta a casa, fa sì che me la possa prendere comoda. Decido di andare nel quartiere in cui abitavo quando ero piccola. Non so perché ma quando mi sento triste ritorno sempre lì, forse perché ai quei tempi la mia vita non era incasinata come lo è adesso.
Dietro alla casa in cui abitavo ci sono dei giardini pubblici, e ogni che vedo il mio palazzo sento una stretta fortissima al cuore, e in quei momenti penso che anche questa sia forma distorta di autolesionismo, perché continuo a venire qui anche se ogni mi prende un senso di tristezza e di angoscia quando vengo qui.
Sono immersa nei miei pensieri quando sento una voce dietro di me.
“Immaginavo di trovarti qui.”
“Giorgio!”
“Quando ti ho sentito oggi al telefono mi sei sembrata triste, e so che ogni volta che hai qualcosa che ti fa stare male vieni qui.”
“Hai ragione… vedi quelle finestre lì? Quelle al penultimo piano? Ogni volta penso che vorrei abitare in quell’appartamento con te.”
“Con me?”
“Sì…”
“Ma non ti fanno paura i piani alti?”
“Sì, però la vista che hai è meravigliosa, e mi dà un senso di libertà, e poi vorrei farti notare che dove vivo adesso sono al quinto piano, e se non mi affaccio al balcone non è che l’altezza mi dia proprio tanto fastidio.”
Dopo aver detto queste parole mi avvicino a Giorgio, mi appoggio al suo petto, e lui mi stringe in un abbraccio.

Passeggiamo nel parco, in silenzio.
Non sento il bisogno di parlare, mi basta avere vicino Giorgio per stare bene, per sentirmi meno triste, anche se c’è ancora una piccola parte di angoscia che mi striscia lentamente dentro, ma cerco di non badarci più di tanto.
“Non hai voglia di tornare a casa questa sera?” mi chiede Giorgio.
“Perché?”
“Sono quasi le nove e venti, nove e diciotto per essere precisi”, mi dice guardando l’ora sul cellulare. Contando che sono arrivata qui verso le otto e un quarto, e Giorgio è arrivato subito dopo, è quasi un’ora che siamo al parco.
“Mi piace stare in giro la sera, soprattutto quando fa così fresco...”
“Fresco? Si congela!”
“Sei il solito esagerato!” gli dico ridendo e gli passo una mano fra i capelli spettinandoglieli. È una cosa che mi piace sempre fare.
“Quando ti ho chiamato mi sei sembrata triste.”
“È stata una tua impressione, e poi non è che se non faccio battute tutto il tempo significa che sia triste.”
Vedo Giorgio cercare di trovare un qualcosa da dirmi, ma sa che quando mi chiudo a riccio è inutile stare a dirmi le cose. Mi prende una mano e rimane a guardarmi, e in quel momento vorrei tanto dirgli che gli voglio bene, vorrei dirgli quanto sia felice quando sto con lui, vorrei dirgli tantissime cose, ma non riesco a dirgliele, non so perché, forse perché oramai ci conosciamo così bene che le parole in certi momenti sono inutili.
Se qualcuno ci vedesse potrebbe pensare che siamo fidanzati, ma è la cosa più lontana che ci sia dal nostro rapporto.
Il mio sguardo a un certo punto viene catturato da una persona in fondo al parco, in parte nascosta dal muro che cinge il parco. Quando la vedo sento il sangue gelarsi nelle vene. Era da tempo che non la vedevo, anche se sapevo che prima o poi sarebbe tornata a cercarmi. Giorgio non sa chi sia e non voglio che lo sappia. Non potrebbe mai capire.
La figura scompare nel buio, ma io lo so che dovrò iniziare ancora una volta la battaglia che c’è ogni volta che incontro lei.

