Vivo nel mio corpo come in un carcere, come in una tomba.

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Ermes
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Iscritto il: mercoledì 10 giugno 2009, 20:56

Vivo nel mio corpo come in un carcere, come in una tomba.

Messaggio da Ermes » mercoledì 17 giugno 2009, 13:30

Salve a tutti, vivo in una sofferenza “che intender non la può chi non la prova”. Non sono l’unico al mondo, ma penso di non farcela più a soffocare questa natura che non ho scelto e che mi ritrovo. Sono sempre estraniato, alienato, come se avessi un’alterazione dello stato di coscienza, come se fossi inebriato, intorpidito. Avverto un forte contrasto con la realtà: ogni giorno che passa commetto sempre più lapsus, sbadataggini, atti mancanti, amnesie e vuoti di memoria, mi mancano le parole per esprimermi. Sono continuamente in uno stato di tensione e di agitazione, di soprassalto: forte ansia nello stomaco, con conseguente gastrite acuta, tachicardia o cuore in gola; sono sempre all’erta come se su di me dovesse piombare da un momento all’altro un grave pericolo o incidente mortale. Vivo la morte dell’Io. Vivo per inerzia perché non posso fare diversamente. È come se vivessi un lutto per la morte di una persona cara, con la differenza che il passar del tempo riesce a lenire il vuoto lasciato dall’estinto, mentre per me è un lutto perpetuo, continuo che non ha fine. Mi sento imprigionato nel mio corpo come in un carcere, come in una prigione, come in una tomba. Sono sempre in conflitto con me stesso, lacerato, dilaniato, logorato, torturato e costretto a portare un supplizio che mi blocca e mi paralizza. Ho fatto tutto quello che umanamente era in mio potere di fare: ho consultato diversi psicoterapeuti, psicologi, psichiatri, confessori, carismatici con zero risultati. Vivo nella solitudine, in una condizione di isolamento e di abbandono. Non riesco ad accettarmi perché gli altri non mi accetterebbero. Apparentemente vivo una vita normale e semplice fatta di poche cose e di poche aspirazioni o ambizioni e non sono stimato o accettato, perché gli altri non faccio mai nulla di buono o non faccio mai abbastanza. Non ho sollievo in nessuna cosa. Non trovo conforto, consolazione, sostegno, comprensione. Non riesco a sublimare nulla neanche le cose negative. Con mia mogli poi la vita è un inferno: già sono un suo schiavo, sono un cavalier servente, per intenderci. Eppure non c’è giorno che passa che non litighiamo per motivi futili e banali. Penso che questa sia una reazione inconscia perché a lei ho comunicato questa mia condizione quando eravamo fidanzati, proprio per dovere morale, per non ingannarla. Alla notizia ella reagì male, ma dopo una settimana decidemmo di continuare il rapporto senza mai più parlare sull’argomento. Ho capito che le mettevo forte disagio, anche perché non riusciva a capirmi o ad aiutarmi. Da lei pertanto ricevo solo ordini e comandi e una infinità di insulti. A ciò si aggiungono disprezzo, scherno, angherie di vario genere. Svilisce e vanifica tutto lo zelo con il quale sostengo i mie doveri di sposo, di padre, di uomo e in genere gli impegni sociali. Mi sento “Rosso Malpelo”. Non desidero fare del male a nessuno. Anche se mia moglie mi tratta male tuttavia la guardo con tenerezza, cosa che purtroppo lei non vede o non capisce. Non desidero divorziare, per non venire meno alle mie responsabilità, né vorrei essere causa di traumi sia per lei che per i miei figli. Non desidero, altresì, fare del male al ragazzo di cui sono fortemente innamorato. Desidererei, invece, trovare qualcosa per lenire questo sentimento che mi tortura di giorno e di notte con l’insonnia . Vorrei trovare un antidolorifico, un anestetico. Mi sento come se dovessi svenire da un momento all’altro. Penso che l’origine di questo problema sia la mancanza di amore o meglio affetto, tenerezza e stima che non ho mai ricevuto da nessuno : genitori, nonni, zii, amici, coetanei, educatori, conoscenti in genere. Non sto generalizzando ma è la verità. Ho ricevuto un’educazione fortemente autoritaria, all’insegna del rispetto cieco, dell’obbedienza, del dovere e della responsabilità. Purtroppo non riesco a colpevolizzare i miei genitori perché penso che lo hanno fatto per ignoranza nel senso buono del termine. Bacone infatti diceva “Che l’ignoranza della causa preclude l’effetto e alla natura si comanda solo ubbidendole: ciò che nella teoria fa da causa nell’operare pratico diviene regola”. I miei genitori a modo loro non mi hanno fatto mancare nulla. Se svolgo una professione dignitosa e prestigiosa e grazie ai loro sacrifici. Ma insieme a questo avrei desiderato un po’ di affetto. Per cui se i miei non sono riusciti ad amarmi come io avrei voluto, come può amarmi mia moglie che è un’estranea? Sono diventato insofferente, non ho più la capacità di sopportare o di soffocare questo mio modo di essere. Sono 30 anni di sofferenza pura e di lotte senza nessun risultato. Mi sento vecchio come se avessi 90 anni. Se finora sono andato avanti è perché sono stato animato dalla speranza e dalla fede in Cristo che le cose potessero cambiare. Ho perduto, pertanto, l’entusiasmo, la grinta, la forza di fare le cose, di vivere. Tutto mi sembra vuoto e privo di significato. Piango ogni giorno. L’unica cosa che desidero oggi veramente con tutto il cuore, con tutto il mio essere è passare a miglior vita. Mi sento mortificato e umiliato nella mia essenza. Non sono stato in grado di sublimare questa mia sofferenza. Spero che il signore mi usi misericordia quando un giorno lo vedrò.

