Quel momento in cui ti vedo

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Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da Help » sabato 18 marzo 2017, 10:59

Giro spesso per grandi città, sempre così affollate, piene di persone che vanno di fretta, con i loro problemi per la testa. Cammino, cammino in tondo eppure nessuno che si avvicina o parla. In mezzo a questa gente mi sento come di stare in un deserto, mi sento così vuoto, superfluo, una goccia in un mare.

E quando mi fermo al semaforo per aspettare che diventi verde, è in quel momento che ti vedo. Tu, seduto nel tuo treno, mentre lo guidi. Sempre isolato nella tua cabina di guida senza la possibilità di parlare con nessuno. Ore dopo ore che passano, e tu guardi solo rotaie, e allora mi chiedo se anche per te "Il treno ha fischiato", se anche il tuo treno ti ha portato lontano da li.

Ma poi il semaforo torna verde, e tu torni lontano, sperduto in mezzo al mondo, e io torno qui, lontano da te. Magari mi sarebbe piaciuto in questi anni conoscerti meglio, ma siamo lontani, troppo lontani. Tu sei l'irascibile uomo che guida il treno e le crepe nel nostro rapporto sono insanabili ormai.

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agis
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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da agis » sabato 18 marzo 2017, 12:38

Il problema non è antichissimo ma comincia ormai ad avere anch'esso la sua porca tradizione. L'hanno chiamato

la solitudine della civiltà di massa

ma con te, naturalmente, è diverso motorino perché noi, invece,

andiam di fratta in fratta or congiunti
or disciolti


:O)***

P.S. Naturalmente la speranza che è l'ultima a morire è che, per ritornare semplicemente a questo prenderci e lasciarci, non si debbano affrontare eccessivi traumi collettivi.

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da Help » venerdì 24 marzo 2017, 22:38

Credo che il problema si possa riassumere in poche parole:
Vivi per lavorare per vivere.

In questa condizione, la vita stessa perde significato e si smarrisce il senso dello stare bene assieme.
Diventa tutto un affannarsi. Per questo esiste la società di massa e la sua solitudine.

D'altronde fermarsi a pensare é un privilegio in una società creata apposta perché nessuno faccia domande. Il risultato è deprimente, ci si riduce a passare la vita a pensare come vivere ancora quando l'unica certezza che si ha è di morire e il tempo scorre sempre insensibile, impassibile, implacabile, e tutto quello per cui lotti vola via ogni secondo.

So che questa critica è banale e inutile, ma avevo bisogno di mettere per iscritto questa idea/banalità, non fosse altro per guardare in faccia questo male.

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da agis » sabato 25 marzo 2017, 0:43

Dunque vediamo:
vivi per lavorare per vivere...
a prima vista sembrerebbe una specie di rotella :?: ommioddio un ingranaggio?!! :o
Ma... ma... ma... motorino Helpino... com'è che ti vengono queste idee? Non sarà mica perché... :?

Vabbè, vabbè, abbiamo capito che sei una Harley Davidson in incognito ^_^ :O)*** Scherzi a parte, comunque, questa non sembrerebbe essere una condizione esclusiva dei tempi nostri. E' anzi praticamente certo che, in epoche passate, ci si doveva arrabattare anche di più e, certamente, con minori risultati e minor costrutto. Molto interessante invece è il tuo pensiero relativo all'assenza di domande, alle difficoltà relazionali anche a livello epidermico...
A proposito però, se dovessimo attribuire tanto al lavoro quanto al gioco il carattere di attività, secondo te che differenza potrebbe esserci tra le due? :?:

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da agis » sabato 25 marzo 2017, 9:05

agis ha scritto: A proposito però, se dovessimo attribuire tanto al lavoro quanto al gioco il carattere di attività, secondo te che differenza potrebbe esserci tra le due? :?:
:o :o :o
Ma porca miseria... ma lo vedi che so cecato? :evil:

Rifraso.

Una volta che si sia mentalmente attribuito carattere di attività tanto al lavoro quanto al gioco, in che modo differenziamo mentalmente l'attività lavorativa dall'attività ludica? ^_^

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da Help » sabato 25 marzo 2017, 9:38

Nella volontà, giochi perché vuoi lavori perché devi. A volte è vero anche il contrario, ma quando è vero il contrario non ti lamenti del lavoro.