Torno a casa in fretta per paura di incontrarla, cercando di stare di stare il più vicino ai posti illuminati dai lampioni.
“Alice.”
Quando sento la sua voce per un momento maledico il destino, anche se una parte di me sapeva che non mi avrebbe lasciato in pace.
Mi giro per guardarla e la trovo in un punto poco illuminato.
“Allora quel ragazzo è Giorgio.”
“Cosa vuoi?”
“Niente, niente. Comunque è molto carino, ti piace?”
“Non sono affari che ti riguardano, perché non mi lasci in pace?”
“Lo sai benissimo che non posso. E... Giorgio... sa di te, di quello che ti piace?”
“Giorgio non sa nulla e non deve sapere nulla, devi lasciarlo in pace.”
“Non preoccuparti carina, qualcosa ti lascerai sfuggire, ti è già successo no? È un bisogno che senti vero? Perché quella è la parte che odi di più, e senti il bisogno di qualcuno che la possa capire, ma è difficile che qualcuno la possa capire, a parte me naturalmente, ma tu non vuoi essermi amica,” mi dice con un’espressione imbronciata, anche se so benissimo che gode nel sapere che solo poche persone possono capirmi, “e poi noi due siamo simili...” aggiunge.
“Io e te non siamo simili brutta stronza, tu sei una persona schifosa.”
“Povera sciocchina, sai benissimo che quando ci sono io ti senti crollare dentro, perché sai che solo io posso tirare fuori la parte peggiore di te. E stai male perché sai che le persone difficilmente potrebbero capirti, ci hai provato qualche anno fa ma nessuno è riuscito a capire veramente quanto stavi male. Solo io posso capirti perché siamo uguali, siamo le facce di una stessa medaglia. Io adoro provocare dolore, tu adori sentirlo sulla pelle. Lo so che vorresti che Giorgio ti facesse del male.”
“Piantala!”
In quel momento delle immagini affollano la mia mente, Giorgio che mi infila degli spilli nella gola, che chiude le sue mani sulla mia gola soffocandomi, e sento il mio corpo invadersi di un piacevole tepore.
“Lo sapevo che ti saresti eccitata.”
“PIANTALA!”
“Io posso anche piantarla ma tu non puoi continuare a reprimere la tua natura,” mi dice con una durezza nella voce che mi fa tremare.
Sento che mi gira la testa, sento il bisogno di vomitare da quanto sto male. Vorrei chiedere aiuto a qualcuno ma non so a chi poterlo chiedere.
“Lasciami in pace ti prego.”
“Lo sai benissimo che non è possibile, lo sai benissimo che anche se me ne andassi per sempre, oramai qualcosa in te si è rotto, e rimarrà sempre in un angolo, potrai anche cercare di non pensarci, ma ci saranno sempre degli avvenimenti che prima o poi ti ci faranno pensare, anche solo per un secondo, ci saranno sempre, e prima accetti questa cosa e meglio è per te.”
“Io non lo voglio accettare...”
“E allora è peggio per te. Pensi mai di parlarne a Giorgio?”
“Ti ho già detto che lui lo devi lasciare fuori da questa storia!”
“Lo dicevo per te... Quanto sei stupida, ma pensi veramente che ti faccia bene stare con una persona con cui non puoi confidarti soprattutto nei momenti in cui ti senti crollare?”
“Penso di potercela fare.”
“Ma davvero? Pensi che Giorgio possa sempre sopportare i tuoi sbalzi d’umore, vederti soffrire, vederti nervosa e bisognosa di solitudine? Cosa penserebbe se sapesse che a volte ti ecciti pensando a come vorresti morire?” mi chiede con una malizia che mi manda in bestia.
“Tu non vuoi capire che io non voglio trovare un’altra persona come me, io voglio la normalità, lo riesci a capire?”
“La normalità?” mi chiede con una punta di disgusto nella voce.
“Sì, la normalità, non mi importa se la normalità sia banale, la trovo mille volte meglio del caos.”
Il suo viso si irrigidisce in una smorfia di disgusto che pian piano lascia il posto a un sorriso beffardo, e alla fine in una risata derisoria.
“Sei più stupida di quanto pensassi, credevo che dopo le batoste che hai preso avessi capito che le persone difficilmente ti possono capire. Tu cerchi una “normalità” che non potrai mai raggiungere proprio perché non sei “normale”. Non devi reprimerti Alice, perché reprimersi fa male, e poi tu non fai nulla di male. Accettami Alice, e vedrai che non soffrirai più.”
Per un momento sento che forse potrebbe avere ragione lei, poter finalmente smettere di stare male...
“Lo so che stai accarezzando l'idea di lasciarti andare,” mi dice con una voce seducente.
“No! Non voglio avere nulla a che fare con te, quando ti ho conosciuto hai sconvolto la mia vita, ho impiegato quasi due anni per riuscire a ritrovare la pace. Non sapevo con chi parlare, mi faceva schifo quello che facevi, lo so che tu ne sei orgogliosa, ma fai solo schifo, sei solo una povera stronza che si crede superiore agli altri, ma non vali niente. Ti odio perché hai contaminato la mia vita, l'hai avvelenata.”
“Io non ho avvelenato nulla carina, ho solo portato alla luce quello che sentivi dentro. Non prendiamoci in giro, certe cose le hai sempre pensate, perché sei sempre stata diversa dagli altri, l'unica cosa che ho fatto io è stato solo farti vedere che ci sono persone come te, che sono capaci di andare anche oltre le tue fantasie. Diciamo che io ho solo acceso la miccia della bomba che avevi dentro, ma prima o poi qualcuno l'avrebbe accesa. Povera, piccola Alice, si vede che stai combattendo dentro di te, perché una parte delle parole che ti dico non ti sono indifferenti, lo vedo che una parte di te vorrebbe dirmi che ho ragione.”
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » giovedì 17 settembre 2015, 10:45

