"I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Il rapporto fra tematiche gay e religiose, nella vita di sempre
Rispondi
Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

"I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » giovedì 28 marzo 2013, 20:13

Riporto qui di seguito alcuni passi dell'introduzione del libro "I papi e il sesso. Da San Pietro a Benedetto XVI, duemila anni di buone prediche e cattivi racconti: storie di pontefici gay, pedofili, sposati, incestuosi, perversi" dello scrittore, giornalista e professore universitario spagnolo Eric Frattini che si è spesso dedicato alla Storia della Chiesa.
--- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- ---

[...]

E per questo motivo che il libro vuole dar conto di come il sesso è stato trattato dalle origini, ovvero dalle Sacre Scritture fino a oggi, cioè a papa Benedetto XVI, e di come i pontefici di Roma, mentre condannavano e punivano l'incesto, l'omosessualità, lo stupro, l'adulterio, la pederastia, la sodomia e il concubinato ecclesiastico, si dedicavano all'esercizio di ognuna di queste pratiche, senza alcun pudore, all'ombra del potere della tiara e delle chiavi di Pietro, nel silenzio e nel segreto delle camere da letto papali.

[...]

Così, Innocenzo III leggeva il rapporto del legato papale Arnaldo Amalrico, che informava dell'assassinio di settemila albigesi, tutti donne, bambini e anziani, mentre fornicava con una domestica; Innocenzo IV attizzava il fuoco dell'inquisizione mentre fornicava con schiavi, sia uomini che donne, e li flagellava; Giovanni XII, stupratore di pellegrine, donne sposate, vedove, fanciulle e bambine, moriva per una martellata in testa assestatagli da un marito geloso; Benedetto VII veniva assassinato dallo sposo, geloso, della donna con cui si trovava a letto; Innocenzo III passava alla storia come uno dei più famosi collezionisti di oggetti e giochi erotici dell'epoca; Innocenzo VIII, il papa che firmò la bolla Summis desiderantes affectibus scatenando una delle più feroci persecuzioni contro le streghe, godeva nel fare arrestare giovani donne per poi deflorarle e mandarle al rogo, evitando così qualsiasi indiscrezione; Leone X, papa omosessuale, doveva andare a cavallo seduto di lato a causa delle ulcere anali di cui soffriva, conseguenza dei suoi numerosi incontri amorosi nei vicoli bui di Roma, e aveva costretto le oltre settemila prostitute della Città eterna a consegnare una parte dei propri guadagni alla massima autorità della Chiesa, ovvero a lui; Paolo IV, infine, trascorreva le giornate commissionando agli scrittori opere erotiche con le quali riempiva le sue lunghe notti, mentre una domestica o una nobile dama lo masturbava.
Non si devono dimenticare neanche quei papi che trasformarono la tiara in oggetto del desiderio di parenti e amici: Benedetto IX era nipote di Giovanni XIX, che a sua volta era succeduto a suo fratello, Benedetto VIII, nipote di Giovanni XII; Giovanni XI era figlio illegittimo di Sergio III; Giovanni XIII era figlio illegittimo di un vescovo; Paolo I succedette a suo fratello, Stefano II; papa Silverio fu generato dal seme di papa Ormisda; Innocenzo I era frutto del seme di papa Anastasio I; Bonifacio VI era figlio di un vescovo; papa Romano era fratello di papa Martino ed entrambi erano figli di un sacerdote.

[...]

Licurgo, il legislatore di Sparta che visse tra il 700 e il 630 a.C., citato da Erodoto e Plutarco, assicurava che non si poteva essere buoni cittadini senza avere nel letto un amico. Ma nel corso della storia, dopo la nascita dell'ebraismo e del cristianesimo, gli omosessuali sono stati perseguitati più degli stessi ebrei e dei cristiani. Gli omosessuali infatti sono maltrattati sia dalle leggi divine, sia dal libro di Dio, la Bibbia, in cui prima vengono condannati e poi puniti con la pena di morte. Nel Levitico (18, 22), si dice: «Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole». Nello stesso libro, Dio stabilisce che gli omosessuali devono morire e basta: «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro» (Lv 20,13).
Trovando abbondanti giustificazioni nell'Antico e nel Nuovo Testamento, nel corso della storia i padri della Chiesa hanno condannato l'omosessualità, da sant'Agostino (354-430) a san Giovanni Crisostomo (347-407) che affermava che «l'omosessualità è peggiore della zoofilia», a san Paolo (5 ca. - 67 ca.), che condannava l'amore omoerotico sia maschile che femminile, all'olandese san Pietro Canisio (1521-1597), dottore della Chiesa, teologo gesuita e «martello degli eretici», che nel XVI secolo includeva l'omosessualità tra i peccata in coelum clamantia, ovvero i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. Tuttavia questo «delitto» non riguardò papi dichiaratamente omosessuali, quali Giovanni XII, Benedetto IX, Paolo II, Sisto IV, Alessandro VI, Leone X e Giulio III, solo per fare alcuni esempi. Le società cristiane perseguitarono gli omosessuali, anche grazie a bolle emanate da pontefici omosessuali. Nei testi teologici, gli esperti condannavano l'omosessualità definendola nefanda libido, monstrosa Venus, diabolica luxuria, horrendus scelus. I vari sinodi, concili, encicliche e bolle papali non arrivarono a conclusioni molto diverse. Il Concilio di Toledo (694) stabilì che i sodomiti dovessero essere esclusi da qualsiasi contatto con i cristiani, presi a bastonate, rapati a zero ed esiliati. Il Concilio di Naplusa (1120) dispose che chiunque avesse acconsentito liberamente ad avere un rapporto omosessuale, sia come soggetto attivo che passivo, dovesse bruciare sul rogo. Il Concilio lateranense III (1179) fu il primo concilio ecumenico a esigere una punizione esemplare per chi avesse commesso atti omosessuali. La bolla papale Cum primum, emanata nel 1566 da papa Pio V, ex generale della inquisizione romana e fondatore del servizio di spionaggio papale, ordinò che tutti gli omosessuali fossero consegnati alle autorità statali per poi essere giustiziati.

[…]
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » venerdì 29 marzo 2013, 18:49

PAPI OMOSESSUALI

Riporto qui di seguito alcuni stralci dal libro di Eric Frattini sopraccitato su alcuni papi omosessuali. Su 265 papi da San Pietro a Bendetto XVI l'autore ha contato complessivamente: 12 papi sposati, 17 papi pedofili, 9 papi stupratori, 22 papi omosessuali o bisessuali, 7 papi feticisti, 10 papi ruffiani, 10 papi incestuosi, 20 papi sadici e masochisti, un papa zoofilo, 4 papi padri di un papa, 15 papi figli di preti, 69 papi concubinari, 2 papi travestiti e 5 papi voyeur. Non sono inclusi in questo calcolo gli antipapi e bisogna tener conto che molti papi appartengono a più di una delle suddette categorie.
--- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- ---- --- --- --- --- --- --- --- --- --- --- ---

Dal sesto capitolo: "Il tempo dei sodomiti (872-903)"