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progettogayforum
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Re: Vivo nel mio corpo come in un carcere, come in una tomba.

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 17 giugno 2009, 14:30

Ciao Ermes,
intanto sei qui e qui, puoi stare sicuro, troverai almeno un po’ di rispetto, ma io penso che potresti trovare anche una possibilità di parlare seriamente e di ridurre la tua ansia che si avverte fortissima in quello che scrivi. È vero che la situazione non è facile, ma è altrettanto vero che non sono poi pochissimi i ragazzi che si trovano in situazioni analoghe alla tua. Non voglio ripeterti le cose che ho già avuto modo di dirti e non voglio minimizzare la portata oggettiva delle difficoltà che ti trovi affrontare, ma non è certo pensando di poter far finta di non essere gay che puoi affrontare la situazione. Scappare non ha senso perché sarebbe uno scappare da te stesso, quindi se psicoterapetuti e psichiatri servono a tenere sotto controllo gli stati ansiosi, ok, sono certamente una cosa positiva, se sono professionisti seri, ma se l’intervento di queste persone avesse ai tuoi occhi la finalità di farti cambiare orientamento sessuale, beh puoi stare sicuro che non ci riusciranno e se sono professionisti seri non ci proveranno neppure. I problemi ci sono ma sono legati alla situazione oggettiva. Il bene dei figli è la prima finalità, ma che il bene dei figli consista nell’avere accanto un padre costantemente depresso e frustrato non lo credo proprio. Quanto a tua moglie mi stupisco di come una donna alla quale il fidanzato abbia confessato di essere gay possa accettare comunque l’idea del matrimonio, ma succede anche questo. Ma anche tu sei stato di una leggerezza quasi incredibile. In pratica per paura di essere gay hai finito per reprimere la tua sessualità all’inverosimile, ma poi la sessualità profonda torna immancabilmente a galla. Penso che avresti bisogno di un sostegno concreto e in situazione e che questo sostegno potrebbe venirti unicamente dai tuoi genitori, bene inteso, se fossero capaci di capire e di darti concretamente una mano. In pratica ti trovi davanti a delle scelte che non possono che essere dolorose ma alla fine rischiano di essere inevitabili. Se tu avessi l’appoggio dei tuoi genitori potresti programmare serenamente passo per passo il da farsi, in assenza di questo appoggio, o magari avendo i tuoi genitori contro, la faccenda sarebbe certo più complicata. Il rapporto con tua moglie e difficile, ma in situazioni simili è pressoché sempre così, in questo caso c’è il fatto che lei sapeva prima, ma sia tu che lei, per ignoranza sostanziale della cosa e per paura avete pensato che il problema potesse essere ignorato. Allo stato dei fatti dovresti cercare di ragionare a mente fredda (so che è quasi impossibile) sul da farsi e non aspettare che le cose cambino da sé. In ogni caso noi siamo qui e (sia sul forum che per e-mail) cercheremo di starti vicino.
Un abbraccio.
Project

go_deep
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Re: Vivo nel mio corpo come in un carcere, come in una tomba.