Sono entrata in una delle case.
Da una finestra entra la fioca luce dei lampioni. I mie piedi incominciano a muoversi verso l’interno della casa.
Tutte le pareti sono formate da piastrelle bianche sporche, mi sembra di stare in un mattatotio.
L’aria che respiro è piena di angoscia.
Continuo a camminare e niente cambia, solo mattonelle bianche sporche.
A un certo punto sulla mia sinistra vedo uno specchio sporco.
Mi ci avvicino. Vedo il mio riflesso nello specchio, mi passo una mano sul viso, e dove le mie dita sono passate, vedo che al mio riflesso si è aperto un taglio che incomincia a sanguinare. Sconvolta guardo la mia mano e non vedo nulla, ma quando guardo il mio riflesso vedo che dalle sue dita cola del sangue.
Decido di farlo ancora per vedere cosa succede, e ogni volta che le mie dita sfiorano la mia pelle al mio riflesso si aprono ferite.
Sento dentro di me crescere un piacere, voglio continuare.
Alla fine mi metto a ridere a guardare la mia faccia riflessa nello specchio, un viso dilaniato dai tagli, mi metto a ridere perché sono felice di aver iniziato questo emorragico gioco. Poi decido di ferirmi sul serio, prendo un rasoio che ho in tasca, e me lo passo sulla guancia, e dove prima la immagine riflessa aveva un taglio questo scompare, la ferita si rimargina. Guardo il rasoio, da cui gocciola il sangue e me lo incomincio a passare su tutto il viso, e a ogni squarcio che mi faccio, il taglio del mio riflesso scompare.
Quando ho finito lo specchio riflette il mio viso pulito, senza neanche l’ombra di un ferita, e in quel momento le pareti, il pavimento e il soffitto diventano degli specchi che riflettono il mio volto martoriato dalle ferite.
Vedo il mio viso dilaniato dai tagli moltiplicato, e in quel momento vorrei morire.