Giovanni VIII


Giovanni VIII era nato a Roma, era stato arcidiacono agli ordini di papa Niccolò I ed era riuscito, grazie alla sua capacità di lavoro, alla sua intelligenza e a una certa abilità nell'ordire cospirazioni, a conquistare un posto nella gerarchia ecclesiastica. Durante il pontificato di Niccolò I, accadde qualcosa che fece guardare molti al futuro papa Giovanni VIII con occhi diversi. Nell'860 un gruppo di religiosi, capeggiato da un sacerdote di nome Donato che predicava in una chiesa di Roma, cominciò a denunciare la corruzione che invadeva indisturbata le stanze vaticane. Tutti gli indizi sembrano indicare che l'arcidiacono Giovanni riuscì ad avvelenare lo scomodo prete. Alcuni cronisti affermano che fu lo stesso Giovanni a mettere il veleno nel bicchiere di Donato, mentre altri sostengono che a farlo fu un inviato di papa Niccolò I, senza specificare di chi si trattasse. Analizzando la vita di questo papa, la prima ipotesi sembra la più plausibile. Giovanni, sebbene fosse notoriamente un sodomita già nel periodo in cui faceva parte della corte di Niccolò I, il 14 dicembre dell'872 fu eletto papa.
[...]
Ma lo spergiuro non fu l'unico peccato di Giovanni VIII. Da quando era stato eletto Sommo Pontefice, infatti, aveva anche ordinato sacerdoti e nominato vescovi giovani senza alcuna preparazione. L'importante era che avessero un'unica qualità: la bellezza. La sua corte era costituita prevalentemente da giovani servitori, di cui il papa amava circondarsi, e in compagnia dei quali trascorreva la notte. Si dice che i numerosi scandali che coinvolsero la corte papale fossero stati la causa della rivolta dei duchi Lamberto di Spoleto (880-898) e Adalberto di Toscana (847-890). Lamberto era stato designato dall'imperatore Carlo protettore del papa e della città di Roma. Alle sue orecchie erano giunte varie voci e diverse storie sulle scorrerie notturne di Giovanni VIII. I cronisti concordano nel sostenere che può essere stato Formoso, il vescovo di Porto originario della Corsica, il responsabile di tali dicerie (nota 3). Si raccontava che una notte, uno dei giovani aiutanti di camera del papa era stato aggredito sessualmente da Sua Santità, il quale, con l'aiuto di altri due giovani segretari, era riuscito nell'intento di sodomizzare il suo cameriere. Lamberto di Spoleto ebbe anche occasione di ascoltare le proteste di una nobile famiglia romana che accusò il Santo Padre di aver cercato di sequestrare, non si sa a quale scopo, uno dei suoi figli, un giovane di sedici anni dai capelli biondi. Sembra che il papa, dopo la celebrazione liturgica, avesse convocato il giovane nei suoi appartamenti. L'ambizioso Formoso disse al duca di Spoleto che, proprio nel momento in cui Giovanni VIII stava per lanciarsi sulla preda, il padre del ragazzo era entrato nella stanza e aveva trovato il papa, che, con il santo membro ben dritto, inseguiva il giovane. Sta di fatto che Giovanni VIII, di fronte all'avanzata delle truppe di Lamberto, fu costretto ad abbandonare Roma, a rifugiarsi a Ravenna e a chiedere protezione a Carlo il Calvo. Ma la morte prematura dell'imperatore obbligò il papa, ancora una volta, a fuggire e a cercare riparo a Genova, dove ne combinò un'altra delle sue. Giovanni VIII divenne infatti l'amante del marito di una giovane nobile. I genitori della donna, per evitare lo scandalo e una situazione di certo imbarazzante per la loro adorata figlia, il 12 dicembre dell'882 avvelenarono il papa durante un banchetto. Il papa mangiò diverse pernici avvelenate, ma non furono sufficienti per ucciderlo (nota 4). Per tre giorni fu vegliato dai suoi medici, che gli raccomandarono una dieta ferrea, credendo che si trattasse di un'indigestione. Con gran dispiacere della famiglia disonorata, il pontefice non moriva, per cui la notte del 15 dicembre il suocero della amante del papa entrò nell'abitazione e con un martello si avventò su Giovanni VIII, colpendolo alla testa. Nonostante le dieci martellate ricevute, il Santo Padre morì solo dopo diverse ore.
[...]


[3] R. Chandelle, Traidores a Cristo. La historia maldita de los Papas, Ediciones Robinbook, Barcelona, 2006.
[4] F. Vallejo, La puta de Babilonia, Seix Barrai, Barcelona, 2007.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » venerdì 29 marzo 2013, 19:33

Dal settimo capitolo: " Donne e pornocrazia (904-972)"

