progettogayforum ha scritto:.... Se leggi i rapporti documentatissimi di Amnesty International circa le impiccagioni pubbliche dei gay in Iran e vedi le foto raccapriccianti pubblicate dall’agenzia stampa iraniana, di ragazzi di 16 e 17 anni impiccati in piazza per atti di omosessualità “consensuale” allora ti chiedi che cosa è la morale e non puoi che risponderti che la morale, almeno in materia sessuale, non ha niente a che vedere con l’insegnamento ecclesiastico....
Giungo solo oggi a leggere questa discussione e, quindi, ci aggiungo la mia opinione, anche se può parere un po' tardi.
Ho letto con attenzione il primo intervento di Prometeo, quello di qualcun altro e, soprattutto quello di "project".
Con questi dati a mia disposizione mi sembra che, come al solito, la discussione si sia polarizzata in due aree ben distinte e, in qualche modo, una "avversa" all'altra, nonostante la gran gentilezza delle espressioni scritte.
Già in questo noto che c'è qualcosa che non funziona.
A Prometeo faccio notare quanto segue.
La dottrina della Chiesa cattolica, in ambito di morale sessuale per quanto riguarda l'affettività gay è cosa nota e, pare!, irreformabile. Si basa sostanzialmente su due capisaldi:
1) Il sesso "in sé stesso" è peccato (quindi, se ne deduce, anche il sesso etero non finalizzato alla prole nel quadro del matrimonio religioso).
2) Il sesso gay è, in qualche modo, l'esempio più palese di un cortocircuito della persona chiusa in se stessa, non finalizzato ad alcuna riproduzione naturale. Dunque è il "peccato" per eccellenza.
Questi due punti, se sinceramente confrontati con le scienze antropologiche e con la realtà, iniziano a tremare, se non proprio a cadere. Infatti:
1) Il sesso in una coppia stabile è concepito come il culmine di un rapporto affettivo che rinsalda l'unione dei due. Dal momento che, in una coppia etero, non tutte le unioni danno necessariamente il frutto della prole, è ovvio pensare che il sesso possa anche esistere "per se stesso", come di fatto accade. Solo in questa sua sussistenza naturale ha modo, consensualmente e nei casi voluti, di divenire prolifico generando prole.
2) Il sesso gay è un'epressione differente di sessualità e non comporta necessariamente una "chiusura" o un "cortocircuito" della persona su se stessa. Parlo dal punto di vista psicologico. Persone "autocortocircuitate" possono essercene, e a iosa, pure nell'ambito etero. L'orientamento non è, in sé, una pregiudiziale per giudicare la persona, come in effetti si constata negli atteggiamenti pseudoscientifici di molto mondo cattolico.
Queste risposte dovrebbero invitare il singolo credente gay a prendere in mano la sua vita: è un dono dato con tutto il "corredo" per viverlo bene. Siamo sicuri che evitare certe "cose" non significa, in fondo, disprezzare certi doni dati? Qui la persona deve interrogarsi con la sua coscienza e rispondere onestamente senza farsi influenzare.
Rispondo
a Project dicendo quanto segue.
Nella storia del Cristianesimo occidentale, il clericalismo (=il potere dei chierici) ha avuto la "meglio" sul potere spirituale dei monaci 1000 anni fa', all'incirca.
Questa non è una pagina stantìa di storia che non ci riguarda perché ha potenti ripercussioni sullo stile di una Chiesa. Come noi oggi non possiamo prescindere dalla Rivoluzione industriale (anche se è avvenuta alla fine del 1700), così non possiamo prescindere da quella rivoluzione clericale che si è instaurata nel cattolicesimo da 1000 anni. Il fatto che non ne parlino e la nascondano è solo segno di cattiva fede, anche se spesso è pura ignoranza. Mi spiego.
Nel mondo clericale, che non ha come riferimento i rapporti familiari del monastero e la prassi spirituale antica (di tipo olistico) si tende a fare degli orientamenti morali dei precetti rigidi trasformandoli, via via, in moralismo. Il moralismo è quel genere di dettami morali che, in definitiva, si sgancia da qualsiasi rapporto sperimentale con l'esperienza della persona.