Adoro la notte. Andare in giro quando non c’è nessuno, camminare e non fermarsi più. Giorgio e io ci siamo incontrati alle nove al solito posto (un bar vicino a casa mia) e siamo andati a fare un giro, voleva prendere la sua macchina, ma gli ho detto che non mi andava, preferivo camminare.
“Dove andiamo?”
“Prendiamo l’auto e poi decidiamo dove andare, l’ho parcheggiata qui vicino.”
“No, andiamo a piedi.”
“Vuoi andare a piedi?”
“Sì,” e lo abbraccio.
“Che succede?”
“Niente, volevo abbracciarti.”
“È un po’ di tempo che ti vedo... strana...”
“Non sono strana!”
“Voglio dire che è un periodo che... mi sembri triste.”
“Non sono triste.”
Vorrei chiedergli se mi vuole bene, ma non riesco a pronunciare quelle parole. Vorrei dirgli che gli voglio bene, che mi sento fortunata di averlo conosciuto, vorrei dargli tanti baci, ma non riesco a fare nessuna di queste cose, perché sento dentro di me strisciare qualcosa di brutto, e poi sono così confusa da quello che sento.
Camminiamo senza parlare, senza una meta.
Io cerco di non pensare a nulla di brutto, però la mia mente continua ad andare a quella stronza che ho incontrato, e che ha deciso ancora una volta di farmi soffrire, e poi ho anche altri pensieri, su persone che invece di starmi vicino, si sono limitate a darmi risposte preconfezionate al mio dolore, le classiche persone che non riescono a capire quello che passano gli altri, le classiche persone che banalizzano i problemi altrui.
Cerco di scacciare questi pensieri che mi stanno facendo venire il malumore, e poi sono con Giorgio, non voglio pensare alle cose brutte, e all’improvviso penso a quanto mi piacerebbe abbracciare Giorgio, lo sento proprio fisicamente.
Abbracciarlo, e avvicinare il mio viso al suo, le mie labbra alle sue, e unirle in un bacio. Porca miseria, come avrei voglia di baciarlo... Chissà se mi puzza l’alito... porca miseria ma perché non mi porto mai dietro delle mentine o qualcosa per l’alito?
Sono talmente immersa in questi pensieri, che non mi accorgo che Giorgio mi sta parlando.
“Cosa... cosa stavi dicendo?”
Giorgio mi guarda un po’ sconvolto.
“Tutto bene Alice?”
“Sì... sì tutto bene,” gli dico lentamente. Sono ancora immersa nella fantasia. Terra chiama Alice, SVEGLIA!!!
“Sei sicura di stare bene?”
“Sto benissimo, ero solo immersa nei miei pensieri, e non ti stavo ascoltando.”
Mi sembra perplesso, ma non posso certo dirgli che stavo fantasticando sul fatto che vorrei baciarlo. O forse no?
Perché invece di farmi domande stupide non pensi a baciarmi? Io lo vorrei tanto... vorrei dirgli con aria seduttiva, passandomi la lingua sulle labbra, e toccarlo...
“Dove vogliamo andare?” mi chiede.
“Sai che non è ho idea? Aspetta! Ti ricordi dove c’è quel bar... aspetta come si chiama... il Bar Pietro, ti ricordi?”
“Sì, una volta abbiamo mangiato lì a pranzo.”
“Ok, lì vicino c’è quel parco, possiamo andare lì, sederci su una panchina, no? Oltretutto è anche qui vicino, non dobbiamo neanche camminare tanto.”
“Sei già stanca?”
“Non sono stanca,” gli dico, stringendogli un braccio, “però ho voglia di sedermi. Quanto mi piace la notte.”
“L’ho notato che ti piace, ogni volta che usciamo non vuoi più tornare a casa.”
“Adoro la notte, perché c’è una pace, una quiete, non trovi in giro nessuno, c’è un silenzio meraviglioso.”