Giovanni XII


[...]
[Alberico II, figlio del duca di Spoleto Alberico I] Poco prima di morire, il 31 agosto del 954, convocò al proprio capezzale papa Agapito II e il resto del clero e li costrinse a giurare che quando, alla morte del pontefice, la sede papale fosse stata vacante, avrebbero eletto suo figlio Ottaviano. In questo modo la sede apostolica e il principato di Roma si sarebbero uniti. La promessa fatta in ginocchio da Agapito II e dal clero al loro signore Alberico II si rivelò un vero disastro per la storia del papato e per la Chiesa cattolica (nota 17). Il 16 dicembre del 955, questa promessa fu mantenuta e il clero elesse il diciassettenne figlio illegittimo di Alberico II. Poiché Ottaviano era un laico, fu ordinato in tutta fretta. Si dice che, dopo essere stato eletto, il papa avesse inventato dei nuovi peccati e che nei conventi, nei monasteri e nelle chiese si pregasse affinché morisse prima possibile. Senza dubbio, Giovanni XII non era meglio di sua nonna [Marozia, madre di Alberico I e donna molto spregiudicata].
Bisessuale insaziabile, gli piaceva circondarsi di giovani nobili di entrambi i sessi, che poi costringeva ad avere rapporti davanti a tutti. Godeva osservando come gli animali, cani o asini, assalivano le giovani prostitute condotte al Laterano a questo scopo. Con il denaro della tesoreria papale organizzò un bordello nel Palazzo del Laterano. Malversò i fondi di San Pietro. Godeva nel fare scherzi di cattivo gusto, come ordinare vescovi bambini di dieci o dodici anni, con i quali poi aveva rapporti sessuali di ogni tipo. Regalava calici d'oro alle proprie amanti. Manteneva una scuderia di un migliaio di cavalli che faceva alimentare con mandorle e fichi inzuppati nel vino (nota 18). I romani cominciarono a protestare perché il Laterano si era trasformato in un luogo di perdizione, dove regnavano il sesso, l'incesto e lo stupro. Si lamentavano perché le donne avevano smesso di recarsi in pellegrinaggio nei luoghi santi e sacri a causa della lussuria sfrenata e della promiscuità dei religiosi. Benedetto di Socrate affermava che Giovanni XII partecipava attivamente al sequestro delle pellegrine perché gli piaceva «collezionare donne pie». Il papa aveva inoltre rapporti incestuosi con la sorellastra di quattordici anni che viveva insieme a lui in Laterano. Un giorno Giovanni XII ordinò un vescovo in una stalla e quando un cardinale protestò per questo comportamento, il papa lo fece castrare. La situazione politica non andava meglio. Gli eserciti dei duchi di Capua e Benevento a sud e quelli di Berengario d'Ivrea, re d'Italia, a nord, minacciavano i territori pontifici. Di fronte a tale prospettiva, Giovanni XII chiese aiuto all'imperatore Ottone I, offrendo in cambio la corona del Sacro impero. Ad ogni modo, a causa dei continui richiami di Ottone I perché cambiasse atteggiamento e seguisse una condotta morale più consona alla carica che ricopriva, il papa decise di appoggiare Berengario. Giovanni XII accusava Ottone I di non aver rispettato gli accordi sulla difesa della città e del popolo romano. Ottone I contrattaccò e scrisse una lettera al pontefice: «Tutti, laici e religiosi, vi hanno accusato di omicidio, di spergiuro, di sacrilegio, di incesto con vostri parenti … avete invocato Giove, Venere e altri demoni». Giovanni XII rispose che si trattava delle malignità diffuse da alcuni vescovi e che lui, in quanto papa, non era soggetto al giudizio di un re o di un imperatore, ma solo a quello di Dio. Ma Ottone non era disposto a lasciarsi convincere, per cui inviò un suo rappresentante, minacciando il papa: «O mi mandate due vescovi che giurino che le accuse non sono vere oppure due miei campioni risolveranno la questione combattendo contro due campioni scelti da Voi». Il pontefice preferì evitare la sfida, ma Ottone I si presentò a Roma e convocò un concilio a San Pietro, dove prelati e nobili italiani, tedeschi e francesi si riunirono per giudicare Giovanni XII. Durante il processo, fu dichiarato che il pontefice era stato sorpreso mentre sodomizzava sua madre nel Palazzo del Laterano e che aveva stretto un patto con il diavolo per diventare suo rappresentante in Terra. Ottone I ordinò a Giovanni XII di presentarsi per rispondere alle accuse, ma il papa mandò una lettera in latino che scomunicava l'imperatore e quanti erano presenti al concilio. Nonostante tutto, Giovanni XII fu giudicato in contumacia e riconosciuto colpevole di incesto, concubinato e assassinio e fu deposto. Per sostituirlo, Ottone nominò papa il responsabile dei notai della cancelleria pontificia, un laico, che assunse il nome di Leone VIII (963-965) (nota 19).
I romani, però, preferivano un papa libertino piuttosto che un papa scelto dall'imperatore, per cui si sollevarono contro le truppe di Ottone. Per tutta risposta, gli eserciti tedeschi misero a ferro e a fuoco le strade di Roma, soffocando la ribellione, ma non riuscirono a mantenere il controllo della città. Giovanni XII fu quindi richiamato a occupare il trono di Pietro. Il suo primo provvedimento fu scomunicare papa Leone VIII e punire tutti i religiosi che lo avevano sostenuto. Fece flagellare a morte nove sacerdoti e tagliare le mani ad altri tre. A uno fece amputare le dita della mano destra e ad altri tre fece mozzare il naso, la lingua e le orecchie. Nell'opera intitolata Patrologia Latina (nota 20) sono contenuti i racconti e le testimonianze contro Giovanni XII:
Pietro cardinale prete attestò di averlo visto celebrar messa senza fare la comunione. Giovanni vescovo di Narni e Giovanni cardinale diacono dissero di averlo visto ordinare un diacono in una scuderia fuori del tempo canonico. Benedetto cardinale diacono, con gli altri diaconi e preti, dissero di sapere che faceva le ordinazioni dei vescovi dietro somme di denaro e che aveva ordinato vescovo un fanciullo di dieci anni nella città di Todi. Circa i sacrilegi, dissero che non era necessario far domande, perché ne avremmo potuto saper di più vedendo che ascoltando. Circa gli adulterii, dissero di non aver visto con gli occhi, ma di sapere con assoluta certezza, che [Giovanni XII] aveva abusato della vedova di Rainerio, di Stefania concubina del padre [Alberico II], di Anna vedova con sua nipote, ed aveva trasformato il sacro palazzo in un lupanare e un postribolo. Dissero che aveva praticato pubblicamente la caccia, aveva privato degli occhi Benedetto suo padre spirituale, che ne era morto; aveva ucciso, dopo averlo evirato, Giovanni cardinale suddiacono […] Tutti, sia chierici che laici, gridarono che aveva brindato alla salute del diavolo. Al gioco dei dadi dissero che aveva invocato l'aiuto di Giove, Venere ed altri demoni. Dissero che non celebrava il mattutino né le ore canoniche, e che non si faceva il segno della croce (nota 21).
E così sarebbero andate avanti le cose se, il 14 maggio del 964, Giovanni XII non fosse stato ucciso. Quel pomeriggio, il pontefice si era recato, senza scorta, a casa di una nobile dama romana. Mentre il papa era a letto con l'amante, entrò improvvisamente nella stanza il marito della donna. Furioso, l'uomo afferrò un piccolo pugnale e colpì il papa alla schiena. Poiché il pontefice non moriva, il marito afferrò una mazza e gli spezzò il collo. Completamente nudo, Giovanni XII, all'età di ventiquattro anni, cadde morto sul tappeto della camera da letto della sua amante. Quando la notizia si sparse per le strade di Roma, invece di suscitare dispiacere, provocò il sarcasmo dei cittadini. Si diceva che, considerato il modo in cui aveva vissuto, Giovanni fosse stato molto fortunato a morire nel letto, «anche se non era il suo».
[...]


[18] N. Cawthorne, op. cit.
[19] C. Rendina, I papi. Storia e segreti: dalle biografie dei 264 romani pontefici rivivono retroscena e misteri della cattedra di Pietro tra antipapi, giubilei, conclavi e concili ecumenici, Newton Compton, Roma, 1983.
[20] La Patrologia Latina raccoglie, in 217 volumi, mille anni di testimonianze in latino, da Tertulliano (155-230) a papa Innocenzo III (1198-1216). La collezione termina con diversi testi del 1216, immediatamente successivi alla morte di Innocenzo III. Le lastre di stampa originali della Patrologia Latina andarono distrutte in un incendio nel 1868, ma la casa editrice Gamier riuscì a restaurarle e a ripubblicare l'opera nel 1880.
[21] J.P. Migne e J. Batteridge (a cura di), Patrologia Latina: Index Auctorum; Conspectus Auctorum, Gregg Publishers, London, 1965.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » venerdì 29 marzo 2013, 19:53

Dall'ottavo capitolo "I figli della pornocrazia (973-1073)"

Benedetto IX


[...]
Dopo la sua morte [di papa Giovanni XIX], avvenuta il 20 ottobre 1032, secondo alcuni per avvelenamento, uno dei suoi parenti ordinò di preparare una veste papale per un bambino di undici anni, Teofilatto, che fu incoronato con la tiara e proclamato pontefice. Il «papa fanciullo» assunse il nome di Benedetto IX (1032-1044; 1045;1047-1048). I cronisti dell'epoca affermavano che Benedetto IX «era cresciuto senza limiti e urtò l'ottusa sensibilità di un periodo barbaro e volgare per gli scandali della sua vita quotidiana» (nota 13). Monsignor Louis Duchesne affermava che Benedetto IX non era altro che un «semplice mascalzone […], che comunque impiegò diverso tempo prima di diventare effettivamente aggressivo». Il religioso sosteneva anche che «il papa bambino dimostrava una certa precocità verso ogni tipo di cattiveria». Un altro testimone di questo pontificato affermò: «Il demonio travestito da sacerdote [Benedetto IX], occupa ora il trono di San Pietro». Il giovane papa era accusato di stregoneria e satanismo, di essere bisessuale, di sodomizzare animali, di commissionare assassini, di commettere stupri e di avere rapporti sessuali con la sorella di soli quindici anni. È evidente che i cronisti suoi contemporanei dipinsero Benedetto IX come uno degli uomini più depravati del tempo per la sua condotta immorale. San Pier Damiani, cardinale benedettino, arcivescovo di Ostia e riformatore del IX secolo, che definì il pontefice «il Nerone di San Pietro», scrisse: «Questo sciagurato, dall'inizio del suo pontificato e fino alla fine dei suoi giorni, ha banchettato con l'immoralità» (nota 14). Si diceva anche che Benedetto IX, il «Nerone papa-fanciullo», fosse solito uscire a notte fonda dal Palazzo del Laterano per recarsi in un bosco nelle vicinanze e invocare gli spiriti maligni. Attraverso la negromanzia, poi, incitava e spingeva le donne pie alla lussuria. Sta di fatto che Benedetto IX viveva nel palazzo pontificio come un sultano ottomano, con un fornito harem a sua disposizione al quale attingeva ogni volta che i suoi istinti più bassi lo esigevano. Se non bastava, Sua Santità ricorreva alla sorella di quindici anni, amante come lui della lussuria, con la quale divideva non solo l'alcova, ma anche qualche compagno di letto. Sembra che al papa piacesse guardarla mentre faceva sesso anche con nove uomini, mentre lui benediceva quelle unioni. Nel tempo in cui il papa si abbandonava ai piaceri più immorali, i suoi fratelli amministravano, o meglio, non amministravano Roma. La conseguenza del loro malgoverno fu un'ondata di crimini che riempì le strade di sangue, furti e stupri. Lo scrittore tedesco e storico del papato Ferdinand Gregorovius così descriveva la situazione: «La barbarie in cui Roma era involta […]. Però, soltanto un incerto chiarore scende a dar luce su questo tempo disastroso in cui un Papa, […] vizioso come Eliogabalo, era vicario di Cristo».
Il grande Dante Alighieri riteneva che, durante il pontificato di Benedetto IX, il papato avesse raggiunto il massimo della degenerazione possibile e condannò diversi papi, cardinali e vescovi all'inferno. Ma, nonostante tutto, Benedetto IX non modificò la propria condotta, perché si considerava il prescelto dallo Spirito Santo. Benedetto IX organizzava in Laterano chiassose orge omosessuali alle quali erano invitati nobili, soldati e vagabondi. Questa fu la causa del primo tentativo di uccisione del papa. Durante la messa celebrata per la festa degli Apostoli, un nobile si lanciò sul pontefice, cercando di strangolarlo. Una improvvisa eclissi solare gettò la chiesa nell'oscurità più totale, seminando il panico tra i convenuti ed evitando il «papicidio». Il fenomeno naturale aveva salvato la vita al corrotto papa.
[...]