Messaggio da go_deep » giovedì 18 giugno 2009, 14:17

Caro Hermes,

leggo con molto dolore quello che scrivi e sappi che ho condiviso molto di quello che stai provando e in parte lo sto condividendo tutt'ora. Hai tutti i diritti di vivere sereno e di ricercare la tua felicità, ti capisco quando dici che non ne puoi più e credo che anche il fatto di scrivere su questo forum sia un diperato grido di dolore e una richiesta di aiuto che stai sicuro non rimane inascoltata. Noi siamo qui per aiutarti per non farti sentire quella solitudine che ti lacera il cuore e che arriva perfino a farti desiderare di non esistere.

Mio caro Hermes fatti forza, devi spezzare la catena per te e soprattutto per i tuoi figli che hanno e avranno bisogno del loro papà. Se tu non hai avuto affetto da parte dei tuoi genitori non devi permettere che questo si ripeta da parte tua nei loro confronti.

Capisco che è profondamente doloroso perchè lo sto vivendo sulla mia pelle ma le sfide nella vita, se le accettiamo, ci aiutano a crescere, a migliorare, a capire qualcosa in più di noi stessi e degli altri e a trovare quell'equilibrio che è il sale della vita stessa.

La vita è nostra Hermes e noi abbiamo il potere su di essa. Dobbiamo accettare chi siamo e come siamo perchè comunque, prima o poi, per quanto ci si sforzi in tutte la maniere, quello che siamo rivendicherà la sua esistenza. E' così semplice! La natura ci ha fatto così, non l'abbiamo scelto è così e basta, così come abbiamo i capelli neri pittosto che biondi o gli occhi azzurri piuttosto che castani. Non lo possiamo cambiare!

Ti prego Hermes reagisci! Non diventare un fantasma!
Confermo quello che dice Project, noi ci siamo per cercare di aiutarti e sostenerti.

Un abbraccio!
Ciao
Deep

marco1979
Messaggi: 55
Iscritto il: giovedì 14 maggio 2009, 23:58

Re: Vivo nel mio corpo come in un carcere, come in una tomba.

Messaggio da marco1979 » venerdì 19 giugno 2009, 21:06

Caro Hermes,

mi ha colpito molto il tuo post per la sensazione di ingabbiamento che ho provato leggendo della tua situazione. Ho avuto l'impressione di come se tu (posso darti del tu?) fossi stato soggiogado dagli affetti, dipendente dalla forza emotiva degli altri, come un bambino, un cucciolo bisognoso solo di essere accolto e coccolato fra le braccia amorevoli di una persona che lo ami...vivere con l'idea che gli altri potessero soddisfare il tuo bisogno di accettazione e amore in modo completo e appagante.

Se è questa l'impressione, non può sorprendere come questo tuo desiderio profondo di essere amato per quello che sei sia continuamente frustrato e cozzi con una realtà che non ha fatto altro che rimarcare un ruolo di sudditanza emotiva verso persone emotivamente più forti.

Mi sorprende come tu possa aver resistito così a lungo e che abbia nel tempo costruito un'apparente vita normale e non risco a capire come tu riesca a sopprotare tutto questo....in realtà il tuo grido di dolore e talmente acuto che non si ode....

Sottoscrivo quanto detto da Deep....DEVI SPEZZARE LA CATENA che ti lega ad una vita che non ha senso...e non vuol dire perdere i figli...ma iniziare a capire che cosa veramente vuoi, che cosa veramente desideri...

Scusami se sono stato troppo diretto e che ho letto nelle tue parole una disperazione che mi ha allarmato e preoccupato...ti prego REAGISCI...qui potrai sempre sfogarti e trovare qualcuno che ascolterà....

Un forte abbraccio..

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