Arriviamo al parco e ci sediamo su una panchina. Incomincio a sentirmi meglio, più rilassata. Sarà il freddo, sarà la notte.
“Hai dei problemi in questo periodo Alice?” mi chiede Giorgio in modo diretto, e pur non stupendomi della domanda, la trovo comunque una cosa inaspettata.
“Te l’ho già detto, sono solo un po’ stanca, e poi se non rido tutti i giorni, non significa mica che sto male.”
“Sei sempre lì che scherzi, però molte volte mi chiedo se sei veramente felice o se usi la simpatia come una maschera.”
“Ma sei uno psicologo?”, cerco di buttarla sul ridere, ma Giorgio non ci casca.
“Vedi? È così che fai, ogni volta cerchi di distogliere l’attenzione dalle domande scomode che ti fanno.”
“Sono diventata brava, è un lavoro che richiede anni di esercizio. Ma l’esercizio non basta mai.”
Mi prende una mano, e mi chiede:
“Perché lo fai allora? Non è una fatica ogni volta?”
Perché nessuno mi potrebbe capire, perché le persone non riescono ad accettare certe cose, perché le persone sono egoiste, perché la mia vita è più complicata di quanto sembra, vorrei rispondergli.
In quel momento vorrei anche parlargli di lei, ma ho paura, ho paura che parlandogliene lui venga “infettato” da questa cosa, che anche lui incominci a pensarci. Lo so che a dirlo sembra una cosa assurda, però il solo pensare che
Giorgio possa riflettere su quanto gli dico, che ci pensi mi fa impazzire, io non voglio che lui pensi a certe cose, lui... lui certe cose non le deve sentire, le persone buone come lui non devono venire corrotte da certe cose, e poi mi immagino cosa penserebbe di me, mi guarderebbe sotto una luce diversa?
Forse no, forse cercherebbe di capirmi. Però questa è solo un’ipotesi. Il problema è che potrei perdere Giorgio, e questo non lo posso tollerare.
“Se non te la senti di parlarne a me va bene.”
Gli stringo la mano, e non so cosa dire. Ma perché la vita deve essere così complicata?
Vorrei parlargli, sfogarmi, ma Giorgio non capirebbe, solo chi ha visto la parte peggiore di sé può capire quello che ho provato, chi è stato faccia a faccia con la parte più oscura che ha dentro sa cosa significa lottare per non perdere il controllo, e io voglio che Giorgio non conosca mai quella parte.
Sento che sto per perdere il controllo.
Alice, fai la brava, mi dico, fai la brava, non stare a pensarci, anche se ti viene in mente pensa a qualcosa di bello, non fare si che l’angoscia ti faccia pensare a qualcosa di brutto, non pensare al ferirti, non pensare a quelle brutte cose. Non pensare al piacere che ti darebbe ferirti davanti a Giorgio.
Ti prego Alice cerca di essere forte, ti prego. Ce la puoi fare Alice!
Mi sto sentendo un po’ meglio. Tutto è stato così veloce, diciamo che anche per questa volta sono riuscita a controllarmi, ma ci sono delle volte in cui la battaglia è veramente dura, anche perché la mia “avversaria” è bella tosta.
“Giorgio...” Alice fai un bel respiro profondo e cerca di rilassarti, “senti che ne dici se ne parliamo un’altra volta? Questa sera voglio pensare solo a cose belle.”
Vedo nel suo sguardo che è preoccupato, e capisco che sta lottando anche lui perché da una parte vorrebbe insistere, sapere cosa mi fa stare così male, ma dall’altra sa che più mi si fanno pressioni e più mi infastidisco.
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da progettogayforum » giovedì 17 settembre 2015, 19:00