[13] N. Cawthorne, op. cit.
[14] A.F. Ide, Unzipped: The Popes Bare All: A Trank Study of Sex and Corruption in the Vatican. American Atheist Press, Austin, 1987.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » venerdì 29 marzo 2013, 20:29

Dal tredicesimo capitolo "L'ora dei satiri (1464-1503)"

Paolo II e Sisto IV


Pietro Barbo, nato a Venezia il 23 febbraio 1417, proveniva da una ricca famiglia di mercanti. Aveva studiato arte, ma per influenza dello zio, papa Eugenio IV, intraprese la carriera ecclesiastica. Nel 1440 fu designato vescovo di Cervia e cardinale diacono di Santa Maria. A poco a poco, sotto i pontificati di Eugenio IV, di Niccolò V e di Callisto III, acquistò una sempre maggiore influenza. Dopo la morte di Pio II, avvenuta il 15 agosto 1464, Barbo fu eletto pontefice alla prima votazione nel conclave del 30 agosto. Pietro Barbo, che Pio II era solito chiamare «divina Maria», assunse il nome di Paolo II (1464-1471) (nota 1). Noto omosessuale, a Paolo II piaceva osservare i giovani uomini che, nudi, erano sottoposti a ogni tipo di tortura dagli aguzzini dell'inquisizione. Gli storici del tempo riferiscono che il pontefice indossava una tiara così ricca di gioielli e oro, che sarebbe bastata a comprare un intero palazzo o a sfamare migliaia di persone, cosa che al papa non importava affatto (nota 2). Amante del lusso, del piacere e della bella vita, Paolo II trascorreva le giornate nei suoi appartamenti in compagnia di giovani amanti che poi nominava protodiaconi, segretari, assistenti, maggiordomi. Si diceva che già a metà del suo pontificato, durato sette anni, avesse avuto circa quattrocento «aiutanti personali». Durante il suo regno, ripristinò le festività romane dell'età imperiale: tauromachie, gare, lotte corpo a corpo al primo sangue, giostre. Ma poiché le casse dello Stato erano vuote, per finanziare i suoi costosi piaceri aumentò le tasse alla popolazione ebrea (nota 3). Molti dei cardinali contrari alla scandalosa condotta di Paolo II lo chiamavano «Nostra Signora della pietà», perché, sebbene fosse un vero sadico, ogni volta che a Roma vi erano dei tumulti, invece di porvi rimedio piangeva per giorni e giorni. Paolo II morì a Roma la sera del 26 luglio 1471, all'età di cinquantatré anni. Alcune malelingue assicurarono che il Sommo Pontefice era morto d'infarto mentre sodomizzava un giovane stalliere delle scuderie papali.
Il successore fu un altro rinomato omosessuale, il cardinale Francesco della Rovere, nato ad Albisola il 21 luglio 1414, che assunse il nome di Sisto IV (1471-1484). La sua elezione nel conclave nell'agosto del 1471 fu possibile grazie al denaro offerto ai cardinali dal granduca di Milano. Paolo II aveva lasciato la tesoreria papale priva di fondi, per cui Sisto IV, che voleva finanziare una nuova crociata contro i turchi, ebbe la geniale idea di radunare tutte le prostitute di Roma in un'unica zona e di obbligarle a pagare un tributo per ogni prestazione. Sisto IV riscuoteva dalle cortigiane perché avevano rapporti con cardinali, vescovi e sacerdoti, e da cardinali, vescovi e sacerdoti perché avevano rapporti con le cortigiane. Un affare assicurato. Successivamente, per finanziare la guerra contro la famiglia Medici, capeggiata da Lorenzo, la tassa sul sesso fu estesa a tutti i sacerdoti che volevano avere una concubina ufficiale. Un'altra fonte d'introiti di Sisto IV fu la cosiddetta «imposta sulla nobiltà» versata al pontefice dai nobili che volevano avere accesso al letto di qualche bella e vergine ragazza di famiglia altolocata (nota 4). Sisto IV era bisessuale ed è possibile che avesse commesso incesto con due suoi nipoti, Giulio e Giovanna Riario, quando avevano pressappoco dodici anni. Nella migliore tradizione papale del tempo, Sisto IV nominò cardinali sei «nipoti», che in realtà erano suoi figli illegittimi. Si diceva che Girolamo Riario fosse addirittura figlio di Sisto IV e della sorella. Un altro nipote del pontefice era Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Sia Girolamo Riario che Giuliano della Rovere divennero burattini nelle mani di Sisto IV. Si dice che Bartolomeo Platina avesse scritto: «La seguente esecrabile azione è, da sola, sufficiente affinché il ricordo di Sisto IV sia eternamente vergognoso. La famiglia del cardinale di Santa Lucia aveva presentato una richiesta per avere il permesso di commettere sodomia per tre mesi all'anno: giugno, luglio e agosto. Il papa scrisse: "Che si faccia quanto richiesto"» (nota 5). L'omosessualità, il coinvolgimento nella tratta delle bianche e in alcuni omicidi politici, i rapporti amorosi con figli e nipoti, non impedirono a Sisto IV di beatificare il frate domenicano Alano della Rupe.
[...]


[1] J. Paredes et al., Diccionario de los Papas y Concilios, Ariel, Barcelona, 1998
[2] R. Chamberlin, The Bad Popes, Sutton Publishing, London, 2003.
[3] N. Cawthorne, Sex Lives of the Popes, Prion Books Ltd.
[4] F. Gregorovius, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter Vom VXVI Jahrhundert, 3 voll., B. Schwabe, Basel, 1953-1957 (trad. it.: Storia della città di Roma nel Medioevo, 3 voll., Einaudi, Torino, 1973).
[5] G. Noel, The Renaissance Popes. Statesmen, Warriors and the Great Borgia Myth, Carroll & Graf Publishers, New York, 2006.


