Ti capisco eccome quando parli di temere il tuo stesso giudizio! Ma altrettanto mi rendo conto di quanto questo sia pericoloso. Nella normale dialettica io-gli altri ci sei tu(ciò che senti di essere) e ci sono gli altri(ciò che sei per gli altri). Nel caso dell'omosessualità c'è sicuramente uno scontro,in quanto gli altri tendono ad avere una visione distorta e falsificata. Ma se questo "scontro" si gioca all'interno di noi stessi,ecco che spuntano i conflitti interiori(e le nevrosi). Perchè avere metà cervello che mi dice: "a me piacciono gli uomini,e non c'è nulla di male" e l'altra metà che mi dice: "sono un pervertito,un malato,un deviato" non è certo bello(esperienza personale).Barbino Dago ha scritto:Certo Candido, un identità nostra la dobbiamo avere al di là di tutto. Fondamentale è rendersi conto comunque che il nemico non è solo fuori ma anche dentro. Direi 50 e 50: noi ragioniamo sulla falsità del giudizio degli altri, veniamo discriminati dagli altri. Ma in questi altri siamo compresi noi. Io dico sempre una frase che forse non ha molto senso: io sono gli altri. Temiamo il giudizio degli altri. Io spesso temo il giudizio che io ho di me stesso!
Il giudizio che ho di me infatti diventa un'interiorizzazione del giudizio degli altri(omofobia interiorizzata,direbbero alcuni). E se già in parte mi odio e mi giudico negativamente,figurati se potrò mai fronteggiare chi lo farà dall'esterno.
Io sono io, e come dici tu "sono anche gli altri". ma se io dico: sono un uomo, ma gli altri mi dicono: sei un elefante, io cosa sarò?una via di mezzo? E qui che bisogna capire che gli altri stanno imbrogliando e sbagliando,come sbagliato è anche il mio giudizio che mi sono costruito ascoltando le loro parole. Perciò io prima di tutto sono ciò che mi sento di essere,e questo lo confronterò anche con ciò che gli altri vedono di me,ma quando questi "altri" sono sinceri e mi riflettono senza deformarmi.