È un bellissimo testo, un po’ angosciante, fa pensare a certi film di Visconti o di Antonioni. L’incomunicabilità domina il campo anche quando ci si vuole bene. È difficile capirsi veramente, la paura del dialogo diretto è da entrambe le parti, come la paura di portare alla luce la parte oscura di sé, nella consapevolezza, presupposta ma non necessariamente realistica, che non si sarebbe accettati. Mi colpisce l’idea del contatto fisico che è una necessità ineludibile, ma nello stesso tempo non dichiarabile. Mi colpisce anche l’idea di resistere, della lotta per resistere che dal di fuori non si vede e non si comprende. Questo scritto andrebbe continuato, perché ne può venire qualcosa che aiuta a pensare. Grazie Isabella!!

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » sabato 27 agosto 2016, 21:46

“Mi sembra che stavi perdendo il controllo con Giorgio, o mi sbaglio?” mi chiede una voce mentre sto tornando a casa, e mancano pochi metri per entrare nel portone del mio palazzo.
Non so perché, ma il fatto di sentire la sua voce non mi stupisce per nulla, lo sapevo che si sarebbe fatta sentire.
“Adesso ci segui?”, le chiedo.
“Rispondi alla mia domanda,” mi dice.
“E tu rispondi alla mia,” le dico.
“Sì, vi stavo seguendo” mi risponde con un atteggiamento sensuale, si passa la lingua sulle labbra soddisfatta, e aggiunge, “ed ero così soddisfatta di vedere che stavi per cedere... era... sensuale... Alice perché vuoi resistermi?”
“Tu sei una persona cattiva, e mi devi lasciare in pace.”
“Lo sai benissimo che non posso,” mi dice con un tono così triste, e così falso. Non so perché ma mi aspetto che scoppi a ridere.
“Quando morirò io, morirai anche tu,” le dico. Non so come mai mi sia venuta questa frase, ma d’improvviso la vedo irrigidirsi, e tutta la felicità che aveva prima sempre essere scomparsa.

Sono di fronte a una finestra. In sottofondo c’è una canzone malinconica che parla di amore.
Se mi gettassi dalla finestra? Penso.
Vorrei che qualcuno mi fermasse, ma non c’è nessuno. Sono sola.


Calma Alice! Calmati!
Non pensarci minimamente!
Allontanati dal balcone!
Fai un respiro profondo!
Non farlo!
Che qualcuno mi aiuti, vi prego!
Lei è sempre in agguato, non me ne libererò mai. Perché non se ne va e mi lascia in pace?
Il suono del cellulare mi distoglie da un pensiero che se dovesse concretizzarsi finirebbe per uccidermi. Guardo il display e vedo che è Giorgio. Solo lui puoi salvarmi.
“Ciao Giorgio”, gli dico cercando di utilizzare un tono di voce normale.
“Ciao Alice, tutto bene?”
“Sì,” gli dico, anche se sento un forte sentimento di nausea.
“Ti ricordi che questa sera ci dobbiamo vedere?”
“Sì,” oggi parlo solo a monosillabi.
“Perché io sono giù che ti sto aspettando da dieci minuti.”
“Oddio Giorgio scusami.”
“Ti ho vista affacciarti al balcone.”
“Adesso mi vesto e scendo, scusami.”
“Non preoccuparti, ti aspetto giù.”
“Ok, faccio il prima possibile.”
Mentre chiudo la chiamata penso che potrei ferirmi un braccio. È un pensiero che si forma così velocemente nella mia testa. Faccio un respiro e mi dico che questo non è il momento.
Alice cerca di sorridere, cerca di non pensare a cose brutte, mi dico.
Lei è sempre in agguato. La sento quando sorride sperando che io perda il controllo. Ma io non voglio perdere il controllo. Se potessi parlare a qualcuno di lei.
“Ciao Alice, ma che faccia hai?”
“Perché?”
“Hai un’espressione strana.”
Non sempre sono brava a simulare di stare bene.
Mi sta tornando la voglia di ferirmi.
“Dove vuoi che andiamo Alice? Alice?”
“Cosa?”
“Ti ho chiesto dove vuoi che andiamo?”
“Va bene qualunque posto.”
Giorgio mi guarda in modo strano, capisce benissimo che c’è qualcosa che non va, e lo vedo che è combattuto se chiedermi cosa abbia, o fare finta di niente. Purtroppo io non gli facilito le cose perché non voglio parlare di quello che sento dentro. Ho troppa paura di perderlo. Lui non deve sapere di lei, non riuscirebbe a capire.
Ci sono delle volte che vorrei poter condividere questo peso, ma mi rendo conto che le persone non possono capire. Lei non è così semplice da poterla far sparire non pensandoci. L’unica cosa che mi “consola” è pensare che quando io morirò, anche lei morirà con me. Questa è l’unica cosa che mi fa provare piacere.
Provo un tale senso di nausea che vorrei mettermi due dita in gola e vomitare. Quella che sto passando non è una vera e propria crisi, anche se i pensieri, e il mio stato d’animo, che mi porterebbero ad avere una crisi ci sono.
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da progettogayforum » sabato 27 agosto 2016, 22:32