Innocenzo VIII

[...]
Il 29 agosto 1484, fu eletto finalmente un candidato di consenso, il cardinale Cybo, che prese il nome di Innocenzo VIII (1484-1492) (nota 7) L'umanista e pensatore del tempo, Giovanni Pico della Mirandola, disse di questo pontefice: «La sua vita privata era oscurata dalle azioni più scandalose. Educato tra i sudditi del re Alfonso di Sicilia, aveva contratto il terribile vizio della sodomia» (nota 8) . Innocenzo VIII fece arrestare un vicario generale perché aveva dato ordine al clero romano di abbandonare le concubine e le amanti. Innocenzo VIII era bisessuale, anche se in questo periodo era difficile differenziare la bisessualità dall'omosessualità. Molti eterosessuali praticavano la sodomia per fare carriera nella Chiesa, mentre altri arrivavano ad avere un gran numero di figli per nascondere la propria omosessualità. Innocenzo VIII ebbe otto figli maschi e altrettante figlie femmine.
[...]
Gli storici cattolici, tra cui Ferdinand Gregorovius, assicurarono che «Sua Santità Innocenzo VIII, sebbene una volta eletto papa avesse abbandonato la propria amante, si alzava la mattina dal suo letto di concubine e puttane per aprire e chiudere i cancelli del Purgatorio e del Cielo». I costumi del papa erano considerati dissoluti, ma quelli del figlio Franceschetto non erano da meno. Al pontefice giunse voce di un episodio accaduto in una chiesa di Roma. Un giorno il libertino Franceschetto aveva seguito una bella adolescente diretta in chiesa a pregare. Una volta nel tempio, il figlio del papa aveva afferrato e violentato la ragazza sotto l'altare. Il pontefice, invece di punire il sacrilegio commesso dal figlio pensò che sarebbe stato meglio mandare in esilio tutta la famiglia della ragazza oltraggiata.
[...]
Nel giugno del 1489, l'arcivescovo Morton di Canterbury inviò una lettera al papa in cui denunciava la situazione che si era creata nell'abbazia di Sant'Albano, dove un centinaio di monaci avevano espulso le suore per ospitare nelle loro celle prostitute e meretrici che si abbandonavano a ogni tipo di vizio e attività libertina. Scriveva l'arcivescovo di Canterbury: «Addirittura è stata data a molte suore, la cui bellezza è evidente, la possibilità di unirsi a questo esercito del Diavolo e della sozzura, il cui tempio è macchiato di sangue e sperma». Le alte cariche della curia consigliarono al papa di esigere, una volta per tutte, che i sacerdoti abbandonassero le proprie amanti per adempiere all'obbligo del celibato, ma Innocenzo VIII rispose: «E un uso così diffuso tra i sacerdoti e nella curia che sarebbe difficile trovare qualcuno che non avesse una concubina».
[...]


[7] M.J. Walsh, The Conclave: A Sometimes Secret and Occasionally Bloody History of Papal Elections, Sheed and Ward, London, 2003.
[8] A.F. Ide, op. cit.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » sabato 30 marzo 2013, 0:01

Dal quattordicesimo capitolo "Santi «padri», sacri «nipoti» (1503-1555)"

Giulio II


[...]
Quando fu eletto nel conclave con il nome di Giulio II (1503-1513), il nuovo pontefice tenne un discorso che aveva la pretesa di prendere le distanze dalla condotta morale e dalla politica dei Borgia. Ma una volta indossata la tiara, il suo stile non fu molto diverso da quello del papa spagnolo (nota 1). Giulio II aveva infatti una famiglia numerosa, composta da diversi figli illegittimi avuti da più amanti. Beveva moltissimo, imprecava continuamente, praticava la sodomia, era malato di sifilide e a causa della sua passione per la guerra era soprannominato «il Terribile». Quando era ancora cardinale, aveva avuto tre figlie.
[...]
La fama di alcolizzato del nuovo papa era tale che perfino l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo disse di lui: «Giulio è un papa ubriacone, malvagio e immorale». Tuttavia era ancora più diffusa la sua fama di sodomita. Il cronista veneziano Girolamo Priuli scrisse: «Si accompagnava ai suoi ganimedi, cioè bellissimi giovani, con i quali si diceva pubblicamente avesse rapporti carnali in cui era passivo e si dilettava molto di questo vizio gomorreo». Un altro storico veneziano, Marin Sanudo, scrisse questo sonetto quando papa Giulio II conquistò Bologna:
"Ritorna o padre santo al tuo San Pietro, e stringi el freno al tuo caldo dexire, che, per dar in segno e poi fallire, recha altrui più disonor che starsi adietro.
[…]
Bastiti esser provisto de Corsso, de Trihiam, de Malvasia, e de' bei modi assai de sodomia; col Squarzia e Curzio nel sacro palazo tenir a bocha il fiasco, e in culo il cazo
" (nota 2).
La reputazione di sodomita di Giulio II fu tale che gli sopravvisse. Nelle sue critiche al papismo, il protestante francese Philippe de Mornay accusò tutti gli italiani di essere dei sodomiti e in particolare scrisse: «Questo orrore è attribuito al buon Giulio. Si legge in un libro dei nostri teologi di Parigi di due giovani gentiluomini da lui stuprati, che la regina Anna, moglie di re Luigi XII, aveva raccomandato al cardinale di Nantes, per accompagnarli in Italia». I protestanti dicevano anche che, nei due anni di pontificato, Giulio II aveva condotto una vita così licenziosa «tra giovanotti e prostitute» da esserne sfinito. Un altro caso riportato da un cronista dell'epoca raccontava di un nobile tedesco che si era recato in visita al papa e sul quale i romani si erano scatenati con la loro passione per i versi: «Venne in Italia stimato di indole rara un tedesco; ne ritornò, da ragazzo, donna fatta». La verità è che tutti gli storici concordano nell'affermare che il papa era molto aperto in tema di piaceri, tanto che il 2 luglio 1510 firmò un decreto che stabiliva la creazione di postriboli maschili in cui i giovani potessero esercitare il proprio particolare «mestiere». Una quarta parte del denaro guadagnato doveva essere destinata a conventi e monasteri.
[...]