Mentre l'antico mondo monastico era legato a questo tipo di rapporto, al punto da non imporre nulla che potesse gravare o annullare una persona (per quanto esistesse anche un'ascesi severa), il mondo clericale prescinde da un concreto rapporto con la persona (non esiste il rapporto "padre-figlio" di benedettina memoria, semmai "direttore" e "diretto"), sintentizza regole universali su manuali e le impone "a pioggia". Dove cadono, cadono. Il rapporto con i fedeli si "meccaniccizza", se così si può dire.
Quello che è generalmente importante per la cultura clericale è l'oggettività della norma che tale deve rimanere e assicura pure il suo potere, non la situazione della persona che vi si deve solo adeguare. Dopo Lutero (ultimo a rivendicare il soggetto in una Chiesa già fin troppo squilibrata) la situazione nel Cattolicesimo si irrigidisce ancora di più: non è il soggetto ad essere importante, ma la Chiesa (ossia quel che dicono i preti).
Il cattolicesimo barocco diventa talmente ossessionato dal soggetto da diffidare e vedere come "peste" perfino i mistici che, come si sà, uniscono l'esperienza spirituale nella loro persona (Qui ho ottime fonti) passando quasi a pié pari "oltre" la Chiesa. Qualche autore si spinge fino al punto di affermare che è in quest'epoca (nel barocco) che il misticismo antico muore perché deve presentarsi necessariamente come qualcos'altro che non sconvolge l'assetto postridentino. Sta di fatto che questo spiega assai perché il Cattolicesimo moderno preferisce il "fare" (sotto obbedienza) alla contemplazione (possibile sorgente di autonomia e quindi di potenziale sconvolgimento nella Chiesa). Nulla nasce a caso!!!
Nonostante qualche apparenza "democratica", oggi la situazione non è molto cambiata, almeno nelle sue linee di fondo. Gli stessi "movimenti ecclesiali" sono molto gregari e non amano che la persona "pensi" ma che vi si adegui. Essi non a caso sono rigidi. Mantere la norma rigida a prescindere dalla persona ha generato, recentemente, tantissimi sdoppiamenti della personalità sui quali non si vuole porre attenzione.
Oggi nel mondo cattolico ci troviamo o davanti a situazioni di rigidismo come abbiamo accennato, o, per reazione, a situazioni in cui si butta a mare tutto dicendo che, in fondo, non ha alcun valore (indifferentismo).
No qui è tutto sbagliato!
E torniamo a noi applicando quanto detto al caso concreto: non si tratta di fare AUT AUT ma ET ET.
Chi in cuor suo sente di poter rinunciare serenamente alla sua sessualità non può essere disprezzato (si ricordi il passo evangelico su chi si fa eunuco per il Regno dei Cieli) ma, identicamente, non si può disprezzare neppure chi, in coscienza, usa la sessualità in un quadro monogamico e fedele. Si tratta di cammini differenti, entrambi validi a patto che non attenuino la tensione religiosa, poiché stiamo parlando di chi cerca di vivere la fede.
Nel mondo bizantino si era consolidato un interessante costume sociale: una volta che i figli di una coppia si accasavano, i genitori rinunciavano alla sessualità ed entravano in monastero (maschile per lui, femminile per lei). Di rado accade ancora oggi nel mondo greco (nel Monte Athos un papà vedovo è entrato in monastero con i suoi due figli). Questo perché non si sentiva una opzione contro l'altra ma, in qualche modo, una opzione in progressione all'altra. Il contrasto e la sessuofobia con la sua figlia ribelle, la sessuolatrìa, è tutta storia nostra, storia malata.
Perciò il bipolarismo che noto spesso su questi argomenti o butta a mare una cosa o ne butta a mare un'altra. E' segno, come già dicevo, di uno squilibrio non facilmente guaribile. A determinare questo squilibrio esiste, a mio avviso, una permanente incomprensione del mondo cattolico con quello laico e viceversa.