Grazie Isabella!! Ho letto con la massima attenzione per lasciarmi trascinare dall'emotività senza ragionare troppo; è veramente una storia dominata più che dalla solitudine dalla incomunicabilità. Ci si vuole bene ma non ci si capirà mai fino in fondo. Il pensiero del nulla è una presenza esorcizzata ma mai rimossa. La vita è a due livelli, quello esterno, che è anche quello dell'amore, e quello interno dell'indicibile e dell'abisso che ciascuno porta in sé.
W Isabella!!! Sei grande!!

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » domenica 28 agosto 2016, 9:35

Ciao Project,
intanto ti ringrazio per avere scritto :) .
Ho letto quello che hai scritto, e mi ha fatto riflettere parecchio. Di solito quello che scrivo lo scrivo per lo più centrandolo sull’autolesionismo, e da questo deriva il senso di impotenza riguardo al poter parlare di questo argomento alla persona che si ama, e da qui, come hai notato tu, salta proprio fuori l’incomunicabilità.
progettogayforum ha scritto:Ci si vuole bene ma non ci si capirà mai fino in fondo. Il pensiero del nulla è una presenza esorcizzata ma mai rimossa. La vita è a due livelli, quello esterno, che è anche quello dell'amore, e quello interno dell'indicibile e dell'abisso che ciascuno porta in sé.
L’abisso che si porta dentro la protagonista è proprio un abisso. Il volersi ferire, il pensiero di volersi togliere la vita, sono cose così difficili da gestire da soli, e quando vengono queste crisi, e si ha bisogno di aiuto, non si sa a chi chiedere aiuto, perché non si sa se l’altra parte riuscirà a capirci.
È un po’ difficile spiegare il personaggio di Alice, anche perché andrebbe tratteggiato molto di più, però… Alice è una persona con dei problemi molto forti di instabilità emotiva e psicologica, però è sempre riuscita a tenere queste instabilità in posto della sua mente, come se fossero dietro a delle barriere. C’è stato un momento in cui queste barriere sono crollate parzialmente. Questa “lei” che trovi in quello che scrivo e che continua a dire ad Alice di perdere il controllo sono proprio le instabilità. La paura di Alice non è solo quella di non venire capita per le instabilità che prova, ma anche per il fatto che pensa che parlandone a Giorgio, anche lui venga “avvelenato” da queste instabilità.
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da Help » domenica 28 agosto 2016, 10:41

Tocchi temi come paura, autolesionismo, anoressia e credo parzialmente amore in poche righe.

Da quel che so sull'autolesionismo, è una forma di controllo del dolore emotivo, le persone che lo attuano cercano di trasformare il dolore che provano in dolore fisico che credono di controllare.

Credo che nel racconto il dolore emotivo si configuri nella voce. Poi accenni al fatto che questa voce sia sensuale e provocante, le dai anche una caratterizzazione fisica, questa per quanto sia una descrizione breve di poche righe ( ho letto solo l'ultimo post ) mi ha fatto pensare che nell'epoca moderna molte donne si sentono inadeguate a causa dei canoni estetici inarrivabili proposti dalle case di moda, e potrebbe già di per se essere un motivo di sofferenza emotiva.