Leone X

Dopo la morte di Giulio II, al termine di un breve conclave, il cardinale Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e di Clarice Orsini, fu proclamato pontefice con il nome di Leone X (1513-1521).
[...]
Francesco Guicciardini, che inizialmente aveva elogiato questo papa perché era stato l'unico negli ultimi anni a non arrivare in Vaticano con una sfilza di amanti e concubine, alludeva alla sua omosessualità: «Si scoperse [Leone X ] poi dedito eccessivamente, e ogni dì più senza vergogna, in quegli piaceri che con onestà non si possono nominare». Il grande storico del papato, Ludwig von Pastor, nella sua eminente opera Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, descriveva Leone X come «un sibarita grezzo, frivolo e cinico», mentre un altro storico, John McCabe, nel libro History's Greatest Liars, lo definiva «un pontefice al quale piaceva darsi al vizio dell'omosessualità in Vaticano» (nota 4). I cronisti contemporanei sostenevano che il papa era dedito all'ozio e ai piaceri, specialmente a quelli carnali. Ebbe molti figli illegittimi che nominò duchi e grandi signori, facendo in modo che sposassero donne delle più prestigiose famiglie italiane. A Leone X piacevano molto i ragazzini e l'alcol. Si dice che l'origine della sua omosessualità fosse da ricercare nel fatto che da bambino era stato rinchiuso in monastero (nota 5). Quando era cardinale, Leone X si concedeva nella residenza romana della famiglia Medici, Palazzo Madama, una vita piena di piaceri, che non abbandonò dopo l'elezione a pontefice e il trasloco in Vaticano. Il vescovo Biovio, amico, biografo e, secondo le malelingue, compagno di baccanali di Leone X, scrisse: «Non fu esente da disgrazie [malattie sessuali], poiché a quanto pare nutriva un amore sfrenato verso alcuni dei suoi camerlenghi, la maggior parte dei quali erano giovani appartenenti a nobili famiglie italiane e con i quali parlava con tenerezza, amore e addirittura scherzava durante le cerimonie religiose e le udienze papali». Quando fu eletto pontefice, per Leone X era già un problema sedere eretto sul trono a causa delle gravi ulcere anali di cui soffriva dopo molti anni di pratiche sodomitiche, e il 21 marzo 1503 fu addirittura portato in lettiga alla cerimonia d'incoronazione. Quel giorno, il cardinale Alessandro Farnese, futuro Paolo III, un altro sodomita dichiarato, posò la tiara sul capo del nuovo pontefice e disse: «Ricevi la tiara ornata da tre corone che dimostra che sei padre di principi e re, che trionfi sulla Terra e sei vicario di nostro Signore Gesù, al quale sono dovuti onore e gloria infinita» . Dopo la cerimonia il papa, che indossava un'ampia tunica ricamata con oro e perle, montò con difficoltà un destriero bianco per aprire la processione in cui sfilarono quattrocento personalità, tra cui re, principi, cardinali e nobili protetti da 2500 soldati di cavalleria, lungo un grande viale decorato con statue di divinità. I banchetti e i festeggiamenti si protrassero per tutta la sera. Alla fine della festa, Leone X trascorse la notte con il proprio amante, il senese Alfonso Petrucci, che il giorno dopo fu nominato cardinale della Chiesa cattolica (nota 6). Al nuovo papa piacevano le feste, i divertimenti, le battute di caccia e i baccanali. Amava organizzare balli in costume, ai quali invitava solamente cardinali, dove giovani uomini e donne si presentavano con il volto coperto e il corpo nudo. Un ambasciatore che aveva partecipato a una di queste peculiari feste disse che durante il banchetto erano state servite sessantacinque portate, ognuna composta da tre piatti.
[...]
L'alto costo del tenore di vita del papa e delle campagne militari portò il Vaticano alla bancarotta, ma nessuno protestava, perché nessuno era libero dal peccato. Infatti, Leone X possedeva un grande archivio in cui raccoglieva quanto più materiale possibile sui «peccatucci» dei cardinali. Un giorno il potente cardinale Cybo e altri prelati del collegio furono invitati a una festa dal nobile Lorenzo Strozzi. La festa si svolse nel pantheon di famiglia, nel cimitero. Lì, tra i sarcofagi degli antenati, i cardinali degustarono i piatti più squisiti, serviti da giovani camerieri e cameriere. Per dessert fu offerta nientemeno che una delle prostitute più famose della città. La donna, completamente nuda e con il corpo cosparso di burro, fece la sua comparsa su un vassoio d'argento portato da sei giovani. Fu organizzato un gioco: chi fosse riuscito a catturare la prostituta, avrebbe trascorso la notte con lei. A quanto pare, vinse il cardinale Cybo. Il giorno dopo, Leone X lo fece chiamare e gli chiese della festa. Cybo sapeva che quanto accaduto avrebbe fatto parte dell'archivio di Leone X. Al pontefice piaceva anche organizzare rappresentazioni teatrali più simili a opere indecenti che a ingenue commedie. Uno dei suoi autori preferiti era il cardinale Dovizi da Bibbiena, uno dei migliori amici del pittore Raffaello. Al pari di Leone X, il Bibbiena era un grande amante del lusso e del sesso. Commissionò al suo amico Raffaello la decorazione dei propri appartamenti in Vaticano, al terzo piano delle gallerie. Una delle stanze meglio decorate da Raffaello fu il «gabinetto» del cardinale, dove erano rappresentate scene erotiche della vita di Venere, in cui la dea aveva rapporti con altre divinità che giocavano in modo
voluttuoso con piccoli animali. Una delle opere di Bibbiena, scritta per Leone X, fu La vergine e gli otto eremiti. Su un palcoscenico montato nel cuore degli appartamenti papali, una «vergine» nuda, che rappresentava Venere, era l'amante di otto lussuriosi eremiti che per amore della donna finivano per uccidersi l'uno con l'altro. La rappresentazione aveva carattere di commedia. Pietro Aretino, poeta, scrittore e drammaturgo, protetto di Leone X, al quale piaceva definirsi «figlio di una cortigiana, con animo di re», affermò saggiamente: «È difficile giudicare e dire cosa procuri maggior diletto a Sua Santità [Leone X], se i meriti degli eruditi o le malizie degli ignoranti» . Aretino è famoso per i suoi Sonetti lussuriosi, scritti, a quanto pare, su commissione di Leone X, che accompagnavano i disegni di sedici posizioni amorose eseguiti da Giulio Romano, un eccellente discepolo di Raffaello. Fu realizzata un'edizione speciale dell'opera per il pontefice, il quale sembra che avesse suggerito all'Aretino di scriverne un'altra sulle «sedici possibili posizioni tra uomini». Pietro Aretino invece scrisse un breve testo che divertì molto il papa, in cui Annone, l'elefante di Leone X, lasciava in eredità i suoi enormi genitali a un cardinale famoso per le sue avventure amorose. Quando nel 1553 l'Aretino morì, sulla sua tomba fu scritto l'epitaffio da lui composto:

"Qui giace l'Aretin, poeta Tosco.
Di tutti parlò mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: «Non loconosco!»
"

Lo stesso anno in cui Leone X si divertiva con i propri amanti, la curia protestava in seguito alle denunce degli intollerabili abusi del clero, che ignorava le norme sul celibato. Molti religiosi convivevano addirittura con sei donne, sostenendo che svolgevano «servizi» domestici. Le proteste furono così numerose che il papa fu costretto a ridurre le «licenze di concubinato» per il clero, provocando una forte diminuzione degli introiti della tesoreria papale. Poiché bisognava cercare nuove fonti di guadagno, anche per finanziare la demolizione e la ricostruzione della basilica di San Pietro, a Leone venne la brillante idea di relegare le oltre settemila prostitute di Roma in un quartiere controllato dalle truppe papali. Ognuna delle donne alla fine della giornata doveva versare il quaranta per cento dei propri guadagni alla Chiesa. Un altro modo per raccogliere denaro fu quella di vendere titoli cardinalizi alle famiglie italiane più influenti. Un berretto cardinalizio poteva arrivare a costare tra venticinquemila e settantamila ducati d'oro. In solo un anno, il Sacro collegio passò da ventiquattro a quarantasei membri. Leone X riuscì anche a sfuggire a un tentativo di omicidio. «Il giovane cardinale Petrucci è il più bello dei giovanotti a cui Cupido ha ceduto la faretra, l'arco e le frecce affinché, con le sue affilate saette, trapassasse i teneri cuori delle Ninfe» disse di lui il poeta italiano. Alfonso Petrucci, amante di Leone X, apparteneva a quella classe privilegiata di principi della Chiesa destinati ad assaporare nel corso della vita ogni genere di piacere. Esistono diverse ipotesi sulle ragioni che spinsero il cardinale Petrucci a cercare di uccidere il papa. Una poggerebbe sul fatto che il fratello del cardinale, Borghese Petrucci, signore di Siena, era stato deposto e sostituito dal governatore di Castel Sant'Angelo, uno dei favoriti di Leone X. Un'altra, sul fatto che il cardinale Petrucci era stato buttato fuori dal letto del suo amante e rimpiazzato da un uomo più giovane, cosa che aveva scatenato in lui la gelosia e il desiderio di vendetta. Racconta Guicciardini:

«Ardendo d'odio, aveva avuti pensieri giovanili d'offenderlo […]; ma ritenendolo il pericolo e la difficoltà della cosa, più che l'esempio o lo scandalo comune in tutta la cristianità, se un cardinale avesse ammazzato di sua mano un pontefice, aveva voltato tutti i pensieri suoi […]».