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da agis » sabato 25 marzo 2017, 20:40

Help ha scritto:Nella volontà, giochi perché vuoi lavori perché devi. A volte è vero anche il contrario, ma quando è vero il contrario non ti lamenti del lavoro.
Ben detto Help! Tanto è vero che, per molti anni, anch'io l'ho pensata più o meno come te e nulla poi vieta di associare ad una stessa attività i concetti di necessità o volontà. Poi però mi sono reso conto che queste associazioni apparivano "consecutive" cioè caratterizzate dall'aggiungere altri concetti a quello di base senza che mi sentissi la certezza di averlo compiutamente analizzato nella sua costruzione mentale. Proviamo ad esempio ad analizzare una generica attività che ci sta molto a cuore tanto project è troppo impegnato a decifrare un post che gli ho fatto in un altro thread e non ci vede 8-) :

far sesso ^_^

Naturalmente, nell'ipotesi inverosimile che facessi sesso con te, questa mia attività si potrebbe considerar sempre la stessa tanto che io lo facessi per giocosa corrispondenza di amorosi sensi <3<3<3 quanto nel caso fossi un escort da te prezzolato €€€ per la bisogna :D . Ora, se pare che a qualunque attività debba conseguire un risultato, sembrerebbe ragionevole supporre che ad attività eguale debba conseguire ugual risultato quindi, in entrambi i casi, il risultato di questa specifica attività dovrebbe consistere nel tuo piacere. Che cosa cambia allora se, comunque, il risultato rimane uguale? A me è parso che mentre nel caso dell'amore giocoso il risultato della mia attività sessuale rimane mentalmente congiunto ad essa in un tutt'uno, nel caso del sesso mercenario il risultato debba prima essere scisso da questa attività per poi esserne ricongiunto in ordine ad un "altro" che sarebbe in questo caso il denaro della mia ricompensa.
Sono arrivato quindi alla generalizzazione ipotetica che, se una stessa attività può essere chiamata sia gioco che lavoro, questo dipende dalla nostra attitudine mentale a tenere congiunti o separati i risultati dalle attività corrispondenti.
Trovo il fatto che, spesso, a proposito del lavoro, si parli di "alienazione" una decente conferma a questa tesi.
Chennedici Helpino? ^_^

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da Help » sabato 25 marzo 2017, 21:48

Ipotizzo che la differenza delle due attività in maniera sostanziale stia nel denaro, potresti smentirmi dicendo che il poker è un gioco a denaro, quindi in un gioco è coinvolto anche il denaro. Al che potrei risponderti che il denaro in quel caso è una componente aleatoria che varia in base al livello di fortuna della giornata, mentre una giornata lavorativa ha guadagni scanditi, e potresti ribattere dicendomi che ci sono persone che guadagnano in base a quanto vendono, e quindi guadagnano in base alla fortuna che hanno. Al che potrei dirti che per quanto possiamo essere fiscali, il lavoro alla sua base ha un contratto, e tu potresti ribattermi dicendo che esistono i lavoratori in nero che di contratto non ne hanno nessuno, al tempo stesso ci sono giochi che hanno termini e condizioni d'uso ovvero contratti.

Scendendo in basso in basso, si arriva all'unica divisione possibile, ciò che piace e ciò che non piace. Anche se, potresti dirmi che anche se ti piace fare sesso, magari farlo per 20 ore al giorno non è così gratificante come farlo solo 2. E arriveremmo al nocciolo della questione, il gioco è ciò che piace nel momento in cui piace, il lavoro è ciò che non piace nel momento in cui non piace.
Che ne pensi caro agis?

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Re: Quel momento in cui ti vedo

Messaggio da agis » sabato 25 marzo 2017, 23:02

In linea con quello che t'avevo scritto prima Help ne penso che si tratta di una serie di affermazioni consecutive che tutte hanno diritto di cittadinanza, tutte appaiono frasi di tutto senso ed in quanto tali potrebbero essere piacevolmente discusse sempre che questo ti piaccia ovviamente :O)*** . Scavando in basso in basso però, con la tua ultima divisione, finisci col propormi appunto un criterio del piacere o edonistico che è ovviamente un criterio di grande classicità... Epicurooo anyone? :lol: Anche Epicuro aveva però, a mio avviso un problemuccio che, però, per quanto riguarda gli autori antichi, dovremmo sempre almeno postulare possibilmente legato ad una carenza delle fonti, ad una insufficienza del materiale tramandatoci: non mi consta abbia mai proposto una riflessione su cosa succeda a livello mentale quando una cosa piace o una cosa non piace :?: :?
Già, appunto, che succede secondo te Help? Tu che cosa avverti nei due casi opposti? ^_^

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