Il ragionamento credo fili, ma credo che oltre questo primo aspetto se ne possa dedurre un altro. Quando Alice pensa di buttarsi nel vuoto, vuole che qualcuno la fermi, e qui mi è venuta da pensare la seguente cosa. Alice non vuole suicidarsi, vuole solo smettere di essere sola, non vuole arrivare all'annullamento del se bensì al suo completamento, e sotto questo punto di vista la voce risponde alla sua necessità non lasciandola mai "sola". Lei vuole essere fermata da un suicidio istigato dalla voce e paradossalmente è la voce stessa a fermarla diventando così la figura che Alice cercava.

La figura di Giorgio credo sia solo una comparsa.

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Re: Alice nel paese del lutto

Messaggio da IsabellaCucciola » domenica 28 agosto 2016, 12:28

Help intanto ti ringrazio per avere scritto.
Help ha scritto:Poi accenni al fatto che questa voce sia sensuale e provocante, le dai anche una caratterizzazione fisica, questa per quanto sia una descrizione breve di poche righe ( ho letto solo l'ultimo post ) mi ha fatto pensare che nell'epoca moderna molte donne si sentono inadeguate a causa dei canoni estetici inarrivabili proposti dalle case di moda, e potrebbe già di per se essere un motivo di sofferenza emotiva.
Ho sempre odiato il mio corpo perché non corrispondeva a “canoni estetici”, e per il fatto che le persone vicino a me mi hanno sempre fatto notare il mio peso. Adesso sono dimagrita, e devo dire che mi piaccio di più, ma ancora adesso ci sono momenti in cui mi sento ancora inadeguata, anche se chi mi sta vicino adesso mi dice che sono dimagrita. Dal problema del peso si concatena l’inadeguatezza di una persona che si rende conto che ha paura di rimanere da sola perché sa di essere inadeguata, sia di peso che di aspetto in generale. La moda non ti vuole solo magra (magari fosse solo così), ma ti vuole anche molto bella e giovane.
Help ha scritto:Quando Alice pensa di buttarsi nel vuoto, vuole che qualcuno la fermi, e qui mi è venuta da pensare la seguente cosa. Alice non vuole suicidarsi, vuole solo smettere di essere sola, non vuole arrivare all'annullamento del se bensì al suo completamento, e sotto questo punto di vista la voce risponde alla sua necessità non lasciandola mai "sola".
Hai ragione, Alice vuole essere salvata, vuole che qualcuno porti nella sua vita la “normalità”. Vuole che qualcuno scacci dalla sua mente quelle immagini e quei pensieri che le vengono in mente.
Riguardo alla “voce”, il discorso è piuttosto complesso (anche perché ci sono dietro delle cose che non ho scritto). Alice nasce con dei problemi, però in qualche modo riesce a tenere a bada queste cose, è come se le avesse confinate in una parte della mente e lì rimangono. Alice si rende conto che il ferirsi, il provare piacere nel pensare alla propria morte non sono cose normali. Alice ha sempre pensato di essere l’“unica” ad avere simili pensieri, ma un evento (che non ho descritto) le fa aprire gli occhi, e quindi si rende conto che ci sono anche altre persone come lei. Questo comporta che il recinto che aveva costruito per isolare i suoi pensieri abbia incominciato a perdere pezzi, e questi pensieri si sono concretizzati in questa “voce”, che le dice che non c’è nulla di male nel ferirsi, che è una cosa normale, che non c’è nulla di male nel vivere senza regole, che non c’è nulla di “perverso” nell’avere certi pensieri. Non sono una psicologa, però quello che voglio descrivere di Alice è il fatto che è una ragazza borderline(http://www.apc.it/disturbi-psicologici/ ... -cluster-b).
Help ha scritto:La figura di Giorgio credo sia solo una comparsa.
Non ho mai riflettuto sul fatto che Giorgio fosse solo una comparsa, forse perché ho sempre pensato di volerlo tratteggiare di più.
Giorgio rappresenta l’aiuto di cui Alice ha bisogno.
Ogni sera quando mi ferisco una parte di me si chiede cosa stia facendo, ma io non so cosa risponderle. Guardo il sangue colare dalla ferita, colare a terra, goccia dopo goccia, come una clessidra.

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