Durante la guerra dello Stato pontificio contro Urbino, il cardinale Petrucci pensò di avvelenare Leone X e a questo scopo comprò il favore del medico del pontefice, il fiorentino Battista Vercelli. Vercelli era stato chiamato a Roma per curare le emorroidi del pontefice. Sua Santità infatti soffriva terribilmente a causa di questa affezione, conseguenza delle sue continue avventure con gli uomini dei postriboli di Roma. Il piano di Petrucci prevedeva che il medico introducesse un potente veleno nelle emorroidi aperte del papa. In quel periodo, Petrucci diceva in giro che sarebbe stato il «liberatore» del succube Collegio cardinalizio. Per coordinare l'operazione il cardinale Petrucci, che ormai viveva a Genazzano, si teneva in contatto per corrispondenza con il proprio segretario e maggiordomo Marco Antonio Nino, che era rimasto a Roma. Nino, in una lettera di risposta al cardinale, scriveva:

«Battista Vercelli è stato chiamato per curare le piaghe aperte del papa. Egli stesso [Vercelli] spera di arrivare a Sua Santità attraverso due persone di fiducia: Serapica e Giulio de Bianchi. Ma, per non destare sospetti, mi è difficile visitare Sua Eminenza a Genazzano. Per il resto, farò tutto ciò che il cardinale mi chiede».


La lettera in codice fu intercettata dalla polizia segreta del papa e la congiura fu scoperta (nota 8). Marco Antonio Nino fu arrestato il 21 aprile 1517. Sottoposto a tortura, il segretario rivelò i nomi del cardinale Francesco Maria della Rovere e del medico Battista Vercelli. Il cardinale Alfonso Petrucci fu richiamato a Roma dal papa il 18 maggio. Quando Petrucci e il suo accompagnatore e amico, il cardinale Sauli, entrarono nelle stanze papali, furono arrestati e rinchiusi nelle segrete più profonde di Castel Sant'Angelo. Subito dopo, il papa convocò un concistoro presieduto da una commissione speciale, di cui facevano parte i cardinali Remolino, Accolti e Farnese, che doveva processare i cardinali Petrucci e Sauli. La prima mossa del papa fu fare arrestare tutte le persone coinvolte e quelle «presumibilmente» implicate, tra le quali il maggiordomo di Petrucci. Tra i detenuti celebri vi era anche il cardinale Riario, che svenne quando il papa ordinò la sua reclusione a Castel Sant'Angelo, e fu trasportato nella segreta in lettiga. Nella congiura erano coinvolti anche i cardinali Soderini e Cortellesi. Tutti i porporati che avevano preso parte al complotto, Petrucci, Sauli, Riario, Soderini e Cortellesi, furono perdonati e ognuno di loro fu costretto a pagare una pesante multa di quasi trecentomila ducati. Il 16 giugno, Salvatore Pocointesta fu impiccato nella prigione di Tor di Nona. I cardinali sapevano che papa Leone X, da buon Medici, si sarebbe fatto giustizia da solo, per cui Soderini riparò presso la famiglia Colonna e Cortellesi presso la corona di Napoli. La commissione incaricata delle indagini mise in evidenza che l'omicidio di Leone X era stato ordito esclusivamente per mettere la tiara pontificia sul capo del cardinale Riario, che era al corrente del piano. La sentenza condannò i porporati colpevoli di cospirazione alla perdita della dignità cardinalizia e al sequestro di tutti i beni a favore della Chiesa. La lettura delle accuse e della sentenza contro gli imputati durò tredici ore. Il 27 giugno, il medico Battista Vercelli e il segretario del cardinale Petrucci Marco Antonio Nino furono impiccati e i cadaveri fatti a pezzi (nota 9). Fu condannato a morte anche l'ex amante del papa, il cardinale Alfonso Petrucci, anche se le fonti divergono su come fu ucciso. Una delle versioni più diffuse riporta che papa Leone X, non volendo che nessun cristiano si sporcasse le mani con il sangue di un cardinale della Chiesa, avesse ordinato a un arabo infedele di strangolare Petrucci nella propria cella. Si dice anche che la corda fosse stata data personalmente dal papa al sicario. Un altro racconto, dai toni romantici, sostiene che il cardinale Petrucci si era tolto la vita trafiggendosi il cuore con una daga. L'unica certezza è che il cardinale Alfonso Petrucci aveva ventisette anni quando si suicidò o fu strangolato o decapitato per ordine di papa Leone X. Il medico umanista, storico e cronista della curia rinascimentale Paolo Giovio scrisse: «Quand'anche i sopra citati non avessero affidato all'incostante e frivolo Petrucci l'esecuzione del piano criminale contro Leone X, lo istigarono comunque a realizzarlo, con frecciatine e burle; in fondo desideravano, quegli uomini consumati dall'odio e dall'ambizione, che il folle Petrucci togliesse di mezzo il Papa con il veleno o con la violenza». Negli anni successivi, il pontefice mantenne una stretta relazione con un bel cantante ottomano di sedici anni, Suleiman, nipote del potente sultano Maometto II e figlio del sultano Cem, fatto assassinare da papa Alessandro VI su commissione del fratello Bayezid II. Si susseguirono anche le visite del papa ai bordelli maschili della città, dove amava recarsi vestito da donna in cerca di ragazzi. Ma se c'è qualcosa di cui Leone X può essere davvero accusato, è di essere stato il più grande venditore di indulgenze di tutta la lunga storia del cristianesimo. A lui è attribuita la cosiddetta Taxa carname, un documento promulgato nel 1517 e contenente le trentacinque tariffe da pagare in cambio dell'indulgenza, ovvero il diritto all'assoluzione di tutte le colpe per coloro che potevano pagare. In questo modo, il papa perdonava e concedeva l'assoluzione a laici e a religiosi, a stupratori di bambini e ad adulteri, ad assassini e a ladri, a truffatori e a donne che avevano abortito. Ogni cosa si poteva perdonare, se si aveva denaro. Ecco alcuni esempi di tariffe per i religiosi: (nota 10)

1. L'ecclesiastico che incorresse nel peccato carnale, sia con suore, sia con cugine, nipoti o figliocce, sia, infine, con qualsiasi altra donna, sarà assolto mediante il pagamento di 67 libbre, 12 soldi.
2. Se l'ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione, chiedesse di essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura soltanto con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solo 131 libbre, 15 soldi.
3. Il sacerdote che defiorasse una vergine, pagherà 2 libbre, 8 soldi.
4. La religiosa che ambisse alla dignità di badessa dopo essersi data a uno o più uomini simultaneamente o successivamente, sia all'interno del convento, sia fuori, pagherà 131 libre, 15 soldi.
5. I sacerdoti che volessero vivere in concubinato con i loro parenti, pagheranno 76 libbre, 1 soldo.

Gli eccessi del papato di Leone X portarono Martin Lutero ad affiggere alla porta della chiesa di Wittenberg le sue novantacinque tesi, per le quali il 3 gennaio 1521 fu scomunicato.

Giulio III

Il successore del corrotto papa Paolo III fu Giulio III (1550-1555).
[...]
Finalmente, l'8 febbraio 1550 il cardinale del Monte fu proclamato Sommo Pontefice. Al nuovo papa piaceva la bella vita, i ragazzi, la caccia e il gioco. Von Pastor, nella sua splendida opera Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, scrisse di lui: «Non volle inimicarsi nessuno. Gli piaceva vedere intorno a sé volti soddisfatti e amava ancor di più la luce che emanava il potere piuttosto che il potere in sé» (nota 19). Sebbene fosse un depravato, Giulio III decretò:

«Monaci e monache non devono vivere mai insieme, ma i monasteri maschili e quelli femminili devono essere separati. […] È risaputo che molti monaci mantengono delle domestiche e sono così svergognati da portare donnacce al monastero per dilapidare i beni degli istituti in vizi e abbandonarsi alla più totale lussuria. […] Infine, si abbandonano anche alla sodomia».


Ma questo papa non si distinse di certo per il buon esempio (nota 20). Il pontefice aveva diversi amanti, tra i quali Innocenzo dal Monte, un giovane di diciassette anni che nominò cardinale, Santino, un domestico di tredici anni, e Bertuccino, un suo figlio illegittimo di quattordici anni (nota 21). Quando i cardinali avevano chiesto al papa perché avesse concesso il berretto a un giovane così indegno, Giulio III aveva risposto: «E che cosa avete visto voi in me per farmi papa?» Giulio III era un uomo indolente, al quale non piacevano le responsabilità politiche della sua carica. Preferiva osservare dal trono papale il suo amato Innocenzo che sodomizzava i domestici o che si travestiva da donna, diventando lui stesso il «succulento» premio sessuale dei presenti. Insieme a Innocenzo, gli piaceva anche giocare alle torture. Molte notti, travestiti, scendevano nelle segrete dell'inquisizione e guardavano in silenzio i tormenti a cui erano sottoposti i corpi nudi di ragazzi e ragazze. Durante i suoi cinque anni di pontificato, Giulio III nominò cardinali della Chiesa cattolica un gran numero di giovanotti, con i quali si dilettava a praticare la sodomia. Il religioso e poeta Giovanni della Casa dedicò a Giulio III il suo De laudibus sodomiae:

"Cos'è Roma?
Lo mostra anche in quell'ordine insensato
Che cos'è?
Che cosa dice, se si scrive al contrario?
Al contrario è Amor
Ma, cos'è l'amore?
Ma aspetta, è amore maschile, cosa odiosa da menzionare.
"

A papa Giulio III piacevano moltissimo i testi osceni di Pietro Aretino e lo avrebbe fatto cardinale, se la morte non si fosse portato via un pontefice così deplorevole. Papa Giulio III morì il 23 marzo 1555, all'età di sessantotto anni. Alcune malelingue affermano che il suo cuore non resse agli «assalti» di un giovane e aitante amante, mentre altre fonti, molto più benevole, sostengono che morì mentre «pregava» nella basilica di San Pietro. Il suo amante, il cardinale Innocenzo dal Monte, morì nel 1577 dopo aver trascorso un lungo periodo nelle segrete di Castel Sant'Angelo, accusato di omicidio, violenza carnale, furto, truffa e sacrilegio.
Dopo la morte del dissoluto e sodomita Giulio III, per il pontificato iniziava senza dubbio un nuovo periodo in cui sesso e libertinaggio, nonostante un breve periodo di astinenza, non sarebbero di certo mancati.


[1] J. Paredes et al., op. cit.
[2] M. Sanudo, I diari, Visentini, Venezia, 1879-1902.
[4] L. von Pastor, Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters, 16 voll., Herder, Freiburg im Breisgau, 1891-1907 (trad, it.: Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, 16 voll., Desclee, Roma, 1908)
[5] N. Cawthorne, op. cit.
[6] H. Vaughan, The Medici Popes: Leo X and Clement VII, Kessinger Publishing, Whitefish, 2005.
[8] H. Vaughan, op. cit.
[9] Sfortunatamente del processo non rimane nessun atto, a parte un breve estratto del rapporto dell'ambasciatore di Venezia, attraverso il quale è impossibile determinare oggi il grado di colpevolezza di ciascuno degli implicati. E invece indiscutibile che la maggior parte di loro avesse tramato e preparato un piano per avvelenare papa Leone X.
[10] P. Rodriguez, Pederastia en la Iglesia católica. Delitos sexuales del clero contra menores, un drama silenciado y encubierto por los obispos, Ediciones B, Barcelona, 2002.
[19] L. von Pastor, op. cit.
[20] K. Deschner, Das Kreuz mit der Kirche. Eine Sexualgeschichte des Christentums, W. Heyne, München, 1978 (trad, it.: La croce della Chiesa. Storia del sesso nel cristianesimo, Massari, Bolsena, 2000).
[21] R. Aldrich, Who's Who in Gay and Lesbian History, Routledge, New York, 2003.
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » sabato 30 marzo 2013, 0:34

Dal capitolo diciassettesimo "Fate l'amore (casto) e non la guerra (1800-1978)"

Le dichiarazioni di Roger Peyrefitte su Paolo VI


[...]
Il 29 dicembre 1975, la Congregazione per la dottrina della fede fece una dichiarazione sulla questione omosessuale:

«Secondo l'ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella Sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio. Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che, in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione».

Ma un grande scandalo legato alla «presunta» omosessualità del papa era sul punto di esplodere, proprio sotto le finestre di San Pietro. Nel 1976, indignato per le dichiarazioni omofobe di Paolo VI, il diplomatico, storico scrittore francese Roger Peyrefitte dichiarò in un'intervista che il papa era omosessuale. L'intellettuale francese sosteneva che nel 1955, durante il periodo in cui il pontefice era ancora arcivescovo di Milano, era nota la sua debolezza per i ragazzi, «uno dei quali, un famoso attore, divenne il suo protetto e continuò ad esserlo negli anni successivi, quando Montini si era ormai trasferito in Vaticano». Sembra che le fonti di Peyrefitte all'interno della curia romana fossero assolutamente affidabili. Lo scrittore aveva in Vaticano amicizie autorevoli che gli trasmettevano preziose informazioni su papa Paolo VI. Il più importante dei suoi informatori era nientemeno che monsignor Léon Gromier, canonico di San Pietro, consultore della Sacra congregazione dei riti e protonotario apostolico. Sembra che Gromier fosse al corrente di tutto quanto accadeva non solo negli uffici vaticani, ma anche nelle camere da letto della curia. Peyrefitte descrisse il proprio informatore come «un uomo austero, profondamente credente, dalla condotta irreprensibile, scandalizzato da quanto accade intorno a lui». Gromier riteneva che l'unico modo per mettere fine agli scandali dei suoi colleghi, fosse rivelarli. Le accuse di omosessualità mosse da Roger Peyrefitte a papa Paolo VI furono smentite con veemenza dal portavoce vaticano e dalla segreteria di Stato. La risposta spropositata fece sospettare che Peyrefitte avesse toccato un punto debole non tanto del Vaticano, quanto del Sommo Pontefice. Si alzò un gran polverone. Il Vaticano chiese ai fedeli di pregare per le offese rivolte a Paolo VI e la domenica delle Palme il pontefice fu costretto a leggere un comunicato in cui chiedeva a tutti i cristiani del mondo di «non credere alle calunnie» di cui era vittima.
[...]
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Avatar utente
Tom
Messaggi: 189
Iscritto il: sabato 21 luglio 2012, 20:23

Re: "I papi e il sesso" di Eric Frattini.

Messaggio da Tom » domenica 27 ottobre 2013, 16:36

Girovagando nel web ho trovato una breve intervista a Eric Frattini tradotta in italiano:

http://video.unita.it/media/Culture/_I_ ... _1460.html
"La vita giusta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza"
(B.Russell)

Rispondi